Quando si parla di giovani, anzi di studenti, anzi di futuro, forse andrebbero posti alcuni esempi concreti. Uno degli esempi è Bartleby. Visitate il loro sito. Poi, leggete il loro appello, che verrà reso noto questa mattina alle 11. Tra le prime adesioni, in ordine sparso, Valerio Evangelisti, Gianni Celati, Wu Ming, Pino Cacucci, Ermanno Cavazzoni, Tiziano Scarpa, Stefano Tassinari, Franco Berardi. Firmate, se potete.
Il progetto Bartleby nasce nel 2008 come risposta all’assenza di spazi per la produzione artistica, culturale e indipendente nella città di Bologna. Una città ricca di un tessuto di competenze e saperi,che le amministrazioni degli ultimi decenni, comunali quanto universitarie, non soltanto non hanno valorizzato ma che al contrario hanno continuamente mortificato. Il progetto Bartleby è la risposta che noi, studenti e studentesse dell’Università di Bologna, precari e ricercatori abbiamo dato a quel desiderio diffuso e incontenibile di mettersi in gioco, di cooperare, di sperimentare forme nuove di condivisione di saperi e produzione culturale. Crediamo che l’innovazione sia precisamente il tratto caratterizzante della nostra esperienza. Perché Bartleby è in grado di dare spazio e autonomia alle tante capacità espressive che vivono nell’Università e nella Città. Non c’è innovazione, infatti, senza autonomia dei desideri. Bartleby è anche un laboratorio politico. Nasce dentro il movimento dell’Onda, che ha portato migliaia di studenti, docenti e ricercatori ad animare le strade, le piazze e gli atenei dell’intero paese contro il ddl Gelmini e i costi dell’allora incipiente crisi economica. Crediamo infatti che questioni come la precarietà, l’assenza di un futuro dignitoso e di diritti, abbiano sempre più bisogno di spazi e di decisioni collettive.
Nel vuoto culturale e politico, che ha caratterizzato la città di Bologna, nel marzo 2010 abbiamo ottenuto l’assegnazione dello spazio in Via San Petronio Vecchio 30/a. La neoeletta amministrazione dell’Ateneo, aveva accettato la sfida che avevamo posto con forza. Da allora Bartleby è diventato un punto di riferimento per la vita culturale e politica, di centinaia tra studenti, ricercatori, docenti, scrittori, artisti e musicisti. In poco più di un anno le mura di San Petronio Vecchio hanno ospitato scrittori come Gianni Celati, Matteo B. Bianchi, i Wu Ming e Antonio Moresco, musicisti quali Vasco Brondi, Guglielmo Pagnozzi, Fabrizio Puglisi, l’Ensemble Concordanze di recente diretto dal principale direttore d’orchestra del Teatro Comunale Michele Mariotti, eventi come il BilBolBul e il B.I.R.R.A. unico festival di riviste alternative in Italia.
Dentro quelle stesse mura sono stati progettati dibattiti e numerose presentazioni di libri, spesso insieme a docenti e ricercatori dell’Ateneo bolognese. Bartleby è anche un luogo in cui temi e piste di ricerca, spesso esclusi dall’offerta didattica dell’Università, vengono approfonditi collettivamente.
Grazie a una donazione del fondo del poeta Roberto Roversi, Bartleby ha allestito un’emeroteca di riviste di storia, letteratura, arte e politica, dagli anni ’50 ai giorni nostri. Centinaia di volumi, spesso introvabili nelle biblioteche, in buona parte già disponibili per chiunque voglia consultarli.
Oggi però la continuità del progetto Bartleby nei locali di Via San Petronio Vecchio è a rischio.L’Ateneo sembra voler fare molti passi indietro rispetto alla sua precedente decisione. Da un dialogo costruttivo si è passati ad un inspiegabile silenzio. Silenzio di fronte a una richiesta di rinnovo e rilancio della sfida che finalmente valorizzava la figura dello studente come protagonista attivo della vita cittadina e universitaria.
Noi crediamo che le questioni poste allora da Bartleby siano ancora centrali, che senza la promozione e l’autonomia della potenza produttiva sociale, la Città e l’Ateneo di Bologna saranno sempre più povere.
Pensiamo che il nostro progetto sia una felice controtendenza e debba assolutamente essere preservata. Soprattutto a fronte dei continui tagli all’università e dell’impoverimento generale della società che comprimono, ancora di più, sia la possibilità di accesso ai servizi culturali che le capacità espressive di tutt*.
Pertanto chiediamo a tutti e tutte voi, artisti, docenti, ricercatori, associazioni e organizzazioni, di firmare questo appello per sostenere il progetto Bartleby e la sua continuità negli spazi di Via San Petronio Vecchio.
Per le adesioni scrivere a studentibartleby@gmail.com
Da questi progetti, che mettono al centro l’arte, la letteratura, la filosofia, insomma la cultura umanistica, si formano gli uomini e i cittadini, vale a dire persone in grado di vivere una vita ricca di significato; quegli uomini e quei cittadini che l’ossessione per la cultura tecnico-scientifica, per i test, i quiz e la carriera hanno mortificato e ucciso.
Come non correre a firmare questo appello!
secondo me si è sottovalutato parecchio l’episodio realtivo a quegli eroici studenti triestini che hanno chiamato la forza pubblica per rivendicare il diritto di andare a scuola vestiti in maniera “essenziale e ridanciana”.E,sempre a sproposito,forse un movimento in grado di cambiare il paese dovrebbe prendere pure in considerazione un leitmotiv non necessariamente in italiano ma che renda bene l’idea
http://files.scottishguy.com/mp3/B/Blur/Blur%20-%20Charmless%20Man/1-01%20Charmless%20Man.mp3
Bologna è una grande città che ha bisogno di dare spazio a progetti del genere, perché questa è la sua vera tradizione, non quell’accademismo chiuso e quasi privato. Io l’ho lasciata proprio perché a fine università non esisteva nessuna possibilità di interazione tra fermento dal basso e cultura ufficiale, tra creatività e critica. Buon Bartleby
ma che bello, la lipperini che fa un post su bartleby! 🙂 ma dite che posso aderire anche come privato cittadino?