A PROPOSITO

A proposito, sì, di italian epic e di un libro già citato. Fabrizia Ramondino sull’Espresso:
Vittorio Giacopini è noto come polemista politico e saggista letterario per i suoi libri e i suoi articoli sulla rivista ‘Lo Straniero’. Con il suo ‘Re in fuga – La leggenda di Bobby Fischer’ (Mondadori, pp. 275, E 17,50) ci si rivela come un grande romanziere epico. Bobby Fischer (Chicago 1943 – Reykyavik 2008), figlio di una ebrea tedesca approdata negli Usa nel 1939 e di padre incerto, cresce a Brooklyn con la sorella maggiore e la madre, che alterna lavori precari con un impegno politico radicale (fin dal 1942 è schedata dalla Cia). “Se sei un bambino che cresce senza un genitore diventi un lupo”, scriverà poi Bobby. Il piccolo lupo a sette anni invece che nella foresta selvaggia trova rifugio nello spazio geometrico della scacchiera. Diventa il più giovane campione nazionale Usa e nel ’72 a Reykyavik è campione mondiale contro il russo Spassky. Fin da ragazzo prodigio ha praticato l’arte di scomparire e ricomparire, ma dopo questa vittoria la sua diventa l’arte della fuga, presto diventata latitanza – a causa del suo rifiuto di diventare un ‘eroe americano’ e del suo odio crescente contro quello che lui considera “l’imperialismo americano” e l’ipocrisia del suo sogno. Arrestato all’aeroporto di Tokyo, evita l’estradizione negli Usa con una mossa scacchistica applicata alla vita: chiede e ottiene la cittadinanza islandese. L’autore con il suo stile preciso e coinvolgente ci trascina da Brooklyn ai ghiacci islandesi, intrecciando magistralmente le vicende della seconda metà del secolo scorso con la leggenda del suo re in fuga. Invano Achille si nascose fra le Nereidi per non partecipare alla guerra di Troia; invano Bobby si nascose nella scacchiera per non partecipare alla guerra della vita.

82 pensieri su “A PROPOSITO

  1. Mi pare evidente che l’intento di WM1 non sia quello di fare l’elenco dei buoni e dei cattivi e neppure dare le regole d’oro, se così fosse sarebbe un errore critico clamoroso.
    All’interno della sua analisi che cerca quello che io ho chiamato “un comune sentire” possono entrarci anche libri non necessariamente di valore letterario eccelso così come libri di grande qualità possono non farne parte.
    La compilazione di una mappa, data la scala metrica di rappresentazione, comporta l’esclusione di territori ancora da tracciare, ma con ciò non si dice che non siano degni dell’atlante. In pratica non è necessario che tutti ci debbano entrare. E non è detto che chi ci entra sia, perciò, parte facente del club degli eletti. Mi sembra insomma che non occorra criticare a priori con un, appunto, pre-giudizio. Vediamola semmai, anzi leggiamola, questa mappa, a me incuriosisce davvero. Anche questo voler riprendere a “mettere ordine” mi sembra una vera novità, rispetto alla critica “una tantum” non strutturata che contempla il monumento, ma non osserva il tessuto urbano.

  2. Esatto. Alcuni dei libri di cui mi occupo non mi sono nemmeno piaciuti, e altri sono… “fallimenti interessanti”. E’ una definizione che ho trovato a proposito di “Una storia romantica” di Scurati, non so se il recensore mettesse più enfasi sul sostantivo o sull’aggettivo. E’ più o meno quello che abbiamo scritto del libro di Babsi Jones, con approcci diversi, io e WM2 (lui ponendo l’accento sul sostantivo, io sull’aggettivo):
    http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/nandropausa13.htm#7

