UFFA

Domanda retorica del lunedì. E’ mai possibile che nel micromondo letterario italiano non si riesca quasi mai a portare avanti un qualsivoglia discorso senza prendere il gessetto e indicare alla lavagna quali sono i buoni e quali i cattivi (laddove i primi sono concepiti come ispiratissimi e scevri da lussurie mercantili e i secondi, fregandosi le mani, sfornerebbero ecomostri cartacei che oscurano il paesaggio). Vedasi il finale dell’intervista a Silvia Ballestra uscita sull’Almanacco dei libri sabato scorso (ah, e qualcuno spieghi, per esempio, a Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo che sono appena usciti in una collana “pop”).

Le piace essere definita giovane scrittrice?

«Oggi che non lo sono più mi può far piacere. Ma è sempre stata un’ etichetta fasulla. Un ghetto inventato dagli editori nell’ illusione che esista un mercato di lettori giovani. Proliferano le collane pop, come Stile Libero o questa di Rizzoli dove ora pubblico. Se oso richiedere una collocazione diversa, l’ editor di turno mi squadra: "Non vorrai pubblicare coi vecchioni?". "Magari…", penso io».

Dov’ è finito il furore iconoclasta delle origini, quando faceva il verso ad Arbasino e al Gruppo Sessantatré?

«All’ inizio ho fatto un po’ la stupida. Intemperanze giovanili di cui ora mi pento. Quando ho avuto modo di vederli all’ opera – Barilli, Sanguineti. Guglielmi, Balestrini… – è stata pura goduria. Arbasino poi è davvero un grande».

In un suo racconto di qualche anno fa Il catino di bronzo della Mazzantini è diventato Il pitale di bronzo di Tangram Invernizzi. Anche quella un’ intemperanza giovanile?

«Per carità, lasciamo perdere. Me la prendevo con un fenomeno esploso negli anni Novanta, tuttora imperante: l’ editoria schiacciata dal bestseller. Pochi autori – Tamaro, Mazzantini, Faletti, Baricco, Camilleri etc etc – che radono al suolo tutto il resto».

E’ in questo contesto che ha elaborato la categoria critica del "monnezzone"?

«Il "monnezzone" è il thriller standardizzato, diffuso a livello planetario. Libri plastificati sul genere Sonzogno ma anche Mondadori ci dà sotto. Un esempio tipico è Jeffrey Deaver, l’ inventore del criminalista paraplegico coinvolto in storie efferate. Titoli del tipo: Lo scheletro che balla o Il collezionista d’ ossa… O anche i gialli di Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi. è un genere che tira molto. E io confesso che, quando sto male, me lo divoro».

Un maestro di filosofia, Luigi Pareyson, diceva che ciascuno di noi nasce con una sola idea in testa e per tutta la vita non fa altro che girarvi intorno. Lei ha già capito qual è la sua?

«Continuo a ronzare intorno ad alcuni momenti dell’ esistenza, usando l’ autobiografia, anche quella collettiva, in forma di romanzo. Come se la scrittura potesse aiutare a sciogliere certi nodi. O, almeno, m’ illudo che sia così».

30 pensieri su “UFFA

  1. Evviva i fighissimi del gruppo 63 – gorgheggia la sciocchina ammaestrata di turno. – Arbasino poi è un grande! Mi viene da piangere.

  2. Se in Italia si leggesse di più forse non servirebbero le categorizzazioni che indichi. Purtoppo esistono tanti che vogliono scrivere e pochi che vogliono leggere (o che leggono secondo tendenza…). La categoria “giovani” dovrebbe riferirsi ai giovani di pubblicazione e nulla di più. Questo quanto meno per garantire uno spazio ai pochi che riescono a veder stampato ciò che hanno scritto. Che sia di valore o meno poi lo decreteranno i lettori (almeno mi piace pensare così), ma dovrebbero almeno conoscere l’esistenza di queste pubblicazioni. Entrando in una libreria qualunque trovi la risposta sotto i tuoi occhi, sui banchi, che siano vicini all’ingresso o dietro un angolo non c’è molta differenza: sono le case editrici (solo le maggiori) che decidono.

