153. STORIE DAI BORGHI: RIPARARE LA CREPA

Pochi minuti fa leggevo queste parole di Leonardo Animali:
“Quello che accade ogni giorno nel cratere riguarda tutti, e che tutti debbano guardare a quello che lì succede, e non solo i tre milioni di persone che ci vivono (o meglio che ci vivevano).
Il cratere rappresenta una grande questione nazionale. Che sembra essere appannaggio del solo Appennino e dei suoi venti milioni di abitanti, ma che determinerà anche il futuro degli altri oltre quaranta.
Nel cratere si sta giocando una partita, l’ultima, tra due visioni, antagoniste, di comunità e di democrazia per tutto il Paese. Il terremoto, nella sua accidentalità, ha solo ridato il calcio d’inizio di una partita antica, sospesa e ripresa più volte.
Da una parte un’idea di comunità fatte di cittadini, dall’altra un’idea di comunità composte da clienti e dipendenti. Da una parte una pratica di democrazia che vuole sperimentare un nuovo “noi”, senza nostalgie e visioni bucoliche. Dall’altra un’idea di democrazia che si fonda sulla fascinazione e arroganza dell’ “io”, come risolutore taumaturgico di ogni aspettativa o problema. La politica, quella tradizionale ed organizzata, assiste sugli spalti, alcuni fischiando, altri applaudendo, organizzando tifoserie spesso scorrette e sguaiate.
L’esito della partita dopo un anno sembra inesorabilmente a favore della #strategiadellabbandono, ma non è detto; c’è sempre una “zona Cesarini”…
In questo, davvero, non lasciateci soli.”
Ecco, in risposta un’idea che sembra una cosa piccola, ma non lo è. Fabiana Martini mi ha mandato una mail, e nella mail c’è uno sguardo che forse dovremmo fare nostro. Questo:
“Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro: credono che tutto ciò che ha subito una ferita e ha una storia diventa più bello. È quello che deve aver pensato anche Lucia Krasovec Lucas, architetta triestina, presidente nazionale di AIDIA (Associazione Italiana Donne Ingegneri Architetti), una realtà che quest’anno festeggia i suoi primi 60 anni di attività, di ritorno da Arquata del Tronto e Camerino, dove qualche settimana fa ha visitato le popolazioni terremotate assieme alle associazioni locali. Il Giappone peraltro è uno di quei Paesi che nel campo sismico ha sviluppato esperienza e buone pratiche, ma di questo patrimonio certamente esportabile e condivisibile nessuno sembra aver tenuto conto se ancora una volta nel nostro Paese siamo qui a piangere morti e a costatare la devastazione di un territorio. Si tratta di luoghi — mi racconta Lucia — dove la natura continua a vivere, ma dove la gente non c’è più: 6000 persone sono state evacuate da Camerino e 2000 da Arquata, restano solo montagne di ruderi (un mese fa nelle Marche ne era stato portato via solo l’8%). Ruderi che qualcuno vorrebbe rimuovere, ma che invece per lei rappresentano una straordinaria opportunità per indagare gli errori e le manchevolezze che li hanno generati, le regole non rispettate alla base dei crolli, ma anche per ripensare al senso e al valore dell’insediamento umano. Secondo Lucia le macerie possono diventare il materiale per ricostruire, per creare quegli innesti necessari a conservare gli spazi com’erano e dov’erano, rendendoli nuovamente funzionali e utilizzabili: così sarà possibile trattenere la memoria e l’identità senza nascondere le cicatrici e i segni del tempo, ma sviluppando nuove forme dell’abitare. E poiché abitare un luogo non è una scelta casuale, ma significa fare un patto con la natura e le risorse di quel luogo, è necessario, imprescindibile, riparlare con le persone, coinvolgerle: al momento, infatti, sono completamente esautorate. Da quasi un anno attendono. Ma la pazienza sta per finire e anche le crepe rischiano di allargarsi ulteriormente: bisogna sanarle al più presto per evitare nuovi crolli. Le professioniste di AIDIA sono pronte a fare la loro parte per ridare vita a questi luoghi che rischiano di diventare solo set per ospitare la passerella del politico di turno. Sono pronte a rimboccarsi le maniche e a disegnare il futuro assieme alla gente del posto. Il presente è pieno di crepe, ma come dice Leonard Cohen «c’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce».
Fabiana Martini”
NB. Commentarium, domani il blog non sarà aggiornato perché sarò prima a Bologna per le mie lezioni a Bottega Finzioni e subito dopo a Pordenonelegge. A lunedì, come sempre.

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