ADESSO VE LO DICO

Primo.Lettura del week end: Vittore
Baroni
parla di controcultura, Benjamin alla mano, su Carmilla.

Secondo. Mi rendo conto che forse è giunto
il momento di un coming out che faccia luce sulla ricorrenza di alcune
tematiche – vedi post di ieri- sul blog.

Il primo motivo è ovvio (da qualche tempo
penso che sia necessario e urgente affrontarle, le tematiche medesime: laddove
nel vasto mondo esterno sembra aumentare la loro effettiva invisibilità). Il secondo motivo è intuibile: la “cosa”, spesso e volentieri qui citata, riguarda
esattamente questi punti.

Per rendere completa la confessione: è un
(saggio? cronaca? diario di bordo?) “qualcosa” che torna ad occuparsi, ad oltre
trent’anni di distanza, di quanto osservò e raccontò Elena Gianini Belotti nel
suo famosissimo Dalla parte delle bambine. Per chi non lo avesse letto (ma fatelo): come l’educazione sociale e
culturale all’inferiorità femminile si compia nel giro di pochi anni, dalla
nascita all’ingresso nella vita scolastica.

La domanda è: sono cambiati quei tempi? Sì e no. Sì,
perché i messaggi sono più numerosi e più sottili (e dunque anche più
pericolosi): nessuno impone più il
grembiulino rosa alla bambina dell’asilo. No, perché, per fare un esempio, in
tutti i toni del rosa è dipinto il mondo di Barbie e delle sue molte sorelle;
e, a sorpresa, il rosa persiste in moltissima narrativa per ragazzi, dove le
femmine continuano ad essere la spalla di un protagonista maschile (o, se
conquistano il ruolo principale, necessiteranno invariabilmente di un amico-fidanzato-compagno
di strada che le tiri fuori dai guai).

Quest’è. Anzi, non è affatto solo questo. Il discorso è estremamente complesso e scivoloso perchè molto meno nitidi sono i territori in cui, dopo trent’anni, ci si muove. Ma pensavo che fosse importante tornare a porre attenzione a quelle che, appunto, sembrano piccole cose senza importanza. E che invece, per come la vedo, sono alla radice di quello che la semplice cronaca ci consegna.

Stato delle cose: ho ancora una manciata (piccola) di mesi per la
stesura vera e propria e sono tuttora alle prese con montagne di materiale.
Ho tante amiche e amici da ringraziare,
già da ora. E ho la convinzione, come altri, che il blog sia anche il luogo dove i lavori in corso si abbozzano,
trovano conferme e smentite e, semplicemente, si condividono.

State bene (io ci provo).

47 pensieri su “ADESSO VE LO DICO

  1. Guarda caso, sono fate. Fate, streghe, sacerdotesse e tutte le figure che hanno contatti con il sacro e il sovrannaturale rientrano in vecchi schemi.
    (e comunque Winx e Witch si turbano molto più quando litigano con i fidanzati che quando il mondo è in pericolo, purtroppo).

  2. G., non c’è nulla che “non vada” e non è questione di turbamenti. Per essere orrendamente sintetici: nella storia degli esseri umani, gli unici ruoli possibili per le donne, prescindendo dalla maternità o dalla prostituzione, sono stati legati al sacro. O meglio, all’essere tramite con il medesimo (profetesse, sacerdotesse, mistiche), oppure alla frequentazione del lato oscuro dello stesso (streghe). Il fatto che la maggior parte delle eroine dell’immaginario infantile mantenga questo ruolo non è incoraggiante.