  3. le opinioni della scrittrice Ballestra vanno rispettate. Forse è un suo desiderio di vedersi riconosciuta da una certa consorteria critico-accademica-letteraria… forse sente che sta invecchiando e “reagisce”… forse, più semplicemente, pensa davvero che Arbasino sia un grande (e io con lei) e che gira un sacco di monnezza che vende per fattori totalmente extraletterari…
    diamole torto, dai… 😉

  4. no… non penso affatto che Lucarelli sia un monnezzone… però un po’ ha stufato. Su Deaver, invece, do torto io a chiunque azzardi un giudizio positivo… dai, non si può prendere tanto sul serio quella roba lì, non prendiamoci in giro: va bene la letteratura pop, va bene il crollo di certe etichette, però il retrivo è il retrivo.. pensiamo a questo: certi autori di successo se fossero programmi televisivi cosa sarebbero? Reality! Talk show politici alla Bruno Vespa! Di certo non Report… o mi sbaglio..?.. e a noi piacciono i reality, Brubno Vespa..?.. quando li critichiamo mostriamo tutto il nostro snobismo, dimentichiamo la vera natura della televisione..?.. oppure ne desideriamo, ne IMMAGINIAMO un’altra..?.. e senza per questo condannnare il popolo a farsi venire un ictus per la difficoltà a comprendere testi (o programmi televisivi) diversi?

  5. Credo che si sia sempre vissuto sotto le grinfie degli schemi, solo che oggi è più evidente e cosa ancora più grave che poche case editrici hanno voglia di rischiare.
    Di puntare sul nuovo tranne, forse, se gli scrittori sono stranieri.
    L’amore per l’esterofilia, in parte, caratterizza e penalizza il nostro paese.
    Invece di valutere e scoprire nuove forme intelligenti ci chiudiamo sul certo, che sia buono o no basta che ci si guadagni sopra.
    Ma forse sbaglio!!!

  6. Piccola precisazione: il mio “uffa” del titolo è dovuto a tre motivi. Primo, come credo di aver spiegato nel post, sono abbastanza stufa di leggere e ascoltare scrittori che amano denigrare il lavoro altrui mentre parlano del proprio. Se, per esempio, qualcuno venisse a chiedere a me qualcosa su Don Giovanni, non infilerei nell’intervista osservazioni come “bene, questo è Don Giovanni secondo me, a differenza di quello che risibilmente sostiene XY”, nè racconterei Hit Science parlando male di Piero Angela.
    Mi sembra, se me lo passate, atrocemente provinciale, per essere benevoli.
    Secondo: attaccare Lucarelli e Deaver, e in assoluto i best seller che portano guadagno e schiacciano il buono che c’è, è facile e porta consensi all’attaccante, ma è anche sbagliato. Come mi sembra di aver altre volte sostenuto, non è una pila di Deaver all’ingresso di una libreria ad impedire l’acquisto di Kafka. E sui giornali si parla molto più del secondo che del primo.
    Terzo, e ultimo: non è vero che non si investa sull’incerto. Poi, però, l’incerto medesimo (dove mi sembra si autocollochi Ballestra) deve dimostrare di valere qualcosa.

