SUL CONCETTO DEL PARLARE SENZA AVER VISTO

Per diverse settimane questo blog è stato a disposizione delle storie che avete inviato. Potete, peraltro, continuare a farlo e io le pubblicherò, perché hanno permesso non soltanto di riportare l’attenzione su tre punti cardine (svuotamento della 194, difficoltà nel reperire contraccettivi d’emergenza, educazione sessuale) su cui torneremo a incontrarci, anche fuori dalla rete. Oggi, però, ritengo importante tornare su un argomento che è emerso nel corso della discussione, e che riguarda lo spettacolo di Romeo Castellucci fieramente contestato da molta parte cattolica. Dunque, riporto qui un articolo di Concita De Gregorio uscito sabato su Repubblica: dove, molto semplicemente, si racconta lo spettacolo. Tanto per.
Siccome è naturale che chi esprime un giudizio, una valutazione, un auspicio o addirittura un monito stia parlando di qualcosa che conosce per averne fatta esperienza da giorni mi domando dove padre Ernesto Cavalcoli, teologo del convento San Domenico di Bologna, abbia visto l´opera teatrale di cui ha scritto al Papa che è «offensiva per la libertà religiosa, per i minori, la dignità dell´arte ed il buon costume».
Forse è stato a Essen nel luglio del 2010 ed ha ottima memoria, un po´ più debole la prontezza di reazione. Ma magari invece l´ha vista ad Olso ad aprile, a Mosca a maggio, ad Avignone a luglio, ad Epidauro a giugno, a Venezia ad ottobre: chissà. Ugualmente mi domando dove sia stato a teatro Peter Welles, assessore alla segreteria di Stato Vaticana che l´altro ieri ha definito Sul concetto di volto nel figlio di Dio un´opera «offensiva verso Cristo e i cristiani» auspicando a nome della Santa Sede «la reazione ferma e composta della comunità cristiana, illuminata e guidata dai suoi pastori», pastori tipo padre Ernesto Cavalcoli.
Forse Welles era tra il pubblico della rassegna curata da Martone per lo Stabile di Torino, ottobre 2010, o più probabilmente a Roma, dove vive. Poteva essere dunque anche lui, una sera di un anno e mezzo fa, alle Officine Marconi della Romanina, periferia Sud Est della Capitale, seduto sulle sedie della ex centrale Italcable a vedere il lavoro di Romeo Castellucci. In questo caso avrà visto quel che ho visto io, e che qui di seguito descrivo.
Lo spettacolo, prodotto dalla Societas Raffaello Sanzio di Cesena e da una decina di teatri di tutto il mondo, dura un po´ meno di un´ora ed è costituita, in sostanza, da una sola scena che si ripete tre volte. Le luci si accendono e sul palco c´è un vecchio in accappatoio bianco, indossa un pannolone, il tavolo e il letto sono di un asettico (bianco) interno domestico, ma forse una stanza d´ospedale. Immensa, a far da fondale, la riproduzione del volto di Cristo di Antonello Da Messina. Un volto che guarda gli spettatori, li illumina grazie al gioco delle luci che si irradiano da dietro la tela, ed è – ipnotico – guardato da loro. Entra in scena un giovane, il figlio, che in abito da ufficio, giacca cravatta e ventiquattrore, si avvicina al padre e gli annuncia qualcosa tipo «Allora io vado, esco». Il padre si lamenta, e in quell´istante ha un attacco di dissenteria. Il figlio si ferma, lascia la borsa, gli dice aspetta che ti aiuto, gli cambia il pannolone. Accudisce il padre con quel misto di amore e rabbia, compassione e collera, pietà e abnegazione che molto bene conosce chiunque abbia mondato gli escrementi di un genitore condannato dalla vecchiaia alla perdita di dignità. Di nuovo il figlio fa per uscire, di nuovo il padre non trattiene le feci. La scena si ripete da capo, in un crescente disagio del pubblico sollecitato – il disagio – dall´odore di fialette maleodoranti che si rompono in sala. Tutto è molto realistico ed al contempo insopportabile. Quotidiano e atroce. Un calvario. Una Passione. Il figlio non perde la pazienza, torna ad occuparsi del corpo del vecchio padre, lo cambia per la terza volta. Infine esce di scena. Rimasto solo il padre prende il secchio di acqua con cui è stato lavato – acqua sporca dei suoi stessi escrementi – e se la rovescia addosso, sul letto, lordandosi completamente. Il figlio rientra, gli dice ma che hai fatto? torna a pulirlo, poi lo abbraccia, insieme piangono a lungo, si stringono, il padre gli chiede perdono. È qui che le luci si abbassano e da un occhio del dipinto del Cristo comincia a colare una vernice scura, una lacrima buia che finisce per annerire l´intero dipinto, il quale infine si lacera. Buio, musica sacra. Sul fondo compare adesso la scritta luminosa “You are my shepard”, sei il mio pastore, con uno spazio vuoto tra le prime due parole che per un attimo si riempie di un not fra parentesi, per cui per un momento si legge “you are (not) my shepard”. Poi il not scompare, e riappare intera e luminosa l´immagine del volto di Cristo. Fine dello spettacolo.
Il quale senza nessun dubbio è un lavoro, che può piacere o non piacere, sul tema della misericordia e della passione, sul mistero doloroso della vita, sulle domande che non hanno risposta, sui figli che pagano le colpe dei padri. Non c´era alcun lancio di sassi né di escrementi, con buona pace delle migliaia di persone che sui blog e sui siti integralisti cattolici scrivono il contrario certo per sentito dire, o per aver forse visto su YouTube un frammento dello spettacolo andato in scena ad Avignone. È stata quella infatti una delle pochissime repliche (in Italia solo a Dro) in cui nel penultimo quadro salgono sul palco dodici bambini che tirano delle palle piene di liquido verso il fondale, prima che il volto riappaia. Scena che non convinceva il regista e che è stata soppressa, difatti né a Roma né a Venezia né a Torino c´era, né ci sarà al teatro Franco Parenti di Milano dove, al portavoce vaticano piacendo, andrà in scena dal 24 gennaio. Chi non vorrà non andrà a vederlo, naturalmente, e chi lo vedrà potrà in ogni momento giudicarlo pessimo. Quel che è davvero inammissibile, migliaia di firme del mondo della cultura lo domandano in un appello che circola in queste ore in rete, è la crociata preventiva. La censura vaticana a priori. La minaccia fisica e verbale, questa sì davvero blasfema quando esercitata nel nome di Dio.

