Giuliano Vigini, ieri, su L’Avvenire. Ne avevamo parlato, ricordate?
Le librerie stanno andando a ramengo? Sono in molti a crederlo. E in questo momento – a giudicare dalle rese anomale (ci sono case editrici che avevano una resa media dell’8% e sono salite al 30%), dalla sensibile diminuzione della richiesta di copie al lancio delle novità e da altri sintomi di precarietà – sarebbe difficile dar loro torto. Crisi economica, margini ridotti, affitti in crescita, difficoltà di gestione? C’è naturalmente anche tutto questo.
Ma il cliente della libreria non si fa troppe domande e si limita a constatare il fatto: i libri (quelli che si cercano) non si trovano più. Uno vorrebbe poter ancora reperire romanzi o saggi ‘normali’ (ossia non specialistici) a distanza di un paio di mesi dalla loro pubblicazione. Si vorrebbe averli a disposizione subito, magari per una necessità di consultazione urgente, e invece, quando va bene, ci si deve affidare alla cortesia di un libraio solerte: «Se vuole, posso ordinarlo». Con la necessità sempre più impellente di far tornare i conti con opere di alta o buona vendibilità (lo spazio costa e bisogna che quello che lo riempie abbia una redditività media sostenibile), il problema si è indubbiamente aggravato. I più frustrati sono gli autori che, specialmente quando sono pubblicati da piccole o medie case editrici, fanno il giro delle librerie per verificare se – per miracolo – si trovi una copia del loro libro appena uscito. Ahimè, capita molto raramente. E allora viene spontaneo addossare la colpa all’editore che non distribuisce i propri libri o alla rete di vendita che non funziona, o al sistema commerciale nel suo insieme che penalizza i piccoli editori. I quali – poveri anche loro – come fanno a sopravvivere con pagamenti del venduto a 120 giorni, nel più fortunato dei casi? La risposta non è una sola, ma, a voler semplificare la situazione, potremmo dir così. Una gran parte dei libri che escono ogni giorno non riescono ad arrivare in libreria, anche quando avrebbero le qualità intrinseche per entrarvi.
In genere, o perché alla casa editrice interessa solo pubblicarli o, più frequentemente ancora, perché al libraio non interessano o pensa di non venderli, e perciò non li ordina. Un’altra parte di libri varca la sospirata soglia della libreria, ma, per non incomodare troppo il libraio, è come se gli dicesse: stai tranquillo, sto qui per poco; vengo, ma torno a casa presto. Infine, una minima parte trova le porte spalancate; vende bene, anche molto, e naturalmente resta in libreria con tutti gli onori. Questo è il presente. E il futuro? Nella diversificazione dei canali e nella radicalizzazione del mercato, la libreria è già diventata un soggetto a rischio, come del resto testimoniano tutti i punti vendita che chiudono, in Italia e all’estero. In particolare, l’utilizzo crescente dei siti Internet come negozi, non solo per la vendita di centinaia di migliaia di titoli di ogni genere, ma di informazioni sui libri e su una vasta gamma di altri prodotti editoriali e culturali, italiani e stranieri, rende di fatto il commercio elettronico una servizio molto più completo, comodo, conveniente e, vantaggio non trascurabile, a completa disposizione in ogni momento (le librerie Internet sono aperte a tutte le ore). C’è qualche speranza per la libreria di recuperare terreno? Inutile dire che ogni libreria è un caso a sé, perché ci sono problemi e situazioni individuali: tipologia della libreria, dimensioni, localizzazione, posizionamento in una particolare zona della città, eccetera.