    Viceversa, non mi sto occupando di libri che mi sono piaciuti e ho recensito molto positivamente, ma che non stanno nel “campo di forze” che sto indagando. Vedo il New Italian Epic come una nebulosa di opere prima ancora che di autori, perché nessuno degli scrittori presi in considerazione ha scritto soltanto opere con quei tratti distintivi. Di Camilleri escludo tutti i Montalbano e mi concentro in realtà su due o tre opere più storiche, soprattutto “La presa di Macallè”. Di Lucarelli e Carlotto considero soltanto gli ultimi (“L’ottava vibrazione” e “Cristiani di Allah”). De Cataldo ha scritto “Romanzo criminale” ma anche romanzi più canonici e di genere ben definito. Di Genna valuto solo i libri post-2005. Di Evangelisti escludo gli Eymerich (tranne la sottotrama eymerichiana di “Metallo Urlante”) perché giudico il personaggio seriale un vincolo. Di tutta la produzione di Biondillo (che ho recensito molto bene) porto a esempio soltanto le parti de “Il giovane sbirro” in cui il punto di vista è totalmente esterno a Ferraro, che spesso è addirittura assente (un bel modo per aggirare l’ostacolo del personaggio seriale). Di Letizia Muratori cito “La vita in comune” ma non il romanzo precedente perché non c’entra niente con quello di cui sto parlando. Etc. etc.

  3. OT
    Insomma: fra tutti ‘sti commentatori del post, questo sabato sera mi sembra sia stato ben lontano dalla febbre di Manero e molto vicino allo schermo del PC!

  4. “andare oltre l’antropocentrismo, perché porta a immaginare “il mondo senza di noi”, a vedere le esigenze della nostra specie come relative, non assolute.”
    A proposito di bibliografia ragionata e di superamento dell’antropocentrismo, a me viene in mente *SHORTS*, la raccolta di micro racconti scritta da Vitaliano Trevisan, dove spesso viene narrato il punto di vista di animali e, cosa più inattesa, dei vegetali! In pratica, l’uomo occupa uno spazio e questo spazio ha un assetto, un ordine ben preciso; Trevisan analizza come la gestione di questo ordine impatta sul mondo animale e vegetale: alberi che vengono sradicati per fare posto ad automobili che necessitano di parcheggio, nidi gettati dai tetti da lattonieri occupati a sistemare tegole e tubature, etc…

  5. Sì, e ci sarebbe anche “La spirale”, l’ultimo racconto delle “Cosmicomiche” di Calvino. Il “punto di vista” è quello di una conchiglia. I libri di Trevisan comunque non sono nella “nebulosa” che sto cercando di sondare, perché non condividono quasi nessun’altra delle caratteristiche che ritrovo nel pur eterogeneo “corpus” “neo-epico”. Capita lo stesso con altri autori, anche significativi. Ad esempio, a Montréal qualcuno mi faceva notare che pure Tiziano Scarpa ha prodotto diversi “oggetti non-identificati”. Certo, e anche intriganti, solo che non sono oggetti *narrativi*, o meglio, in un libro come “Corpo” la narrazione non mi sembra essere una delle priorità. Del resto, Scarpa (erede sui generis della neoavanguardia) non crede nemmeno granché nella forma-romanzo, ha sempre detto di non considerare la narrazione il compito principale dello scrittore e ha spiegato che i romanzi storici aut epici aut similia (quelli che lui chiama “romanzi di eccellenza”, ed è chiarissimo a chi stia pensando :-)) suscitano in lui, se non disprezzo, perlomeno indifferenza. Oppure, su un altro versante, c’è chi è pop, trans-genere, trans-mediale etc. ma non ha una tonalità emotiva o un imperativo etico che lo distinguano dal postmoderno. Oppure c’è chi fa romanzi storici o polizieschi molto canonici e confortevoli nei loro alveoli etc. Insomma, sto prendendo in considerazione soltanto opere che tengano insieme la “condicio sine qua non” di cui parlavo con Giro, + diversi dei tratti elencati sopra (se non tutti, almeno più della metà).

