ANNA CHE LEGGE KING E DETESTA I BELLICISMI

“La voglia di mandarti un salutino mi è venuta perché ho letto che consigli come lettura utile per imparare  a scrivere tutto Stephen King, e spesso lo faccio anch’io (insieme a Dorothy Parker, Sturgeon, Caroline Heylbrun, Lytton Strachey,  Vonnegut e altri a seconda dell’umore): non ho mai trovato una descrizione più netta e forte di quanto sia tormentoso stendere le lenzuola al freddo  con le dita ghiacciate di quella che lui fa in Dolores Claiborne”.
“…non amo le polemiche personali, ce n’è già troppe. E soprattutto perché mi sembra più utile parlare delle idee e dei comportamenti piuttosto che delle persone e della loro identità. Ragionare in termini di identità equivale a classificare gli individui, che invece sono molte cose diverse nello stesso tempo, e possono cambiare. Classificare i comportamenti, nella loro contradditorietà e imprevedibilità, mi sembra più giusto, perché è un giudizio circoscritto e in qualche modo “provvisorio”, e anche perché non pretende di spiegare tutto, che sarebbe da matti. Ti faccio un esempio che mi sta a cuore. Nell’Italia di questi anni, anziché dire che qualcuno ha vinto o perso, si dice spesso che quel qualcuno è un perdente (o un vincente). E’ uno slittamento orribile dal giudizio sul comportamento al giudizio sull’identità. Nel primo caso infatti si evoca un singolo episodio in un percorso di vita che può trasformarsi; nel secondo si tira in ballo un “tipo umano” immodificabile, direi predestinato – e si riduce il mondo alla contrapposizione bellicista tra forti e deboli, furbi e sprovveduti, capibranco e gregari, che secondo me è razzista ( e, questa sì, davvero berlusconiana). Non so se in altre lingue esista una simile involuzione linguistica e culturale. La mia ambizione maggiore è essere nonviolenta, ma chi dice perdente e vincente mi tira via gli schiaffi dalle mani! Metaforici. Mi dà così fastidio che lo scrivo e lo dico dappertutto fino a scocciare la gente!”
Sì, sono due di alcune mail private. La prima del 2006, la seconda del 2011. Sono di Anna Bravo, che è morta nella notte fra sabato e domenica. Le pubblico solo per farvi capire che al di là di quanto si lascia nei libri, tanti e importanti, al di là delle prese di posizione (sul metoo, per dire) che vengono ricordate per ricordarla, c’era la bellezza, la complessità, la generosità, l’intelligenza. Mi piacerebbe che ci fosse anche questo, nelle parole che verranno usate per lei.

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