IL CALCIO SECONDO WIM WENDERS

Quasi sette anni fa, ho conservato un articolo. Era
apparso su Repubblica a firma di Wim Wenders, e parlava di calcio. Mi
sembra il momento di riproporlo.

C’ è stato un momento della mia vita, durante l’
adolescenza, in cui rimasi affascinato dall’ arte e dalla scienza della
grafologia, che consente di comprendere il carattere di qualcuno attraverso la
sua scrittura. Sensazionale! Lessi tutti i libri che potei trovare sull’
argomento. In modo maniacale, analizzai la scrittura di ogni persona. Non
riuscirono a farla franca nessuno dei miei amici e nessun membro della mia
famiglia. Li lessi come libri aperti. Almeno, era quello che pensavo.
Ovviamente, fu una mania di un momento, poi dimenticai tutto.

In un’ epoca successiva della mia vita, mi divertii all’
idea di osservare le persone che ballavano e di interpretare il loro carattere
e il loro modo di essere attraverso i movimenti che facevano. Questa non era
una scienza riconosciuta, ma molto più divertente. E più precisa, nel mio
libro. Pensavo che le persone riuscivano a rivelare se stesse con la danza più
che in qualsiasi altro modo. Potete vedere tutta la loro biografia proprio
davanti a voi, le loro vite e le loro storie che danzano! Non parlo di danze
mondane, come il valzer o il tango, ma della danza tutta personale, in una
festa o in discoteca, come in forma libera. Apprezzo ancora moltissimo questo
approccio del tutto empirico alla psicologia. Suppongo di averlo considerato
abbastanza buono, quasi una scienza.

Il mio nuovo interesse è il calcio. Sono un fan
appassionato di calcio fin dall’ infanzia, ma non l’ ho mai considerato
qualcosa di diverso da una grande competizione sportiva. è soltanto ora che ho
preso a studiarlo come strumento per attingere un’ introspezione psicologica
parascientifica. Non serve tanto a riconoscere le persone, quanto a decifrare i
caratteri e gli atteggiamenti nazionali. Sono abbastanza convinto della mia
nuova teoria. Guardate ogni squadra del campionato europeo da poco concluso, il
loro sistema, la loro struttura, il loro comportamento dentro e fuori dal
campo, e apprenderete molte cose su quel Paese, quel popolo e la loro
mentalità. Credo di aver affrontato questo argomento con la mente aperta e scevra
da qualsiasi tipo di pregiudizio o di preconcetto. Anche voi dovete mettere da
parte tutte le vostre idee e guardare il gioco soltanto come fenomeno, per così
dire. Senza porvi assolutamente a giudici. Immaginate addirittura di non sapere
chi sta giocando (questo risulta particolarmente difficile se la squadra sul
campo è la vostra e la posta è alta).

La cosa mi è riuscita meglio guardando le partite in
differita su Eurosport il giorno successivo, quando conoscevo già i risultati.
Senza più tensione, senza altro interesse che il gioco stesso, sono stato
colpito dall’ idea che si possano osservare le squadre dalla stessa prospettiva
delle persone che ballano. è stata una vera rivelazione. è stato quasi come
trascorrere del tempo in ciascun Paese, mangiarne il cibo, ascoltarne la lingua
e vedere le cose da vedere. Mi asterrò dall’ analizzare qualsiasi altro Paese
ad eccezione del mio. Potrei farlo, ma dovrei tenere per me tutte queste nuove
conoscenze. Non che abbia da dire qualcosa di male su qualcuno, al contrario.
Ho apprezzato i turchi più che mai, ho provato timore reverenziale nei
confronti degli olandesi, sono rimasto sbalordito dai portoghesi, deliziato dai
danesi e impressionato dagli sloveni. Gli italiani hanno confermato tutte le
loro virtù, i francesi hanno alla fine dato il meglio di se stessi, eccetera.
Ma che cosa non andava con i tedeschi? (O gli inglesi, per quanto mi riguarda).
Perché erano così allo sbando? Guardare le partite della Germania è stato come
guardare in profondità nell’ animo del mio Paese, in questo particolare momento
della storia, a ben dieci anni dalla riunificazione. Ha voluto dire guardare
una nazione molto confusa. In effetti, la parola "nazione" è già
impropria. è stato più un guardare una non-nazione. Non si è mai avuta la
sensazione che questi giocatori "rappresentassero" qualcosa di simile
a "una nazione", neppure per un momento sembravano considerarsi una
"squadra nazionale". Soltanto una cosa: essi non erano colpevoli. L’
assenza di quel concetto non era colpa loro. In che modo potete descrivere
"le virtù della Germania", se l’ intero Paese nutre dei dubbi su
quali esse potrebbero essere. L’ amara verità è: entrambi questi elementi -sia
"Germania", sia "virtù" – sono a disposizione di tutti.