  3. E le amazzoni?…;-)
    Comunque trovo che streghe e fate dell’odierno immaginario infantile somiglino poco a quelle delle favole tradizionali, e più a super-eroine da fumetto. Come modello per le bambine trovo molto più deleterio quello veicolato dalla tv all’italiana, le “ragazze coccodè” di Arboriana memoria…

  4. Le amazzoni, guarda caso, non entrano molto nel cosiddetto immaginario infantile di oggi. Certo, ci sono le guerriere, sia nel fantasy (ma qui siamo già in altra fascia d’età), sia nei videogiochi, sia nei cartoni animati. Ma fermiamoci su questi ultimi: laddove le guerriere ci sono, o si fanno addolcire da una relazione amorosa in cui ricoprono comunque un ruolo subordinato. O muoiono. O sono fisicamente modellate per rivolgersi ad un pubblico maschile.
    Quanto alle fatine e alle streghine per fanciulle. Sia in Winx che nel primigenio Witch, non a caso l’attenzione è sempre posta sulle relazioni sociali delle eroine: sulla loro capacità accudente, mediatrice, risolutrice.
    Certo, le eccezioni ci sono. In letteratura, le eroine di Brussolo, per esempio. Negli anime, Lady Oscar (che però). Nei film, temo che dobbiamo arrivare a Kill Bill per avere un personaggio che sia portatore sia di logica che di tenerezza materna, senza rinunciare alla seconda in favore della prima.
    Per quanto riguarda la televisione il discorso è amplissimo: dopo le ragazze Coccodè, il campionario include le fanciulle discinte che danzano col rapper nei videoclip fino alle ragazze di Amici…

  5. Ooops. Si è rovesciato l’ordine delle frasi iniziali, che è il seguente:
    1) Evviva le DONNE gentili e buone, amanti della parità, della giustizia e del dialogo con l’altro sesso.
    2) Abbasso le FEMMINILISTE (a) proterve e rancorose, volte al rovesciamento dei rapporti di forza.
    [(a)Da “FEMMINILISMO”, un calco su “MASCHILISMO”, di cui riprende e ribalta i pregiudizi sessisti.]
    3) Abbasso le DONNE AL TESTOSTERONE, autoreferenziali e onanistiche.
    4) Se alla base del MASCHILISMO c’è il pregiudizio… eccetera

  6. Beh, certo, le Winx sono ben lontane dalla grande Black Mamba di Kill Bill… 😉
    Il problema esiste e io non intendevo certo negarlo, dicevo solo che secondo me proprio la narrativa fantastica (variamente declinata) lungi dall’essere condannata per natura a riciclare solo stereotipi discriminanti, è quella che offre maggiori potenzialità di creare nuovi ruoli e proporre nuovi modelli fuori da ogni schema (personaggi mutanti, alieni, interdimensionali..) rispetto ad un mainstream appiattito sulla triade velina oca – mamma merendera – carrierista incazzata. Non sta ancora succedendo, non abbastanza, ma trovo che le potenzialità ci siano.

  7. Sfondi una porta aperta: è proprio perchè penso che la narrativa fantastica possa avere-finalmente-sviluppi diversi dal passato che mi stupisco perchè questo non avviene.
    Nella narrativa per ragazzi e adolescenti succede qualcosa di molto simile al trend della letteratura adulta. Dove il famoso erotismo femminile diviene pretesto per una storia “rosa” (come, per fare un parallelo televisivo, Sex and the city si conclude con la ricerca del vero amore).
    Il guaio è che buona parte della letteratura fantastica si modella su Tolkien. Che è indubbiamente un grandissimo autore: ma dal punto di vista dei modelli femminili proposti ricasca in pieno nei famosi stereotipi.
    Trascurabile, d’accordo: nessuno pretende di andare ad applicare (per carità) le quote rosa nella narrativa. Ma perchè sono così poche le autrici che riescono a proporre personaggi femminili realmente extra-ruolo? A me, fra le italiane, viene in mente Chiara Palazzolo con la sua trilogia dark, per esempio…

  8. Perché sono così poche? Direi anche perché vengono continuamente scoraggiate dal distinguersi, ed esortate\costrette ad uniformarsi. E in quest’azione di livellamento, arcaici pregiudizi sessisti e moderna rapacità mercantile si saldano perfettamente. Il problema c’è, eccome. Ma resto convinta che ci siano pure segnali positivi di miglioramento anche tra le pieghe di alcuni prodotti di serie, che, se non sfruttano direttamente le potenzialità, almeno le suggeriscono, le rendono visibili. Sui poteri di una super-streghetta una bambina può anche fantasticare in modo molto più creativo e meno conformista di quanto gli stessi sceneggiatori della serie non immaginino.

