La ridicolizzazione degli intellettuali e la riduzione dei medesimi a “conventicola” è faccenda antica e insieme attualissima: rappresentarli come un gruppo di annoiati conservatori pronti a sollevare l’indice per ammonire funziona sempre, come le barzellette sui carabinieri, e “intellettuale” (come “femminista”) è ormai una parolaccia, almeno in Italia. Un gran peccato (per chi racconta le barzellette e parla di conventicole).
E però. Siamo sicurissimi che le colpe stiano solo dalla parte dei ridicolizzatori?
Un paio di esempi di lavoro culturale: gli articoli di Annamaria Testa su ChatGPT e AI, (su Nuovo e Utile) e lo strepitoso Festival di letteratura working class, organizzato da Edizioni Alegre e dal Collettivo di fabbrica Gkn in collaborazione con Arci Firenze e diretto da Alberto Prunetti. Operai e letteratura, lotta di classe e intellettuali: come ai vecchi tempi? Eh no, esattamente in questi tempi, nei modi e nelle forme da scoprire insieme. E con migliaia di persone che partecipano, peraltro.
In poche parole: i ridicolizzanti di cui sopra hanno ragione nel momento in cui chi fa lavoro culturale o dice di farlo non si guarda intorno. Ma, grazie al cielo, non funziona (sempre) così. E poi, come diceva Leonardo Sciascia: “L’intellettuale non ha più nessun potere, comunque io continuo a scrivere come se ci credessi”. Ecco. Eccetera.