TRE LINK E UNA NOTA

Giornata di link.
Primo. Costruire un’emergenza. Meglio, un’emergenza educativa. L’articolo di Girolamo De Michele è su Carmilla.
Secondo.  Nasce, come annunciato, l’Authority di Pare o Dispare. Qui, l’articolo di Rosaria Amato.
Terzo. Su Nazione Indiana, un brano da Servi di Marco Rovelli. E’ il capitolo dedicato a Rosarno.
Infine, una nota per concludere. Fermo restando che ognuno è libero di pensarla come desidera, trovo buffo leggere, su Facebook, il parere di uno scrittore di genere come Luigi Bernardi che sostiene: “tutto questo gran dibattito su Tolkien mi sembra proprio di divorante attualità (un qualcosa tipo la rubrica “Mai più senza” del vecchio Cuore).”
Le opinioni sono sacre. Mi piacerebbe però che ci si rendesse conto che discutere di Tolkien, di fantastico e di interpretazione non è semplicemente faccenda che riguardi elfi e orchetti. Tanto per.


2 pensieri su “TRE LINK E UNA NOTA

  1. Se per Bernardi discutere sulla mistificazione di un grande autore del XX secolo, e conseguentemente di letteratura epica, creazione letteraria di mondi, ruolo del mito rispetto alla narrativa, etc. è una perdita di tempo, che dire? Buon sonno e buon pro gli faccia.

  2. “Ma poi conta anche avere una rete familiare che possa dare il sostegno necessario”
    Ecco, in questa frase c’e’ tutto. Ho letto attentamente l’articolo di Rosaria Amato, ma credo siamo ancora lontane dal nocciolo del problema, anche perche’ abbiamo iniziato ad allontanarcene e a regredire fin dai tempi in cui il lavorare meno lavorare tutti e simili sono diventati concetti obsoleti, sostituiti dal lavorare di piu’ ( e in meno), essere piu’ competitivi, puntare sulla riduzione costi e altre piacevolezze, mettendo sempre piu’ il mercato e l’economia al centro di tutto e sempre meno l’essere umano e le sue esigenze.
    Le condizioni politiche di contorno certo non aiutano. Regrediamo a vista d’occhio.
    Voglio dire, va bene istituire una Authority per monitorare, se siamo a questi punti. (A meno che, a pensar male, non si trasformi nell’ennesimo ente inutile…) Pero’ il nostro paese va in direzione vertiginosamente opposta alle condizioni necessarie per lo sviluppo dell’occupazione femminile qualificata.
    Non si puo’ contare sulla famiglia, per chi ce l’ha, su soluzioni posticce per alleviare la macina al collo rappresentata, per la maggioranza di donne, dalle cure familiari, come badanti, baby sitter, ore di permesso o simili.
    Non e’ dignitoso arrabattarsi, e si salvi chi puo’, come ti insegna la miglior tradizione del liberismo trionfante. (Caso strano, in USA, sulla sanita’, stanno facendo marcia indietro).
    La base e’ ricostruire di sana pianta una rete di servizi, pubblici, e sottolineo trenta volte pubblici, che funzioni, nella scuola come nella sanita’ come nei trasporti come negli orari d’ufficio, flessibili secondo esigenze, per non parlare di sviluppo della telematica e dell’innovazione per evitare code e perdite di tempo.
    E poi, negli ultimi anni, come massima concessione, sentivo dire che alla donna spettava in qualche modo una forma di compensazione per la mole aggiuntiva del lavoro di cura.
    Col cavolo! Io vorrei che tale lavoro fosse maggiormente distribuito con gli uomini, non essere “compensata” perche’ mi devo fare il mazzo con le esigenze familiari.
    Questa e’ gia’ ammissione di ripiego e sconfitta. Dirlo ora suona da inguaribile e patetica vetero femminista. Eppure, in certi paesi, specie del nord Europa, tutto questo si cerca di realizzarlo.
    Mi ricordo uno slogan che diceva: siate realisti, pretendete l’impossibile.

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