UNA RISPOSTA A MARGHERITA: PALLA A TUTTI

Questa mattina ho letto la lettera inviata a Concita de Gregorio da una studentessa bolognese. Un po’ mi ha confortata, un po’ mi ha irritata. Il motivo del conforto è evidente: una ragazza che si guarda attorno, che recepisce i movimenti del reale e se ne preoccupa, e affida la propria paura e la propria rabbia a una lettera, sperando che serva, come tutti.
Il motivo dell’irritazione è in quell’espediente retorico che è stato ed è velenoso:
“io mi domando e dico: che cos’altro stanno aspettando personaggi pubblici e intellettuali di ogni ambito ordine grado a schierarsi in massa, in prima linea, per sostenere duramente e inequivocabilmente la libertà d’espressione?.
Cosa aspettano a fare fronte comune, a contribuire alla costruzione di un discorso pubblico complesso, critico e onesto?”
“Scrittori, giornalisti, musicisti, registi, attori, artisti, pro-fes-so-ri! Dico a voi! Adesso è il momento di mobilitarsi: tra molto poco potrebbe essere troppo tardi. Avete qualcosa che io non ho: la visibilità, un ruolo istituzionale. Avete potenzialità – e di riflesso responsabilità –superiori a quelle che posso vantare io, personcina qualsiasi che il mio seme quotidiano ce l’ho messo, ce lo metto oggi nel mio piccolo, esponendomi. A voi la palla”
Con la comprensione e l’affetto che si riserva alla giovinezza, questa parte della lettera mi ha ricordato quella domanda che a ogni accadimento degno di cronaca (una pubblicità sessista, un insulto dello stesso tenore, un femminicidio – laddove utile alla stessa cronaca) serpeggia in rete e su carta: dove sono le femministe? perché non si muovono, parlano, agiscono?
La risposta, in quel caso, non cambia: eccole le femministe, stanno parlando, muovendosi, agendo, da mesi e anni. Peccato che non le leggiate, che non le vediate, che non ve ne accorgiate.
Ed è esattamente quello che avrei voglia di dire a Margherita: sono settimane che gli intellettuali, gli scrittori, i giornalisti, gli artisti, i professori stanno parlando. Lo fanno sui giornali, lo fanno, moltissimo, su Internet. Non passa giorno che non appaia la riflessione di un Giuseppe Genna, di un Mauro Vanetti, di Arianna Ciccone, di Lea Melandri, di Nadia Urbinati, Donatella di Cesare, Christian Raimo, Nicola Lagioia, di Elena Ferrante, e di così tanti che non riesco neanche a elencarli tutti.  Per non parlare dell’appello dei finalisti dello Strega per l’apertura dei porti, per non parlare dei video di Roberto Saviano, eccetera.
Perché non li cerchi, Margherita, gli intellettuali che ogni santo giorno scrivono, sui loro social, status pubblici e rintracciabili, o che analizzano la situazione sui loro blog, e a volte, appunto, persino su carta? Perché non ti sono visibili?
Accusare gli altri di silenzio è una strategia di cui liberarsi anche a vent’anni. Le femministe, gli intellettuali, gli attivisti, i pensatori, non devono venire a casa tua per spiegarti quello che stanno facendo. E’ comodo dire: io vi ho chiamato, adesso palla a voi. Palla a te.  Palla a tutti noi. A tutti coloro che, grandi e piccini, pensano che lo stallo sia una faccenda che riguarda sempre gli altri. E’ esattamente il contrario: è il dire “pensateci voi” che ha permesso lo stallo. Ed è responsabilità dei vecchi quanto dei giovani, perché la tenebra in cui camminiamo non nasce a caso, si è addensata lentamente, e quando poteva essere, se non dissolta, illuminata almeno in parte, ognuno ha pensato che fosse compito degli altri accendere la fiammella.
Peraltro, oggi, quelle fiammelle non vengono viste: perché ogni parola che da un intellettuale proviene viene spenta a sputi, e se non si fosse capito il punto è esattamente questo, il frame recita che il nemico è proprio l’intellettuale, che si pretende bolso e in vestaglia di broccato a compulsare manoscritti mentre il resto del mondo muore di fame. Ma ha, come è scritto nella lettera, “visibilità”. Non mi sembra.
Rovesciamolo, il benedetto frame, invece di alimentarlo.
E, ragazze e ragazzi, cominciate a cercare quello che non è sotto i vostri occhi: esiste, e non è poco.
Questo il futuro; ma conviene adesso
qualche partito sul presente prendere.
All’avvenire penserà chi deve.

Sofocle, Antigone

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