  9. Non c’è bisogno di richiamare le amazzoni: leggete Vita di Eleonora d’Arborea di Bianca Pitzorno, un romanzo storico su quella che, in Sardegna, è considerata un’eroina della “nazione sarda” in quanto fu la donna che guidò la fase più drammatica della sollevazione dei sardi contro i Catalano Aragonesi.
    Quanto all’effettiva parità, meditate sulle parole di Virginia Woolf, che, nell’esaltare le qualità letterarie di una scrittrice donna, ne evidenzia il suo scrivere “da donna, ma da donna che ha dimenticato di essere una donna, così le sue pagine erano piene di quella curiosa qualità sessuale che appare soltanto quando il sesso non è consapevole di sè”
    saluti, paola

  10. Mi interesso di scrittura “al femminile” (ma come dilettante, ben inteso), sono arrivata a questo blog per caso. Molto interessante la discussione.
    Parlando di ruoli codificati nella lettertura, ho letto un libro da poco, volevo chiedere alla signora Lipperini se lo conosceva(me l’hanno prestato), parla di quattro ragazze e nessuna è santa o puttana, ma sono quattro ragazze “vere”. L’autore è un uomo ma secondo me gliel’ha scritto una sua amica, è incredibilmente femminile senza essere rosa o sdolcinato.

  11. Scusa ma cosa vuol dire” è incredibilmente femminile”?
    A parer mio non esiste una scrittura femminile e una maschile, esistono solo buoni scrittori ( donne e uomini ) e cattivi scrittori ( donne e uomini ). Se si è un valido scrittore/scrittrice, allora si è in grado di creare un buon personaggio maschile o femminile per un romanzo, indipendentemente dal sesso di chi sta scrivendo.
    Io la vedo così.
    Anna Luisa

  12. Concordo con Anna Luisa. Peccato, però, che da qualche tempo, malgrado tutto, il filone “scrittura femminile” sia stia nuovamente affermando e che molte scrittrici, più o meno consapevolmente, si adeguino.

  13. Io mi chiedo se individuare una scrittura “al femminile” può aiutare a evidenziare un modo, diverso da quello maschile, di percepire la realtà. Costruire personaggi femminili positivi e credibili (nel senso che aiutano a decodificare la realtà proponendosi come modelli) vuol dire anche avviare la riflessione su certe tematiche piuttosto che su altre (e qui il riferimento è al potere e alla sua gestione: questo, a mio avviso, è un problema prettamente maschile)
    saluti, paola

  14. Eilà, ma qui si parla di me! Come ci sono capitato?
    Concordo con Annaluisa, comunque, e ringrazio Paola.
    C’è da aggiungere che alcune lettrici (fortunatamente poche) hanno sentito il mio come uno sconfinamento di campo, come se non avessi il diritto di parlare con un io narrante femminile, in quanto uomo. C’è come una “gelosia di genere”. Eppure le migliori scrittrici si sono confrontate con personaggi maschili e nessuno stava lì a sindacare che chi scriveva fosse una donna.
    Resta la questione aperta da Paola: raccontare modelli femminili che non siano quelli usurati e comodi per tutta una cultura maschilista (spesso portata avanti da donne che trattano i figli maschi in modo differente dalle femmine) credo sia importante.
    Vai Lippa, finalmente hai fatto outing. Ora aspettiamo il tomo.
    A propos: oggi è il mio compleanno! Divento vecchio! 🙁

