TRE STORIE DI SCIAMANE

Va così. Fino a dopo il Salone gli aggiornamenti del blog saranno discontinui e saltellanti, come me. Quindi, per ora, un articolo uscito a marzo su Linus (prometto che recupererò).

 

Rizzoli ha pubblicato la raccolta completa dei romanzi di Mary Poppins, nelle nuove traduzioni di Marta Barone, Simona Mambrini, Isabella Zani, Anna Rusconi. Nei romanzi di Pamela Lyndon Travers Mary Poppins è fuggita e tornata cinque volte. Ha esordito nel 1936 spinta dal vento dell’ Est e sorretta da un ombrello, e nel corso delle successive apparizioni fra i mortali si è servita di un cervo volante, di una giostra e della scintilla di un petardo.  Mary Poppins è una tata, certamente. Ma nell’Inghilterra vittoriana le tate erano molto più di una baby sitter: per fare un solo esempio, basti pensare all’ influenza della signora Alison Cunningham detta Cummy nell’ ideazione de La strana storia del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde. Perché fu Cummy a educare il piccolo Stevenson a colpi di spettri, streghe e Giovanni Calvino, inducendolo a credere infine (parole sue) che “nel mondo non ci fossero che due campi: quello dei totalmente pii e rispettabili e quello dei totalmente profani, mondani e malvagi; i primi quasi sempre in ginocchio a cantare inni, i secondi sulla via della forca e dell’ inferno più nero”. Jekyll e Hyde, per l’ appunto.

Quanto a questa tata, è una creatura che viene dall’altrove, una semidea che vola come le streghe del sabba, è lo sciamano che si serve del vento per apparire, è Diana nel corteo lunare, è Santa Rita che vola anche lei con i suoi santi a sorreggerla, è colei che media fra i mondi, è Sileno che alleva Dioniso. In una delle pagine più belle del libro, uno Stornello saccente getta nella disperazione i bambini annunciando che, diventando grandi, dimenticheranno per sempre il linguaggio degli uccelli e del sole: “Dimenticherete perché non potete farne a meno. Non c’ è mai stato un essere umano che abbia ricordato dopo l’ età di un anno, al massimo, eccetto lei”. Lei, naturalmente, è Mary Poppins.

Molti bambini hanno scoperto Mary Poppins verso gli otto anni, quando è già il tempo delle letture, e naturalmente hanno visto il film Disney, e naturalmente hanno imparato tutte le canzoni, specie Supercalifragilisticexpiralidoso. Ma i libri sono diversi. I libri fanno paura. Mary frequenta strane donnine che si spezzano le dita per offrirle ai bambini, e le dita sono fatte di zucchero d’orzo. Mary sa entrare in un vaso incrinato per salvare bambine prese prigioniere da spaventosi vegliardi di ceramica. Sa trattare con statue semoventi. Sa come riparare le fratture fra i mondi affinché restino ben separati. Dunque, ancora una volta è una divinità che turba il mondo tranquillo e torpido degli umani, altro che fatina, altro che Julie Andrews. Somiglia a tutti coloro che portano caos, come Dioniso che rimira Tebe ai suoi piedi, come i topi infetti di peste in Camus, come Victor Frankenstein e l’uomo della sabbia di Hoffman, come lo spettro di Ligeia e Daenerys Targarien, Dracula e il Golem, Chtulhu e Randall Flag.