27 pensieri su “SUL CONCETTO DEL PARLARE SENZA AVER VISTO

  1. io invece questo spettacolo, completo della scena “incriminata”, vorrei proprio vederlo. chi non vive certe esperienze quotidianamente, da figlia – da figlio, non sa che cosa significhino, e non sa che non c’è offesa «per la libertà religiosa, per i minori, la dignità dell´arte ed il buon costume». nella vita di tutti i giorni accade proprio questo, ci si sporca le mani e si piange insieme al proprio vecchio padre che, poco a poco, perde la sua autosufficienza. nel racconto dello spettacolo che fa la de gregorio ho ritrovato una parte importante della mia vita da sei mesi a questa parte. sono *fiera* di assistere mio padre, in ogni momento e sono a dir poco “meravigliata” (leggasi: inorridita) dalla – a quanto pare – altrettanto “fiera” opposizione di certa parte dei cattolici.
    chi ha detto “onora il padre e la madre”?

  2. Entra in scena un giovane, il figlio, che in abito da ufficio, giacca cravatta e ventiquattrore, si avvicina al padre e gli annuncia qualcosa tipo «Allora io vado, esco». Il padre si lamenta, e in quell´istante ha un attacco di dissenteria. Il figlio si ferma, lascia la borsa, gli dice aspetta che ti aiuto, gli cambia il pannolone. Accudisce il padre con quel misto di amore e rabbia, compassione e collera, pietà e abnegazione che molto bene conosce chiunque abbia mondato gli escrementi di un genitore condannato dalla vecchiaia alla perdita di dignità. Di nuovo il figlio fa per uscire, di nuovo il padre non trattiene le feci. La scena si ripete da capo, in un crescente disagio del pubblico sollecitato – il disagio – dall´odore di fialette maleodoranti che si rompono in sala. Tutto è molto realistico ed al contempo insopportabile. Quotidiano e atroce. Un calvario.
    Un calvario che conosco. Una prova durissima. Eppure di quanto rabbioso amore ci si scopre capaci. Me l’ero perso, l’articolo. Grazie di averlo postato.