  7. Ho trovato su Unilibro questo titolo in uscita, qualcuno ne sa qualcosa?
    Autore: Parente Massimiliano
    Titolo: Moresco
    Editore
    Coniglio Editore
    Isbn
    **********
    Data pub. Prevista
    31 May 06
    Genere
    varia
    Collana
    DOPO IL NOVECENTO
    Prezzo
    € 12,00

  8. Poi ci sono gli scrittori che, maledetti da un paio di potenti del Fumer, non escono proprio più, malgrado i sei libri precedenti. Deve pur esistere da qualche parte una Grande Cupola con un Grande Fratello seduto sotto, eccome!… :- )

  9. Sarà una banalità, e sarà anche improprio per qualcuno sovrapporre il Lucarelli scrittore al Lucarelli conduttore di programmi televisivi (per me no: è una strategia di costruzione dell apropria immagine pubblica): ma al di sotto di una certa fascia di età quanti di quelli che sanno cos’è Piazza Fontana, o la Mafia, lo sanno senza aver visto un programma di Lucarelli? Quanti scrittori possono dire di aver fatto quanto Lucarelli per la società civile?

  10. C’è anche chi mostra solo le gambe sotto lauto compenso. Non ho mai sentito Lucarelli parlar male di qualcuno. C’è posto per tutti e chi sente la sedia stretta dovrebbe provare a sedersi per terra. Buon 25 aprile!

  11. Ora. Il problema secondo me non sta nel fatto che le vetrine traboccano di Moccia o Beppe Grillo. Il problema è che se io voglio “Malone muore” o “L’innominabile”, pure nei giorni del centenario beckettiano, in libreria io non li trovo. Usciti di produzione. Fuori catalogo. Raus. Uno dei dieci-quindici geni della letteratura del secolo passato. Patrimonio dell’umanità. Come se andassi a farmi un giro a Venezia e l’intera piazza San Marco fosse (temporaneamente) sparita. Ecco, questa secondo me è la spia di un problema molto serio.

  12. mi associo all’uffa delle facili catalogazioni. penso che si possa leggere di tutto e poi da cosa nasce cosa. perchè si devono sempre boicottare le letture “facili” che ci tengono compagnia nei momenti in cui non si vorrebbe fare niente?

  13. Ma la differenza è anche che tra 50 anni continueranno a chiedere in libreria Beckett e nessuno cercherà Moccia.
    E’ una bella differenza, insomma. Kafka non ha smesso nessuno di leggerlo.
    (e comunque conosco personalmente almeno 2 librerie dove i libri che cerca Nicola io li trovo).
    (hey, guys… i’m back! Se volete parlo male di qualcuno così si alza lo share!!!)
    😉 G.

  14. Ha ragione Gianni. Si parlava, un tempo, della teoria del doppio binario. Il futuro corre su monorotaia: il problema sarà di cosa sarà fatta quella rotaia. Si lavori ai testi, si lavori letterariamente e non criticamente sul presente. In istato di crisi è la critica, non la produzione di testi. Leggere per credere.

  15. Pur condividendo l’osservazione di Loredana Lipperini, a me sembra che il problema principale sia il predominio dell’industria editoriale sulla produzione letteraria. E’ talmente eccessivo che se voglio parlare di scrittura fruibile da un pubblico devo usare un termine che fa riferimento al suo status mercantile. Una volta uno scrittore che vende piuttosto bene, e del quale comunque conservo una buona opinione, per quanto diversi possiamo essere, mi disse che “scrittore” è soltanto chi pubblica. Mi pare evidente che “scrittore” è chi scrive, invece, e tanti che pubblicano non sono “scrittori”, se non altro perchè si tratta di giornalisti che pubblicano raccolte di propri articoli già pubblicati da un giornale, o perchè autori di instant books. Mi rendo conto che addentrarsi in distinzioni tra generi, autori e quant’altro possa rischiare di voler dire addentrarsi in un ginepraio, perciò mi limito a sostenere la mia opinione. Credo che sarebbe meglio per tutti, lettori e scrittori, essere un pò più tolleranti e di larghe vedute. Fatto salvo il fatto che, a meno di ricorrere al desktop publishing, come peraltro già avviene senza che si tratti di un disonore per chi lo fa, gli editori devono pur campare, auspicherei una maggiore attenzione da parte loro nel valutare le nuove proposte, senza voler rincorrere a tutti i costi il best seller.