  6. che è successo qua?
    Volevo intervenire, ma mi sono perso… 57 commenti??
    Mi ci vuole una giornata per infilare il filo del discorso nella cruna…
    Ma avete così tanto tempo da perdere voialtri? 🙂

  7. Mai tanti commenti come il post su * linguaggio pubblicitario e cinematografia porno* di un paio d’anni fa!
    Quello rimarrà segnalato negli annali di Lipperatura… ;-))

  8. E anche in quel caso era in gran parte merito mio.
    Non mi faccio vivo spesso ma quando arrivo si vede.
    Della serie: “ho scoperto che WM ha un’eccellente opinione di sé” :-)))

  9. E dopo tutte queste acute dissertazioni epiche sento l’impellente necessità di dire una banalità e un luogo comune: com’è che oggi tutto ciò mi suona come l’orchestrina del Titanic ?

  10. E’ un’allucinazione, Nautilus. A ogni tornata elettorale si fanno in quattro per creare un’atmosfera da Giorno del Giudizio, esercitandosi in ricatti morali incredibili, “se non ci voti arriva Lui, brrrrrrrrr”, dopodiché, guardacaso, questi toni scompaiono del tutto e la musica cambia da così a così. Lui? Un problema? Ma dài, non esageriamo! Anzi, si possono pure fare delle cose insieme… Una legge sul conflitto di interessi? Non è poi così urgente… Dare a chi l’ha avuta in assegnazione la frequenza che Rete 4 occupa abusivamente? Ma Rete 4 è un patrimonio del Paese! Abrogare le leggi ad personam? Bloccare la riforma Moratti? Suvvìa, non fare il comunista! Riforme sociali che segnino una seppur minima discontinuità con…? Neanche per idea. La commissione sul G8 e sulla mattanza diretta dal centrodestra? No, perché la via di quella mattanza in fondo era stata spianata dal centrosinistra. L’ambiente, neanche a parlarne. E la guerra? Sola igiene del mondo! Poi, alle elezioni successive, si ripresentano a chiederti il voto per fermare “Lui”, e puntano a fare sentire *te* una merda che non si impegna contro Berlusconi etc.
    Io non discuto le scelte di nessuno: c’è chi si tura il naso, chi vota convinto, chi non vota più. Ognuno faccia come gli pare. Ma fingere di appassionarmi alla contesa, accettare l’allucinazione condivisa che il mondo finisce domani se non voto PD etc., questo proprio no. Basta coi ricatti morali.

  11. Dunque, dal 1948 al 2008 i voti degl’itagliani sono SEMPRE stati in netta maggioranza di cdx, con l’UNICA eccezione dello 0,001% in più al csx alla camera nel 2006. Un miracolo, a ben guardare, e solo grazie a gente come Mastella, Dini, Andreotti.
    Caro Wu, in queste condizioni cos’è che volevi? Le riforme sociali? La commissione sul G8 ?
    Una sola cosa si poteva ragionevolmente perseguire: tenere più tempo possibile (altri tre anni) il cialtrone nell’impossibilità di far danni al nostro sistema democratico e al cervello degli italiani (cose che alla DC erano passabilmente riuscite).
    A te probabilmente di questo non importa nulla, avere un presidente delle repubblica che proclama eroi i mafiosi, brrrr(?) e che ce frega?
    Allucinazioni sono…ben altre sono le priorità.
    Peccato che ormai a sostenere queste “priorità” sia rimasto forse il 5% degli italiani, che però sono stati più che sufficienti ad affossare l’unico governo che avrebbe fatto l’unica cosa “di sinistra” possibile: tener lontano il cialtrone dal potere.
    Ora il ramo su cui sedevamo è stato segato, siamo precipitati, la sx più giù di tutti, ma certo era VITALE rompere i coglioni col Dal Molin, con la commissione G8 e con Rete4.
    Ma non litighiamo caro Wu, avremmo perso comunque, questo è un paese di dx, non c’è Zapatero dietro l’angolo, c’è sempre il fascio, ora televisivo.
    Quel che mi stupisce ogni volta è che a sx lo si dimentica regolarmente: questa è la VERA allucinazione.