  3. E’ incredibile che in Italia si debba arrivare a spiegare uno spettacolo teatrale, ma come siamo messi?! Ero già rimasta allibita quando qualche giorno fa ho letto nel blog di minimum fax “minima et moralia” un articolo di Ilaria Mancio sul tema e tra i commenti è stato addirittura postato un testo del regista Castellucci dove spiega lo spettacolo! Ahhh quanta ignoranza, chiusura e arroganza ideologica gira…

  4. Ideologia della guerra preventiva. Cattolica.
    L’importante è presentarsi pubblicamente a dire la propria su tutto, non importa se si comunica anche il proprio oltranzismo, anzi, che si sappia che c’è.

  5. Mi sembra una cosa bellissima – e anche molto intensa e profonda, con qualcosa di teologico molto forte, qualcosa che la Vera Religiosità capisce. Non questi imbecilli. Che tristezza, che declino – poi ci credo che arriva Odifreddi e spara sulla croce rossa.

  6. Non ho visto lo spettacolo, ne ho letto e sentito, e ho pensato, da cristiano, che si tratta non solo di una metafora potente della Passione, ma che presuppone un’interpretazione mistica della medesima, cioè il Cristo povero si rende presente nel povero Cristo che è ognuno di noi, davanti al fallimento all’ignominia del declino e della morte. Chi non capisce questo non capisce che Cristo, vero uomo, è stato a un certo punto l’uomo più solo su tutta la terra, quando la divinità che lo aveva sostenuto si è eclissata in lui, nell’ora della tenebra più fitta. Ecco come Isaia 53 descrive colui che i cristiani identificheranno in Gesù Cristo:
    Maltrattato, si lasciò umiliare
    e non aprì la sua bocca;
    era come agnello condotto al macello,
    come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
    e non aprì la sua bocca.
    Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
    chi si affligge per la sua sorte?
    Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
    per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte.
    Gli si diede sepoltura con gli empi,
    con il ricco fu il suo tumulo,
    sebbene non avesse commesso violenza
    né vi fosse inganno nella sua bocca.
    Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
    Quando offrirà se stesso in espiazione,
    vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
    si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
    Come è possibile che qualche prelato cattolico non lo capisca?
    E’ possibilissimo, perchè da molto tempo in certi settori della chiesa prevale la preoccupazione politica della sopravvivenza istituzionale e del profilo identitario. E la politica è esattamente il contrario della mistica, come il calcolo lo è dell’abbandono.
    “Dire la propria su tutto” sarebbe un dovere per chi ha ricevuto l’intera umanità in consegna, come un gregge da illuminare.
    Con la parola di Dio, però.
    Con l’assistenza dello Spirito.
    Senza la quale le autorità religiose diventano i primi assassini di Cristo, come è già successo e come Dostoevskij non ha mancato di ricordare.
    Poi si legittimano ritrattini sbrigativi come quello di Maddalena o idiozie come quelle di Odifreddi. E’ anche vero che ognuno dà quel che ha e quel che è.

  7. piuttosto chiedo – ma Loredà, e Concita bella – ma siete sicure che il concetto di parlare senza aver visto è la chiave di volta del problema? Avete voi difeso lo spettacolo solo perchè avendolo visto c’era di che difenderlo?
    Perchè non credo che la questione sia questa. La psicopatologia dell’estremismo stolido è che perde la polisemia delle cose, e quindi che vede e non vede sempre nelle idiozie va a parare. Come gli psicotici questi concretizzano le metafore. Non è che se vanno a vedere lo spettacolo dicono: Opperbacco l’era una metafora! Che avventato! No – dicono “Per tutte Diocesi” si affianca Dio alle cacate! Mentre religiosi più sani e più nobili di loro, ma magari è solo un fatto di sinapsi – si rivoltano nella tomba. Ma dimenticavo – che per motivi non tanto dissimili il cristianissimo Heinrich Boll fu molto maltrattato dal Vaticano. Eppure. se ce ne avessero ancora di nemici come lui – le chiese sarebbero più piene.

