BADINTER E IL FATTORE ROUSSEAU

Elisabeth Badinter rilascia un’intervista a Franco Marcoaldi su Repubblica di oggi. Quanto dice sul femminismo neo-naturalista è, a mio parere, una boccata d’aria.
Saggista e filosofa francese, Elisabeth Badinter è una femminista sui generis, quanto mai libera nei giudizi. Spesso e volentieri controcorrente. Ha combattuto le sue battaglie sulla scia delle posizioni di Simone de Beauvoir, ma con altrettanto vigore ha polemizzato con un certo femminismo di matrice americana, sorto negli anni Ottanta del secolo scorso e poi trapiantato in Francia, che abbandonando l´universalismo e la rivendicazione di pari diritti, si è rinserrato in una posizione sessista, separatista e “naturalista”. In cui la diversità femminile si rappresenta nella figura della madre.
Autrice di non meno importanti studi sull´Illuminismo, la Badinter può sicuramente offrirci un “altro sguardo” sulla figura dell´autorità. Mi accoglie nel salotto della sua bellissima casa affacciata sul Jardin de Luxembourg, offrendomi una bottiglietta di Perrier, che con le sue bollicine farà da discreto basso continuo alla nostra conversazione.
«Viviamo ancora nell´onda lunga del Sessantotto, che ha portato un formidabile attacco all´idea di autorità, e di legge. A tutto vantaggio della soddisfazione del desiderio e della pulsione, declinati nelle più diverse forme. Ora siamo alla fine di quella rivoluzione, di cui non sottovaluto affatto i benefici effetti. Abbiamo aperto porte e finestre ed è andata bene così. Tra parentesi, mi sono via via convinta che questo attacco frontale all´autoritarismo sia tra le cause dell´allungamento medio della vita. Assieme, è ovvio, agli enormi progressi in ambito medico, scientifico, igienico, alimentare. Lo penso perché ha determinato una sorta di liberazione psicologica: tanto per le donne, che non dovevano più attenersi ai modelli tradizionali di femminilità, quanto per i maschi, che non dovevano più conformarsi ai vecchi modelli di virilità. Per contro, è altrettanto evidente che questo progressivo trionfo del desiderio, ha raggiunto ormai una soglia molto pericolosa. È arrivato il momento di porre dei limiti, di tornare al rispetto della legge. Siamo davvero ai bordi della barbarie».
Ma il rispetto della legge non si ottiene proprio quando si riconosce l´autorità?
«E qui cominciano i guai. Vede, i nostri genitori esercitavano un´autorità, come dire, “naturale”; la loro parola non era messa in discussione. Poi è successo quel che successo, con il ´68 per l´appunto. E i genitori si sono trovati disarmati di fronte ai loro figli. I padri e le madri si sono trasformati in fratelli e sorelle. Di più. Identificandosi con i figli, non hanno avuto più cuore di punirli, perché è come se punissero se stessi. E in tutto questo ha giocato un ruolo quanto mai negativo una certa pedagogia e una certa volgarizzazione della psicoanalisi, che hanno insistito talmente tanto sui traumi infantili e sui rischi nevrotici della frustrazione, da rendere ripugnante l´idea della punizione e della sanzione. Sia in ambito familiare che in ambito scolastico. Il risultato è che molti bambini e adolescenti di oggi sono diventati dei piccoli selvaggi».
Lei come definirebbe la figura dell´autorità?
«Le posso parlare dalla mia esperienza personale. Ho insegnato per trentotto anni. E so che un buon docente deve avere personalità, un briciolo di carisma, ma anche polso. Perché c´è un momento in cui la discussione cessa e le cose vanno fatte: punto e basta. Dunque, potremmo anche provare a definire l´autorità in negativo, quando viene a mancare. Perché se non ci si sottomette più di buon grado alla norma, prima o poi si arriva necessariamente a forme di costrizione. E si affaccia il rischio della violenza autoritaria. Questo è il passaggio stretto che stiamo attraversando».
Il punto di vista femminile, in quanto tale, ci può aiutare a ridefinire un nuovo modello di autorità?
