Su #ioleggoperché, campagna Aie per la promozione della lettura, sono stati molti i pareri sfavorevoli, o semplicemente i dubbi espressi da persone che a vario titolo sono coinvolte nella lettura: scrittori come Nicola Lagioia (su Facebook una sua nota che prende spunto dall’immagine scelta per la campagna e che rappresenta i gioiosi messaggeri), docenti universitari come Claudio Giunta, attenti osservatori come Mario Fillioley (sul Post), ripreso sul Corriere della Sera di ieri da Paolo Di Stefano.
Tutti snobissimi letterati incapaci di capire quanto sia importante un’iniziativa come quella dell’Aie? Non credo, non solo. Per aggiungere elementi di riflessione, pubblico una lettera di Valentina Rizzi, la libraia per ragazzi che ha ideato il Bibliolibrò e che ha declinato l’invito a partecipare alla campagna. E’ una lettera che fa riflettere: perché il concetto di “appealing” associato alla lettura rischia di essere il più clamoroso boomerang mai concepito.
IoNonLeggoPerchè#
di Valentina Rizzi
L’Associazione Italiana Editori si fa promotrice di un’iniziativa di promozione alla lettura che beneficia di poderosi canali comunicativi: si parla ovviamente di ioleggoperchè.
I 24 titoli scelti per poter essere donati, appartengono solo per la metà a piccoli medi gruppi editoriali. Dietro l’altra metà ci sono i soliti grossi marchi che detengono spesso anche la maggior parte dei canali distributivi.
A mostrare qualche perplessità in merito a questo progetto di rilancio della lettura in Italia, non è solo Claudio Giunta che definisce questa “un’iniziativa promozionale camuffata per crociata della cultura”, ma anche numerosi librai indipendenti, costretti per l’ennesima volta a barcamenarsi nella gestione ed organizzazione di eventi gratuiti che costituiranno solo una perdita di tempo e risorse umane in cambio di una visibilità fittizia.
La prospettiva ormai diffusa della promozione della lettura come “volontariato sociale” cozza fortemente con la necessità di garantire un servizio continuativo e di qualità che possa realmente arricchire la collettività con la conoscenza, l’interazione e la lettura che parte da libri diversi tra loro.
La sostenibilità delle politiche culturali in Italia è strettamente legata all’investimento economico. E se un investimento economico va fatto non è per pagare una manciata di editori che si contano sulla punta delle dita per la stampa di 24 titoli in 240.000 copie che andranno donati a pioggia a chi non legge tramite la gentile intercessione di alcuni messaggeri alati.
Una politica culturale partecipata si rende più che mai necessaria. Non è di libri gratuiti che ha bisogno la gente, ma è di posti, servizi, spazi fruibili, accessibili, aperti e con un’offerta diversificata che fa riferimento ad un patrimonio librario in via d’estinzione. Il monopolio dei canali distributivi, seguito alla fusione dei due colossi distributivi, sta scuotendo dalle fondamenta una filiera già messa a dura prova dalla recente crisi. Milioni di libri in giacenza e fermi dentro depositi ammuffiti, non aspettano altro che l’ennesima invasione di stampe per campagne spot che lasciano il tempo che trovano.
Dal comunicato diramato da fastbook per i suoi clienti (librai) interessati ad aderire a ioleggoperchè#, si evince che i titoli sono stati scelti per la loro “elevata qualità letteraria e forte appealing per il pubblico”.
Il dubbio resta. Cosa è stato fatto per comprendere e conoscere i veri gusti dei non lettori? Ci si potrebbe interrogare ad esempio sull’accessibilità agli spazi deputati alla lettura e sugli investimenti che negli ultimi anni NON sono stati fatti per rendere questi spazi più numerosi ed accoglienti. Ci si potrebbe interrogare su quanto spazi e servizi fatiscenti ed inospitali abbiano inciso nell’allontanare una buona fetta di pubblico dai libri. Oppure su quanto la loro assenza in territori decentrati sia stata nefasta per i suoi abitanti.
E’ un pregiudizio diffuso quello che fa considerare un analfabeta o un ignorante chi non legge. Io credo che in Italia una buona parte di chi non legge ha le sue motivazioni, condivisibili o meno, motivazioni che vanno conosciute e approfondite.
I non lettori non sono zombie, soggetti passivi da riattivare. I non lettori sono persone che non hanno avuto accesso ai libri o se l’hanno avuto è stato a libri inadatti in posti inospitali. Andrebbe garantita l’accessibilità anche a personale qualificato mettendolo in condizioni di poter offrire un repertorio di libri e fonti bibliografiche diversificate. Non tutti i territori italiani sono ad esempio dotati di comunità di disintossicazione olfattiva dalle “puzze” di Geronimo Stilton. Molti sono i bambini che non leggono perché non riescono a leggere altro: i fedayn di Geronimo.
Promozione della lettura è un concetto troppo generico: che tipo di lettura? Tanto per cominciare.
Io non leggo perché non ho scelta. Oppure non leggo perché una volta ho letto un libro noioso e cresco circondato dallo stesso tipo di libri tanto da pensare che un libro sia questo: noia e appiattimento.
Oppure non leggo altro che questo e quindi posso a buon titolo considerarmi un non lettore di tutto il resto. Come capita a chi si assuefà al fango di Peppa o agli strilli di Violetta.
Appassionare una persona alla lettura è una missione che non può prescindere da uno studio approfondito sulle motivazioni del non leggere. I non lettori non sono tutti uguali e quando fastbook recapita una mail nella quale riferisce che tra i criteri di selezione dei 24 titoli al centro della campagna ioleggoperchè# c’è il forte appealing sul pubblico, allora la domanda sorge spontanea. Forte appealing per chi? Ci siamo sforzati di conoscerli questi fantomatici non lettori nelle loro differenze, nelle loro estrazioni sociali, nelle loro esperienze, nei loro diversi back ground?