  8. Più probabile, secondo me, è che risulta intollerabile al Vaticano un ruolo estremo di cura svolto da un uomo.
    La sofferenza, non va dimenticato, è esaltata dai cattolici come occasione di espiazione, purificazione etc., ma che valga solo per le donne?

  9. no – non credo proprio Maddalena che il problema sia questo. Lo escluderei. Ordini interi di frati e preti svolgono ruolo di cura, le iconografie e narrazioni di uomini che si prendono cura ci sono in tutti i secoli di narrazione cattolica. No credimi, è la merda il problema, la puzza. Il cortocircuito mentale con i regazzini delle medie che parlano di scorregge e ridono.

  10. La cura di familiari, però, Zauberei, è affidata alle donne in genere e secondo me al Vaticano preme che continui a restare a loro. Poi è vero che ci sono uomini che si prendono cura ma lo fanno per scopi più elevati di quelli dell’ordinario quotidiano, o per lo meno attribuendo alla loro opera significati e scopi diversi e più alti. E’ un po’ come quando diciamo che le donne cucinano e gli uomini sono chef.
    La puzza e il resto c’entrano, sono d’accordo, ma a me viene di contestualizzarla proprio dentro attività che i cattolici sono interessatissimi che restino alle donne, altrimenti il loro schemino donna-natura salterebbe, mentre su quello si fonda la loro idea di famiglia, di comunità, di chiesa e tutto il resto. Parlo della tipologia dei cattolici reazionari, ovviamente.

  11. Zauberei, mi viene di aggiungere anche se in fondo l’ho detto, che le nostre due visioni non si escludono a vicenda ma che ci sostengono nella ricerca e nella composizione più esatta del vero problema, ossia della vera ragione di questa spropositata reazione dei militanti cattolici oltranzisti.

  12. Credo proprio che l’ipotesi più giusta sia quella che individua un problema di sinapsi. Mi sembra che “L’ultima tentazione di Cristo” subì simili tentativi di censura e atti di violenza da parte di altrettanto simili integralisti cristiani.

  13. In mancanza di un forte e chiaro approccio di genere ai problemi, saremo sempre deboli di fronte a chiunque si presenti per imporre quella particolare visione dalla quale si origina ogni violenza contro le donne, compresa quella con la quale si intendono ridurre in modo tanto subdolo quanto articolato
    tutti quei diritti che afferiscono al principio di autodeterminazione.

  14. @Maddalena
    “La cura di familiari, però, Zauberei, è affidata alle donne in genere e secondo me al Vaticano preme che continui a restare a loro. ”
    Mi chiedo a che tipologia appartenga un intervento come questo su un post come questo.
    Non trovo altre risposte.
    1) Quella del chiodo fisso
    2) quella dei cavoli a merenda
    Non è che si sta convertendo anche lei al nostro partito dei troll?

  15. No, Maddalena qui non è in ballo una questione di genere. Né lo spettacolo pur occupandosi della cura di un figlio verso il padre è connesso con il lavoro di cura. Credo sia invece connesso a una lettura profonda della spiritualità e spiace – davvero – leggere alcune reazioni sui giornali. Poi, appunto, diventa facilissimo per dei soggetti come Orifreddi sparare sulla croce rossa.