Ma c’è probabilmente per tutte le librerie la necessità di riprendere o intensificare un ruolo specifico rispetto al proprio pubblico di riferimento e rispetto alla concorrenza più vicina, con una pluralità di offerta (giornali, scolastico, metà prezzo e usato, ecc.), con qualche nicchia di specializzazione e con una capacità di servizio sul territorio che abbiano per la clientela un motivo costante di richiamo. Naturalmente, lo Stato, gli enti e le istituzioni locali possono fare qualcosa per salvaguardare un patrimonio – come le librerie – che è di tutti. In questo momento, ai librai preme in modo particolare l’approvazione del disegno di legge Levi (modificato dal Senato il 2 marzo, nuovamente il 22 giugno dalla Camera, ritrasmesso al Senato e assegnato il 1° luglio alla 7a Commissione permanente): disegno di legge che fissa a una percentuale del 15% lo sconto massimo possibile sul prezzo di vendita (fatte salve le eccezioni), nel tentativo di porre un argine al mercato selvaggio esistente in materia di sconti al pubblico. È chiaro che questa non è la soluzione a tutti i problemi della libreria, ma è un passo necessario che può contribuire a risolverne qualcuno. Certo, librai ed editori auspicano un’organica legge del libro, ma siccome qualche milione di spesa bisogna pur prevederlo, si è del parere che è meglio scordarsela, perché ogni volta che si arriva all’ultimo articolo (copertura finanziaria o clausola di neutralità finanziaria) di una proposta di legge, tutto è destinato a finire in una bolla di sapone.
Non è perché oggi ci troviamo a malpartito; era così anche 20 anni fa, come mi suggerisce la mia esperienza nella Commissione nazionale del libro (1997) e come testimonia l’esito delle proposte di legge che al riguardo si sono succedute (Melandri 2002; Adornato 2003; Colasio 2006, eccetera). Meglio, dunque, tenere i piedi per terra.
le librerie ultimamente fanno schifo. nel senso che se uno vuole un libro lo deve ordinare: tipicamente “il libro se lo vuole è da ordinare” tanto vale (dico io) cercarlo direttamente in internet. gli editori pubblicano un sacco di scemenze in attesa del best seller: sono diventati come i discografici che pubblicano un sacco di immondezza sperando che qualche canzone divenga il disco per l’estate. e per concludere le recensioni dei libri sui giornali fanno schifo perché parlano sempre di cose che non si trovano (vedi sopra) e quando si trovano c’è già la recensione di qualcosa che non si trova etc. etc. Infine secondo me io spendo già molto per i libri e non riesco ad aumentare il budget (i libri costano troppo) e dimenticavo: i libri si comprano all’edicola.
Bisogna fare un distinguo tra editori e librai. Internet, al momento, giova agli editori che hanno un nuovo canale di vendita, con tanti rischi e molte opportunità.
Le librerie non riescono invece a stare al passo con la velocità dei tempi. Le troppe novità, le tante richieste dei lettori, gli spazi esigui, la tecnologia che avanza sono il tarlo che le sta consumando.
Pesonalmente aborro le librerie supermercato senz’anima che mescolano libri di ogni genere e mostrano commessi che starebbero bene anche in un negozio di borse. Adoro invece i librai che ti parlano con passione di questo o di quel libro, e che ti chiamano a casa per comunicarti che il tal libro finalmente è arrivato. Ma si tratta di una specie in estinzione.
Nella mia città (Avellino) un negozio di scarpe ha sostituito la libreria che ha dovuto abbandonare la sua storica sede al corso per nascondersi in una traversa, dove vive in solitudine la sua agonia. In un mondo che si cura più dei piedi che del cervello.
faccio con orgoglio la libraia, pur essendo consapevole del rischio d’impresa e del momento del mercato in implosione, e di esercitare la mia professione in un paese abbastanza refrattario ai percorsi culturali
è il mio lavoro, credo di farlo con competenza e passione, garantendo il servizio e anche la responsabilità di un consiglio
tutto qui
grazie a Loredana che mantiene a fuoco lo stato delle cose
Nicoletta
Un po’ OT ma non troppo. Leggo sul Corriere del “boom 2011” degli e-book (http://www.corriere.it/cultura/11_luglio_13/ebook-bookrepublic-studio_e73db7ba-ad8d-11e0-83b2-951b61194bdf.shtml), questo ancora con l’IVA al 20% (esatto). ho sentito ieri anche la puntata di fahrenheit dedicata al declino delle librerie, e sono rimasta colpita (non troppo, perché non è poi una sorpresa) dal discorso dul prezzo “drogato” dei libri, che tiene conto anche degli sconti della grande distribuzione, cosa che colpisce sia le librerie indipendenti che i lettori.
