Per carità, sarà una mia fissa, quella della letteratura e delle storie come momento di incontro e coesione, e mi rendo conto che in questi tempi rabbiosi sembra anche un rigurgito da vecchia bonacciona, perché le persone hanno assai più voglia di sbranarsi che di parlarsi.
Però succede, invece. Succede che a chi crede in quella strada capiti di incontrare altri e altre che la pensano allo stesso modo, e poi chissà, si scopre che molte delle cose che riteniamo inutili, o impossibili, sono invece utili e possibili.
Per questo invito a leggere integralmente l’articolo su Giap! che ho letto questa mattina, laddove i Wu Ming ci ricordano un paio di cose che ci riguardano e che abbiamo dimenticato. Cose da cui ripartire. Cose che invitano a guardare il presente con altri occhi, e a sentirci, come si diceva un tempo, coinvolti.
Ecco la parte finale:
“Le prime bombe dal cielo furono italiane, caddero su Ain Zara e su Tripoli l’1 novembre 1911, durante l’aggressione imperialista alla Libia. Gabriele D’Annunzio, sempre pronto a esaltare ogni nefandezza e abominio, celebrò l’impresa in una delle sue Canzoni delle gesta d’oltremare. Versi agghiaccianti, uno su tutti: «anche la morte or ha le sue sementi».
In seguito, sempre sulla Libia (1930-31) e poi sulla popolazione etiope (1935-36), l’aviazione italiana sganciò bombe chimiche: iprite, fosgene, arsine… Ne avrebbe sganciate anche di batteriologiche, se il generale Badoglio non avesse convinto il duce a desistere, ché con le epidemie non si poteva mai sapere: potevano andarci di mezzo anche i “nostri” (cfr. Angelo Del Boca, I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d’Etiopia, Editori Riuniti, Roma 2007).
Durante quella guerra, l’Italia fu anche pioniera nel bombardare ospedali e accampamenti della Croce rossa. Suona familiare?
I civili come bersaglio. Giulio Dohuet (1869-1930). A lui è intitolata la Scuola militare aeronautica di Firenze, inaugurata nel 2006.
Nel frattempo, il nostro paese esprimeva uno dei più influenti teorici del bombardamento sulle città e sui civili: il generale Giulio Douhet. Nel suo trattato Il dominio dell’aria (1921) egli perorò la causa del «bombardamento aereo che costringa a sgombrare qualche città di svariate centinaia di migliaia di abitanti».
Svuotare una città a furia di bombe. Suona familiare?
Il dominio dell’aria fu tradotto in tutte le lingue europee, e studiato in diverse accademie militari, anche negli USA.
In ogni epoca i «fenomeni anomali» che solcano il cielo ci parlano, dicono qualcosa del mondo, di noi, di come siamo messi. Dunque di cosa ci parlano, oggi?
Ci parlano di Gaza, di Teheran, di Kharkiv e Odessa, dell’Iraq e dell’Afghanistan, dello Yemen, della Cecenia.
Ci parlano di responsabilità di lungo corso, e molto vicine a casa.
Occuparsi di UFO non è mai solo occuparsi di UFO”.