«Sin qui no, perché i modelli culturali femminili sono stati improntati al sentimento, alla fusione, alla vicinanza. Mentre le caratteristiche proprie dell´autorità sono la distanza e il ritegno».
E il femminismo, in tal senso, che ruolo ha giocato?
«Ha sempre attaccato l´autorità, come emblema della dominazione maschile. Non senza buone ragioni storiche, naturalmente. Poi le cose si sono ulteriormente complicate con il neo-femminismo americano di marca naturalista, che mette la donna a fianco del bambino e contro il padre. La donna, in questa accezione, viene presentata come una vittima, disarmata al pari di un infante di fronte alla violenza maschile».
Lei è molto dura contro queste posizioni teoriche.
«Lo sono perché mi sembrano reazionarie e oggettivamente regressive, tutte tese a cancellare le battaglie universaliste di un tempo. Se la donna diventa uguale all´uomo, sostengono le esponenti di questa tendenza, si tradisce la femminilità. E invece è proprio dall´esaltazione della femminilità, dalla sua costitutiva differenza, che bisogna partire. Da qui la nuova centralità attribuita alla figura della madre, perché è la capacità di procreare che conferisce alla donna la sua generosità e superiorità morale. Si ripropone così una separatezza naturale che da un lato vede un uomo immancabilmente aggressivo, violento, sopraffattore, e dall´altro una donna sempre fragile, attenta, accogliente. Ma la generalizzazione in due blocchi contrapposti, gli uomini e le donne, non porta da nessuna parte. Riconduce nella trappola dell´essenzialismo e non risponde a verità».
E in Francia, questo nuovo femminismo, ha finito per prevalere?
«Non è facile rispondere. Sicuramente ha conquistato molte posizioni. Siamo nel pieno di una gravissima crisi economica e tanto per cambiare le donne sono le prime a pagare, con l´estromissione dal mondo del lavoro. Ma come reagiscono tante giovani di fronte a tutto questo? Legando il loro destino al mito dell´istinto materno. Quasi che la loro partita si giochi unicamente su quel terreno».
Se ho ben capito, il paradosso di questo neofemminismo è che, per quanto mosso da intenti radicali, finisce per ricondurre le donne negli antichi ghetti.
«Proprio così. Non so quante di queste femministe ne siano consapevoli, ma ripropongono tal quale il modello di Rousseau. Fino alla pubblicazione dell´Émile, le donne francesi erano molto libere riguardo alla maternità. Anche in provincia, o nelle classi sociali più umili. Poi arriva Rousseau e afferma che bisogna tornare alla natura, perché lì sta la saggezza. E la gloria della donna dove si manifesta? Nella maternità, naturalmente. L´adesione femminile a quel modello si fa immediata, impressionante. Con il bel risultato che gli uomini della Rivoluzione francese penseranno bene di recludere in casa le donne. A vivere la loro gloria, solo e soltanto in quanto mamme».
A ben vedere, questo neo-naturalismo è un modo ulteriore di eludere la questione dell´autorità.
«Certo che sì. Perché privilegia la legge della natura rispetto a quelle della politica e della cultura. Diventa una sorta di religione, e partorisce una rappresentazione della donna che rischia di portarci molto indietro».
Si potrebbe obiettare che proprio l´estraneità ultrasecolare delle donne dai luoghi di potere, le investa di una capacità diversa e migliore di esercitarlo. E analogo discorso si potrebbe fare a proposito dell´autorità.
«Sa perché non ho mai creduto alla logica delle quote? Perché le donne che ho visto all´opera nei luoghi di potere sono esattamente come gli uomini. Per una semplicissima ragione: il potere non ha sesso. Così come non ha sesso l´autorità, sulla cui figura vorrei spendere un´ultima parola. Forse oggi è tanto più difficile individuarla, perché l´autorità ha bisogno di segreto e distanza. E oggi sono scomparsi sia l´uno che l´altra. Senza contare che una persona autorevole, per essere tale, deve essere capace di dire no. Ma quanto è diventato difficile pronunciare quella paroletta, in un mondo come il nostro, letteralmente ossessionato dal consenso».