  15. Adesso passerò per una retriva ma io non ho mai capito perché dovrei combattere delle battaglie solo perché casualmente sono nata con un organo femminile anziché maschile. Ma perché una donna non può staccarsi dal suo corpo e deve per forza avere una solidarietà di genere dovuta a motivi, ripeto, biologici e casuali? Sì, lo so, su questi si sono instaurate concettualizzazioni culturali, ma a me non va neanche di essere schiava di questo. Ho letto il libro della Gianini Belotti, ho letto “Extraterrestre alla pari”, a esso dichiaratamente ispirato (l’unico libro della Pitzorno che non ho apprezzato perché troppo ideologico e poco narrativo), ho letto Luisa Muraro e i testi di Diotima, all’università mi hanno torturato con i temi della differenza di genere. Non approvo niente di tutto questo. Eppure mi sento libera e serena sia nella mia vita sia nel mio rapporto con gli altri, uomini e donne. Sbaglierò, ma non riesco a convincermi del contrario, nonostante continui a interessarmi dell’argomento.
    Ilaria

  16. Ilaria, grazie al cielo nessuno obbliga qualcun’altro a fare qualcosa. Non io, almeno. Mi limito a raccontare quello che vedo, cercando anche, se vuoi, nelle zone meno illuminate. Ma lungi da me l’idea di trasformare tutto questo in un dovere morale.

  17. Sì, è vero. Però a volte mi sembra di cogliere un certo astio (se non un certo disprezzo) verso quelle che “non aderiscono alla causa”, le quali non necessariamente sono delle sottomesse o delle complici di una cultura maschile… magari sono io che ho la coda di paglia, però anche il suo post precedente mi pareva andasse in questa direzione… probabilmente mi sbaglio, ho questa impressione.

  18. @Ilaria
    Secondo me, non dovremmo batterci contro il sessismo, e le discriminazioni di genere perché siamo nate donne, dovremmo farlo perché è giusto. Quella contro le discriminazioni di genere è una battaglia che dovremmo combattere tutti, uomini e donne, a prescindere dal genere e dalle inclinazioni sessuali. Semplicemente perché è giusta. Come tutte le battaglie contro le discriminazioni.
    Sia detto senza astio, né tantomeno disprezzo, eh! 😉

  19. @Alessandra: sono d’accordo con te. Ma intanto non vedo uomini combattere contro queste discriminazioni, per cui sembra solo la classica lotta da donne; poi bisogna anche intendersi sul concetto di discriminazione; poi per es. in Francia o in Svezia si fanno politiche per la famiglia, grazie alle quali le donne possono avere figli e anche avere una carriera (ma guarda caso non sono leggi incentrate sulle donne tout-court); infine svalutare come molte fanno il ruolo materno a favore di quello di “potere” non trova di sicuro, giustamente, tutte d’accordo.
    Ma è un discorso lungo e non è questa la sede, quindi mi scuso per i miei interventi.
    Grazie per le risposte comunque. 🙂

  20. Ilaria: la sede è proprio questa, se hai voglia. Anche perchè il discorso è non soltanto lungo, ma complesso. Il fatto che siano soltanto le donne, per esempio, a chiedere politiche per la famiglia, la dice lunga, lunghissima, sulla situazione in cui siamo.
    Tornando poi al discorso sull’immaginario e sul simbolico, che è quello che mi sta più a cuore: ti faccio un solo esempio. E’ avvenuta la singolare cosa per cui, tornando a dare centralità al ruolo materno, contemporaneamente viene detto alle donne che non sono (più) in grado di sostenerlo. Che hanno perso ogni capacità di cura e accudimento. Non viene detto esplicitamente, e questo è il punto: ma giornali, televisione, pubblicità, storie sono incredibilmente in sintonia su questo punto.

  21. Tutta l’elaborazione culturale dell’uomo-maschio potrebbe essere intesa come il costante tentativo di affrancarsi dal potere naturale-femminile (maternità), con il conseguente esilio della donna in ruoli subalterni. Disconoscere le capacità della donna proprio nel ruolo materno potrebbe intendersi come un ulteriore passo avanti in questo costante processo che, evidentemente non è ancora giunto a termine.
    Possono uomini e donne affrancarsi dalla “natura” (procedere nel vivere sempre più “civile”) senza una effettiva collaborazione tra loro?
    Saluti, paola

  22. Sono d’accordo con Alessandra. E’ una lotta contro la discriminazione che deve essere fatta, qualunque essa sia. E lo dico da proprietario di organo genitale maschile.
    Aggiungici poi l’interesse privato: ho due figlie. In che mondo voglio vederle crescere?

