UNA NAZIONE INFETTA

Capita di essere stufi. Soprattutto dopo aver letto, per esempio, le dichiarazioni di Paola Binetti sulla mozione Buttiglione.  Oppure dopo aver visto gli spot degli yogurt di cui parlava ieri Giovanna Cosenza. Sapendo che è arduo smontare un pregiudizio estetico, psicologico, culturale di questa portata e sapendo anche che in molti casi lo sforzo verrà considerato ininfluente. Dettagli,  come sempre.
Capita di essere stufi. E di non avere nessuna voglia di intessere dialoghi con chi per anni ha fatto leva sul malpancismo di questo paese. Capita di essere stufi quando si viaggia su un autobus romano (linea 70, direzione piazzale Clodio, ore 9, numero vettura 5029: caso mai) e si assiste alla seguente scena. Fermata. Due passeggeri di colore chiedono di scendere dalla porta vicino all’autista. Vero, non si può, e l’autista li rimanda alla porta centrale. Che però  chiude in faccia ai due , e riparte, facendogli saltare la fermata.
Mi alzo, e dico al solerte guidatore che con due italiani non l’avrebbe fatto. Risponde a mezza bocca che è il regolamento. Nel frattempo, vengo aggredita da un altro passeggero, che urla “e che, dobbiamo tenerceli? A casa. A casa loro”. Si unisce un’altra signora (“a casa, a casa loro”), mentre il passeggero urlante mi invita a trascorrere da sveglia le mie notti in attività sollazzanti, invece di rompere i coglioni alla gente perbene.
Scendendo, una ragazza si avvicina e mi chiede: “Vale la pena di litigare per una cosa del genere?”.
Sono stufa.

18 pensieri su “UNA NAZIONE INFETTA

  1. ci sono tanti autobus. Sul 910, sempre 9 di mattina, 4 giovani di colore erano seduti nei 4 posti dietro.
    Arriva una donna, lavoratrice middleclass, e uno di loro si alza, lei si siede, sorride cordiale e loro sorridono, così, NORMALMENTE.
    In quel momento ho pensato che jela possiamo fà.

  2. Loredana io pure so stufa.
    Però quando mi è capitata una cosa molto molto simile – la persona di colore era li che aspettava alla fermata e l’autista gli ha chiuso le porte prima che salisse – io ho litigato collì’autista (è stato lui a dire a casa ca sa non li volemo) e vedendo che n’antro po’ me menava, mi sono azzittita.
    Poi ho preso il numero di vettura e ho fatto esposto all’atac. L’atac con diverse mail mi ha informata dell’iter che l’esposto ha avuto, provocando all’autista un richiamo formale dall’azienda.
    E’ già na cosa.

  3. io invece solo per i due mesi estivi sto facendo al pendolare roma-civitavecchia e ogni volta che prendo il treno penso che non ce la faremo mai. I treni sono stracolmi e la gente sta in piedi, sia nei corridoi dei vagoni che davanti alle porte di uscita. Al mattino nessun controllore passa a fare i suoi controlli, al ritorno aspettano che il treno si svuoti a ladispoli e dopo passano. Conclusione un abitante di ladispoli (almeno negli orari di punta) potrebbe sempre viaggiare gratis (e già paga di meno perchè ha meno chilometri da fare, un paradosso). I cari controllori (che in effetti essendo l’ultima ruota del carro non hanno colpe dirette) sono così vigliacchi da non avere il coraggio di fare la gimkana tra i pendolari e così aspettano la situazione più comoda. Accade spesso che trovino gente senza biglietto e allora lì scatta la multa (e spesso anche la paternale (insopportabile).
    Però due esempi eclatanti riassumono tutto.
    Qualche giorno fa 2 ragazzini immagino 16enni che tornavano dal mare sono stati beccati senza biglietto tra santa marinella e civitavecchia (1 fermata) e sono stati fatti SCENDERE (costretti quindi a prendere un treno mezz’ora dopo, ed erano già le 20). Se fossero stati due uomini avrebbero preso solo una multa. La cosa ancora più irritante è che il controllore ha avuto il coraggio di dire: “Scusate per i minuti di ritardo, ma bisogna educarli ‘sti ragazzi”. 1. Il treno aveva almeno 20 minuti di ritardo accumulati precedentemente; 2. da quando un ferroviere è un educatore?. Dopodichè non ha più controllato i biglietti a nessuno, altrimenti mi sarei rifiutata di esibire il mio.
    Ultima cosa: ieri eravamo tutti stipati come in un carro bestiame, senza aria, sudatissimi. A Torre in pietra un ragazzo già sceso dal treno, passando davanti al mio vagone davanti al quale c’era una capotreno pronta a dare il segnale per far ripartire la vettura, vedendola ha detto:” Bravi, non la mettete l’aria condizionata. E noi che paghiamo pure il biglietto”. La signora si è permessa di dire rivolgendosi a noi pendolari, in cerca pure di approvazione: “Eh si, come se uno così lo avesse pagato il biglietto”. Solo perchè il ragazzo era un tipo magro con la testa rasata e quindi dall’aspetto poco “da bravo ragazzo”.

