Sono passati dieci giorni e quindi posto qui l’articolo sulla fine delle storie uscito per La Stampa. Visto che se ne parla qua e là, mi par giusto mettere a disposizione l’originale.
Siamo avidi, e mai sazi, delle vite degli altri, e questo chiediamo oggi e con decisione alla narrativa. Che, per millenni, ha certamente raccontato il vero ma trasfigurandolo in finzione: cosa sarebbe, oggi, Moby Dick, se non il diario di un’ossessione narrato dalla voce non di Ismaele ma di Achab?
Poi ci sarebbe anche altro da sottolineare: che la nostra attitudine alla veglia continua e il nostro culto del realismo sono il sintomo di un perenne disincanto che ci accompagna da molto tempo. Ma, per rimanere alla letteratura, almeno qualche interrogativo andrebbe posto, davanti a quello specchio che ci pone davanti senza permetterci di attraversarlo.
Tag: Premio Campiello
“Il “Campiello” è un premio letterario, istituito nel 1962 per volontà degli Industriali del Veneto, che viene assegnato a opere di narrativa italiana”. Così la definizione del prestigioso premio. Ora, se io fossi nei panni degli Industriali del Veneto, mi…