ANCORA UNA RISPOSTA A THANOPULOS

Sono state moltissime le reazioni all’articolo di Sarantis Thanopulos sul Manifesto di qualche giorno fa.  Cito, in ordine sparso, almeno quella di Zauberei e quella di Nadia Somma. Mi arriva, e pubblico volentieri, anche quella di Marina De Carneri, che fa lo stesso lavoro di Thanopulos. Eccola.
Come è noto la funzione della psicanalisi è quella di aiutare le persone ad analizzare il loro inconscio per aiutarle a liberarsi dai loro sintomi. Tuttavia, bisogna ricordarsi che la teoria psicanalitica è stata elaborata ed è esercitata prevalentemente da uomini che parlano dal punto di vista del loro sesso e che quindi il soggetto della psicanalisi è un soggetto maschile e il desiderio scoperto e analizzato dalla teoria psicanalitica è il desiderio maschile che viene mascherato da desiderio universale. Lo scritto pubblicato da Sarantis Thanopulos il 31 agosto sul Manifesto ci mostra chiaramente proprio questo.
Thanopulos appartiene alla Società Psicoanalitica Italiana, ramo nazionale della Associazione Psicanalitica Internazionale e che quindi ha in un certo senso la responsabilità di rappresentare nei suoi scritti le idee prevalenti nella comunità psicanalitica. Di fronte alle notizie di donne uccise dai loro compagni presenti o passati che ci arrivano giorno dopo giorno con inquietante regolarità, Thanopulos ha decretato, forte della sua conoscenza psicanalitica, che non si tratta di violenza di genere, cioè della violenza degli uomini sulle donne, ma che invece “la vittima predestinata è la sessualità”. A suo avviso, definire l’aggressività degli uomini sulle donne come “violenza di genere”, oltre a essere il sintomo della “pigrizia con cui ci si difende dalla complessità della vita” sarebbe anche un “sostegno involontario al meccanismo che produce l’aggressione”.
A quanto pare, il fatto che il fenomeno della violenza di genere sia in crescita e che a subirla e a morirne siano donne in carne e ossa può passare in secondo piano perché lo psicanalista esclude a priori che esista un odio di genere degli uomini nei confronti delle donne, mentre è generalmente ammesso che esista un odio razziale dei bianchi verso i non bianchi. Secondo Thanopulos è semplicemente inconcepibile che esista un odio di genere perché

L’intero edificio sociale si basa sulla complementarietà dei sessi che incastra tra di loro (nella relazione degli amanti e nel mondo interiore di ciascuno di loro) il concedersi all’altro (e alla vita) e la brama di possesso.