  16. Avevo sentito delle polemiche e immaginavo fosse uno spettacolo satirico, ora so che non lo è, ma rimane provocatorio e vuole esserlo.
    La cacca la facciamo tutti, ma sbandierarla e farne sentire la puzza non è un gesto normale, e non colpisce solo i bimbi.
    Certo che la reazione dei prelati è spropositata, ma è indubbio che unire un’immagine “seria” alla cacca è un modo di provocare, con uno scopo più nobile di quello che si voleva far credere, però la sollecitazione rimane.
    Poi si va oltre, si trovano i vari livelli di lettura, eccetera. Ma spero che alla rottura delle fiale puzzolenti, se qualcuno esclamerà un normale:”Ma che puzza di merda!” non venga zittito da un “Sssttt!” sdegnoso e superbo.
    Sarebbe un livello di rigidità simile a quello dell’ultrà cattolico.

  17. Lo spettacolo non l’ho visto, ne ho solo letto sui giornali.
    Mi sono subito venuti in mente alcuni passi de “L’insostenibile leggerezza dell’essere ” di Milan Kundera.
    Li trovo molto azzeccati !!
    ” Senza alcuna preparazione teologica, spontaneamente , capivo quindi gia’ da bambino l’incompatibilita’ tra la merda e Dio e , di conseguenza, anche la discutibilita’ della tesi fondamentale dell’antropologia cristiana secondo la quale l’u…omo e’ stato creato a immagine e somiglianza di Dio. O l’uno o l’altro: o l’uomo e’ stato creato a immagine e somiglianza di Dio e allora Dio ha gli intestini, oppure Dio non ha gli intestini e l’uomo non gli somiglia.gli antichi gnostici lo sentivano con la stessa chiarezza con cui lo sentivo io a cinque anni.Per risolvere questo problema maledetto , Valentino, grande maestro della Gnosi del secondo secolo sosteneva che <>.
    La merda e’ un problema teologico piu’ arduo del problema del male. Dio ha dato all’uomo la liberta’ e quindi, in fin dei conti, possiamo ammettere che egli non sia responsabile dei crimini perpetrati dall’umanita’. Ma la responsabilita’ della merda pesa interamente su colui che ha creato l’uomo.”

  18. ops… ho fatto copia e incolla da fb e mi ha tagliato una frase….
    “Per risolvere questo problema maledetto , Valentino, grande maestro della Gnosi del secondo secolo sosteneva che <>”

  19. ci riprovo…
    Per risolvere questo problema maledetto , Valentino, grande maestro della Gnosi del secondo secolo sosteneva che Gesu mangiava,beveva ma non defecava.

  20. Prendo atto con piacere che la parte della rappresentazione in cui vengono lanciate palle piene di liquido contro il volto di Cristo sia stata tolta. Sinceramente mi sembrava eccessiva, e chiaro era che una violenza del genere potesse urtare la sensibilità di molti credenti, anche nell’ambito di una rappresentazione artistica.
    E forse anche dei non credenti; curiosamente anche la De Gregorio finisce per farsi una specie di auotocensura, scrive che nelle rappresentazioni precedenti le palle venivano lanciate contro il “fondale” prima dell’apparizione del Volto. e poi cita un video di youtube. video che sono andato a vedere, e in cui si vede bene che diversi lanci colpiscono quando il Volto è chiaramente illuminato sul palco. Come dire, ma la De Gregorio lo avrà visto? Ma queste sono polemicucce da blog.
    Come il sarebbe polemicuccio provare a pensare cosa succederebbe se rappresentazioni artistiche di questo tipo ariguardassero altri . oppure ancora più comico e polemicuccio, quando i radicali volevano fermare il festival di San Remo perché Povia cantava Luca era Gay, ah ah tutta roba da ridere.
    C’è invece un piccolo particolare, davvero ripugnante in questo articolo della de gregorio, quando scrive “ un genitore condannato dalla vecchiaia alla perdita di dignità”. Perché il vecchio avrebbe perso la dignità? ( la dignità). Perché il vecchio avrebbe perso la dignità?
    Ecco, mi sembra che questa affermazione, che magari alla Degregorio è scappata per sbaglio, rappresenti bene l’oscenità ormai incensurabile di questo spettacolo