Anche chi ha ottime intenzioni turba un ordine. La Mary Poppins del film ricrea armonia, quella dei libri lascia incrinature insanabili. Come scrive Nadia Terranova nella prefazione alla raccolta completa, “Pamela L. Travers ha compiuto un atto magico: ci ha ricordato che lo sciamano che noi ossequiamo nei secoli nelle sue diverse trasformazioni di potere e religiose è in realtà una donna. La società tende a togliere prestigio alle donne, a minimizzarle e a non riconoscerle in ruoli apicali, ma per Travers questo non significa dover inseguire il potere degli uomini, un potere volgare, di poco conto, che può ambire al massimo a una rapina o a una conquista. Lo spiega bene in un saggio sulle donne nelle fiabe dei fratelli Grimm, in cui esordisce dicendo che essere nate sul lato Yin dell’esistenza non basta, bisogna anche prenderne consapevolezza: “come il fiore dal seme, si diviene donna per destino e volontà”. Parole che richiamano quelle della filosofa e scrittrice Simone de Beauvoir che, nel celebre saggio Il secondo sesso, scolpiva nella pietra il motto: donna non si nasce, si diventa”.
E’ interessante che in questi mesi siano usciti altri due romanzi che raccontano di donne, o ragazze, in bilico fra i mondi e in odore di sciamanesimo. Uno è uno Young Adult, Canzoni funebri per ragazze quasi morte di Cherie Dimaline (è uscito per Bompiani, nella traduzione di Alba Mantovani): racconta di Winifred, detta Win, che ha sedici anni e vive con il padre Thomas e un cane obeso nella casa che affaccia sul cimitero di Winterson, dove Thomas lavora come operatore del crematorio. Cercando un senso alla sua vita, e cercando un amore che non otterrà, Win incontra Philomene, detta Phil. E’ molto giovane, ed è uno spettro, morta di overdose. Ne nascerà un’amicizia, un quasi amore, e molti cambiamenti: nessun altro può vedere Phil, nessuno può parlarle. E quando appare è nel massimo momento di crisi di Win, quando il mondo sembra crollarle addosso (e invece, come sempre, ogni fine comporta un nuovo inizio: specie a sedici anni).
Infine, Einaudi pubblica Quando avevamo le ali di Ayanna Lloyd Banwo, nella traduzione di Monica Pareschi: è un esordio di lusso, perché Banwo, nata a Trinidad e oggi trasferita a Londra, ha fin qui conseguito master in scrittura creativa e pubblicato racconti. In questo caso poter vedere e parlare con i morti è un destino non desiderato.  Yejide St Bernard è l’ultima appartenente a una stirpe il cui scopo è proprio quello di comunicare con i morti, gestirne l’insofferenza, accompagnarli. Yejide, come la madre e la nonna, viene dal mondo dei corbeaux, grandi uccelli neri che volano verso il sole che sorge per liberare le anime dei defunti. Poi c’è Emmanuel Darwin, un ragazzo di campagna, che per curare la madre cerca lavoro e lo trova a Port Angeles, in un cimitero di nome Fidelis: dove non dovrebbe mettere piede, perché non gli è permesso, secondo la fede rastafariana, entrare in contatto con i morti. Ed è qui che i destini dei due ragazzi si intrecciano.
I due cimiteri sono diversi: in Canzoni funebri per ragazze quasi morte il Winterson è in abbandono, tanto è vero che sta per venire dismesso e solo un tour di fantasmi potrebbe risollevarne le sorti. In Quando avevamo le ali è il luogo dove il potere sovrannaturale di Yejjide si manifesta, e dove appare come una donna furiosa vestita di bianco che si ribella alla sorte di doversi cura dei morti, vecchi e nuovi, affinché dormano un sonno giusto. E, sì, è anche una storia d’amore.
L’idea delle donne sulla soglia è ovviamente antica, ma il fatto che venga riproposta da scrittrici che si affacciano sulla scena editoriale da diverse parti del mondo (Banwo è di Trinidad, Cherie Dimaline  è una Métis, membro, cioè, di uno dei tre gruppi di comunità indigene riconosciute in Canada) significa che il fantastico, così spesso espulso, torna prepotente da altri territori. Come torna Mary Poppins, appunto: la sciamana più famosa, quella che mette in contatto visibile e invisibile e, quando vola via, lascia dietro di sé certamente il rimpianto, ma, auspicabilmente, maggiore consapevolezza di quel che non vediamo e tocchiamo. Ma che esiste, e ci è necessario come l’aria che respiriamo.

 

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