Quindi ammettere l’esistenza della violenza di genere:
significherebbe concepire la donna e l’uomo in modo indipendente dalla loro complementarietà e attribuire all’uomo una violenza nei confronti della donna connaturata al suo modo di essere (e risalente al suo patrimonio genetico).
Ora, l’aggressività sistematica degli uomini contro le donne è ampiamente documentata da pratiche globalmente diffuse quali la prostituzione, l’abuso sessuale, l’uso della pornografia, lo stupro e la sistematica subordinazione sociale, economica e culturale e non ha nessun bisogno di essere dichiarata di origine genetica per esistere. Tuttavia, ci viene detto, è un fenomeno che non può esistere perché i due sessi sono biologicamente complementari. In altre parole, dato che ci vogliono un uomo e una donna per fare un bambino, dobbiamo concludere che i due sessi sono naturalmente portati ad amarsi e un sesso non può odiare l’altro, e tanto peggio se la realtà mostra diversamente.
Per confutare la dura realtà delle cose, bisogna naturalmente re-interpretarla in senso favorevole. Thanopulos ridefinisce la sottomissione femminile al desiderio maschile come che un salutare “concedersi all’altro e alla vita” poiché evidentemente una donna che non volesse “concedersi”, rifiuterebbe la vita stessa. Purtroppo però la “brama di possesso” complicherebbe il desiderio sul lato maschile perché, ci dice Thanopulos, gli uomini aborriscono il “coinvolgimento” che comporta “l’esposizione al desiderio dell’altro” e perché “la passione per l’appropriazione … rischia se non è adeguatamente modulata di distruggere ciò che ha tra le mani”. Eccoci quindi arrivate alla verità del desiderio maschile che lo psicanalista mette tuttavia sotto la protezione della teoria: il desiderio maschile è “naturalmente” animato da un desiderio di appropriazione, cioè di possesso del corpo femminile, che lo porta a distruggere ciò che “ama”. Ciò vuol dire che un uomo desidera possedere, controllare, sottomettere una donna e quando questa sfugge alla sua presa, la picchia o la uccide. Ora, questa è un’ottima definizione della violenza di genere, che tuttavia non esiste, beninteso, perché è la struttura “normale” del desiderio maschile.
Alla luce di questa interpretazione, quel che spesso avviene tra uomini è donne non è violenza, ma la normale dinamica tra i sessi. Si tratterebbe di oscillazioni di un “equilibrio .. vulnerabile perché … il sottile lavoro di contrattazione costante subisce la difficoltà di mediazione tra la necessità di regolamentazione dell’elemento maschile della sessualità, che implica il ricorso a convenzioni e norme, e l’anticonformismo costitutivo dell’elemento femminile”. C’è da non credere alle proprie orecchie: la violenza maschile sulle donne è dovuta alla naturale instabilità dell’equilibrio tra un’eccessiva libertà della sessualità femminile e il desiderio di possesso maschile, il quale deve essere sottoposto a una regolamentazione attraverso il “ricorso a convenzioni e norme” (quali le nobili istituzioni del matrimonio da un lato e il bordello dall’altro, per esempio?).
Davvero era necessaria una formazione psicanalitica per giustificare il vecchio adagio che le donne sono tutte troie e che i maschi sono delle creature sempre sessualmente affamate perennemente in cerca di vittime da possedere?
Freud diede inizio al pensiero psicanalitico quando, posto di fronte alle sofferenze delle sue pazienti cosiddette “isteriche”, cominciò a chiedersi in maniera anche piuttosto angosciata: “che cosa vuole una donna?”. A quanto pare la curiosità per il desiderio dell’altro (che è la cura per il desiderio dell’altro) non fa parte più parte del bagaglio personale di molti nostri psicanalisti. Lo dimostra il fatto che Thanopulos si preoccupa esclusivamente della sofferenza degli uomini:
La violenza nei confronti della donna è sociale e danneggia egualmente uomini e donne come soggetti sessuali. Nella sostanza danneggia più l’uomo che la donna perché l’uomo violento perde l’oggetto del suo desiderio e subisce una deprivazione psichica devastante. Una donna può essere sopraffatta dalla violenza ma restare internamente viva, mentre l’uomo sopraffattore è già morto dentro.
Il maschio omicida è quindi un povero malato che deve essere compatito perché dopo aver lucidamente eliminato l’oggetto del suo desiderio soffrirà di una presunta “deprivazione psichica devastante” (di cui si prenderà cura lo psicanalista?). La donna perseguitata e uccisa, invece, non ha mai avuto bisogno di nulla, perché ridursi a fare l’oggetto passivo del desiderio altrui, significa essere psichicamente sana e “concedersi alla vita”, salvo poi ritrovarsi morta per troppo desiderio, ma con la soddisfazione di essere proclamata un modello di virtù. Del resto, non è così che si fabbricano le Sante? Si capisce allora perché ultimamente fioriscano i centri di aiuto e sostegno per poveri uomini violenti, mentre i centri anti-violenza per donne sono sotto-finanziati e dimenticati.