  21. Quello che più spiace di queste manifestazioni isteriche, (ma in altri paesi uccidono per questi motivi, in europa non ancora o non sempre), è che in qualche modo neutralizzano, polarizzando le posizioni, un dialogo sul merito dell’opera.
    Non l’ho vista, e non credo che andrò a vederla; conosco, anche se non così drammaticamente, la cura di un corpo malato, e la puzza di merda non mi è venuta per questo più simpatica, anzi trovo il suo uso in uno spettacolo una ridondanza, un iperrealismo, comunque non credo di aver bisogno di una pièce teatrale per essere educato a questo.
    Ma mi piacerebbe fermare un paio di punti, circa la visione cristiana della merda.
    Un Padre del deserto, paragona il rapporto di Dio con l’uomo decaduto e peccatore a quello della madre che pulisce il bambino dalla merda e gli cambia le pezze, i pannolini.
    Evidentemente il figlio che fa la stessa cosa col padre è un’analogia identica, si riferisce ad una forma d’amore molto concreta e disinteressata.
    La tradizione manichea, che si infiltrò nel cattolicesimo grazie alla dottrina agostiniana, considera il corpo cattivo e solo lo spirito buono, con tutte le conseguenze che ben conosciamo, ma la tradizione cristiana originaria dice che Dio ha creato tutto integralmente buono, e che ha permesso che il peccato, (o il male, se sembra troppo confessionale il termine peccato), entrasse nel mondo attraverso l’uomo, in virtù della libertà che gli è propria.
    Ed è in questa libertà, non nell’attività intestinale, che sta la somiglianza, somiglianza che l’uomo ha perso, pur conservando l’immagine, e che in molti casi cerca di ritrovare, e in moltissimi ritrova, senza forse saperlo.
    Se annoio ditelo, cerco di essere sintetico al massimo.
    Il “problema della merda” qui sollevato si pone in quanto è evidentemente immagine e odore della corruzione, e per questo nella vita eterna non ci sarà merda, come non ci saranno vecchiaia e morte.
    Evidentemente non è considerato argomento di conversazione gradevole, anche se la prima incombenza di un monaco alle prime armi, normalmente, è la pulizia dei cessi.
    Ma siamo in epoca assolutamente atipica, e effettivamente l’accostamento tra il volto di Cristo e la merda è possibile in ambito artistico, e l’intenzione mi sembra animata da profonda pietas, rientra un po’ in quel modo di far pendere la bilancia delle sue due nature decisamente sul versante umano lasciando forse a quello divino una distanza siderale, certo di minor interesse.
    Non vedo il crimine, ma mi piacerebbe che la protesta dei palotini di curia non portasse le persone tolleranti ad attribuire a Dio ciò che esce dal cappello degli uomini.

  22. Daccordo con Mario. Lo scandalo dell’umanità di Cristo non deve stupire. A patto che si riesca a rappresentare anche la dignità di un uomo che caca. Perchè Dio può non vedersi, può essere eclissato, ma l’uomo non può essere ridotto a cosa, qualcuno ha provato a fare questo, e lo chiamiamo Olocausto. La distanza siderale (non l’assenza) del volto di Dio nell’uomo non può essere rimossa fino a quel punto, altrimenti non solo l’opera non ha niente di cristiano, ma fallisce l’incontro con l’umanità, sarebbe caricatura (più o meno ideologica) non rappresentazione.
    La possibilità gnostica sta nel vedere l’uomo talmente sfigurato da renderlo un ricettacolo impossibile per lo spirito, cui non rimane che l’evasione violenta dalla carne.
    Che poi la gnosi sia entrata in Occidente per colpa di Agostino, è una stronzata che lascerei a Mancuso, da Pandiani non me l’aspettavo.

