193. STORIE DAI BORGHI: UN TERREMOTO (COMUNALE) PER NATALE

Leonardo Animali mi ha inviato un messaggio lunedì sera, ed era arrabbiato come raramente capita di sentirlo, almeno a me. Ieri ero in viaggio. Stamattina ho capito perché era arrabbiato, e mi sono arrabbiata anche io. Mi dispiace, ma dopo aver letto vi arrabbierete anche voi.

Natale lo incontro tutte le mattine, quando con l’apetto va a fare la spesa per lui e per la moglie, e a volte stanno insieme dentro l’apetto che scorrazza per la salitella. Ma la spesa la fa anche per i capponi e i tacchini. Si, perché Natale intorno casa tiene polli, capponi e tacchini, allevati a terra. E ne ha grande cura, nonostante l’età avanzata. Quando passa con l’Ape, Natale alza la mano in segno di saluto, ed io ricambio. Oramai è divenuto un codice quotidiano. Quando è capitato, con Natale, alla festa della frazione, dopo la Messa e la processione, si sono fatte sempre due chiacchiere. Lui sta arrabbiato su come viene gestito il territorio, e su quale considerazione abbiano le persone che vivono qui. Non so perché, ma gli sto simpatico, forse perché la penso come lui. Lui abita dopo il ponte del fiume, e con l’apetto fa pure le gallerie. Dopotutto, lui non ha altri mezzi, e la strada Clementina, quella fatta dal Papa nel 1700, e che consentirebbe a Natale di guidare un po’ più tranquillo, ancora non la riaprono. Prima bisogna pensare la raddoppio della Quadrilatero, al turismo e poi, se ci scappa, pure a quelli che vivono qui. La casa di Natale sta sotto il monte, dal quale si staglia uno sperone di roccia giurassica, scaglia rossa, che qui chiamano la “sedia del Papa”, in onore Leone XII, il Papa della Genga, nato qui. Lo sperone è il segno distintivo di questa valle, un’architettura geologica che sembra quasi il guardiano di questa parte d’Appennino. Ha un suo grande fascino, e gli abitanti del posto ci sono affezionati. Il 30 ottobre 2016, lo sperone ha resistito alla magnitudo 6.5, che ha finito di tirar giù l’Appennino; chissà in centinaia di migliaia di anni, a quante magnitudo questo gigante avrà resistito. Da tempo, ferrovie e Anas non guardano di buon occhio lo sperone, che si erge sopra strada e ferrovia. La natura è sempre un fastidio per le grandi opere infrastrutturali, un intralcio. Il Comune si preoccupa, ad un certo punto, del fatto che lo sperone possa avere subito danni con i terremoti del 2016, ed essere divenuto un pericolo incombente. Ed ha un idea geniale, nella sua primitiva semplicità: si potrebbe far saltare con l’esplosivo. La cosa viene a conoscenza delle associazioni ambientaliste e per la tutela del paesaggio, che fanno presente una cosa banale: guardate, che nel ventunesimo secolo, ci sono metodi per mettere in sicurezza abitati e strade, che possono essere anche capaci di salvaguardare in maniera conservativa il territorio, ed anche le persone. Ma vuoi mettere una bella esplosione? Dopotutto, qui è una prassi consolidata, con le cave i botti sono settimanali, da decenni. Ultimamente, i cavatori hanno un po’ esagerato con il potenziale pirico: ad una famiglia che abita vicino casa di Natale, il botto di una mina di cava gli ha buttato giù i piatti dalla credenza. Poi c’è il Sindaco. Che come nella trama manzoniana dei Promessi Sposi, che narra dei capponi di Renzo (qui, nel caso, quelli di Natale), interpreta in maniera perfetta il ruolo di Don Abbondio. Un Sindaco, il cui Comune, Genga, nonostante molti danni del terremoto, sta fuori dal cratere sismico. E questo, non perché i legislatori siano stati malvagi e abbietti, con questa povera comunità di millesettecento e rotti abitanti. Tanto che, sollecitato da me ed altri a battersi, contattando i parlamentari del territorio, per far inserire Genga nel cratere, la mattina del 18 novembre 2016, mi manda questo sms alle ore 12.00: “Viste le prescrizioni di Fabriano non so se è meglio ai fini turistici”. Stop. Orbene, Il Sindaco, preoccupato della ipotetica pericolosità dello sperone e, ancor più dell’incolumità delle persone, di quella penale del suo status di amministratore, commissiona uno studio per verificare la stabilità del monolite roccioso. Si badi bene, la 6.5 c’è stata il 30 ottobre 2016, e l’atto di incarico ai tecnici per le verifiche, è datato 28 agosto 2017. La preoccupazione ha i suoi tempi di maturazione da queste parti. E lo studio, settimane dopo, evidenzia che le scosse potrebbero aver reso instabile lo sperone. Partono le riunioni tra Enti sul da farsi; chi è per il grande botto e chi si oppone, come Sovrintendenza e Parco. E allora il Sindaco, intimorito sempre per il suo profilo di responsabilità penale, che fa? L’11 dicembre scorso fa una bella Ordinanza, la n. 109, in cui chiude la strada comunale sotto lo sperone, e sgombera d’imperio Natale, e tutti quelli che abitano lì intorno, richiamando le normative dell’emergenza sul terremoto. Prevedendo che gli sfollati, dopo aver lasciato le proprie case, possano usufruire, se lo ritengono, del contributo di autonoma sistemazione, proprio come i terremotati. Il tutto, dopo aver tenuto incoscientemente Natale ed altri cittadini che abitano lì, oltre quelli che ci sono passati, per oltre un anno in condizioni di presunta pericolosità personale. E i capponi di Natale, quando a questo povero vecchio lo costringeranno ad andar via, che fine faranno? E anche gli altri animali domestici di quella frazione, quando e se ci sarà l’esplosione, verranno evacuati come le persone, o verranno travolti dai detriti? E l’altro ottuagenario malato che non esce di casa, come lo portano via? Dove li confineranno? Gli faranno fare le festività a casa o li buttano fuori prima? Io non so se a Natale e agli altri gliel’hanno ancora detto che li cacciano via, considerato che ad oggi l’ordinanza non è stata ancora pubblicata sull’Albo Pretorio on line del Comune, così come dispone la legge. Alla fine glielo dirò forse prima io a Natale, domani mattina, quando passa con l’apetto, lo fermo e ci parlo. Tutta questa, altri non è che una “piccola storia ignobile”, una delle tante, in cui i veri elementi pericolosi, ben più di uno sperone giurassico, sono gli amministratori locali di una comunità. E che dovrebbero, considerati i loro comportamenti, essere i primi a venir gentilmente sgomberati, per pubblico interesse, dai propri ruoli; in cui quotidianamente, brillano, come le mine, solo per disattendere alla Costituzione della Repubblica Italiana, sulla quale hanno giurato.

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