YOUNG ADULT

Sul quotidiano di oggi, un articolo della vostra eccetera sul fenomeno young adult.

L’uscita del nuovo film di Harry Potter, accolto con entusiasmo al Giffoni Film Festival, catturerà nuovi lettori per la già vendutissima saga di J.K.Rowling. E, con ogni probabilità, riproporrà la questione young adult: categoria assai corteggiata dagli editori italiani, specie negli ultimi tempi, e di difficile identificazione. Specie se si pensa al giovane mago di Hogwarts, apprezzato da bambini e adolescenti, ma anche dai genitori.

Nella categoria propriamente detta, uno degli ultimi arrivati si chiama Gone, è uscito per Rizzoli ed è la versione ammorbidita de Il signore delle mosche di Golding: in una piccola città, gli adulti scompaiono di colpo, e tutti gli abitanti sotto i quindici anni devono imparare a organizzarsi (e a difendersi). L’autore è Michael Grant: definizione ufficiale su Wikipedia, autore di libri per young adult. Destinatari sempre più corteggiati: in Italia aumentano i titoli, le collane, i festival, le aspettative degli editori che sperano in una replica di quanto ottenuto da Tre metri sopra il cielo e Twilight. Eppure l’ossimoro di giovani adulti resta misterioso. Di cosa parlano i loro libri? Di amori sui banchi di scuola o di guerre nel folto di boschi magici? Descrivono scontri con mostri reali o con un mondo adulto che viene rifiutato? E, infine, a chi si rivolgono davvero?

A tutti coloro che sono compresi nella fascia d’età che va dai dodici ai diciotto anni, risponde l’American Library Association. E che vogliono riconoscersi in un personaggio loro coetaneo, sostiene Sandrone Dazieri, scrittore e consulente editoriale per Mondadori (fra le sue scoperte, due autori per young adult come Licia Troisi e GL D’Andrea): “un romanzo per giovani adulti è quello che pone al centro della storia la figura di un adolescente che affronta l’amore, la morte, il sesso: sia in forma realistica che metaforica. Chi si rispecchia nell’eroe legge le sue avventure anche se non è un frequentatore di librerie: le vendite della letteratura per young adult sono così visibili perché si devono a un pubblico che abitualmente non si muove”.

Occorre, però, una distinzione: i libri amati e comprati dagli adolescenti preesistono alla definizione e al mercato. I capostipiti universalmente riconosciuti sono, infatti, due testi che non si rivolgevano ai ragazzi ma che li hanno comunque conquistati: The Catcher in the Rye di J. D. Salinger e Lord of The flies di Golding. Siamo negli anni Cinquanta. Un decennio dopo, precisamente nel 1967, Time dedicherà la sua copertina agli under 25. “In quel momento – dice Giovanna Cosenza, docente di semiotica a Bologna- nasce il mito del giovane. E da allora alcuni bisogni umani vengono attribuiti esclusivamente alla categoria giovanile. I romanzi young adult sono soprattutto storie di formazione: ma rispondono a domande fondamentali di tutti gli individui, al di là dell’anagrafe. Se di caso editoriale si parla è perché, come spesso avviene, l’offerta crea la domanda e la domanda risponde a un’offerta”.

L’offerta è effettivamente massiccia. In tempi recenti, non pochi editori italiani hanno proposto romanzi young adult. Alcuni aprendo collane dedicate (Fanucci con Teens, che ospita le vendutissime storie rosa di Valentina F., o la recente Freeway di Piemme), altri inserendoli in ambiti già collaudati: la saga di Twilight è apparsa nella collana Lain di Fazi (la stessa di J.T.Leroy e di Melissa P.), Federico Moccia nei Canguri di Feltrinelli, Gli eroi del crepuscolo, fantasy della giovanissima Chiara Strazzulla, presso Stile Libero di Einaudi.

La narrativa fantasy, peraltro, viene automaticamente identificata con i lettori adolescenti. “Vero – dice lo scrittore Pierdomenico Baccalario, autore di numerosi romanzi per giovani adulti, tra cui il premiatissimo La strada del guerriero – e secondo me risponde alla necessità di evasione dei ragazzi. Un’evasione che non è però, come diceva Tolkien, la fuga di un carcerato: ma il desiderio di trovare sprazzi di bellezza in un mondo fantastico, ma portatore di eroi e di valori. Del resto, i lettori – specie i maschi – non trovano un bell’esempio nel mondo reale. E chi scrive deve essere molto abile: i giovani lettori hanno un’attenzione elevatissima a tutto quello che sembra didattico o preconfezionato. Bisogna procedere per bagliori, non per messaggi espliciti”.