Questi poveri giocatori corrono in tondo come chiunque
altro nel mio Paese, cercando di venire a patti con il significato di tutto
questo. Non è possibile definire qualcosa se non si sa che cos’ è. Se giocate
per la squadra di una città, sapete quello che state facendo. Siete pagati per
questo. Potete passare a un altro club la stagione successiva. Avete un
contratto. Mentre se giocate per un Paese, non potete cambiare. Oltre tutto non
siete neanche pagati molto. è un onore! Perché? Vedete, se vi ponete questa
domanda, siete già in grossi guai. Ed esattamente in quello stato di
intollerabile agitazione dei giocatori tedeschi che ho visto correre in tondo
sul campo, come polli senza testa. Non avevano nessun obiettivo. Giocare per la
Germania era ovvio, ma non era un obiettivo. E ribadisco: non era esattamente
colpa loro. Per tradizione, il calcio tedesco non è costruito sull’
immaginazione e sulla bravura, ma su quelle virtù così "tedesche" di
forza fisica, forza di volontà e disciplina. Ma non si possono enfatizzare
queste virtù, se il loro comune denominatore, la parolina "tedesche"
che le precede, non è al suo posto, è qualcosa che non funziona.

Si inizia con l’ inno nazionale. Amo guardare le squadre
in piedi sul campo che cantano l’ inno. Questa non è una sciocchezza, fa
veramente parte di un campionato! In quel momento si può già sentire lo spirito
di una squadra, si può vedere perché stanno lì in piedi. Bene, nessuno sembra
più annoiato dei tedeschi durante l’ inno nazionale. D’ altra parte non li si
può biasimare. Non esiste un altro inno così disorientante. Non vi verrebbe
neanche in mente di cantarlo! Forse soltanto la terza strofa (sempre,
ovviamente, che ne conosciate le parole)! La famosa prima strofa,
"Deutschland, Deutschland, uber alles", è stata screditata fin
troppo. Nell’ ottica della storia, ovviamente, questo è corretto. Esistono
buoni motivi per non cantare quelle strofe.

Ma: esiste un buon motivo per cantare la terza, se essa
non è nient’ altro che un rimpiazzo, una scusa, una "foglia di fico",
almeno a livello inconscio? E quello stesso inno non è un richiamo ad altre
"virtù", considerate una volta anche "tedesche"? Vedete,
"la rappresentazione delle virtù tedesche" comincia per questi
giocatori con una nota dolorosa fin dall’ inizio. Mentalmente stanno giocando
una battaglia persa. Anche se la "nazionalità" è un argomento
importante -e lo è per molte altre squadre- e anche se molti altri giocatori di
altre nazioni badano poco ai loro inni o al significato delle parole che stanno
cantando, i tedeschi sono particolarmente disincantati. Certo, la famosa terza
strofa è circolata per molti anni. Ma quando il Paese si è riunito e si è
ricongiunto, non è stato stabilito un senso di quello che significa
"Germania", e non si è neppure ricercato, né esaminato questo senso.
La Germania dell’ Est ha perso il suo inno (imposto), il sostituto della
Germania dell’ Ovest è diventato il sostituto per tutti i tedeschi, e quindi
con meno senso di prima, quando non cantare le prime strofe era legato al fatto
che il Paese era diviso.

