So di arrivare buona ultima sulla lettera che la deputata Pd Alessandra Moretti ha inviato al direttore del Corriere della Sera a proposito dell’hate speech in rete. So anche che in molte e molti le hanno fatto notare le inesattezze contenute nella medesima: prima fra tutte, quella sull’anonimato, dal momento che basta frequentare un poco i social per rendersi conto che odiatori (e odiatrici, che sono in numero notevolissimo, e questo non va taciuto) si firmano con nome e cognome e aggiungono anche una bella fotografia sullo sfondo di un prato fiorito o di una languida spiaggia nel proprio profilo. E anche coloro che fanno uso di un nickname sono, per lo più, facilmente individuabili.
Exit “anonimato”, Enter “la rete è sessista”.
Certo, indubbiamente, come una bella fetta della società, come scritto una tale infinità di volte da dare la nausea. Però, come si è aggiunto con la stessa, sfinente, frequenza, la rete rilancia e amplifica, la rete induce all’effetto “odio dunque brillo per arguzia dunque conquisto tre secondi di nanofama” (con grande soddisfazione delle stesse signore del web citate da Moretti: “dalla top manager Susan Wojcicki alla guida di Youtube a Sheryl Sandberg numero uno di Facebook, da Marissa Mayer per Google fino a Carol Bratz per Yahoo”, le quali, tanto per esser chiare, sul proliferare delle risse on line guadagnano un bel po’ di soldi).
Ma la responsabilità della mutazione del linguaggio è politica, e riguarda tutti gli attuali schieramenti, non il solo Movimento 5 Stelle e neppure la sola Lega dei nodi scorsoi e delle mortadelle. Riguarda uno scivolamento della politica verso la pancia e l’ammiccamento che viene da lontano, dai risotti cucinati in televisione alle moine verso gli imitatori del Bagaglino: in nessun modo, sempre per esser chiare, si trattava di rendere “fruibile” il linguaggio alto e spesso criptico e certamente, in quanto tale, elitario e chiuso, della vecchia Prima Repubblica, ma di adeguarlo a quanto era già avvenuto in lustri durante i quali i campanacci della Corrida suonavano e i Gabibbi si facevano maestri di vita e pensiero. Se l’hate speech fosse solo questione di un manipolo osceno che azzanna le donne sul web, come spiegare quel che è sotto gli occhi di tutti i navigatori in questi giorni, durante una campagna elettorale per le regionali in Sardegna dove il linguaggio e la metodologia usate da sinistra e destra, o per meglio dire da Pd e Pdl, non sono certamente scevre dall’hate di cui Moretti parla?
Moretti scrive che occorre “replicare agli insulti”. Credo che, invece, occorra portare parole diverse dall’insulto dentro la rete: parole che in molta parte ci sono già ma che, come è nell’ordine delle cose, fanno meno notizia. Credo che, invece, occorra chiedere alla stampa piccola e grande di non confezionare i propri articoli scorrendo twitter e facebook, o, se proprio deve farlo, di non deliziarsi davanti all’odore di sangue coltivando l’idea perversa che il sangue faccia audience, e generi traffico.
Certo che il sessismo c’è e certo che le donne vengono insultate in modo inqualificabile e quasi sempre sulla persona e non sulle idee. Ma non si cambia, questo stato delle cose, con una legge (men che mai con una legge securitaria come il famigerato decreto sul femminicidio). Una maggiore attenzione dei social alle segnalazioni certamente gioverebbe (Facebook è comico, da questo punto di vista: una pagina omofoba plurisegnalata è stata prima rimossa, poi ripristinata, poi rimossa ancora, poi ripristinata ancora) quando risulta evidente che si incita a odio e violenza, sia pur verbale. La possibilità, in casi di stalking e diffamazione, di denunciare esiste (anche se i tempi affinché la denuncia venga presa in considerazione sono quelli che sono). Ma, al solito, occorre cambiare cultura: questo serve alle ragazze (e ai ragazzi) di cui parla Moretti. Che quando, in televisione come su twitter, ascoltano o leggono come si comportano gli adulti che vorrebbero educarli, si sentono semmai giustificati. Ammesso che le ragazze e i ragazzi siano peggiori di noi: cosa di cui non sono affatto convinta. Anzi, sono convinta dell’esatto contrario.
Sono d’accordo e condivido molto volentieri.
http://www.glialtrionline.it/2014/02/10/alessandra-moretti-se-vuole-imbavagliare-il-web-almeno-non-usi-le-donne-come-scusa/
Anonimo, avevo già linkato l’articolo nel post. 🙂 Grazie, comunque.
Io ho fiducia nei giovani, alleno una squadra di calcio di bambine di 8-9 anni, sono nel consiglio di amministrazione di una piccola società fatta solo da studenti, e vedo molta energia positiva.
Leggo però anche di questo
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2014/02/11/news/cittadella-la-ragazza-di-14-anni-spinta-a-uccidersi-dagli-insulti-su-ask-fm-1.8646502?ref=HREC1-3
e dei fatti di Bollate (la ragazza che prende a pugni e calci (anche in testa!) una sua coetanea senza che nessuno intervenga).
Sul mio blog i commenti di troll e qualche hater arrivano a intervalli regolari. Da entrambi i sessi.
Come genitore dico che probabilmente in primis la colpa è nostra, ma che molto spesso il mondo circostante non aiuta: condivido pienamente il commento di Loredana su una certa stampa e rete che alimenta il morboso per creare pubblico (traffico = ritorno economico sui banner ecc.), penso inoltre ai talk-show urlati (penso a un certo critico d’arte, a un filosofo o a una pitonessa) e alle escandescenze da ultras che si vedono anche in parlamento. Oramai siamo quasi assuefatti e diamo quasi per naturali questi comportamenti. Io come genitore mi prendo le mie responsabilità e ci metto il mio impegno. Gradirei che politica e media facessero lastessa cosa.
@ Fefo (Stefano)
io sul fronte gioventù sarei meno preoccupato. Non ho figli, ma che da piccoli siamo più aggressivi è normale. Quindi farei una distinzione tra una cultura sessista eccetera e l’infanzia-adolescenza guerresca. C’è un libro molto bello di Jared Diamond, Il mondo fino a ieri, nel quale vengono descritti vari modi di crescere i figli nelle società tradizionali e in quelle occidentali. Ci sono molti spunti interessanti. Madri che lasciano tranquillamente i propri figli di pochi anni giocare con i coltelli e genitori che si lasciano insultare senza battere ciglio. Poi si cresce.
Boris-Faccina (o altro). Il punto però non era questo, perdonami.
d’accordo, mi sono agganciato a un piccolo passaggio sul senso di colpa che prova un genitore.
Vado volontariamente fuori tema per denunciare il senso di smarrimento occorsomi durante la lettura di un`intervista a Renzi pubblicata sulla nuova sardegna di sabato in cui lo stesso dichiara:”il centrodestra e` stato un fallimento:favoritismi,sprechi,promesse non mantenute”.E allora forse ho pensato che e` vero che si e` perso il senso delle cose,e che provano a darci da bere di tutto come fossimo gli idioti che forse siamo quando mettiamo in scena o applaudiamo a bambinate compiute fuori tempo massimo