11. I NOVE TERRENI (E IL BAN-OPTICON)

Accade che.
Questo pomeriggio è stato indetto un flash mob contro “il business della solidarietà” che riguarda il cancro al seno. Qui le informazioni.
Domani inizia il secondo Feminist Blog Camp, a Livorno. Siateci. Qui le informazioni.
E’ uscito il nuovo saggio di Lorella Zanardo, Senza chiedere il permesso.
Sono tre notizie, tre fatti. Una goccia nel mare.
Perché nel frattempo accade molto altro, su cui si scatena il desiderio – spesso predatorio – di unanimità. Sui giornali e sui social media.
Così, ho letto con molta attenzione il bel post di Federica Sgaggio sul caso Sallusti. Ma, come le ho già scritto, non ne condivido l’incipit, il “dove sono le donne”. Le donne, in questa situazione (e il “questa” non riguarda solo l’attualità che ci viene proposta, e spesso imposta: quell’attualità su cui consumiamo per giorni tre le nostre energie e che poi viene riassorbita, lasciando irrisolte tutte le questioni che nella fiammata dei flame e dei mi piace e dei con chi mi schiero oggi sono rimaste sullo sfondo) hanno già parlato. Ha parlato Federica, e molto bene.  Non è possibile parlare sempre, né tutte, né su tutto: perché la presa di posizione continua, quotidiana e anzi oraria rischia, e l’ho accennato nei primi post del rientro, di svilire l’azione, se a intervenire sono sempre le stesse. Che siano molte a parlare, invece, rende ogni azione più efficace. I terreni devono essere nove, novecento, novemila.
Dunque, andrà letto con estrema attenzione il nuovo saggio di Zygmunt Bauman, Liquid Surveillance, di cui il medesimo anticipa qualche contenuto a Fabio Chiusi. Perché il grande mormorio di queste ultime ore (mentre, ribadisco, gli scenari principali restano sullo sfondo) sembra dargli perfettamente ragione.

9 pensieri su “11. I NOVE TERRENI (E IL BAN-OPTICON)

  1. Leggerò il saggio, e dalle anticipazioni credo che concorderò con Bauman. Del resto uso un nickname sul web proprio perché non voglio essere troppo controllato. Per lo stesso motivo sui social ho pochissimi amici e quasi tutti li ho visti almeno una volta nel reale.

  2. Sì, Loredana. Hai ragione. Chiedere «dove sono le donne?», o «dove sono tutti?», è sbagliato: non si può parlare sempre, non si può parlare tutte.
    Ma, come ti dicevo, è l’unanimismo che mi ha stroncato.
    Ho letto, oggi, finalmente, su Repubblica, la storia della ragazzina. L’articolo l’ha scritto Vera Schiavazzi, e finalmente leggiamo come sono andate le cose.
    Perché, mi domando, i giornali hanno consentito l’apertura di queste finestre sui fatti con un ritardo così sconcertante?
    È successo qualcosa, nei giornali? Le mie colleghe si saranno arrabbiate? Avranno alzato la voce? Avranno detto «Ehi, ma chi state difendendo? Avete letto quel pezzo? Di quale libertà di stampa parlate, voi direttori, voi Fnsi, voi grandi nomi?».
    Io penso di sì; penso che alcune l’abbiano fatto.
    E non so se ha senso dirlo: in Se non ora quando c’è Concita De Gregorio, mi pare. Forse si sta occupando di altre cose, perché il lavoro è fatto così, e lo capisco; non voglio essere minimamente provocatoria, ma quando ho letto il pezzo di Valentini che scomodava le categorie del «mostro giuridico», della libertà di stampa, della censura preventiva, avrei tanto voluto sentire la sua voce. Avrei proprio voluto tanto, per sentirmi meno sola.

  3. Concita non è in Se non ora quando, così come non ci sono io, anche se sabato prenderò parte a un’iniziativa di Snoq a Merano. ecco, uno dei problemi, credo, sta proprio qui: riassumere i movimenti e le individualità che osservano o partecipano a iniziative mirate, in un solo movimento. Perché un solo movimento, come tento di dire in questi giorni, non solo non c’è, ma non può e non deve esserci: il rischio, altrimenti, è proprio quello di ridursi a generatore di dichiarazioni a comando.
    Quanto all’unanimismo, come sai ti dò ragione. Utilizziamo quel che avviene in questi giorni per riflettere su questo: su come i social media stanno progressivamente riducendo la discussione a schieramenti, peraltro fragilissimi e destinati alla caducità. Cosa che, ahi, non aiuta. Anzi, complica.