  23. @Loredana: è vero quel che dici sulle politiche per la famiglia in Italia (sono soprattutto le donne a chiederle); io mi rendo benissimo conto che in Italia a livello proprio simbolico e culturale c’è un maschilismo fortissimo, ma le donne da sole contro questo non possono fare molto, oltre a proporre modelli educativi “corretti” (subissati però da modelli ben più allettanti). Si può solo cercare la collaborazione con gli uomini. Molti uomini se ne disinteressano, ma anche molte donne sono contrarie. Ho provato a frequentare per un po’ la libreria delle donne di Bologna; ho respirato una chiusura fortissima. Non fa bene né alle donne né ai maschi.
    Riguardo alla svalutazione delle madri hai ragione, sono attaccate su tutti i fronti, anche da altre donne.

  24. Ilaria, sono d’accordo: quello che veniva chiamato separatismo non porta da nessuna parte. Bisogna ripartire: e ripartire dall’informazione. Ovvero, dall’analisi di quello che i “piccoli dettagli” nascondono (anche perchè purtroppo, noto, non pochi testi scolastici sessisti, per dirne una, sono opera di donne).
    Per Paola: certo che possono, e debbono. Biondillo (e non solo lui) ne è un esempio…

  25. Giusto, l’informazione e l’educazione. Ma a volte penso che sia una battaglia persa. Esempio: lavoro in una scuola, vedo ragazzine sempre più giovani, già dagli 11 anni, completamente asservite ai maschi: (s)vestite (con madri compiacenti), che pur di non essere rifiutate o di non restare “indietro” assecondano ogni volontà del maschio di turno… Questa non è libertà sessuale, è schiavitù sessuale. Per questo non capisco perché molte, per es. anche tu in alcuni post precedenti, insistono sulla libertà sessuale quando, se non c’è prima tutto il resto, questa non significa niente.
    Altra cosa: alle mie amiche o alle coetanee (parliamo di trentenni) che incontro sul lavoro eccetera, queste cose che a te stanno a cuore (compreso il dicorso anche per me fondamentale del simbolico) sembrano cose “vecchie” da fuggire come la peste. E’ come se ci fossero le donne che si sentono molto coinvolte da questi argomenti e quelle che li disprezzano.
    Come dici tu, molti libri scolastici scritti da donne sono sessisti. Io quando posso propongo letture non sessiste (non tutta la letteratura per ragazzi contemporanea è da buttare, sotto questo aspetto), ma mi sembra una goccia nel mare.
    Ultima cosa, e scusa la lunghezza: io cerco da una vita di accostarmi a questi argomenti, anche come educatrice mi interessano. Ma devo dire che le uniche figure significative per la mia crescita sono stati uomini, a partire da mio padre. Se cammino su questa terra con piede libero e sicuro, lo devo a lui, non alle lamentele di donne come mia madre. E, non so se è un mio pregiudizio, noto che molte donne libere ed emancipate hanno avuto importanti figure maschili nella loro vita. Io credo che siano una minoranza, per i motivi storici e culturali che sappiamo, le donne che sanno educare le figlie alla libertà. Ecco forse perché faccio tanta fatica, nonostante i tuoi discorsi mi interessino.
    (Scusa la lunghezza)

