102. STORIE DAI BORGHI. QUANDO LE rESISTENZE SI INCONTRANO

Oggi faccio mio questo post di Cronache Mesopotamiche. Perché mentre qua e là arrivano notizie di casette “ordinate”, che arriveranno a ottobre (ottobre? Non dovevano arrivare il Natale scorso?), c’è chi resiste, per fortuna. Leggete.
rEsistenze

La Mesopotamia costiera venerdì scorso si è aperta a quella dei monti. Ne è nato un incontro, organizzato dall’Istituto Storico di Macerata e dal Comune di Recanati, che è servito a capire quello che sta succedendo nei posti piccoli, in quegli spicchi di vita su cui non sempre si accendono i riflettori. Riflettori che, a noi sembra, si stanno inesorabilmente spegnendo, finita l’”emergenza”, finito il nevone. E invece no, non è finito proprio niente. Le macerie sono sempre là, anche se finalmente si parla seriamente di SAE (strutture abitative di emergenza), almeno in alcuni comuni. Altrove situazioni urgenti ma ampiamente prevedibili (l’arrivo al mare dei turisti) sollecitano un’attenzione mediatica latitante, quando alle persone ospitate nei camping di Porto Sant’Elpidio viene chiesto di spostarsi altrove, in altre città, smembrando i nuclei familiari, lasciando ad un destino di solitudine (per non chiamarlo abbandono) persone anziane e non autosufficienti. Il titolo dell’incontro, “rEsistenze”, appare di buon auspicio, mentre dal territorio si leva un canto di sirena che pare suggerire il contrario:“La montagna è il passatooo! È brutto vivere lììì! È bello starsene al mare, niente terremotooo! Qua c’è sempre il soleee! Strade comode, centri commerciali vi aspettanooo!”.
C’era invece un’atmosfera che sapeva di umanità sana, l’altra sera a Recanati. Tanta gente attenta e pronta ad ascoltare le storie di chi ha visto la propria vita spezzata. Che poi, certo, è normale abbandonarsi anche alla memoria del trauma, alla rievocazione dolorosa di quei giorni di ottobre che hanno sancito la fine di tante realtà. Ma l’accento era sul dopo, sul cosa fare, sul come farlo.
Questione case: a Ussita e Visso le case lesionate sono circa il 95%, di cui l’80% è inagibile. A Castelsantangelo la situazione è persino peggiore. Frazioni montane rase al suolo. Ricostruire autonomamente non è possibile, finché esistono le zone rosse. E poi, ricostruire cosa e come? Tempi e modi sono ancora avvolti nella nebbia. E, senza addentrarsi nelle questioni tecniche, occorre distinguere fra brutta edilizia frutto del boom turistico degli anni ’60 e ’70 (molte seconde case rientrano in questa tipologia), e gli edifici storici. Lo slogan “dov’era, com’era”, in sé, non dice molto. Quei paesi sono deserti, abitati da pochi residenti rEsistenti che hanno passato l’inverno in roulotte, dove anche fare una lavatrice è un atto eroico. Evacuare, la decisione presa la notte del 26 ottobre, è stato un “cancro necessario”. Ma ora la gente deve tornare, e si aspettano le prime SAE (i moduli abitativi di cui, ad Ussita, si prevede la consegna entro agosto).
E poi, le comunità di stranieri (inglesi, olandesi, soprattutto), che hanno scelto questi luoghi come buen retiro, e non avrebbero nessuna informazione, se un drappello di resistenti non si fosse messo a tradurre i decreti.
Questione scuole: la scuola media di Visso (la chiamiamo così per comodità: fa parte di un Istituto comprensivo che interessa i comuni di Pieve Torina e Pievebovigliana) è stata traslocata a Loreto. Le famiglie o sono ospitate nei campeggi , o hanno trovato una sistemazione diversa. Innumerevoli le iniziative di solidarietà che hanno permesso a questi ragazzi di avere un anno scolastico quasi normale; anzi, di più: un moderno laboratorio di informatica, che forse al paese non avrebbero avuto. Però, su 400 iscritti, 150 hanno chiesto il nulla osta. Che significa chiedere il “via libera” per andarsene in un’altra scuola. Ognuno, è chiaro, ha il diritto di cercare per sé e per i propri figli la serenità, ma il dato è impressionante. Come impressiona che non esistano dati ufficiali sulla dispersione scolastica nelle zone del terremoto.
E poi c’è l’esperienza, davvero innovativa, dell’asilo nido di San Ginesio. Un asilo nido ospitato in un’azienda agricola, perché i bambini stiano fuori, a contatto con la terra, con l’essenziale. Un esempio di resistenza estrema, di presidio e salvaguardia del territorio che si è dovuto reinventare spazi e tempi. E, grazie, al sostegno di molti, da dicembre ha una nuova e inusitata “stanza”: una yurta, la tenda circolare della tradizione mongola, la tenda dei pastori nomadi. Accogliente, calda, leggera e incrollabile.
Questione beni culturali: di dislocazione delle opere d’arte si è parlato tanto. Il dilemma è noto: meglio conservare i beni artistico-culturali in situ (a proposito, ancora non esistono dati e numeri certi sul patrimonio coinvolto dal sisma), oppure accettare gli inviti di realtà museali magari lontane, ma capaci di offrire visibilità? La rete museale dei Sibillini non ha potuto scegliere: danneggiato dai sismi di ottobre il luogo individuato come deposito, non c’è stata alternativa, di fatto, all’offerta del comune di Osimo, che ha messo a disposizione i locali di Palazzo Campana. Il ritorno c’è stato, imprevisto: più di duecento biglietti staccati in un solo fine settimana di primavera.
Questione turismo: che cosa succede se dopo una notte di pioggia e di scosse, tutta la tua vita può stare in un trolley? Quali prospettive, se dopo la scelta di aprire un B&B nella vecchia casa di famiglia, della casa non c’è più la certezza, e tocca reinventarsi una vita? Patrizia, Vita (di nome e di fatto), dice che si deve stare dove ci si sente felici. E lei ha scelto di rimanere, insieme a pochissimi, ad Ussita, Sibilla custode della memoria dei luoghi e della terra. Perché forse il terremoto è anche questo, la scoperta che si può stare anche con poco, pochissimo.
Pomeriggio ricchissimo, da cui emergono, fra tanti, due aspetti: la necessità di continuare a parlare di quanto è accaduto, far girare le storie e le facce, soprattutto fra le persone non direttamente colpite dal sisma, se si vuole evitare l’oblio; la disattenzione e l’inefficienza dei quadri intermedi della politica che può solo essere definita colpevole. Chi ha deciso di rimanere lì, sul territorio, ha spalle forti e non ha più paura di niente, nemmeno del terremoto che in questi giorni si è risvegliato. Ma sono pochi, e per rEsistere hanno bisogno della voce e delle braccia di tutti.
I protagonisti, in un ordine di apparizione non troppo preciso:
Giuseppe Riccioni: geometra del Comune di Ussita
Matteo Petracci: storico, fa parte del movimento “Terre in moto”
Maura Antonini: insegnante di scuola secondaria di primo grado, istituto comprensivo di Pieve Torina
Federica di Luca: titolare e responsabile educativa dell’Agrinido “La quercia della memoria”
Daniela Tisi: direttrice della rete museale dei Sibillini
Patrizia Vita: già proprietaria del B&B “La casa dell’Ortigiana”; ha accompagnato Paolo Rumiz nella sua passeggiata sulla faglia
Paolo Coppari: presidente dell’Istituto Storico di Macerata nonché organizzatore e promotore della serata.

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