STREGONERIE

Per chi avesse voglia di riflettere sulle vicende editoriali di casa nostra (consiglio, però, di riflettere anche su quelle culturali in senso ampio, magari leggendo il bell’editoriale di Barbara Spinelli), potrebbe tornare utile, in attesa di conoscere la cinquina dello Strega che verrà proclamata oggi, questo articolo di Fiorella Iannucci, uscito qualche giorno fa sul Messaggero.
La richiesta è stata fatta in tempi non sospetti e con largo anticipo sulla selezione dei dodici libri candidati allo Strega, nell’aprile scorso.  Una richiesta ufficiale, avanzata durante l’ultima riunione del consiglio di amministrazione della Fondazione Bellonci.  La prima, per Simonetta Bartolini.  Italianista, rappresentante per Roma Capitale, uno degli sponsor del Premio letterario più prestigioso d’Italia, Bartolini a quell’incontro si è presentata con le idee ben chiare. «Avevo notato un’incongruenza nel sistema di voto, e cioé che uno scrittore candidato può trovarsi nella condizione di autovotarsi se è anche un Amico della domenica.  E il suo voto può essere decisivo per la vittoria».
Le finalissime delle ultime edizioni dello Strega le danno ragione. «Canale Mussolini» di Antonio Pennacchi, l’anno scorso, ha vinto su «Acciaio» di Silvia Avallone per un solo voto.  Con uno scarto davvero minimo, nel 2009, Tiziano Scarpa ha avuto la meglio su Antonio Scurati come pure, nel 2007, Niccolò Ammaniti su Mario Fortunato. «Allora perché non inserire dei correttivi?  Per esempio, sospendere il voto dello scrittore candidato al Premio.  E’ quello che ho chiesto: il minimo che si possa pretendere.  Ho una responsabilità morale, io: e visto che devo rendere conto ai cittadini del come e perché Roma Capitale finanzia il Premio con 100mila euro l’anno, per tre anni, pretendo trasparenza».
Un sasso nello stagno, quello lanciato da Simonetta Bartolini.  Che non ha avuto però nessun esito. «Ero convinta che la mia proposta fosse stata accettata.  Mi sono accorta invece che è rimasta lettera morta.  Ho chiesto spiegazioni.  Mi è stato risposto che il comitato direttivo dello Strega, il solo che può modificare lo statuto del Premio, ha deciso di non fare nulla.  Se ne riparlerà l’anno prossimo.  Eppure c’era tutto il tempo per intervenire.  Sono sconcertata», dice l’italianista.
Proprio come temuto, in questa 65.ma edizione che si avvia al fatidico scrutinio per la cinquina (il 15 giugno, a casa Bellonci) sono ben due gli autori concorrenti che si trovano in questa imbarazzante situazione: Bruno Arpaia (con «L’energia del vuoto», Guanda), amico della domenica dal 2001 e Luciana Castellina (con «La scoperta del mondo», Nottetempo), entrata nel gruppo dei votanti nel 2005.  Con loro, anche i rispettivi editori.
«Teoricamente questo ci assicura due voti.  Ma con Luciana Castellina non si sa mai», dice Ginevra Bompiani, che ha fondato il marchio romano Nottetempo.  Imbarazzo?  Niente affatto. «Avere un voto o due voti fa piacere, ma non cambia il risultato finale – spiega l’editore -.  Sono altri i rapporti di forza nello Strega: e i grandi gruppi sono quelli che fanno sempre la parte del leone.  Einaudi può contare non su uno ma su 50 voti, così come Mondadori.  Tutti cercano voti.  Ma è un gioco allo scoperto.  Quest’anno nessuno mi ha chiamato, semplicemente perché si presuppone che darò la preferenza al libro di Luciana Castellina.  Lo Strega è così.  Un po’ come il Palio di Siena: i fantini possono pure mettersi d’accordo, ma è sempre il cavallo a vincere, con o senza il cavaliere.  E’ il libro il vero vincitore dello Strega».
Rassegnazione? «No di certo.  Sarebbe bello se si votasse solo in base al proprio gusto.  Ma bisognerebbe cambiare votanti.  Gli Amici sono diventati un po’ come un confraternita: una cosa davvero molto italiana.  Siamo una repubblica fondata sull’amicizia», ironizza Ginevra Bompiani.
Ed è proprio questo il punto.  Chi sono gli Amici della domenica, cioé il gran corpo votante dello Strega, e per quali meriti letterari sono lì?  C’è un ricambio oppure no?  A scorrere la lista dei 385 nomi, resa pubblica solo da qualche anno grazie al nuovo corso voluto dal linguista Tullio De Mauro, al suo secondo mandato come direttore della Fondazione Bellonci, c’è tutto il Gotha sociale, intellettuale e mondano d’Italia.  Scrittori, editori (soprattutto di grandi gruppi), studiosi, critici letterari, giornalisti (meglio se famosi) ma anche politici, conduttori televisivi, attori, registi, imprenditori.  E qualche (raro) sconosciuto.  Amico della domenica magari da quarant’anni, chiamato ogni volta a dare il suo voto per il Premio più importante d’Italia.  Inossidabili (la media d’età supera i 67 anni) e inamovibili.  Perché il voto degli Amici della domenica è vitalizio: dura tutta la vita (e davvero fa impressione vedere nella lista, accanto al nome e al cognome, la data d’ingresso al «cenacolo» dello Strega seguita, in molti casi, dalla data di morte).
A votare dunque, sono sempre le stesse persone.  A meno che non si dimettano o non decadano per non aver espresso la loro preferenza per due anni consecutivi.  Clausola quasi inutile del regolamento: perché sono rarissimi i casi di Amici che non svolgono fino in fondo il loro compito.  Cioé quello di indicare il libro vincitore dello Strega, uno dei pochi premi letterari in grado di moltiplicare per dieci, e talvolta di più, le vendite di un libro come la fama del suo autore.  Per la prestigiosa storia del Premio sarebbe importante rimettere mano ai meccanismi di voto e alla nomina degli Amici della domenica nel segno della trasparenza e della competenza.  Non sono mancati, in questi anni, le voci critiche, i suggerimenti, le proposte.  L’introduzione dei voti collettivi, che coinvolgono le scuole, gli istituti di cultura, la Società Dante Aligheri e, dal 2010, l’ingresso dei lettori “forti” designati dalle librerie indipendenti, vanno nella direzione giusta.  Ma sono solo una goccia nel mare della trasparenza.  Forse per questo due grandi autori, come Arbasino (amico della domenica) e Camilleri, hanno scelto di non partecipare quest’anno alla competizione letteraria?  Solo uno spunto di riflessione.  E un augurio.  Che lo Strega torni a premiare il miglior romanzo, senza più ombre.