  26. Ilaria, hai centrato molti punti dolenti nel tuo intervento.
    Parto dall’ultimo: è vero che molto spesso sono le figure maschili ad educare alla libertà e altrettanto spesso quelle femminili a comprimerla. Ma questo è (purtroppo) logico: è attraverso le donne (che alla libertà sono poco abituate) che si tramanda (due volte purtroppo) la subordinazione. Proprio Gianini Belotti ha scritto pagine bellissime quanto, trentatre anni dopo, non superate sulla formazione del “branco” femminile sui banchi delle materne e delle elementari. Dove alle bambine si insegna-ancora- che il lamento che tu sottolineavi a proposito di tua madre è vincente rispetto all’irrequietezza dei bambini. Se leggi questo discorso alla rovescia, troverai che è altrettanto ingiusto e frustrante dal punto di vista maschile.
    Per esempio: perchè nelle pubblicità dei giocattoli, ancora oggi, le pubblicità dell’abbigliamento per l’infanzia mostrano maschietti in atteggiamento da duri e femminucce in veste di provocanti lolite?
    Punto due: il più doloroso. Questi discorsi sembrano superati, vecchi, biliosi e quant’altro perchè molto femminismo si è arroccato a difesa. Analogamente a quanto fanno alcuni critici letterari, parlano a piccoli gruppi e raramente intervengono sulla materia bassa e/o popolare.
    Punto tre: il più difficile. La libertà sessuale è una cosa (e continuo a difenderla), la trasformazione delle bambine-ragazze-donne in prede o predatrici un’altra.
    Io non ho nulla, per esempio, contro la pornografia a differenza dell’ala dura americana alla McKinnon. Ma non penso nemmeno, come molte esponenti del filone “raunch” che la pornografia sia una strada per la liberazione.
    Ma altra cosa è la “pornizzazione” del mondo dell’immaginario: altra cosa è quando l’ipersesso cala nelle pubblicità, in ogni angolo di trasmissione televisiva, nei servizi di moda. Eccetera. Quando il sesso diventa un modo per consumare e definire la propria immagine-non la propria presenza-nel mondo. E quando questo consumo avviene attraverso il corpo femminile. Questa enfasi non è libertà sessuale. Semmai, contribuisce, per come la vedo io, a ridefinire confini rigidi, come scrivevo l’altro giorno: e a far oscillare il pendolo, di nuovo, tra la puttana e la mamma. Questa, come hai detto tu, è tutt’altra cosa dalla libertà.

  27. Ho inviato alcuni post qui e in all the small…e come Ilaria anch’io insegno, ma al contrario di lei, posso dire di aver avuto il principale esempio di libertà proprio da mia madre, donna lavoratrice che, negli anni sessanta, ha cresciuto quattro figli affrontando le difficoltà di un ambiente familiare ostile a questa sua “modernità”: però attraverso questa strada mi ha trasmesso l’esigenza di raggiungere innanzi tutto la realizzazione personale “fuori dalle mura domestiche” e, insieme, l’indipendenza economica. Piuttosto, mi rendo conto di aver scelto una professione tipicamente femminile: l’insegnamento. Il discorso è però, oggi, alquanto interessante dal momento in cui attraverso questa professione possiamo avviare una opportuna riflessione sull’argomento le giovani generazioni: penso all’insegnamento della storia dell’emancipazione femminile e della letteratura prodotta da scrittrici donne.
    saluti, paola

  28. Paola, concordo con te ma secondo me il paradosso è che, di fronte a un mondo della scuola (e dell’educazione) prevalentemente in mano a donne, spesso è proprio lì che si perpetuano posizioni retrive (per i motivi spiegati da Loredana nel commento sopra). Ragazze giovani uscite dall’università e infarcite di pedagogia “libertaria” e attenta alle questioni di genere (parlo della mia università, Bologna) sono lì che vestono di rosa le figlie (per dire…) e fanno discorsi che potrebbe fare mia nonna… Poi ce ne saranno altrettante progressiste (come te, come cerco di essere io e come tante altre) ma io vedo proprio un’arretratezza cuturale ancora, nel mondo femminile, anche giovane, su questi temi. Su questo bisogna lavorare ma, come dice Loredana, non con quell’arroccamento rancoroso che appartiene a certe e che mi ha sempre allontanato (e come me, tante altre).
    @Loredana: grazie tante per il tempo che hai dedicato a rispondermi. Mi sono accorta di essere molto più d’accordo con te di quanto non credessi.
    Concordo su tutto quel che hai scritto nel tuo ultimo commento e in effetti tutto quel che si può fare è, ognuno nel suo campo, contribuire a diffondere informazione e cultura, credendoci (quindi, ben venga la tua “cosa”, il tuo scritto…)
    Grazie 🙂