  4. Probabilmente con qualche italiano lo avrebbe fatto. Una volta un autista nella mia città non si è fermato alla fermata per far salire un gruppo di ragazzi locali nella zona del battuage omosessuale. Con gente come questa non si può parlare di etica, ma appunto di regolamento, come ha fatto zauberei. E’ contro il regolamento chiudere la porta in faccia a due passeggeri che stanno scendendo. Segnalare alla compagnia dei trasporti, fare esposti. Ora faccio un appello a chi, sugli autobus, sui treni, assiste a discussioni di questo tipo ed è d’accordo con chi protesta: prendete posizione, intervenite, sono sempre i razzisti nevrotici quelli che si fanno sentire, ormai la guerra al razzismo deve essere aperta, lo so, per noi timidi è dura ma è il momento di farlo.

  5. Però capitano anche situazioni così:
    Autobus (naturalmente pieno) 780 direzione piazzale Nervi, una coppia sulla quarantina discute ad altissima voce sui diritti dei gay sciorinando una serie infinita di luoghi comuni, sull’uomo che “c’ha da esse uomo” e sulla donna che “c’ha da esse donna”, sulla natura e sul contronatura, eccetera eccetera. Gli astanti iniziano a mormorare, ma nessuno interviene direttamente, appena scendono parte il dibattito, con vecchiette appena tornata dalla spesa che sostengono pari diritti per tutti, immigrati che concordano partecipi e impiegati del dopo pausa pranzo che rivendicano l’importanza della convivenza civile. Per un attimo la politica sembra lontana anni luce dall’Italia media, e mi fa sentire orgogliosa di stare in un Paese che è capace ancora di mettersi a discutere sull’autobus (beh, certo lo so, che se la discussione avesse avuto altri toni l’avrei pensata un po’ diversamente…)

  6. Anch’io, Loredana, sono stufa. Anch’io da anni cerco di sensibilizzare i comportamenti attraverso l’analisi delle parole, e di tutto quello che ruota loro attorno.
    Eppure, e lo dico con amarezza, pare un tentativo vano: “vedi cara, è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già…”.
    Questo forse il presupposto. Il prosieguo è che, in questo clima, la lacerazione – hai ragione tu – si fa purulenta.

