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“Per tornare ancora a Serena Cruz, io sento di appartenere a quella Italia che i giornali hanno chiamato l’Italia del cuore e delle lagrime, con disprezzo e irrisione. A quella Italia che vuole ignorare la sana implacabilità delle leggi e si lascia travolgere dalle emozioni. Vorrei però che mi si dicesse cosa c’è di così vile, di così ridicolo e spregevole, nel cuore e nelle lacrime. Vorrei sapere se le leggi, che sono state pensate e scritte non da semi-dei ma da uomini, non possano essere lette e applicate con cuore e lagrime, e con mille dubbi e tremori e emozioni. Vorrei che mi si dicesse se invece dell’Italia del cuore e delle lagrime è meglio preferire un’altra Italia senza cuore e con il ciglio asciutto. Una Italia di vegetali, di pezzi di ferro e pezzi di ghiaccio”.

“Sì, la tiepidezza è questa; rifiutare sia il freddo della lucidità sia il calore dell’ immedesimazione. Restare in un limbo dove non c’ è bisogno né di assensi né di negazioni. Allora viene inalberata la protezione della finta scienza. Essa protegge dal freddo e dal caldo. Distilla il suo brodo tiepido”.

Era Natalia Ginzburg, su Serena Cruz, molti anni fa.
Ci ripensavo stamattina, leggendo dei due bambini che sono stati tolti ai genitori che vivevano in un bosco.

Mi chiedo come si possa citare Capitini a proposito di armi, a meno di non aver letto l’articolo 12 del suo Ragioni della nonviolenza, di cui oggi pubblico la seconda e ultima parte. O a meno di aver compreso e infine accettato e deciso di sostenere un pensiero militaresco in cui siamo scivolati mese dopo mese, e che sembra non turbarci più, o turbarci molto poco. In “Mai devi domandarmi” Natalia Ginzburg scriveva: “La vecchiaia vorrà dire in noi, essenzialmente, la fine dello stupore. Perderemo la facoltà sia di stupirci, sia di stupire gli altri. Noi non ci meraviglieremo più di niente, avendo passato la nostra vita a meravigliarci di tutto; e gli altri non si meraviglieranno di noi, sia perché ci hanno già visto fare e dire stranezze, sia perché non guarderanno più dalla nostra parte. […] L’incapacità di stupirsi e la consapevolezza di non destare stupore farà sì che noi penetreremo a poco a poco nel regno della noia. La vecchiaia s’annoia ed è noiosa: la noia genera noia, propaga noia intorno come la seppia propaga l’inchiostro. Noi così ci prepareremo ad essere assieme e la seppia e l’inchiostro: il mare intorno a noi si tingerà di nero e quel nero saremo noi: proprio noi che il colore nero della noia l’abbiamo odiato e rifuggito tutta la vita. Fra le cose che ancora ci stupiscono c’è questo: la nostra sostanziale indifferenza nel sottostare a un simile nuovo stato. Tale indifferenza è provocata dal fatto che a poco a poco veniamo cadendo nell’immobilità della pietra”. Credo che ci stia succedendo questo, indipendentemente dall’anagrafe. Ma speriamo, comunque.

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