48. STORIE DAI BORGHI: CHI RESISTE, CHI SI RITIRA

Due status di Facebook
Marco Cortellucci, Treia.
Ci hanno chiesto di compilare le schede FAST, facendo sopralluoghi in tutta la Regione, gratuitamente e senza neanche un rimborso spese, per spirito di solidarietà con le popolazioni colpite dal sisma.
Hanno precisato che chi avesse redatto le schede FAST non avrebbe potuto assumere l’incarico professionale relativo all’edificio periziato.
Successivamente, per i fabbricati classificati “NON UTILIZZABILI”, ci hanno chiesto di compilare una seconda scheda, la cosiddetta “AeDES”, con la quale farci stimare il livello di danno dell’edificio esaminato, unitamente ad una perizia giurata, in Tribunale o presso un notaio, perché noi non siamo dei professionisti, bensì dei delinquenti potenziali.
Ci hanno imposto un limite di tempo inderogabile di 30 giorni, da quando veniva notificata al privato la “non utilizzabilità” della sua casa alla presentazione di AeDES, perizia e ampia documentazione fotografica, pena la perdita del contributo.
Per dare inizio alle attività professionali hanno partorito una lettera di incarico che dobbiamo registrare presso l’Agenzia delle Entrate entro 10 giorni dalla sua sottoscrizione con spese in solido tra le parti.
In questa lettera di incarico dobbiamo riportare il numero di iscrizione ad una white-list creata presso la Prefettura (?) a cui dobbiamo esserci obbligatoriamente iscritti, pena la revoca dell’incarico.
Peccato solo che questa “lista dei buoni” non esista ancora, ma ciò non ferma il contatore dei giorni che passano e che ci avvicina alla scadenza del trentesimo giorno.
Se anche riuscissimo a fare in tempo, dopo si dovrà ricominciare tutto daccapo, con la compilazione di un’altra scheda (la terza!) e finalmente, forse, la redazione della progettazione di miglioramento sismico del fabbricato.
Nel frattempo, mentre noi ci ammazziamo con tutte queste seghe, la gente muore porca troia, di freddo, di paura e di disperazione.
Mentre chi ha concepito questa mostruosa macchina burocratica continua a dire che “ricostruiremo tutto”.
Sì certo, ricostruiremo tutto, quando e per chi a quel punto non ci sarà più.
Roberto Balzani, storico, politico,
RINATURALIZZARE L’ITALIA
Gli eventi catastrofici degli ultimi mesi descrivono una realtà di cui è arduo prendere atto: il presidio del territorio, in alcune porzioni del nostro Paese, è divenuto impossibile. Detto in altri termini, l’antropizzazione – con quel che ne consegue, in termini di servizi e di diritti esigibili – non è assicurabile ovunque, in Italia. Come negli Usa, occorre probabilmente rassegnarsi a territori in cui l’amministrazione sarà a più bassa intensità, con una progressiva riduzione degli insediamenti presidiati. La rinaturalizzazione di aree del Paese, restituite all’integrità ambientale, pare un tema sul quale occorre interrogarsi, al di là della retorica un po’ ipocrita della ricostruzione “com’era e dov’era”. La dimensione colossale dei fenomeni naturali in corso non lo consente. E già accaduto nella storia, del resto. Non siamo speciali.

4 pensieri su “48. STORIE DAI BORGHI: CHI RESISTE, CHI SI RITIRA

  1. Devo dire con rammarico che solo leggere le procedure scoraggia e fa star male, ma si vuole davvero ricostruire? Sono d’accordo con la parte finale del post, penso anche io che certe zone vadano lasciate di nuovo alla natura. Sottolineo che Aedes, è una zanzara, chissà se è un caso.

  2. Insistono, come accadde a L’Aquila, sulla centralizzazione (che poi significa eccesso di burocrazia, e decisioni prese dall’alto, dal potere centrale). Ieri Bertolaso, oggi Errani. E’ l’Italia che non riesce a cambiare. Non capiscono che in una società democratica è la cittadinanza che deve decidere del proprio destino. Cosa, come e perchè ricostruire lo sanno i cittadini che abitano le zone terremotate. Nessuno che venga dall’esterno può capirci nulla. L’unico terremoto che vide una ricostruzione congrua fu quello del Friuli proprio perchè prevalse la linea orizzontale e democratica delle decisioni prese dal basso e non dall’alto. Era in il 1976 e l’atmosfera generale favoriva. Anche lo statuto autonomo della regione Friuli era un grande vantaggio.

  3. Tutte cose purtroppo vissute in proprio col terremoto dell’Aquila. quei primi mesi in cui si doveva correre dietro a scadenze, firmare tutto e il contrario di tutto. Alla lettura della prima ordinanza capii che mia madre prima di 10 anni in casa sua non sarebbe rientrata. I lavori sono iniziati lo scorso febbraio. Alla fine ci si arriva, ma a quale costo sociale e soprattutto umano? Sempre nei borghi prima del terremoto mia madre faceva la volontaria per il patronato, aiutava anziani con la modulistica e le dichiarazioni dei redditi. Ha sempre detto che tutte queste persone sole, con una pensione di € 400 al mese quando andava bene, riuscivano ad andare avanti in virtù del tessuto sociale del luogo: avevano casa e orto e qualcuno che li accompagnava dal medico o a fare una spesa in macchina lo trovavano sempre. L’esodo sulla costa, le famiglie con bambini che cercano almeno una sicurezza scolastica, le piccole aziende locali costrette a chiudere distruggono questo tessuto e il fragile equilibrio che sottendeva, e non esiste uno stato sociale che ne prenda il posto. Lo abbiamo visto succedere e si ricomincia da capo. E come in tutte queste situazioni di transizione, il prezzo lo pagano i vecchi, che vanno via come le mosche. Un censimento che non ha fatto ancora nessuno.

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