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I FRUTTI DEL DECORO

Due parole sul decreto anti-rave, o anti-raduni, o anti-Costituzione varato ieri. Le parole sono: “non stupitevi”. Questo non è un atto calato dall’alto ma un atto che va a incontrare un lungo percorso. Se permettete, posto un brano da “Roma dal bordo” che, almeno spero, lo spiega.
Decoro è quello che soddisfa una certa classe sociale che ritiene che i propri figlioli non debbano vedere sporcizia e, sia mai, senzatetto. Decoro sono le strade fiorite in un paese morto. Decoro è tutto quello che finge di dare bellezza. E’ quello che paralizza. Come scrive Wolf Bukowski: “Tutta l’ideologia del «decoro», a ben vedere, è innestata di vittimismo. E questo proprio mentre, in apparente paradosso, gli illeciti del «degrado» sono spesso illeciti victimless. Chi è infatti la vittima di un senzatetto che dorme su una panchina? Lui e lui solo: in primis del capitalismo che gli ha tolto una casa, poi del «decoro» che gli toglierà anche la panchina. Ebbene: la magia del «decoro» è quello di rendere in modo immaginario tutta la città «vittima» del «degrado», e quindi vittima del senzatetto che dorme tra i cartoni. Che emerga quindi un immaginario vittimario in questa occasione non mi stupisce; esso, come quasi tutto ciò che accade ora, era già lì”.

Nei mesi dell’assenza, non ho comunicato qui alcune cose che mi riguardano, naturalmente ininfluenti ai fini di ciò che accade. Però. Da una decina di giorni è in libreria Roma dal bordo, che ho scritto per Bottega Errante Edizioni. Parla di questa città, a modo mio e per frammenti e dal mio punto di vista, quindi si aggiunge a infinite narrazioni su Roma (per questo è ininfluente). Alla luce di quanto penso e scrivo in questi giorni, posto qui una piccola parte di un capitolo. Quello che riguarda il  viaggiare con i mezzi pubblici. Che, come detto, è faccenda che molti dei miei colleghi dovrebbero ricominciare o cominciare a fare. Per la cronaca, dovrebbero farlo anche coloro che blaterano di privilegio ogni volta che ci si riferisce a persone che scrivono e leggono e vivono di parole. Poi si riparte proprio da qui: dal rapporto fra stereotipo e realtà.

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