  7. Siamo tutte/tutti stufi, tranne quelle tutte/tutti, numericamente molto superiori sembra, che evidentemente stufe/stufi non sono o, meglio, che sono stufe/stufi di cose diverse (zingari, stranieri, sessantottini, komunisti ecc. ecc. ecc.) e che adesso hanno trovato stendardi e capitani per esprimere il loro malcontento con buona pace di noi snob di sinistra (Ricolfi docet).
    Perché questo paese esiste da tempo e periodicamente slatentizza, per usare un termine caro a Zaub ;), le sue patologie.
    Nonostante questo, io non lo non chiamerei infetto, anche se esprime comportamenti che a volte mi fanno decisamente schifo.
    Evito anche di dare l’intera colpa di tutto questo a Berlusconi, come ci siamo detti altre volte su questo blog, perché secondo me il cavaliere, temo di ripeterlo per l’ennesima volta, è l’ultima straordinaria maschera, becera e vitalissima, di questo paese.
    Una mschera rispecchia sintetizzando, non crea, con buona pace del delirio demiurgico del nostro leader e anche di chi, come Baget Bozzo e Nanni Moretti, da opposti fronti, ci hanno voluto convincere che Berlusconi è un re che ha creato il suo popolo. No, è stato il popolo a incontrare e riconoscere la sua maschera, in una di quelle agnizioni fatali e storicamente nefaste, anche se all’inizio assumono un aspetto pittoresco e quasi giocoso.
    In modo molto più sobrio ed efficace del mio, mi sembra che abbia detto la stessa cosa Umberto Eco, ricordando anche che quando tutto concorre a fare cadere le braccia e a far sembrare ogni dissenso inutile allora è il momento di resistere e dire fermamente i propri no.
    Anche se la parola resistenza sembra fuori luogo, io penso sia proprio il caso di tirarla fuori, anche in quei casi, apparentemente minimalisti, in cui sui mezzi pubblici si incontrano quelli che ‘cacciamoli tutti via’.
    Scusatemi di questa tirata un po’ patetica e retorica, ma anch’io vivo a Roma, e a volte mi sento davvero soppraffatta. Però poi ci sono, come qualcuno ha già detto, situazioni diverse in cui mi si allarga il cuore e penso anch’io che ce la poteme fa’, anche mettendo in atto misure di civile denuncia all’Atac degli episodi di razzismo.
    Appunto preferirei evitare espressioni come paese infetto, che mi apre davanti scenari di pandemia. L’Italia è un paese profondamente contagiato, ma io sono convinta che gli anticorpi ci sono.
    Come si sa la depressione agisce sul sistema immunitario, cerchiamo di non lasciarci andare.
    Sembra una pillola di saggezza berlusconiana questa, ma se le maschere sono così vitali una ragione ci sarà pure.

  8. Credo che come sempre c’entri, nei casi di razzismo o pregiudizio in senso lato, la mancanza di conoscenza, ovvero l’ignoranza. Credo che anche un controllore possa essere un buon educatore, credo che un educatore di professione possa non essere un buon educatore. Si tratta di intelligenza, conoscenza, buon senso, che hanno come conseguenza il Rispetto. L’Italia è un paese infetto: promulgava le leggi razziali, mentre di là dell’oceano gli italiani erano vittime del razzismo: un paese contraddittorio, preda di isterismi, fughe dalla legalità: mafie, evasioni fiscali, raccomandazioni, privilegi a politici e amici degli amici. Abbagliati da dittatori populisti e virilisti, istrionici e grossolani: gli italiani, adoratori di potenti….
    L’italia è un paese infetto: fatta l’Italia abbiamo fatto gli Italiani di sempre, eredi di Depretis e del trasformismo, di Giolitti e le sue malavite, Mussolini i suoi gerarchi e le sue camicie nere, L’Italia repubblicana coi cattocomunisti a dividersi latentemente i poteri, la strategia della tensione, i sevizi deviati, le bombe e la fine di tutto questo per ricominciare daccapo, dal trasformismo, la riberia, i privilegi, il dittatore…. In tutto questo poteva mancare il razzismo? Poteva mancare l’ignoranza, la non conoscenza, in un popolo non educato al rispetto del ‘diverso’, non colto, non illuminato, possessivo, geloso del suo status economico, l’italiano che è progredito economicamante, ma non civilmente (Pasolini)….
    Gert