  23. Concordo con quanti hanno intuito una grande pietas e anche, o meglio proprio, nella provocazione, l’intento di riportare a una riflessione sulle nostre relazioni, sull’amore dei figli per i padri (e le madri). La perdita della dignità a me non pare proprio una colpa dello spettacolo, che semmai sembrerebbe invitare a riflettere su quella perdita e su come proprio la cura sia un supremo atto d’amore.
    In “Patrimonio” Philip Roth racconta la morte del padre. E la scena che mi ha commossa è quella in cui Roth pulisce, appunto, la merda del padre:
    “Ero terribilmente dispiaciuto per la lotta eroica e sfortunata che aveva sostenuto per ripulirsi prima che io lo raggiungessi nel bagno, e per la vergogna che aveva dovuto provare, il disonore di cui sentiva il peso, eppure, ora che la cosa era finita e lui era immerso nel sonno, pensai che non avrei potuto chiedere niente di più, per me stesso, prima della sua morte: anche questo era giusto ed era come doveva essere. Si pulisce la merda del proprio padre perché dev’essere pulita, ma dopo averlo fatto tutto quello che resta da sentire lo senti come mai prima d’allora. E non era la prima volta che lo capivo: una volta sfuggito al disgusto e ignorata la nausea e dominate quelle fobie che hanno acquistato la forza di un tabù, c’è ancora tantissima vita da accogliere dentro di sé.”
    La merda del padre come patrimonio, la capacità di amare il proprio genitore e superare e reintegrare quella perdita di dignità. Cosa ci sarebbe di irriverente e blasfemo in tutto questo? Purtroppo parlo anch’io senza avere visto, e allora mi esprimo sulle reazioni, più che sullo spettacolo, che peraltro vorrei vedere.
    E mi viene il dubbio che di blasfemo (percepito come tale) ci sia un appropriarsi del volto di Cristo e un riflettere sul sacro in modi che possono unire anziché dividere persone religiose – di diverse religioni – e non credenti, e soprattutto un farlo al di fuori del controllo di quella Chiesa che, se non vado errata, della lettura dei testi e della pietà – di un’idea di pietà po’ troppo ipocrita e piegata a logiche di potere, per i miei gusti – vorrebbe continuare a mantenere il controllo. E per questo, forse, non è così dispiaciuta che si prendano alla lettera, e alla cieca, le proprie indicazioni di mancato apprezzamento. Protestare poi è un diritto, ma va fatto senza ledere il diritto di altri, e, soprattutto, a ragion veduta, in autonomia di giudizio.

  24. Non la gnosi, ma certi temi del manicheismo.
    Me l’aspettavo la tua alzata di scudi, ma non è la sede questa.
    Come ripeto non ho visto l’opera, e non la vedrò, ne credo nessuno l’abbia considerata un’opera cristiana, tuttalpiù si è detto che è più cristiana dei pitbull dell’oratorio, e ci sta; poche cose sono meno cristiane della violenza contro chi si dissocia dalla verità rivelata.
    Ma quello che volevo dire, Valter “zolfanello” Binaghi, è che immagino che se qualcuno ha pensato di accostare le due cose, il volto e le feci, può essere perchè gli interessava l’aspetto più umano che divino, non vorrei giudicarne le intenzioni, solo fare una considerazione sulle possibili scelte artistiche che hanno prodotto tutta questa agitazione.
    Quando c’è una pikkola zomossa popolarre, difficilmente partecipo per una delle parti, ma vorrei capire.

  25. Ho visto lo spettacolo a Londra lo scorso aprile. Non mi ha convinto del tutto ma ricordo un momento che mi ha fatto molto male. Quando il padre si sporca per l’ultima volta il figlio sbotta, perde la pazienza e alza la voce. Un attimo dopo si rende conto di quello che ha fatto, inizia a piangere e chiede perdono al padre. Subito dopo le luci si abbassano e il volto del Cristo si illumina…

  26. Ho visto lo spettacolo nella fatidica serata a Milano e vi incollo sotto il thread sopra, un commento lasciato su NI che vi dice la mia impressione.
    Qua invece aggiungo che spero siate tutti così giovani o “fortunati” da non esservi mai dovuti confrontare da vicino con la sofferenza degli anziani quando perdono la loro integrità fisica o mentale (o spesso entrambe) e se ne sentono disperatamente umiliati.
    “Integrità” penso sia meno discutibile di “dignità”, ma è anche peggio. Solo che chi si sente andare a pezzi, lo patisce come perdita di dignità.
    Castellucci, con la sua merda, che purtroppo è assai normale, ne ha messo in scena l’espressione più visibile.

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