È il desiderio maschile che conta in un regime patriarcale, solo il desiderio maschile è visibile e visto. Dal punto di vista maschile, la qualità della vita degli oggetti del desiderio—le donne—è irrilevante e comunque facile: è sufficiente essere belle e star zitte, quanto può essere faticoso, in fondo? Nell’immaginario maschile il ruolo dell’oggetto del desiderio è una condizione invidiabile e di intensa gratificazione. Come deve essere bello, si dicono gli uomini, essere desiderati senza desiderare. Non è forse una condizione di grande vantaggio e di enorme potere? È a questo fantasma, non a una presunta identità femminile di origine genetica, ormonale o altro che è da imputare il crescente fenomeno transgender. In un periodo storico in cui alle donne è concessa massima visibilità sociale solo grazie all’uso della sessualità e attraverso l’erotizzazione sistematica del corpo, si diffonde in molti uomini il desiderio invidioso di competere con le donne sullo stesso terreno. Attraverso il desiderio transgender gli uomini inseguono il fantasma di poter ottenere tutti i benefici che le donne sono supposte trarre dal godimento del loro sex appeal, mantenendo allo stesso tempo il vantaggio acquisito con la nascita di un’identificazione con il desiderio maschile.
Ciò dimostra che l’identità sessuale non ha nulla a che fare con la complementarietà “naturale” dei reciproci organi sessuali se non nella misura in cui essa è culturalmente costruita. L’identità sessuale e la differenza sessuale sono costruzioni culturali che servono a fare in modo che i sessi si adattino di buon grado e possibilmente con una misura di godimento alle funzioni sociali a cui sono stati destinati. Un desiderio sessuale che disumanizza il partner trasformandolo in oggetto serve a mantenere la funzione di comando maschile, mentre la passività e docilità sessuale prescritta alle donne serve a mantenere la subordinazione sociale femminile.
Il breve scritto di Thanopulos ci mostra come la teoria psicanalitica gli serva per puntellare l’ordine simbolico costituito. È triste perché la psicanalisi ha avuto inizialmente un ambizione molto più nobile: Freud cercò capire la causa delle sofferenze delle donne che venivano a consultarlo e lo fece teorizzando per la prima volta l’ascolto come strumento terapeutico. Le donne che lo cercavano erano diverse dalle altre perché non riuscivano a sottomettersi, a sopportare e a “mediare” nella relazione con gli uomini. Per questo arrivavano da Freud con ogni tipo di sintomi fisici e comportamentali. Una protesta che non poteva essere messa in parole doveva essere agita con il corpo e messa in scena in modo cifrato. La psicanalisi è nata nel momento in cui Freud capì che quei sintomi non erano il segno di una malattia, ma di una protesta che per via delle proibizioni sociali non poteva essere direttamente e consapevolmente espressa. Così nacque il concetto di inconscio.
Purtroppo questa intuizione autenticamente rivoluzionaria è durata lo spazio di un baleno ed è stata rapidamente fagocitata dall’ortodossia del pensiero patriarcale (psicanalitico e non) fino all’arrivo del femminismo la cui critica della teoria psicanalitica (ma non del metodo psicanalitico) è stata radicale. Mentre nei paesi anglosassoni, molti psicanalisti e soprattutto psicanaliste non prescindono dai contributi della critica femminista, in Italia ciò non è avvenuto. In Italia la parola “femminista” è un insulto e lo psicanalista aspira a porsi come unico interprete e arbitro del desiderio femminile nei modi cha abbiamo appena visto. La cosa è molto grave: far parlare il sintomo significa mettere a nudo le condizioni sociali che l’hanno creato, non significa cercare di dissimularlo raccomandando un giusto equilibrio tra aggressore (uomo) e aggredito (donna). Non significa negare la violenza di genere e dare a intendere a una donna che il suo compagno è da comprendere e da compatire perché sottrarsi al suo controllo gli creerebbe una devastante deprivazione. Con questo tipo di interpretazione, la psicanalisi dimostra ancora una volta di mettersi dalla parte del più forte, si erige come sempre in difesa del desiderio maschile e quindi fallisce il suo compito.