45 pensieri su “BADINTER E IL FATTORE ROUSSEAU

  1. O2 🙂
    Colgo l’occasione per ringraziare padrona di casa e commentarium per le dritte su Badinter. Mi sono procurata “Le conflit : la femme et la mère” e ne sono davvero entusiasta (unica cosa discutibile, il titolo italiano. “Mamme cattivissime?” e’ orrendo e non centra per nulla il punto, secondo me)

  2. “Perché c´è un momento in cui la discussione cessa e le cose vanno fatte: punto e basta”… “Perché le donne che ho visto all´opera nei luoghi di potere sono esattamente come gli uomini. Per una semplicissima ragione: il potere non ha sesso”.
    Rinchiudete costei, oppure mettela al posto di Dio.

  3. Nessuna delle due ipotesi, Enrico. E’ una donna molto lucida: ma soprattutto è una donna a cui interessa comunicare qualcosa con il proprio pensiero, e non usare il medesimo per una briciola di potere in più.

  4. Recentemente il New Yorker ha dedicato un bel ritratto a Elisabeth Badinter (purtroppo disponibile integralmente solo per i sottoscrittori).
    Interessante la parte in cui motiva la sua decisione di non recarsi più negli USA. Innanzitutto perché non si può fumare, e poi per la gelida accoglienza che ebbe una sua conferenza a Pinceton.
    Di quella conferenza, poi, viene riportato il ricordo di chi fu presente:

    Badinter was saying all sorts of banal thing about how the French were sexier than Americans, better at sex, how American women washed too much, how they were embarrassed by bodily odors, by oral sex. We asked hostile questions, like, “How can you say these things off the top of your head?” That it was traumatic for her is very odd. We were simply distressed by her talk.

    Ecco, la B. dice cose interessanti, ma la reazione più immediata che suscita alla fine è sempre quella “How can you say these things off the top of your head?”. Senz’ altro nei suoi libri statistiche e numeri non mancheranno visto che le sue affermazioni (per esempio sul “mito dell’ istinto materno”) non sono filosofia ma roba che ha senso passare a un vaglio empirico. ma si capisce, chi si è scottato con le lacunose ricostruzioni storiche di un Foucauld e altri iperventilanti filosofi post-strutturalisti, con i francesi preferisce ci va coi piedi di piombo.

  5. Confido nel dibattito. Per quanto mi riguarda Santa subito -) E qui, in questo paese, in questa contingenza storica abbiamo un grande bisogno di ricordare come le differenze di genere non siano, di necessità, portatrici di istanze migliori. Detto in altri termine, le donne non sono per forza migliori e, se non lo sono, non è perché hanno introiettato un modello maschile di potere. Sul materno poi propongo di stampare l’intervista e distribuirla in giro come antidoto a tutto lo zucchero che ci cade addosso.
    Grazie Lippa

  6. La cosa divertente (insomma, diciamo così) è che nell’intervista Badinter ripete quel che ha scritto in Le conflit (anche io preferisco il titolo francese) e ne La strada degli errori 🙂 Insomma, sono gli stessi concetti che ha sempre espresso. Il problema è che molto spesso di parla di lei senza averla letta: e invece i suoi libri andrebbero davvero diffusi a pioggia. Purtroppo, le vengono preferiti manuali e manualetti su come si fa la mamma.

  7. È interessantissimo il passaggio che mette in relazione la reclusione femminile tra le mura domestiche con la diffusione dell’ Émile.
    Breve OT: ho affrontato la lettura del libro di Rousseau a metà degli anni ’80 – all’epoca avevo 15 anni – come esercizio scolastico estivo. Il libro era una lettura obbligatoria “consigliata” a me e alle mie compagne (scuola magistrale, classe tutta femminile) dalla nostra cattolicissima docente di filosofia, una sorta di suora laica, una che, per intenderci, sbolognò Freud in un’ora di lezione e che sosteneva singolari tesi sul pensiero di Marx: se fosse vissuto più a lungo, KM sarebbe certamente arrivato a Dio.
    Ecco Loredana, magari questa mia notarella biografica è una digressione che ha davvero scarsa attinenza con l’intervista (molto stimolante) che hai postato, ma avevo voglia di raccontartela ugualmente.

  8. Superato il travaso di bile per come è stato tradotto il titolo, mi son detta – forse finisce nella sezione panze pazze e qualcuna se lo compra. A scanso di equivoci non penso le gravide siano sceme ma il reparto libreria panze pazze le considera tali – ergo ci si trovano solo manuali dementi. E non tutte hanno la pazienza, la conoscenza o gli strumenti per cercare altro o solo per sapere che altro esiste. -)))

  9. il problema è sempre nella comunicazione
    molti giornali soprattutto quelli femminili parlando di lei mettono l’accento sul bicchiere di vino o altre cose così perchè “più facile”
    e forse anche recensire come dici tu manuali e manualetti è per alcune giornaliste “più facile”
    per questo dobbiamo ringraziare Marcoaldi per la bella intervista
    è riuscito con poche domande a far arrivare concetti importantissimi per il nostro tempo fatto ultimamente di discussioni e lamentele…e schieramenti pericolosi

  10. Il potere non può avere sesso ma il suo esercizio sì. Il suo esercizio si declina, nella nostra società, secondo modelli prevalenti ai quali aderiscono anche molte donne. Non tutte.

