UNA QUESTIONE DI SESSISMO, E DI SCARSA MEMORIA

Brutta storia, la perdita di memoria. Tutti, o almeno parecchi, così fervidi a negare che negli attacchi reiterati (non solo Salvini, Salvini è un astuto arruffapopolo, colpisce sul sicuro) alla presidente della Camera Laura Boldrini ci sia una questione di sessismo, che alligna fra donne e uomini, le prime così pronte a scagliarsi verso una donna autorevole perché quell’autorevolezza le fa sentire sminuite, i secondi perché non va proprio giù l’idea che quell’autorevolezza non sia rappresentata da un uomo.
Ah, ma Nilde Iotti e Irene Pivetti non sono mai state insultate, dunque è proprio Boldrini  il problema, cicalano focose commentatrici e sguaiati (o furbissimi) commentatori sui social.
La memoria, care e cari, la memoria. Certo, ai tempi  di Iotti e Pivetti non c’erano i social, era difficile mantenere traccia di quanto avveniva usando Google e bisogna avere un po’ di pazienza per rintracciare gli episodi sgradevoli.
Basterebbe, intanto, consultare il libro di Filippo Maria Battaglia, “Stai zitta e va’ in cucina” (Bollati Boringhieri), per ricordare cosa toccò a Nilde Iotti. Già ai tempi delle prime indiscrezioni sulla relazione con Palmiro Togliatti (1946) le toccò venir apostrofata con: «Procace», «ridente e popputa», con un «enorme deretano». Del resto erano anni in cui il convinto funzionario del Partito Comunista Italiano diceva a Marisa Rodano: «Hai molti figli, sei grassa e hai i capelli lunghi. Una dirigente delle donne deve essere così». E Ferruccio Parri, sempre alle compagne di partito: «Per sbagliare bastiamo noi. E sarebbe eccessivo che vi aggiungeste anche voialtre». Ancora oggi, non troppo timidamente, nei commenti dei lettori dei quotidiani di destra si definisce Nilde Iotti “la prima cortigiana in Parlamento”, tanto per gradire.
E Irene Pivetti? I cronisti che tengono nota dell'”insultometro” politico scrivono nel 1995 che è saldamente quinta nella classifica di improperi ricevuti. A tenere il conto è Luigi Lotti, linguista torinese, attraverso il censimento delle invettive politiche che appaiono su decine di quotidiani e riviste. Basterebbe, del resto, rileggere le graziose affermazioni di Vittorio Sgarbi:
“La Pivetti è una fascista e una pazza. Una suora, una zucca vuota da internare, meglio Ambra”(4 dicembre 1994) e “Bossi, guarda che troia hai messo lì, alla terza carica dello Stato” (21 settembre 1995).
Direi che è sufficiente, per oggi.
Giuro: nessun fulmine vi incenerirà, non cadrà un meteorite dal cielo centrandovi sulla fronte, non si spalancheranno gli abissi infernali sotto i vostri piedi. Non vi verrà neanche un raffreddore, se ammetterete serenamente che, sì, esiste una questione di sessismo. Ma se proprio non ce la fate, usate almeno il buon gusto: e tacete, per una volta.