23 pensieri su “STREGONERIE

  1. Molto interessante! E’ pubblica la lista degli Amici della domenica? Si può reperire in rete? Anche la dicitura è piuttosto inquietante, mi ricorda un po’ il programma della De Filippi e un po’ i “compagni di merende”.

  2. Si, si, sono daccordo. E già che ci siamo chiederei anche maggiore trasparenza nelle selezioni per Miss Italia e per la sagra del fagiolo gigante di Carognate sul Seveso: manifestazioni importanti, ultimi baluardi della qualità nella massificazione del gusto che ci affligge e soprattutto presidi della meritocrazia in questo paese afflitto dal familismo amorale.

  3. Detto senza mezzi termini, ahinoi, il Premio Strega è sol più una cosa sporca dove a vincere è l’editore più forte (si legga pure “con le mani in pasta”) che promuove l’autore che più gli garba (ma si legga pure “con le mani in pasta”). Meritocrazia zero. Nelle ultime edizioni gli autori/editori hanno preso lo Strega di peso, o con la forza che dir si voglia. Che dire poi della nuova denuncia mossa contro Tiziano Scarpa da Anila Hanxhari? Non è la prima volta che Stabat mater finisce in tribunale: SM copiato da un racconto degli anni ’50 della Banti? Ambientazione uguale. Per molti non ha significato niente, e difatti Scarpa/Einaudi ne sono usciti vincitori. Ma ora il caso è diverso: Anila Hanxhari ha portato Scarpa in giudizio per “rielaborazione creativa non consentita”. Deciderà il tribunale di Venezia in merito a questa faccenda. E però di questo fatto se ne è parlato davvero poco, quasi si avesse paura di esprimere anche solo una opinione.
    Oggi molto più di ieri è assai difficile considerare e prendere sul serio il Premio Strega. Solo questo.