  11. Io non sono una saggista né una sociologa né una filosofa. La premessa, quell’immagine della intellettuale mollemente adagiata sui divani della sula bellissima casa mi ha un po’ urtato, sarà il rumore degli elicotteri fuori dalla finesta (lo so che esagero, scusatemi, è il contrasto con la situazione qui che stride un po’). Le donne francesi durante la Rivoluzione c’erano, o perlomeno provavano a farsi sentire, o no? Forse l’adesione al modello naturalista non era così universale come sembra intendersi dall’intervista. E anche oggi, questo neonaturalismo (ma quanto è diffuso? Perché a vivere in una grande città da comune mortale non se ne ha tanto la percezione. Anzi, sembrerebbe un modello tutto sommato marginale) è di matrice neofemminista o no? Non mi sembra che del femminismo abbia né la matrice culturale né gli obiettivi.

  12. Donatella: una cosa è la gestione del potere affidata a uomini per tradizione secolare. Un’altra – che è proprio quella contro cui punta il dito Badinter – è pensare che le donne di potere aderiscano a un modello prestabilito per natura. Il pericolo che Badinter sottolinea, per quanto riguarda il neo femminismo, è questo.
    Sul libro e le panze pazze: è GIA’ finito nella sezione pedagogia e puericultura (come, se posso autocitarmi, Ancora dalla parte delle bambine e come il suo illustre predecessore di Elena Gianini Belotti) 😀
    Sui manuali: credo che la inarrestabile diffusione dei manuali sia dovuta a un gigantesco smarrimento sul “cosa fare” e sul “come essere madri”. Personalmente, sono sempre più convinta che è affrontando la questione del materno (da tutti i punti di vista: sociale e culturale) che – forse – si riesce a capire perchè questo paese non è andato avanti.
    LGO: direi che Badinter non ha nulla a che vedere con la descrizione della sua casa. E dobbiamo solo ringraziarla se da anni cerca di sottolineare le contraddizioni e i rischi del femminismo. Inclusa la – enormemente diffusa – tendenza neonaturalista.

  13. @lipperini:
    E perché mai la tua dovrebbe essere una considerazione polemica? Più che legittimo, pensavo solo che la risposta si evincesse.
    Purtroppo non ho letto nessun libro, e come è d’ uopo fare in questi casi ho adottato un atteggiamento di fiducia dicendo: “Senz’ altro nei suoi libri statistiche e numeri non mancheranno visto che le sue non sono affermazioni  filosofiche bensì affermazioni spesso testabili empiricamente (per esempio quella che riguarda il mito dell’ istinto materno)”.
    Gli unici dubbi riguardavano le reazioni alla conferenza di Princeton e un certo pregiudizio per il milieu filosofico francese degli ultimi decenni (ricordo ancora con un certo disagio l’ Irigaray affermare che E=MC2 era un’ equazione “sessuata” sic).
    In fondo era un modo per essere rassicurato sul punto da chi invece l’ ha letto, magari con qualche link ai database.

  14. Broncobilly: non sempre i database servono ai filosofi, non sempre la ragioneria spiega il mondo, perdonami e ancora una volta senza polemica. Posso solo dirti: leggili, sono libri importanti per le donne e per gli uomini e per chi voglia capire a che punto siamo nella riflessione su natura e cultura. Quanto al pregiudizio: se ha ragion d’essere solo in base alla cittadinanza, la cosa è grave. Non c’è pensiero più lontano da Irigaray di quello di Badinter (e questo spiega anche il motivo per cui è assai invisa a molte pensatrici italiane). Insomma: sarebbe come dire che dal momento che io condivido la nazionalità con Brunetta, il mio pensiero è simile al suo…

  15. Mi era chiaro che la descrizione della sua casa non era fatta da lei 🙂
    Io lo chiedo con tutta l’umiltà di cui sono capace. Come si fa a dire che questa tendenza neonaturalista è diffusa? E’ perchè ci sono gli spot del Mulino Bianco in televisione? Ed è vero che l’immagine dei media riflette – fa da specchio- i modelli sociali, o non è piuttosto una rappresentazione separata?
    E questo neonaturalismo come si fa a dire che è di matrice femminista? Il femminismo allora è così pervasivo? Così dominante?

  16. LGO, se hai tempo e pazienza, guarda in questi archivi alle discussioni su parto naturale, uso dell’epidurale, allattamento al seno o artificiale. Leggi i commenti. Accipicchia, se è diffusa.

  17. Bella! La parentesi mi ha anche chiarito cosa intendesse Badinter nella sua lettera precedentemente postata quando accennava che la bisessualità contribuisce alla longevità. Grazie Lippa per questi stimoli continui, i neuroni sono in festa! 🙂

  18. Ti ringrazio, ho letto diversi di quei post. Le persone che partecipano a queste discussioni quante sono? C’è tutto un mondo, là fuori, che non sa neanche cos’è un blog…
    Certo, può essere una mia impressione (ma per lavoro insegno, e sono in contatto con centinaia di famiglie) ma quello che avviene in rete non sempre è rappresentativo di quello che c’è fuori.