  4. A margine, ma non credo al di fuori, della questione su “dove sono le donne” posta da federica Sgaggio: il suo articolo, assieme ad altri “marginali” (Robecchi, Bottura) ha il merito di rompere l’ipocrita unanimismo su Sallusti, e mettere al centro della questione il contenuto dell’articolo incriminato, la qualità della testata che lo ha ospitato (eventualmente: l’identità del vero autore), e la caratura morale e professionale del direttore. Non c’è bisogno di augurargli la galera per dire che articolo, giornale e direzione fanno schifo. E che (questo riguarda un po’ più la questione posta da Loredana) è cosa saggia e preveggente non farsi tirare la manica sempre e solo dagli schieramenti e dalle “questioni” da altri dichiarati urgenti e imprescindibili, rivendicare i propri spazi (prenderseli, se serve), e il diritto di dire che si ha altro a cui pensare. Soprattutto se si pensa mentre si fanno cose concrete.

  5. Sono d’accordo.
    Purtroppo penso che l’operazione coinvolga pesantemente anche i giornali, e non solo i social media, come forse sai.
    Mi dispiace di aver scritto una cosa non vera, ovvero che Concita De Gregorio sia in Se non ora quando.
    Chi c’è ci aiuti a sentirci meno sole. E non credo che sia una richiesta emotiva, ma politica.
    Grazie dell’ospitalità, ciao.

  6. Grazie a te, Federica. Ma attenzione, non ho mai parlato di “non esserci”, ma di rivendicare cosa, per me, risulta prioritario. E allora alla discussione sul caso Sallusti, a oggi, privilegio la non applicazione della 194 di cui l’articolo incriminato parla, e alle polemiche di segno culturale lo stato di crisi profonda dell’editoria. In questo senso parlo di sottrazione. Ma ci si sottrae, almeno secondo me, al contingente. 🙂

  7. Sì. In effetti, il pezzo è a tutti gli effetti un attacco violentissimo alla legge che regolamenta l’aborto; e la difesa di Sallusti come se la sua vicenda avesse a che vedere con la libertà di stampa, di opinione e di espressione è un passo verso la demolizione della libertà di stampa e verso la creazione di un sistema di regole censorio e intimidatorio.

  8. La vicenda di Sallusti è un esempio di come si possa smaronare un popolo intero con una storia guardandosi bene dal raccontarla. Dai suoi sodali a Travaglio e a Di Pietro passando per Repubblica, nessuno di quelli che lo difendono si è degnato di raccontare i fatti: cosa è successo, quando, come dove, perché. Ora finalmente, grazie al blog di Federica Sgaggio, ho capito di cosa stiamo parlando: non reato d’opinione, ma un’aggressione che non è in nulla meno violenta di un pestaggio.
    A mio modo di vedere esprimere un’opinione è cosa diversa dal riportare fatti non veri: nel primo caso si è su un terreno legittimo, per quanto detestabile (tipo “secondo me i nazisti non avevano tutti i torti); nel secondo caso siamo nel codice penale. Ma perché uno deve essere passibile di querela e galera se certe cose le dice al bar e no se invece le spara dalla prima pagina di un giornale?
    Senza contare che, se non ricordo male, a predicare per anni l’inasprimento di norme come quella che adesso è al centro del dibattito fu la sua stessa parte politica, all’epoca sbavante rabbia contro la stampa che ne raccontava le malefatte. E allora perché mai uno così non dovrebbe andare in galera? Perché mai viene difeso addirittura dagli avversari, fino a trovare sponda a sinistra e al Quirinale? Ma davvero è così importante? Davvero non abbiano nulla di meglio per cui impegnarci? Sallusti in galera, dopo aver letto cosa ha pubblicato sulla prima pagina del suo giornale, a me francamente sembra davvero una gran bella notizia.

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