  12. Senti, Nautilus: ok chiedere di turarsi il naso. Si è sempre fatto, e in questo la base dei partiti di centrosinistra ha mostrato una pazienza che non so se definire ammirevole o allarmante o eroica o degna di miglior causa. E va bene, ci si tura il naso, per i motivi che sappiamo. Ma oltre a questo, una cosa che non si può più fare è pretendere che la gente *ci creda*, si entusiasmi o comunque non pensi ad altro, e soprattutto si tappi la bocca perché “il nemico ci ascolta”. Tra l’altro, il governo è caduto per colpa di Mastella e in subordine di Dini, non per colpa dei comitati Dal Molin. Criticare i No-TAV o i Dal Molin è roba da NIMBY: not in my backyards, e se il backyard è il tuo sono cazzi tuoi, stai zitto, che cazzo vuoi?

  13. Infatti Wu, purtroppo non si può nè credere nè entusiasmarsi, son tempi grami questi, bisognava solo resistere.
    La pazienza era effettivamente la dote assolutamente indispensabile. Ed eroica, dici bene.
    Tu hai visto che la base di csx l’ha avuta, a me non è sembrato: ricordo benissimo che i primi rompimenti di coglioni sono cominciati a soli due mesi dal’insediamento del governo Prodi, si scalpitava perchè eravamo ancora in Irak.
    Può darsi che la maggioranza degli elettori e anche dei dirigenti comunque questa responsabilità l’abbia effettivamente sentita, ma l’impressione (deleteria) è stata un’ altra, forse esagerata dai media.
    Mi pare abbiamo già avuto una discussione su questo, Prodi ha confermato: Mastella l’ha tradito ma la responsabilità politica è stata della sx.
    Ma tanto tutto ciò è vano: l’unica cosa vera è che siamo un paese che non sopporta le regole, chiunque voglia metterle ma soprattuto applicarle è destinato a perdere, Berlusconi in questo è il nostro governante perfetto, fatto apposta per noi.
    E quindi teniamocelo senza ulteriori discorsi.
    PS Io mi son turato il naso: al senato ho votato SA. L’avessero fatto tanti “duri e puri” forse la sx non sarebbe a rischio di scomparsa.

  14. a wm1, di Evangelisti è epico solo il ciclo di metallo urlante? Eyemrich ha il poblema della serialità. Anatema su di te!!! come osi.
    Il Magister le cui fatiche per l’ortodossia cattolica non hanno niente da invidiare a quelle di Ercole.
    Vergogna 🙂
    suvvia, il mondo sta solo crollando un pochino più velocemente e io per stasera non vedo, non sento, ma scrivo

  15. a 11/ 4 ore 12.44
    se si “scrive” con una griglia capita di “pensare” al senso di colpa, il vecchio senso di colpa, (poi lo si analizza ma rimane quello che è, e non può passare per epica, è il centripeto occidentale, tutto qui) sarebbe meglio essere solo degli scrittori e basta, senza scriversi addosso.

  16. Aeroporto, constatiamo che la crisi dell’Alitalia colpisce duro a livello neuronale! 😛
    x fortuna Pasolini, Calvino e tanti altri non furono “scrittori e basta” e seppero guardare a quello che si scriveva intorno a loro e non solo a se stessi – lasciandoci anche le loro idee sulla letteratura. Con la tua bella “linea” non avremmo avuto né “Empirismo eretico” né le “Lezioni americane”. Non vuol dire “scrivere con una griglia”, significa chiedersi perché si scrive oggi – e cos’hanno o non hanno in comune tra loro quelli che scrivono – e dove sono o non sono in sintonia o in conflitto con il loro tempo. Senza questo anche scrivere diventa privo di senso – diventa masturbazione da esteti che si credono fuori dal mondo – poi quando il mondo arriva e butta giù la casa, piagnucoleranno.