Non mi
fraintendete. Non sto lagnandomi per la mancanza di nazionalismo in Germania.
Sto esprimendo la mancanza di un "senso di appartenenza". Se
appartenete a un club, potete giocare del grande calcio. Se appartenete a una
nazione o a un giovane Paese, anche. Ma se non appartenete a qualcosa che
potete definire e che rappresenta un valore, che cosa fate? Non segnate, questo
è quello che fate. I tedeschi hanno segnato soltanto un gol nell’ Euro 2000! Un
solo goal! Ed è stato un tiro dalla distanza, di Mehmet Scholl. Questo
giocatore mi piace molto. Il suo primo nome è turco? Ma non è questo il punto.
Il punto è che sembrava l’ unico giocatore ad essere, almeno per un momento,
ispirato. Il calcio è tutto basato sull’ ispirazione. La squadra tedesca era
completamente priva di ispirazione. Non potevano trarre questa ispirazione dal
fatto che rappresentavano la Germania né da qualsiasi altra cosa. Per
cominciare, il pubblico e la stampa tedeschi non si aspettavano niente. Questo,
secondo me, è il punto cruciale. Erano tutti vittime della stessa mancanza di
fiducia. Che motivo c’ è di lottare se la gente a casa non ti dà neanche una
possibilità? Questa assenza di "spirito" è la definizione più acuta
dell’ attuale modo di pensare in Germania. E questa è la danza che ho visto.
Una danza tristemente priva di spirito. Quegli 11 giocatori in campo danzavano
l’ inventario della Germania. Aver messo a segno un solo gol e aver conquistato
un solo desolante punto ha fiaccato il morale della squadra tedesca ancor più
che una sconfitta contro il nemico giurato, vale a dire, in termini calcistici,
l’ Inghilterra. Va detto che i tedeschi hanno vinto così frequentemente contro
gli inglesi per almeno trent’ anni, anche non essendo sempre la compagine
migliore, ma piuttosto la più fortunata, che sarebbe andato bene per loro,
spero, di aver perso l’ unica volta che avevano giocato meglio dei loro
avversari. Perciò, ho dovuto riconoscere, seppure a malincuore, che quella
sconfitta sarebbe probabilmente stata la cosa migliore che avrebbe potuto
succedere in questo momento al calcio tedesco. E all’ anima tedesca. Non si può
giocare un buon calcio senza uno scopo. Se giocare nella nazionale non è più
una motivazione sufficiente, il calcio può riuscire dove non sono riusciti le
attività politiche e i politici dopo la guerra e la riunificazione: i tedeschi
devono affrontare la realtà che è necessaria una nuova definizione di Germania.
Essi hanno tentato di evitare accanitamente questo problema, hanno cercato
affannosamente di rivalutare la scarsa immagine che hanno di sé. Ora non hanno
scelta. Dovranno definire nuovamente le "virtù tedesche". Per giocare
ancora un buon calcio. E per cantare meglio.

7 pensieri su “IL CALCIO SECONDO WIM WENDERS

  1. Riuscire a parlare dell’identità tedesca nel 2000 attraverso una partita di calcio è suggestivo. È quello che mi affascinava di alcuni grandi mestieranti del passato (Brera, Ghirelli): parlando di calcio, a volte lo facevano diventare un’allegoria.
    Però non basta la mano felice, ci vuole anche la contingenza. L’Italia del 2006 non si rispecchia nella sua nazionale. O meglio, la nazionale ne era il suo rovescio: spirito di gruppo, meticolosa preparazione dei calci piazzati, pianificazione dei cambi precisa come un orologio (per due volte al 120mo minuto c’erano 6 rigoristi in campo), zero protagonismi. Un po’ come guardare non il mondo esistente, ma un mondo possibile, o desiderabile: qualcosa di simile al rapporto fra le soap e il pubblico femminile.
    Nell’auspicabile sospensione di ogni attività calcistica per un anno (e di un più lungo bando delle dirette dalle televisione), una qualche televisione potrebbe provare a costruire un programma che, ritrasmettendo alcuni grandi classici del passato (che so, Italia-Germania 4-3, le finali delle italiane in Coppa Campioni, la prima vittoria in Inghilterra della nazionale, ecc.) provi a descrivere il paese com’era in rapporto al paese com’è. In studio ci vorrebbe gente seria, chessò, Sergio Zavoli, Gianni Mura, gente così.
    (tranquilli, non succederà niente del genere)

  2. Ho l’impressione che Wenders abbia soltanto trasposto sul calcio la ricorrente, ansiogena ricerca del “typisch deutsch” (questa sì, tipica di tutti i tedeschi).

  3. Oramai è da tempo immemore che si è scaricato l’accendimo….. Per questo le persone si accendono sempre più spesso, il calcio sta al denaro, come la guerra sta al petrolio. Da quando la poesia ha cessato di esistere anche nelle camere d’aria dei palloni, il calcio non è più lo stesso, la violenza nel calcio è la violenza della società, oramai è la vita che si è violentata nel calcio. Il denaro ha sfuso la passione, creando la dicotomia odio e amore, si è creata una passione fisica per il calcio, quindi i primi ad essere vittime del doping non sono i calciatori ma i tifosi. Non si può cucinare uno spettacolo calcistico se i cuochi sono incapaci e la cucina è sporca, non bastano 22 buoni ingredienti da mettere in tavola, ops in campo. Personalmente non ho ricette, temo, come al solito che tutta questa storia verrà buttata in politica, un’enorme padella che rende la cucina italiana famosa nel mondo….

  4. Amo i film di Wenders, così come ho trovato molto interessanti ed esaurienti parecchi suoi articoli pubblicati in Italia, ma in questo ho l’impressione che invece di capire qualcosa dei paesi tramite le loro squadre di calcio abbia cercato di proiettare in tali squadre le impressioni che già aveva.

  5. cara
    eccomi chi non muore si rivede. mi piace cio’ che hai scritto sul calcio. io vedo le cose da quassu ovattate da metri di neve. non riesco bene a farmi un’idea mia, se non che fa male al cuore veder certe violenze

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