Proprio i romanzi fantastici, però, evidenziano che la categoria young adult appartiene più allo spirito che al mercato. E non solo perché un’enorme fetta della produzione– da Tolkien a Martin, passando per Neil Gaiman e per Stephen King – viene letta dai ragazzi ma è decisamente rivolta agli adulti. Ma perché gli adulti stessi si dedicano con passione a storie pensate per gli adolescenti. Basti pensare a quel che avviene nel settore rosa, o “romance”, almeno per quanto riguarda alcuni testi. Quelli della Meyer, soprattutto. Dall’America arriva il fenomeno delle Twilight Moms (in Italia esiste un affollato blog delle consorelle nostrane): trentenni – e oltre – innamoratissime del cortese vampiro Edward Culllen. Il fenomeno si chiama “crossover”, e unisce madri e figlie nella lettura e, a volte, anche nella scrittura: è avvenuto con un altro romanzo di vampiri, Marked, scritto da P.C. e Kristin Cast. “Perché quelle madri – riflette Giovanna Cosenza – sono figlie del mito della giovinezza degli anni Sessanta, congelate in una fase della vita e per questo pronte a rispondere alla stessa offerta commerciale rivolta alle giovani”. Pierdomenico Baccalario, che con la compagna Elena Peduzzi ha scritto il romance Amaro dolce amore, guarda al fenomeno anche con un filo di preoccupazione: “Mi sembra che ci sia una certa ossessione per questo filone, e che lo si equivochi, interpretandolo come una scorciatoia per il sesso, anziché come una parentesi, bellissima ma non totalizzante, della vita. Il problema è generale: viviamo in un’epoca in cui non ci sono più riti di iniziazione chiari, e non si capisce quando un ragazzo lascia la protezione dell’infanzia per divenire un adulto responsabile. Ma soprattutto non si capisce quando un adulto deve, infine, diventare vecchio”. E questo, si sa, non vale solo per la narrativa.

14 pensieri su “YOUNG ADULT

  1. Mi ricordo di una frase di Rodari, che affermava di scrivere per i bambini, “non per i ragazzi: i ragazzi, è giusto che leggano Tolstoj, Primo Levi o Ho Chi Min; che nuotino nel mare grande, senza salvagente”.
    Mi è sempre sembrata una esortazione molto sensata, non tanto perché è stata proprio questa la mia pratica di autentica iniziazione letteraria, dopo Verne, Salgari e tutti i libri per bambini che avevo letto (non c’erano libri per quindicenni o per sedicenni, quando avevo quindici o sedici anni), quanto perché mi è sempre sembrata, quella, l’unica età davvero adatta a mettersi alla prova in ogni campo. Affrontare solo libri predestinati alla propria fascia di età (il vampiro vegetariano Edward Cullen mi sembra un’ottima metafora di questa letteratura sterilizzata), anche se scritti bene e divertenti, inibisce la formazione di anticorpi indispensabili alla propria carriera di lettore, e soprattutto di essere umano. Anticorpi che non è detto che si debbano formare proprio e per forza sui libri, non affermerei mai l’insostituibilità dell’esperienza letteraria per irrobustire la capacità di pratica del mondo, ma che hanno nei libri lo strumento più bello e meno pericoloso di inoculazione.

  2. @Giovanna
    A me quella copertina sembra che dica “i giovani sono adulti e consapevoli, a pieno titolo protagonisti del nostro mondo”. Magari discutibile, perché mostra giovani borghesi, con fantastici tagli di capelli, belli, sereni, ma certo è una copertina lontana anni luce dal proporre il “ringiovinimento” come valore. Anzi, fa l’esatto opposto: celebra l’inadultimento precoce e ansioso di spazio di quella generazione.

  3. a me il viso del giovane della copertina linkata da Giovanna ricorda lui, ammetto ch’è un collegamento sinistro, e per chi ha visto “Funny games” sa di cosa parlo!

  4. @Stefanie
    È vero, ha un che di bretellisiano, quel volto. Ma era un effetto senz’altro voluto quello di rendere il volto della gioventù, di *quella* gioventù, lievemente perturbante. (“Bretellisiano” in effetti fa schifo: diciamo eastonellisiano)

  5. invece quello che trovo notevole, parlando sempre dell’immagine linkata da Giovanna, è la “trasversalità” che compone la massa degli under 25: uomini bianchi, donne bianche, uomini neri, uomini gialli (secondo voi, c’è una graduatoria intensionale nella foto?) 🙂

  6. Leggendo il pezzo mi è venuto in mente il passo di un saggio di psicologia clinica letto qualche tempo fa che, riferendosi ai giovani adulti, si chiedeva: “…Ma da chi è rappresentata questa nuova categorie di persone? Da adolescenti che non sanno e/o non vogliono crescere o da adulti bloccati nella fase adolescenziale? Entrambe le cose e nessuna delle due.” E se, tecnicamente, nel saggio il termine è riferito a persone che stanno vivendo il passaggio dall’età adolescenziale all’età adulta, io piuttosto mi sono spesso domandata se il persistere nel “nido natio” col beneplacito dei genitori, non indichi piuttosto l’incapacità dei genitori stessi di accettare l’avanzamento della vecchiaia. Il discorso ritorna nell’articolo odierno, laddove si parla di comunanza d’interessi letterari tra madre e figlia (crossover): si potrebbe pensare ad un’incapacità della donna di accettare il tempo che passa (e dunque l’invecchiamento) persistendo nel ruolo accudente – e deresponsabilizzante – della madre onnipresente?