14 pensieri su “UNA QUESTIONE DI SESSISMO, E DI SCARSA MEMORIA

  1. Ebbene no, Irene Pivetti venne insultata un po’ meno di Laura Boldrini (anche se, certo, non c’erano social) nonostante fornisse generosi appigli alla questione con dichiarazioni assai improvvide su ebrei e questioni teologiche varie e mostrasse di ignorare che c’era stato un Concilio Vaticano II – di fatto, la sua fu una presidenza della camera breve ma piuttosto discussa, la più discussa che ricordi. Spiegò anche che ai tempi del fascismo le donne stavano bene e venne rimbeccata da Alessandra Mussolini (all’epoca ancora piuttosto ragionata nei suoi interventi). E Nilde Iotti begli anni della sua presidenza della Camera venne insultata con molta parsimonia, o forse non venne insultata affatto. I commenti che citi sono del dopoguerra, ma ci potremmo aggiungere anche quelli di qualche anno fa, quando si faceva un gran parlare dei criteri per l’assegnazione di certi ministeri da parte dell’allora presidente del consiglio Berlusconi – la destra provò a sostenere la bizzarra teoria che anche Togliatti aveva mandato in Parlamento Iotti perché era la sua amante, e perfino che l’aveva fatta nominare presidente della camera. Ribattere che Iotti e Togliatti si conobbero appunto in parlamento, che a quei tempi le elezioni avvenivano tramite preferenze e soprattutto che il parere di Togliatti, ai tempi della presidenza della camera Iotti non era facilmente ricevibile essendo Togliatti un po’ morto non servì a molto, anzi venne considerato piuttosto specioso.
    Dunque sì, c’è una questione di sessismo, in Italia, ma va inquadrata nel suo contesto storico: è mooolto peggiorata a partire dall’inizio del nuovo millennio, mentre tra la seconda metà degli anni 80 e la prima degli anni 90 le donne hanno goduto di uno status che le teneva in posizione abbastanza simile a quella dei comuni esseri umani; e questo sessismo è oggi molto simile per qualità e quantità a quello degli anni 40, 50 e 60 del secolo scorso.

    1. Murasaki, è difficile dire ora chi venne insultata più o meno. Banalmente, era più difficile tenere traccia degli insulti, e bisogna andare a consultare gli archivi dei giornali, come ha fatto Filippo Battaglia nel suo libro. Per quanto riguarda Pivetti, in particolare, dovrei andare a memoria, senza avere la possibilità ora di accedere a quegli archivi, ma ricordo piuttosto bene le battute continue sul “chi si scoperà la Vergine di Ferro” che ben poco avevano a che fare col ruolo.

  2. Non sopravvaluterei il signor Salvini. Nessuno è tanto astuto quanto crede di essere e non è la prima volta che scivola dove altri sarebbero stati in grado di restare in piedi, sebbene in cuor loro la pensino come il leader della Lega.

  3. In tema di sessismo, maschilismo, volgarità, insulti e offese, resi ancor più evidenti da un fanatismo impressionante, Marco Travaglio rimane al momento imbattuto anche se, chissà perchè, è più facile prendersela col solito Salvini.

    1. Avete stufato, con Travaglio. Guardate che stigmatizzare il sessismo (e con Travaglio è stato fatto) non funziona a comando, e non funziona per vellicare le vostre parti politiche. Rispettate i femminismi, e piantatela di piegarli alle vostre appartenenze di partito.

  4. Travaglio con la mia appartenenza di partito non c’entra proprio niente; in ogni caso il mio giudizio non cambierebbe di una virgola.
    D’ora in poi comunque le conviene dire “chi” può intervenire e “cosa” deve dire.
    E le dirò, lo “stufamento” è reciproco, quindi mi tolgo dalle balle.

    1. Lei, e altri, cara Rita, insistete con questa solfa: non avete contestato Travaglio. Falso, in primo luogo. In secondo: ripeto quanto ho detto. I femminismi non sono a comando, grazie. E la pianti anche con la seconda solfa: oddio, non tollera i dissidenti. Non tollero quelli che parlano a vanvera, semmai.

    1. Eccone un altro. Picobeta, con garbo la prego di andarsene. Non ho padroni, e averlo scritto è un’infamia. Ma non accetto neppure che qualcuno mi dica come e quando devo esternare la mia indignazione. Specie da parte di persone, come lei e Mauro, che dei femminismi se ne infischiano, e si attivano – lei – solo quando si parla di Tav. Si vergogni.

  5. Parliamo di Picobeta aka Paolus aka P.B. aka Piersandro aka Amicorotaia aka Enrico B. aka il solito commerciante di Torino attivista del Pd che ogni tanto rilascia interviste spacciandosi per “esperto” di Tav quando non ha alcuna qualifica né competenza in merito?
    Il Picobeta che è stato fatto a brandelli in questa discussione su Giap?
    http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=24085

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