  16. ora, si può difendere la Ballestra senza neppure condividerne il pensiero?
    Si può.
    In fondo, dico, non possiamo che ragionare per pregiudizi.
    Non essendo onniscienti (manca poco, comunque), la mappa cognitiva del mondo la dobbiamo desumere, pur con errori di scala e riferimenti altimetrici sbagliati (è il prezzo da pagare, iva inclusa).
    Si fa allora quel che si può, segnando sulla mappa i buoni dell’est e i cattivi dell’ovest per una speranza di orientamento – ieri Arbasino era il Mostro, oggi è un compagno di merende.
    Si vuol criticare il Ballestra-pensiero perché è di giudizio, per dir così, disposto alla fluttuazione come il Serpente Monetario? (siete troppo giovani per ricordare, non vi sforzate).
    Chi è senza peccato scagli la pietra miliare, o Perfetti.

  17. Tanto per essere di vedute più larghe, non credo che i giornalisti che pubblicano raccolte di articoli già apparsi in edicola e autori di istant books non siano automaticamente scrittori. Chi scrive articoli non è scrittore? E chi lo dice? Un istant book non è opera di uno scrittore, idem… Si potrebbe anche sostenere che chi scrive è scrivente, chi pubblica è scrittore, ma sono solo pignolerie. Se si fa un salto in libreria ci si accorge che di bei libri ne escono, basta stare accorti. Per quel che riguarda la critica, invece, be’, facciamocene una ragione…

  18. Michele, mi riferivo alla condizione di scrittore letterario, nel senso classico del termine. Anche perchè si è partiti da una sorta di confronto indiretto tra “giovani” scrittori come Silvia Ballestra e maestri in/discussi come Alberto Arbasino. E il problema della critica letteraria riguarda la categoria degli scrittori letterari, non certo degli autori di saggistica a carattere giornalistico o di libri sul trend del momento o di guide turistiche. Sono d’accordo sul fatto che di bei libri se ne trovano, basta cercarli e ascoltare Fahrenheit su Radiotre, girare per librerie o usare il passaparola, navigare su Internet, etc.
    Per concludere, e stare più al tema iniziale, non giudico se la Ballestra dica quello che pensa su Arbasino o lo omaggi per convenienza, osservo soltanto che ritengo sia l’una che l’altro meritevoli di rispetto. Sottoscrivo invece al 100% l’opinione di Loredana Lipperini secondo cui non è necessario, anzi è disdicevole, esprimere opinioni “per contrasto” e non in maniera indipendente rispetto ad altri, anche se nella maggior parte dei casi probabilmente è ciò che dà visibilità a chi si propone in questo modo

  19. Ignazio, io proprio alla distinzione tra scrittori letterari e non letterari facevo riferimento. Sinceramente mi sembra solo una generalizzazione. Non credo si debba (o si possa) parlare di letteratura solo in presenza dei classici canoni. Il giornalismo può essere inglobato nella letteratura, come il biografismo, il reportage e tutti quelli che, a mio avviso a torto, vengono considerati altro rispetto alla letteratura vera e propria. Una distinzione del genere non è diversa da quella della Ballestra, che non ci sta a essere etichettata come giovane (o pop), e prende le distanze da Deaver. Io la penso così, e agisco di conseguenza.

  20. ma quanto siete ipocrite… state qui a far le pulci all’ineleganza di chi chiama in causa altri autori per spiegare una sua idea di letteratura (buoni/cattivi mi sempra una banalizzazione un po’ mistificante)..con toni da reginette del bon-ton da salotto letterario e invece non vi sembra per nulla inelegante dare della sciocchina ammaestrata ad una scrittrice (della quale peraltro non ho mai letto niente, quindi non è certo per difendere lei in quanto ballestra che scrivo), che ha l’unico torto di dire con chiarezza cosa le piace e cosa non le piace, cosa le sembra conforme ad una sua idea di letteratura (questa si contestabile), e cosa no.
    scusate ma non mi piace per niente.

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