  4. E’ talmente difficile prenderlo sul serio che per esempio Del Giudice non vi riuscì, quando nel 2009, a un passo dalla vittoria, ritirò il suo libro. E tuttavia è impossibile non prenderlo sul serio, visto le cifre che smuove. Qualunque scrittore vorrebbe potersene stare nella tranquillità della propria casa a scrivere e basta, senza doversi più preoccupare dei suoi introiti. E’ triste ma vero – lo era anche per Ariosto, e non c’erano premi letterari all’epoca, ma un protettore molto ma molto spaccamaroni -. Il problema del sostentamento degli intellettuali non è certo questione di oggi, e quindi credo che fino a quando esisterà questo premio ci saranno scrittori che vi concorreranno per ragioni esclusivamente economiche, ignorando tutta la chincaglieria passatista ben illustrata in questo articolo. Il gioco vale la candela e sono davvero pochi i Del Giudice in questo paese (anche stilisticamente, peraltro). Lo stesso discorso vale per la politica: chi rifiuterebbe una carica di assessore alzi la mano. Ops, tutti spariti.

  5. Il pubblico non è scemo: dopo una due tre bufale, alla quarta o alla quinta, vuoi anche alla sesta se vogliamo credere sia tardo di comprendonio, ad un certo punto lo capisce che vien preso per i fondelli, e così allo Strega finirà col non badarci più. Dopo lo scandalo del Grinzane Cavour penso che qualcuno abbia cominciato a riflettere con la propria testa al di là del nome dell’editore e dell’autore. Non mi sembra che chi ha preso lo Strega nelle ultime edizioni con i romanzi successivi sia stato poi tanto elogiato e dalla critica e dal pubblico, anche in termini di vendite. La credibilità del premio sta venendo messa in serio dubbio, almeno a mio avviso.

  6. In trent’anni (dal 1980 al 2010) i romanzi vincitori del Premio Strega provengono da soli 9 editori. Mondadori guida la classifica: i suoi romanzi hanno vinto il Premio 13 volte, cioè quasi la metà delle assegnazioni complessive. Mentre la quota di mercato nel 2010 del Gruppo Mondadori è stimata (da Mondadori) al 27,1 per cento. Il Gruppo comprende tra l’altro anche Einaudi, che di Strega negli ultimi trent’anni ne ha vinti 4 (e siamo a 17 su 30, per una quota di mercato del 27,1 per cento). Questo vuol dire che un romanzo pubblicato da Mondadori ha più possibilità di essere “stregato” rispetto ai romanzi pubblicati dagli altri editori. E’ interessante poi capire il “valore” dello Strega. Non mi riferisco ai cinquemila euro che vanno al vincitore, che sono briciole, ma all’indotto che si smuove tra recensioni, polemiche mirate a tenere alta l’attenzione sull’argomento, fascette, presentazioni, inserimento del romanzo in collane dedicate ai vincitori dello Strega e tutto il resto. Per un editore sono molti soldi.

  7. La domanda è: abbiamo davvero bisogno del premio Strega?
    Io direi che, visto come vanno le cose, proprio no. Sono anni che si conoscono le scorrettezze in questo premio dove vince solo l’editore più forte.

  8. @perseo, del premio Strega hanno bisogno gli scrittori e gli editori, cioè quelli che ci guadagnano. Quando dici “abbiamo” ti riferisci ai lettori? Perché i lettori con lo Strega non c’entrano nulla, altrimenti una schifezza come “Acciaio” della Avallone sarebbe passato inosservato. E invece guarda, è diventato un incubo anche senza vincerlo.