14 pensieri su “ANCORA UNA RISPOSTA A THANOPULOS

  1. Questo post me lo incornicio. Mi ha fatto capire perché la mia terapia con una psicanalista freudiana (scuola Thanopolous) è miseramente e dolorosamente fallita. Quello che vorrei capire è perché ci sono donne, e psicoanaliste, che aderiscono a un ordine simbolico maschilista.

  2. passerò dallo stesso corniciaio.
    grazie per questa giusta replica.
    speriamo la legga anche THANOPULOS.
    credo ne abbia bisogno.
    besos

  3. Sono d’accordo con delle cose di questo intervento. Su alcune sono più radicale, su altre meno. L’autrice è parecchio benevola per esempio con Freud, che qui pare dipinto come un proto femminista quando “l’anatomia è destino” è una sua idea, mica di altri. E non direi che la protesta femminile fosse da lui letta come non patologica. Al contrario, e la critica femminista ha puntellato esattamente questo: la sua alleanza mentale al genere e alla cultura dominante, nonostante il metodo, per il tramite della patologizzazione di scelte esistenziali diverse.
    POi ci sono altre cose su cui penso sia invece saggia una certa cautela. Per me è molto importante non cortocircuitare sessismo e misoginia. La prostituzione ha a che fare con il sessismo, non necessariamente con la misoginia. Molta pornografia anche, e anzi – c’è da più di un decennio un acceso dibattito nel femminismo di marca statunitense sul tema del porno, e mi sembra ingiusto e semplificatorio questo modo di catalogarlo.
    Ma soprattutto non condivido il risentimento all’idea che il maschile che aggredisce la donna possa essere sofferente. Mi fa anzi molto indispettire il fatto che il femminismo italiano – e solo italiano – continui a remare tanto contro gli interventi tentati sul maschile, come questo commento sui gruppi per maschi maltrattanti fa tralucere. No esiste quella patologia eccome, in alcuni casi nei tratti delineati da Thanapulos, in molto altri in tratti diversi. Così come esistono patologie della relazione in cui si incardina una comunicazione erotizzata con la violenza – esiste anche questo.
    Il campo è vasto cioè e complesso. In compenso, sono completamente d’accordo nello strigliare Thanopoulos per un’arcaica alleanza di genere, ingenua nella sua trasparenza, arcaica nelle aggettivazioni e nelle idee, probabilmente rispondente a sue logiche psichiche non proprio delle più salubri. Ma esiste il training apposta, per scrivere almeno in modo professionale. E questo è da radiare.

  4. Ma dai… ha ragione Thanapulos. Infatti io amo mia moglie ed è per questo che quando torno a casa la pesto a sangue. Io non so cosa ha fatto in mia assenza ma lei sì. E comunque dato che anche lei mi ama, mi perdona tutte le volte, per queste mie intemperanze. Perché vuole salvarmi.

  5. Mi sembra giusto far notare al pubblico da casa, come la discussione tra psicologi su thanopolus evidenzi la totale assenza di basi scientifiche della stessa psicoanalisi, un pseudoscienza o pseudo religione che in realtà non salva e non cura nessuno, se non se stessa e i propri ministri di culto. sarà anche un po’ troppo dura detta così, ma la ridicolezza con cui ogni rubrica o parere che si rispetti debba riportare il “parere dello psicologo” degli psicologi, già mi bastano a dimostrare quanto oscura e altezzosa sia la materia ( lo conferma anche l’American Society of Psychology) E come di fatto, la sua indeterminatezza si presti ad asservire la cultura economicamente dominante del momento. Lo scrive anche la De Carneri nell’articolo qui sopra. Di fatto anche le strampalate teorie del gender hanno ed avranno a sostegno le loro legioni di psicologi, magari alcuni verranno prezzolati appositamente dalle multinazionali bioteconologiche, e tutti pronti a dimostrarci dati sperimentali alla mano, che femmine e maschi possono generare separatamente. E che la riproduzione sessuata era solo un imposizione culturale monoteista. Adesso con l’imposizione economica tutti potremo far aver figli purchè muniti di 75.000 dollari.
    Fa riflettere il fatto che anche questa amena teoria presuppone l’asservimento delle donne.delle donne ridotte per contratto a carne da parto.
    ciao,k.

  6. Il cervello disordinato del Thanapulos dovrebbe cominciare con una semplice chiarficazione — la distinzione tra sesso e genere e il loro rapporto … che poi aiuterebbe a distinguere tra violenza sessuale e violenza di genere.