Il problema è che poi ci si lamenta che i lettori comprano scontato (alimentando il meccanismo) ma il prezzo dei libri è davvero troppo alto e il sistema di marketing degli sconti invoglia di più all’acquisto di un prezzo di più basso in partenza, e su questo la grande distribuzione (e amazon) ci campano.
Ma appunto il prezzo: che sia drogato è evidente. Limitare gli sconti non mi sembra una soluzione. E soprattutto è una soluzione che penalizza soprattutto il lettore, visto che i prezzi rimaranno quelli che sono. Alla fine si comprerà meno, semplicemente.
Quello che una libreria può offrire, e la rete no, è di diventare un punto di incontro fisico. Un mio amico libraio indipendente di Genova, a parte le altre classiche prestazioni da libraio di fiducia, punta molto su questo, e la sua piccola libreria è un continuo di reading, incontri, aperitivi, mostre, baracca ecc. Così fa girare gente e il suo negozio è diventato un posticino vivo e piacevole, non solo per i libri ma anche per le persone che ci si incontrano.
Sono un lavoratore dipendente, la percentuale di reddito che posso investire nell’acquisto di libri nuovi (della biblioteca mi servo già per quelli più vecchiotti) si è considerevolmente abbassata negli ultimi anni.
Con la limitazione degli sconti leggerò meno libri. Bello.
Il discorso è complesso e le librerie sono in difficoltà così come sempre più spesso sono in difficoltà i lettori: qualcuno lo ha già sottolineato anche qui, i soldi da investire in libri non sono tanti e se si può risparmiare, ci si prova. Io stesso pochi giorni fa ho comprato un libro su Amazon invece che in libreria: 11 euro contro 17. Come se ne esce?
C’è poi da considerare anche la questione degli ebook che sono un ulteriore elemento che sta modificando il mercato.
Quello che mi interessa è sapere se esistono librerie che stanno sperimentando nuovi modelli (oltre al trasformarle in punti di aggregazione e produzione di cultura, cosa bella e fondamentale): esiste la possibilità di integrare l’innovazione del digitale nella libreria tradizionale? In quali forme? E’ possibile per una libreria sfruttare le opportunità offerte da ciò che esiste online? Perché rassegnarsi alla scomparsa delle piccole librerie indipendenti è inaccettabile.
Io ho scoperto ormai da due anni che per comprare tutti i libri che leggo annualmente dovrei saltare metà di una rata di mutuo ogni 12 mesi.
Ho quindi rinucniato alla “novità” e mi sono dovuta rivolgere alla bibloteca. Forse sono fortunata dato che nel ferrarese c’è una buona rete bibliotecaria che finora non mi ha fatto mancare nulla (e per le novità di norma l’unica cosa che serve è un po’ di pazienza – almeno 4-5 mesi).
Non mi sono ancora convertita all’acquisto su internet, ma probabilmente accadrà, prima o poi.
Quello che posso dire è che ho la sensazione che chi legge i libri della biblioteca, poi i libri li compra anche…magari successivamente e sicuramente non tutti, ma li compra.
metto un link a minima & moralia dove marco cassini di minimun fax ragiona di “decrescita editoriale”: http://www.minimaetmoralia.it/?p=4701
non lo commento perché non ho avuto ancora il tempo di leggerlo, scusate.
quoto giulia: è che noi lettori non siamo una massa indistinta. gli editori invece sembra che puntino a questo: sognano il besteseller e un gruppo di lettori caproni che comprano e leggono il libro che tutti leggono e di cui tutti parlano. E allora va bene se lo si acquista al supermercato piuttosto che in libreria.