  9. C’è un romanzo bellissimo, scoperto da Vibrisselibri e finalmente pubblicato in cartaceo da Perdisa Pop: “Tutto deve crollare”, di Carlo Cannella. In FB era nato un gruppo di sostegno perché questa straordinaria novità potesse partecipare al Premio Strega, ma l’editore non è riuscito a trovare due amici della Domenica che ne avallassero la candidatura. Insomma la qualità dei libri non c’entra nulla con il premio Strega. C’entrano le “entrature” negli ambienti giusti. Ricordo quando Wu Ming 1 confessò che Einaudi aveva comprato loro il quarto posto… Ho scritto personalmente alla segreteria del Premio Strega per chiedere come si faccia a diventare “amici della Domenica”. Nessuno mi ha risposto. L’opacità del premio – se mi è consentito un ossimoro – è trasparente.

  10. La cinquina si è composta. Il mio senso di sopresa è pressoché nullo perché sono i cinque che mi aspettavo. Semmai ci può essere un minimo di meraviglia per la distribuzione dei voti. Che Nesi risultasse primo era, forse, poco prevedibile. Prevedibile, invece, che in cinquina finissero due libri del gruppo Mondadori anche se l’Einaudi in lizza è Stile Libero e non Torino.
    Arpaia e Castellina sembrano (ma forse erroneamente) lì a fare numero. Non ne sarei così certo, specialmente per quanto riguarda la Castellina. Ha cose da dire e ha carisma. Nel mercante in fiera di Villa Giulia conterà anche questo.

  11. Io un anno scolastico addietro ho rifiutato per tre volte la nomina a vicepreside. Vinco qualcosa (un invito a cena con Biondillo e Del Giudice)? 🙂

  12. bella gente, se è per questo io ho rifutato di scrivere l’introduzione all’edizione facsimile dell’unico manoscritto dell’Entrée d’Espagne per non aderire a mafie accademiche, non so se fa curriculum. A sto punto fondiamo il club dei rinunciatari 🙂

  13. Il fatto tragicomico, da farsa, è che ormai son più di cinquant’anni che alcuni perosonaggi, anche di gran testa fina, chiedono l’abolizione dei premi letterari.
    Un articoletto sul tema stilato e nascosto da qualche parte che diviene, poi, più che “lettera morta”, putrefatta.
    Ogni tanto qualche rarissimo scrittore rinuncia alla partecipazione ai premi.
    Se ne parla poco e solo come di un ingenuo, se non esempio di donchisciottismo, mah

  14. Bella gente (rosa)
    non siete contente?
    Anche quest’anno ci sono le quote (rosa)
    e almeno questo è un libro che vale (qualcosa)
    Se poi volete la reazione (rabbiosa)
    del delusissimo sfidante
    c’è già in Rete l’intervista di Bertante.

  15. Piccolo rilievo. Un premio dovrebbe segnalare dei romanzi e promuoverli, nel senso se non altro di farli discutere. Invece ad ogni scadenza di Strega di discute dello Strega, della composizione della giuria, dei grandi elettori, cioè si promuove lo Strega stesso, non i romanzi. Anche in questa discussione: qualcuno ha letto i romanzi selezionati? Personalmente ho letto solo quello di Arpaia e per interesse all’argomento e all’autore, cioè prima che venisse selezionato. I romanzi degli altri li ignoro, né ricordo di averne letto delle recensioni. Ora: i giudizi critici sulle scelte dei giurati (o meglio delle case editrici che li sottopongono ai giurati) su cosa si fondano se non si conoscono i romanzi scelti? A Sanremo se non altro, le canzoni possiamo ascoltarle tutti e giudicarle nel merito. Scusate, magari non c’entra col dibattito. Ma come sono fatti i premi lo sappiamo tutti e se si vanno a rileggere le sarcastiche note sui premi e giurie scritte nei lontani 60 da Rodolfo Wilcock e ripubblicate l’anno scorso da Adelphi, pare che le cose non siano cambiate affatto. Dunque perchè ripetere in eterno lo stesso dibattito?

  16. @ luan
    “Ricordo quando Wu Ming 1 confessò che Einaudi aveva comprato loro il quarto posto… ”
    Guarda che era una battuta di Elio a Sanremo. “Comprare il quarto posto” non significa niente 😀

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