  7. Io sono del partito che “la violenza non ha genere”, ma gli argomenti di Thanopulos non mi convincino. Mi domando, poi, se esista ancora qualcuno – al di fuori della Francia – che ritiene che gli strumenti della psicoanalisi siano ancora utili a capire qualcosa e/o a orientarsi nel mondo.
    Mi risulta poi che la maggioranza di psicoanalisti, psicoterapeuti e counsellor siano donne. Non so a quali dati si riferisca l’autrice dell’articolo riportato nel post, da cui sembra il contrario.

  8. sono d’accordo con zauberei su alcune osservazioni.
    dopo avere letto la risposta di Thanopulos all’Udi del suo commento condivido soprattutto:
    ‘Ma esiste il training apposta, per scrivere almeno in modo professionale. E questo è da radiare’.
    da ignorante qual sono mi perdo in mezzo a tutto sto ‘desiderame’ e mi pongo una domanda:
    come la mettiamo quando il Desiderio è desiderio di violenza?
    questo in generale, non solo nei rapporti tra ‘generi’.
    Bye

  9. Per Manifesto: alcune osservazioni sulla replica di Thanapulos, che non apprezzo affatto.
    1. C’è questo problema nella storia della psicoanalisi, è che è la dilatazione delle parole fino al loro svuotamento, in particolare di quelle parole che hanno avuto in origine e per un certo pensatore una qualità metaforica notevole, se non che la metafora si è troppo estesa e la parola si è perduta: vale per il Narcisismo di kernberg, per l’oggetto transizionale di Winnicott e per il desiderio di Lacan. La parola si estende e copre come una coltre altre importanti metafore e circostanze psichiche. Nel dettaglio: il maschio violento è violento in diverse costellazioni, e dire che è tutta una roba di possesso è una fregnaccia svuotata, siamo buoni tutti. Ci sono uomini che si comportano come proprietari, e altri come figli traditi, altri come invidianti la capacità di generare, altri come aderenti a un sistema emotivo ed etico per cui colpire la donna è un mezzo per obbedire al proprio padree incastrarsi nella vicenda edipica. Ma ci lavora questo qui coi maschi violenti davvero? o in studio ospita solo quelli che se li sognano?
    – E con le donne? Fare una gara di sfiga tra generi è la cosa più deontologicamente scorretta che io possa immaginare, che forse può fare al paio con la gara di intelligenza tra razze. Molte femministe la fanno per ragioni di ordine politico, non esercitano una professione sanitaria è non violano una deontologia, ma clinicamente è una cosa immorale, probabilmente correlata a questioni personale di ordine clinico, e comunque banalmente una fregnaccia sul piano della realtà. Oh se il desiderio delle donne muore, quando sono abusate, oh se capita. Ma forse anche qui il nostro, ha altra esperienza sul campo, perchè a me questa affermazione lascia di stucco.Forse dovrebbe confrontarsi con le colleghe che lavorano nei centri antiviolenza, prima di parlare.
    -Io posso anche considerare il femminicidio come un sintomo, e considerare la narrazione di Thanpulos se non condivisibile – perchè la trovo in effetti non condivisibile, perchè premoderna, piena di arcaismi, stereotipi che la stessa storia della clinica ha da tempo rielaborato – almeno rispettabile. Ma trovo rimarchevole, la mancanza di desolazione, di dolore, di preoccupazione per un fenomeno che ha dentro di se il lemma della morte. Tutto è leggibile come sintomo, ma come tutti i sintomi gravi, si ha il dovere di parlarne con serietà, e con la consapevolezza che lo sguardo del proprio vertice professionale non è l’unico da mettere in campo per comprendere e i fenomeni e intervenire.

  10. Sicuramente sono troppo ignorante per comprendere la profonda verità delle parole di Thanopulos, ma mi sarebbe piaciuto che al posto di questa frase “Se questa percezione si consolidasse nella coscienza collettiva ci porterebbe anche a comprendere che il rispetto dell’altro come oggetto di desiderio (a tutti i livelli delle relazioni sociali) è il valore etico fondamentale (che ci protegge, tra l’altro, dai giudizi puramente morali).” ci fosse qualcosa che dice che gli oggetti di desiderio – leggi donne – sono, che ne so, persone, e che il valore etico fondamentale è in realtà il riconoscimento, nell’altr*, di una persona uguale a noi.

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