Ma i lettori “forti”, quelli che comprano tanti libri e diversificati, e che sostengono economicamente il mondo delle librerie e dei librai, non sono quelli che comprano il best seller (o meglio, lo comprano anche, ma non solo quello). sono quelli che si informano e curiosano e che si trovano su ibs o amazon perché, appunto, li trovano anche il libro del piccolo editore o il libro uscito l’anno precedente e ormai scomparso dalle librerie. E magari scontato.
I libri costano già tanto, a me piace comprarli. Per citare in un colpo solo Roberto e Anonimo: la legge Levi, con la limitazione degli sconti, mi farà comprare meno libri (e quei pochi non li comprerò dai librai, ma nelle catene di supermercati, in qualche bookstore delle grandi catene Mondadori-Feltrinelli e, soprattutto, sul web).
I librai si sveglino.
Aggiungo: non ho bisogno dei consigli del libraio. Idee e commenti me li leggo su aNobii, ad esempio. Grazie ai miei amici di Facebook ottengo sempre ottimi consigli. La morte delle librerie non è la morte dei libri.
Sono un libraio e posso dirvi che se tre anni fa facevamo due o al massimo tre rese l’anno oggi le rese sono quasi mensili. Uno dei motivi principali è dato da quelli che noi chiamiamo sottoscorta inviate, d’ufficio, dai vertici dell’azienda. Se prima tenevo un libro per molto tempo oggi, appena scaduti i termini di pagamento, lo metto in resa. Purtroppo anche il catalogo (libri che i “vecchi” librai non renderebbero neppure in mancanza di vendite) ne risente. Le librerie stanno letteralmente implodendo. Se qualche anno fa facevo le “cedole” delle novità oggi la maggior parte delle case editrici ha concordato “centralizzazioni” con i vertici. Alla fine il mio lavoro è quello di sistemare libri e renderli dopo qualche mese. Lavoro per una catena. prima o poi crollerà tutto, spero se ne rendano conto.
È anche vero che molte piccole librerie non sono minimamente interessate nè ai libri dei nuovi autori, nè ai cataloghi degli editori medio-piccoli. Spesso non li ordinano nepppure su esplicita richiesta del cliente. E allora non resta che rivolgersi alle librerie on line, ovvio.
Temo che quanto è accaduto ai negozi di dischi si ripeterà presto – come sta già accadendo – alle librerie.
Forse bisognerebbe rivedere un po’ tutta la filiera del libro. Gli editori stanno facendo adesso la promozione dei libri strenna per il natale. Comprano dall’estero sperando che titoli ad alta vendita nel paese d’origine ottengano lo stesso risultato in Italia. Spesso è compito dei piccoli e medi editori fare scouting fra i tanti validi autori italiani, con investimenti che non sempre vengono ripagati dalle vendite in libreria. Alcuni editori poi, ma solo in italia, sono proprietari di catene di librerie, laddove fa gioco che ci siano anche librerie in perdita per questioni di bilancio. In sintesi, il prezzo dei libri è drogato perchè fa comodo ad alcuni editori, perchè anche le rese giocano un ruolo importante nei loro bilanci, tanto quanto le vendite.
Secondo me se si tirassero meno copie di libri utili solo a conquistare “metratura” a scaffale forse il prezzo potrebbe calare, mettendo anche noi librai in condizione di gestire in maniera più duratura i vari cataloghi e accontentando così anche la massa di lettori che non cerca solo la novità.
L’hanno approvata. Addio libri.
Capisco la causa dei piccoli librai, ma capisco anche la causa dei piccoli lettori, come me che sono studentessa e non navigo nei soldi. Per fortuna vivo in una città in cui le biblioteche sono ancora di qualità e molti dei libri introvabili si trovano, quantomeno per leggerli. Sta mattina ho letto questo http://www.chicago-blog.it/2011/07/20/amazon-e-troppo-efficiente-ce-un-limite-a-tutto-anche-agli-sconti/ ed ho pensato che poteva essere di interesse anche qui.