  7. Non so se ci si deve vedere per forza un fenomeno di tendenza – di una specifica tendenza, con specifiche motivazioni. Madri e figlie che leggono lo stesso libro… a me sembra una cosa bella, come quando vanno anche allo stesso concerto e seguono gli stessi musicisti. Hanno una parte di DNA in comune, non è strano che gli piacciano storie simili. La Austen me l’ha fatta conoscere mia madre, Tolkien entrò in casa mia su suggerimento di un amico di famiglia che pensava potesse piacermi (e accidenti se aveva ragione!), Harry Potter me l’hanno consigliato i miei scolari, altre cose le ho passate io a loro (sia agli scolari che ai miei genitori). Un bel vampiro può piacere anche a quarant’anni (mi dicono, io non ho ancora letto Twilight). Lo scambio è sempre interessante. Il mercato ha la fissazione di dividerci in fasce generazionali, ma siamo prima di tutto esseri umani.

  8. Sono sempre stata contraria all’etica del target, ovvero alla fascia di età. E quando qualcuno mi ha chiesto per quale pubblico scrivevo, se per adulti adolescenti o bambini, io ho risposto semplicemente:per tutti quelli che avranno voglia di leggermi. Perchè una storia, se bella, lo è per un bambino di 10 anni come per un uomo di 40. Ho letto I Promessi Sposi a 12 anni la prima volta, e dopo l’ho letto 5 volte nell’arco di circa due anni. Non ci sono adolescenti turbati, eppure lo considero da sempre una storia bellissima(se si ha abbastanza cervello per comprendere il contesto storico della storia e dell’autore). Ho letto Il Signore degli Anelli, che in realtà è più un’epopea fantastica che un fantasy, a 13 anni e quest’anno(ho 18 anni) è la terza volta che lo leggo. Anche questo è stato pensato per adulti, eppure io l’ho apprezzato a 13 anni e lo apprezzo sempre di più ogni volta che lo rileggo. E che dire del caro Tolstoj? Meraviglioso, mi ha incantata. Sia Anna Karenina che Guerra e Pace, il primo letto a 14 anni e il secondo a 16. La storia di Darcy ed Elizabeth di Orgoglio e Pregiudizio, letta sempre a 16 anni, mi ha emozionata come poche. Mentre il libro che ritengo più affascinante di tutti è Il nome della Rosa di Umberto Eco, letto a 15 anni. Potrei continuare all’infinito, perchè ho letto di tutto, ma concludo dicendo che le storie che mi hanno inorridita sono state proprio quelle scritte da giovani autori per giovani adolescenti. False, vuote. Permeate dell’apparenza e del buonismo forzato della nostra società. Il bene da una parte, il male dall’altra. E un esercito di eroi a giudicare il mondo.

  9. Secondo me, come in tutte le cose non bisogna eccedere. Capisco il bisogno di etichettare tutto e tutti, ma cosa vuol dire davvero “Young Adult”? Ammetto che la prima volta che ho visto questo termine è stato quando ho comperato “la scacchiera nera”, Piemme, attratto più dalla copertina di Barbieri che dai contenuti. All’interno c’era un volantino, che ancora conservo, con gli altri titoli pubblicati in quella nuova collana. Tra questi “Il silenzio di lenth” che ho letto subito dopo “la scacchiera nera”. Cosa ne ho tratto? Che gli stessi editori non sanno usare le categorie che usano. Cos’hanno in comune i libri del “Mondo Emerso”, “Wunderkind”, “La scacchiera nera” e “il silenzio di Lenth”?
    Niente, se non editori inconsapevoli del prodotto che stanno pubblicizzando.
    I libri della Troisi hanno un pubblico molto vasto che va dai dodicenni ai quarantenni. Ma principalmente si rivolge ai ragazzi adolescenti o giù di lì. Quelli di D’Andrea – o meglio l’unico uscito fin’ora – è per un pubblico dai 14 in su, di certo non adatto ai ragazzini. Mentre i due della Piemme sono così diversi tra loro che sarebbero dovuti stare in due collane diverse: quello della Monticelle è per bambini, quello di Centi per adulti. Ma proprio le tematiche sono diverse.
    Credo quindi che ogni editore debba prima chiarire col suo staff cosa ha in mente di pubblicare e a quale pubblico rivolgersi.

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