  17. Divino Astrubale, lascia l’Alitalia dove è. Ti auguro una proficua missione da redentore. (Come si fa a separare l’uomo dallo scrittore?). Personalmente (mio personale gusto) non amo i ragionieri della letteratura, i condannati alle lettere, i “forzati dell’alienazione”. Ma ci siamo fraintesi forse. un saluto.
    l’epica è morta con i miti ed era funzionale a questi, non si può con la carta carbone parlare di -proiezioni nevrotiche- e farle passare per epica, è riduttivo, è solo uno scriversi addosso. Naturalmente è una mia idea.

  18. E’ sbagliata la premessa, cioè “sono morti i miti”. Se intendi gente come James Dean o Jimi Hendrix, sì, quelli sono morti stecchiti. Ma se per miti intendiamo, ad esempio, narrazioni di forte densità simbolica condivise da una comunità o da una società, che trasmettono i frame e l’esperienza attraverso le generazioni e permettono di inserirci in un continuum, vorrei capire in che senso li ritieni morti, dato che una società non può non produrne, per poi metterli in discussione e “riattivarli” (o lasciarli cadere e sostituirli con altri). Tutta la grande narrazione del mercato, della “mano invisibile”, dell’impresa, della crescita, dei consumi, ha prodotto miti su miti (miti prometeici, in questo caso), che negli ultimi anni si stanno rivelando fallaci, se non addirittura perniciosi. In contrapposizione a questa sta sorgendo a fatica un’altra grande narrazione, quella della nostra pesante interferenza con gli ecosistemi, quella dell’ecocatastrofe, della necessità di invertire la rotta, del fatto che lo sviluppo non è senza limiti esterni etc. Questa narrazione condivisa produrrà i propri miti: i miti apocalittici li vediamo già, ma si formeranno anche miti di lotta, miti di redenzione, miti di redde rationem. E così si andrà avanti, perché la vicenda umana funziona così, il bisogno di mito è alla base della comunicazione, della convivenza e della collaborazione/conflitto tra umani. Non è possibile una comunicazione completamente logico-referenziale, scevra da immagini, simboli, icone, retoriche. La complessità del nostro convivere e lavorare insieme è tale che non possiamo fare a meno di orientarci grazie al potere di sintesi delle immagini, che si concatenano a formare narrazioni, e queste narrazioni sono i miti.

  19. La mia ignoranza mi porta a dire sciocchezze, ma ho la vaga sensazione che i miti non sono:”narrazioni di forte densità simbolica condivise da una comunità o da una società, che trasmettono i frame e l’esperienza attraverso le generazioni e permettono di inserirci in un continuum.” O meglio sono: “narrazioni di forte densità simbolica condivise da una comunità o da una società, che trasmettono i frame e l’esperienza attraverso le generazioni e permettono di inserirci in un continuum.”
    Queste due frasi sembrano all’apparenza uguali, ma non lo sono.
    Perchè una è rivolta all’epica (la seconda) mentre la prima rimane la copia della seconda e rimarrà una copia brutta e purtroppo falsa della seconda frase. (anche se devo dire che è una frase più ad effetto che di sostanza, ma visto i tempi (qui piove) dico che ci può stare)
    Ed io, per sovrapiù (me ne scuso) non amo i generi. Certo potrei dire che -Guerra e pace- è un libro che non mi piace perchè è un libro di genere (storico). Però mi piace, allora vorrà dire che mi piacciono i libri di genere.
    Finisco, con il silenzioso ed eterno “trasumanar” (nel significato dantesco, e non in quello pasoliniano che evidentemente è altro “organizzar”). Un saluto.

  20. Beato te che tra due cose identiche sai distinguere l’originale dalla copia. Io, che sono molto più limitato, non so dire con certezza se ci sei o ci fai. L’unica è tirare a indovinare, e allora dico: ci sei. Un saluto anche a te.

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