  29. Di recente ho letto un romanzo di Gaétan Soucy: “la bambina che amava troppo i fiammiferi”, raccontato con una grazia rude e spiazzante. Probabilmente lo conoscete già, a me è piaciuto, e mi sembrato di coglierci un lavoro molto interessante sull’educazione e costruzione del corpo, in questo caso femminile. Mi/vi chiedo se ragionare sulla libertà del corpo e non (soltanto) su quella sessuale, sia più utile a bypassare i separatismi uomo/donna, concentrandosi su quello che rimane in mezzo. Oppure se secondo voi si tratta di una distinzione superflua, o non praticabile su questo piano.
    Parlo un po’ in generale per evitare lo spoiler: quel romanzo secondo me propone di disinventare la pesante disciplina del corpo (che in quel caso è femminile ma il discorso vale anche per come sono costruiti i corpi maschili). Visto che Ilaria, Paola e La Lipperini mettono in luce che nelle questioni di genere si fa tragicamente confusione tra equivalenza e uguaglianza, con il risultato della sclerotizzazione dei ruoli, mi chiedevo se concentrarsi sui corpi e sulle loro storie può fungere da grimaldello per celebrarne le differenze in senso non esclusivo (ospitando modalità diverse di uomo donna e quant’altro) evitando le regressioni al minimo comun denominatore.
    Forse mi sono incartato, scusate. E comunque grazie per l’ossigeno.

  30. Topolino e Paperino, Tom e Jerry, Joghi e Bubu, i Puffi, Calimero, l’Ape Maia, persino HEIDI…un tempo non esistevano i cartoni per maschi e femmine, mentre oggi non me ne viene in mente quasi nessuno che sia “unisex” (i Pokémon?) E questa cosa, che giuro noto solo addesso, mi pare abbastanza impressionante…

  31. @ helena:
    sei sicura che i cartoon disney fossero “neutri”? li guardavamo senza porci troppe domande (e qui sta il problema) ma mi pare che abbiano veicolato in maniera molto chiara gli stereotipi di cui abbiamo discusso finora.
    @ claudio: partire dal corpo e dalle differenti possibilità che questo oggettivamente impone.
    Non so se ha senso un discorso generalista su questo argomento. Ci sono donne forti e uomini deboli. Piuttosto mi vengono in mente riflessioni sulla “mascolinizzazione” del corpo femminile attraverso la frequentazione delle palestre e la pratica di attività sportive ”hard”.
    Penso che sia un segno della distorsione con cui si è intesa l’emancipazione femminile, nel senso che se da un lato si sono potuti acquisire spazi un tempo vietati (e questo va bene), d’altronde si cerca sempre di più di assomigliare ad un modello estetico maschile per affermare la capacità di competere col maschio “anche in quel campo”. Non credo sia la strada giusta infatti credo che il fitness dovrebbe essere motivato innanzi tutto dal benessere psicofisico personale.
    Saluti, paola

  32. @Paola: i cartoni Disney non erano neutri, è vero, ma negli ultimi dieci anni si sono dichiaratamente ancor più differenziati. Non parlo solo di film o serie animate, ma anche di riviste e prodotti collegati, in questo Helena ha ragione (e, sì, i Pokémon effettivamente costituiscono un’eccezione, peraltro rapidamente dimenticata).
    @Claudio. Ragionare sulla libertà del corpo maschile e femminile è fondamentale: per tutto il decennio degli anni Novanta, in effetti, si sono portati avanti discorsi importanti in proposito (chi ricorda la mai esaurita discussione sul rapporto corpo-macchina, per dirne una?). Peccato che negli ultimi tempi quei discorsi si siano dissolti come neve al sole.
    Però: quando ho citato, per esempio, le fan fiction yaoi, ho pensato proprio alla capacità di giocare con i ruoli, e di confonderli, che hanno le giovanissime autrici. Mi sembra un buon segnale, quanto meno.

  33. La fan fiction spesso sviluppa proprio quelle innovative potenzialità narrative a cui accennavo, che magari certe serie si limitano solo a suggerire.

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