157. STORIE DAI BORGHI: LA VALIGIA SUL TRENO E LO SFRATTO, ANCORA, DI PEPPINA

“Si resiste, tutto qui”, scrive Mario Di Vito in un bellissimo articolo su Lo stato delle cose. Si resiste a dispetto di tutto, in verità. A dispetto della poca memoria e delle altrui astuzie, dell’indifferenza e dell’insofferenza, e di quel farsi silenziosi, perché così conviene.
Aneddoto. Ieri pomeriggio tornavo da Matera, su un affollato treno Bari-Roma.  Nel mio vagone c’era un gruppo di giovani uomini e giovani donne, che evidentemente tornava da un soggiorno lungo, perché portava con sé valigie gigantesche. Quelle valigie, essendo appunto gigantesche (una specie di armadio ambulante) non hanno ovviamente trovato posto nelle cappelliere. Dove le mettiamo, si saran chiesti? Ovvio, nel corridoio. Significa che tutti gli altri passeggeri del vagone erano immobilizzati per quattro ore al loro posto. Taci, tu, vecchia attaccabrighe, mi sono detta per buona parte del viaggio. Solo alla fine, mentre eravamo già in ingresso a Termini, una ragazza del gruppo si è vantata di quelle altre valigie che erano state collocate davanti ai gradini della discesa, tanto chi si accorge che sono nostre? Sono incautamente sbottata sulla beffa che seguiva il danno, e nel giro di due minuti sono stata a rischio sberla (mano davanti al viso, ripetuti insulti “questa non sta bene con la testa”, “questa è matta”). Silenzio, dagli altri passeggeri. O, persino, il tentativo di due concilianti anziani di dire che avevano ragione quei poveri ragazzi, perché per colpa dello stato le cappelliere erano troppo piccole. Solo, uscendo, un timido sorriso di complicità da parte di un passeggero che era rimasto strategicamente davanti al suo computer, aspettando che la banda di bulli, infine, liberasse il corridoio.
C’entra? Oh, certo che c’entra. Perché, vedete, se leggete con attenzione quanto scrive Federica Nardi su Cronache Maceratesi, scoprirete che sabato Peppina dovrà lasciare la sua casa. Ma come? C’è andato Salvini! C’è andato Sciapichetti! Da lei sì e da noi no! Populisti! Gente superficiale che crea simboli e li serve su argentei vassoi (vedasi i post precedenti, eccetera)! Istintivi!
No. Forse, perdonate, lucidi. La vita dei simboli mediatici è brevissima, un giorno appena. Poi, se non c’è una comunità pronta a raccontarli e a difenderli, si spegne. Nel silenzio, come quello dei passeggeri del treno. Nella connivenza, come quella dei due anziani concilianti. Nel timido sorriso che però non serve più, perché è già tutto accaduto. Questo avverrà, sabato prossimo. E allora che si fa, eh?

Un pensiero su “157. STORIE DAI BORGHI: LA VALIGIA SUL TRENO E LO SFRATTO, ANCORA, DI PEPPINA

  1. Comunità. Convivenza. Buon senso.
    Questi dovrebbero essere i pilastri di qualsiasi discorso civico e civile del presente e del futuro prossimo.
    Altrimenti, secondo me, siamo fottuti.

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