  9. All’inizio di luglio a Bari Abdi Nasser, rifugiato politico e presidente della comunità somala di Bari, è stato picchiato a sangue dall’autista di un autobus che non voleva farlo salire (http://bari.repubblica.it/dettaglio/somalo-picchiato-da-autista-del-bus:-sei-nero-non-sali/1665788). Sugli autobus in ogni angolo di questo paese assistiamo continuamente a scene come quelle descritte in questi commenti ed è solo la punta dell’iceberg di una situazione di violenza continua, di un clima in cui negli spazi pubblici i “cittadini” si sentono ormai autorizzati e invogliati a inveire contro gli stranieri (così come i rom, i gay, le lesbiche, i punkabbestia, le persone con problemi psichici…) e chi li difende. Qui a Bari siamo scesi in piazza (anche se eravamo pochissimi), sono state organizzate manifestazioni di solidarietà e pare che il comune si costituirà parte civile nel processo contro l’autista. Eppure ho sempre l’impressione che sia come opporre un dito ad un’inarrestabile valanga di melma.

  10. Io a 17 anni non ho affianco coetanei motivati al cambiamento.
    Il problema è che le parole non sono abbastanza efficaci quanto servirebbe.

  11. Io credo proprio che valga la pena “litigare per una cosa del genere” e se mi capita non perdo occasione di farlo, se continuiamo tutti a fare finta di nulla le cose non cambieranno mai. Aggiungo anche che non c’è bisogno di essere di colore per essere maltrattati sul bus, basta essere donne incinte. Io sono al 9 mese di gravidanza e mi è capitato diverse volte di vedere le facce girarsi verso il vuoto pur di non incrociare il mio sguardo e di non cedere il posto a me e alla mia pancia. Parlo di Bologna, per la precisione, ma la situazione non mi pare molto diversa da quella di Roma…

  12. Ignoranza e paura, che si rafforzano vicendevolmente. Tristezza… ma sono molto contento di sentire anche le “voci ottimiste”, grazie!

  13. Sono d’accordo con Sun.. Parlare, purtroppo, non è efficace se chi abbiamo davanti è sordo. Questa gente capisce solo la violenza.
    Contro di loro la battaglia è persa in partenza, secondo me dobbiamo lavorare sui giovani perchè non diventino come quelle signore e incoraggiare chi oppone resistenza ai discriminatori. Quindi complimenti a te per il tuo coraggio, non è da tutti. Davvero complimenti.

  14. Posso confermare in toto quel che dice Rowena. La mia compagna, quand’era incinta, vedeva gli stessi sguardi spenti e distanti. E anch’io quando giro in autobus con la bimba – affaticata al termine di una giornata di materna, accaldata perché Bologna d’estate è praticamente l’Ade, nervosa per l’essere in mezzo alla calca – se non lo chiedo/esigo espressamente espressamente, nessuno si alza per cedere il posto. Tutto il mito della Bologna bonaria e accogliente (che incredibilmente trova ancora, nell’anno di grazia 2009, qualche credito presso chi non vive qui) è servito a nascondere al mondo che in questa città funziona come altrove: i pezzi di merda sono arrogante e vigliacca maggioranza.

  15. Beh Wuming (babbo:) )e Rowena io ci ho un nanetto che lèvate. Esprimeròllo sinteticamente.
    Ero sul’autobus, con evidente pancione, ottavo mese. Una signora mi nota e dice “si faccia dare il posto! non deve stare in piedi!” poi spiega che non sarà lei ad alzarsi perchè tanto malata. Poi indica il signore davanti alei, il signore casca dalle nuvole e mi fa “uh!” “oh!- mi scusi non l’avevo vista!”. Fino a qui è la norma. Ora viene la parte fica. Io mi siedo, lui si avvicina e con aria ammiccante – convinto cioè di portare argomento per fare comunella aggiunge – “EH MA SE C’ERA UNO STRANIERO MICA SE AMZAVA EH!”.
    – Invece devo notare che quando ero incinta si alzavano spesso: donne straniere (giammai italiche) e ragazzi giovani italiani. E questa cosa dei ragazzi giovani di 17 o 18 anni mi faceva piacere.

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