Vogliamo far cambiare idea ad un non lettore? Questa è una missione che parte dal suo ground zero, dal momento in cui leggere è diventato qualcosa da evitare. Dall’infanzia, dalle politiche educative, dagli investimenti che sinora sono stati fatti per garantire l’accessibilità dei bambini ad un ecosistema diversificato e pluralista dove non siano ratti e maiali a farla da padroni.
Non sarebbe allora più interessante partire da qui, dall’infanzia, andando a ritroso come i gamberi e permettere a coloro a cui non piace leggere di farci conoscere le loro ragioni, di farci conoscere i loro libri MENO preferiti, di farci avvicinare per comprendere?
Siamo davvero sicuri che quell’appealing porporinoso e trendy, disgustoso e stucchevole, sia davvero la ricetta giusta per avvicinare una persona alla lettura? E questa spettacolarizzazione del leggere è poi così efficace nel restituire la dimensione privata del leggere come esperienza intima e personale?
Ma non sarà proprio tutta questa porporina diffusa a rendere noiosa e spiacevole la lettura, ad allontanare la gente dai libri? Non sarà che stiamo aggiungendo altra “porporina” sul fuoco invece di toglierla?
Per promuovere veramente la lettura occorre lungimiranza, investimenti in strutture e spazi fin dall’infanzia, conoscenza dei potenziali lettori come dei non lettori, diversificazione dell’offerta, professionalità e non volontariato coatto. Occorrono politiche partecipate e non verticistiche. Perché rivolgersi solo agli adulti? Dei 24 titoli quanti sono indirizzati all’infanzia?
A mio avviso sarebbe più utile sostituire ioleggoperchè con una controiniziativa assai più interessante volta alla conoscenza dei gusti dei piccoli e grandi non lettori odierni: iononleggoperchè#. “Porta il tuo NON libro preferito e parliamone”.
L’ecosistema librario è diversificato e complesso e nella sua complessità è racchiuso il suo valore. Appiattire la scelta, bypassare il confronto, frantumare il potere d’acquisto e accentrare la comunicazione non sembrano altro che scorciatoie, evasive vie di fuga verso un inevitabile cambiamento rispetto alle politiche culturali, trasformazione che parte anche dalla NOSTRA idea di “appealing” per i non lettori.
Sono completamente d’accordo con Valentina Rizzi.
Avevo già espresso le mie perplessità su questo blog un mesetto fa o giù di lì, soprattutto per il discorso dei messaggeri del libro che avevano un che di misticheggiante che mi turba.
La questione degli spazi è fondamentale, soprattutto per i bambini. Chi sono i lettori tra i bambini? Quelli che hanno a disposizione lo spazio della lettura, il che vuol dire non solo avere libri a portata di mano (a casa, a scuola, in biblioteca, in libreria), ma avere anche un posto protetto in cui leggere. E per protetto intendo comodo, senza continue distrazioni, riservato a se’ stessi.
E la stessa cosa vale per gli adulti. Leggere è anche fare un patto col libro e dire: io mi dedico solo a questo per un tot di tempo e in cambio avrò una storia da vivere che non è la mia.
ho espresso perplessità sulla possibilità che quei titoli, o meglio molti di quei titoli, possano contagiare la sublime infezione della lettura. In ogni caso va rilevato che nel periodo medio breve non ci sono molti spazi di manovra per operare in profondità(per certe cose ci vuole tempo, pazienza e soprattutto coraggio). E azzardo anche oggi un paragone ardito col problema del femminicidio, che non si risolve certo con il finanziamento di centri antiviolenza et similari, ma sicuramente aiuta
mi correggo: ma sicuramente un po di liquidità aiuta
Sono libraia anche io..pero’noi abbiamo aderito perche’ in certi territori ed in certe situazioni forse una campagna del genere puo’ aiutare…e’ lo stesso principio di Progetto In Vitro e nati per leggere ( che sono rivolti appunto all’infanzia) gli ideatori sono gli stessi…a che servono questi progetti? sara’servito far arrivare a casa dei nuovi nati del 2014 uno zainetto con due libri “donati” dalle solite casi editrici medio grandi a quelle famiglie che, diversamente, non avrebbero mai pensato di donare un libro ad un neonato? sara’ servito organizzare eventi negli studi dei pediatri e fare vedere ai genitori che e’possibile intrattenere un bambino anche con un libro ? e tutto questo con un corso prima di formazione offerto”donato?” da AIE AIB CEPELL ecc. ecc. beh…nel mio territorio credo proprio di si…a me sicuramente .
Servira’ fare un evento con i messaggeri che donano libri? forse…
sono pienamente d’accordo che gli investimenti sulla cultura dovrebbero essere ANCHE altri e sono pienamente d’accordo che il concetto di VOLONTARIATO per la cultura sia sbagliato…ma i cambiamenti hanno bisogno di tempo…e poi , dico sempre, allora a che servono le presentazioni dei libri, i premi letterari ecc ecc. …non so , mi sembra molto piu’ complicato e tutti i progetti e le campagne sono discutibili e non sono mai ideali, la grafica di questa campagna e’ si un po’ ridicola, la parola messaggero pure ecc.ecc. e poi sui libri scelti…non saprei ..e’ una campagna rivolta ai non lettori, ai lettori deboli che se, appunto, #nonleggonoperche’ il libro era noioso, non sanno leggere se non un solo genere , che altri titoli si sarebbero potuti proporre?