Sembrerà strano, ma io nutro qualche dubbio sulla scelta della parola “rispetto” come parola dell’anno. Le intenzioni, certo, sono ottime: porre un argine alle dicotomie, al tutti contro tutti, alla tendenza in apparenza inarrestabile alla rissa, anche per motivi futili.
E però vedo un punto debole: è necessario il rispetto, ma è necessaria anche la lotta nel momento in cui la violenza di cui si parla in quelle righe viene esercitata continuamente. Mi riesce difficile nutrire un sentimento di rispetto verso chi non riesce a vedere le esigenze degli altri, e cerca anzi di schiacciarle. Mi riesce difficile non smantellare le argomentazioni di avversari e avversarie: provo a farlo senza cedere a parole violente, certo, ma il rispetto è un’altra cosa. Rispetto, per me, significa considerare quelle argomentazioni come dettate da una convinzione reale, e non da un calcolo. E non è per niente facile farlo, in queste circostanze.

Anche l’ira per l’ingiustizia
fa roca la voce. Oh, noi
che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,
noi non si poté essere gentili.