  19. Solo una cosa: quando parlo di “milieu” non parlo di nazionalità, sarebbe un po’ strano, ma di scuole di pensiero. Qualche nome: Foucault, Derrida, Kristeva, Sollers, Deleuze, Guattari, Irigaray, Cixous…. Le radici affondano forse nella rivista Tel Quel. Molta fantasia e poca (un po’ troppo poca) ragioneria, secondo me. Cercherò comunque di leggere la filosofa, d’ altronde uno gira per il web in cerca di pretesti e questo mi sembra ottimo.

  20. Broncobilly, se c’è una derivazione del pensiero di Badinter è, per me, in Simone de Beauvoir.
    LGO, è molto vero: ma sai quanti utenti unici ha “al femminile”, community dove in molta parte si parla di madri? Cinque milioni. Non a caso, il mondo del mummyblogging è sfruttatissimo dal marketing. Detto questo, certo, moltissime madri sono lontane dal mondo della rete: ma se c’è un mondo che la rete rappresenta fortemente, oggi, è proprio quello delle madri.

  21. “è altrettanto evidente che questo progressivo trionfo del desiderio, ha raggiunto ormai una soglia molto pericolosa. È arrivato il momento di porre dei limiti, di tornare al rispetto della legge. Siamo davvero ai bordi della barbarie” (Badinter)
    Sarebbe interessante capire di più su questo “pendolarismo” del desiderio, a fronte del quale si continua a ritenere detestabile ogni forma di “essenzialismo”. E’ una resa al carattere ciclico dei fenomeni naturali (quindi una sorta di iper-naturalismo, altro che primato della cultura!) o una resa dei conti tutta francese (meglio tardi che mai) con quel Roussseau che teorizzava la serena naturalità del materno e l’ambigua santità del desiderio poi abbandonava cinque figli all’ospizio?

  22. Confesso che a leggere di femminismo neo-naturalista, ovvero di neofemminismo naturalista, avevo sperato che si trattasse di qualcosa di vicino a figure come quella di Wangari Muta Maathai, premio Nobel per la pace nel 2004, la “signora degli alberi”. Cioè la diversità femminile nel legame con la natura che non si concluda con la maternità.

  23. Piccola Dorrit, posso condividere con te la tua speranza?
    Nonché la diffidenza verso quasi tutti gli ismi? (tranne femminismo, per ciò che rappresenta storicamente e politicamente; per il fatto che non abbiamo ancora trovato un termine migliore per la politica delle donne).
    E’ molto bello che tu dica: la diversità femminile nel legame con la natura che non si concluda con la maternità. Credo di poter aggiungere che si tratta di un legame di tipo culturale che le donne hanno stabilito e continuano a stabilire con la natura. Senza che la maternità si prenda tutto di questo legame e anche in considerazione del fatto che soltanto una parte della maternità può essere riferita al dato biologico-naturale, tutto il resto, dai gesti alle competenze necessarie a svolgere il ruolo di madre, è cultura, come dimostrano le differenze nelle diverse popolazioni. Ed è, a mio avviso, di tipo culturale anche un buona parte dell’affettività che si gioca nell’essere madre. Parlo da figlia e da persona che non crede ai legami di sangue.
    Se siamo d’accordo su queste considerazioni, Loredana, forse è più facile capirci quando parliamo di una possibile concezione (e gestione) femminile del potere. Io non dico che è meglio di come lo hanno concepito e gestito gli uomini, dico che la qualità del nostro legame con la natura e con la realtà tutta è diversa da quella che ha il maschile con la natura e con la realtà tutta. Dico anche che il potere finora gestito dalle donne è per la gran parte derivato dal maschile, questo fa sì che non abbiamo ancora a disposizione modelli che possano esplicitare il legame di cui cerchiamo di parlare. A me non convince nemmeno lo stereotipo della donna con maggiori facoltà relazionali rispetto all’uomo. Voglio dire che non vado a cercare lì le differenze ma non me la sento di chiudere gli occhi di fronte a ciò che percepisco nitidamente di me stessa e delle altre solo perché non abbiamo ancora a disposizione ciò che serve per una definizione chiara e non retorica; solo perché è più facile negare le differenze piuttosto che affermarle, come accade anche con le persone straniere che, infatti, cerchiamo con tutti noi stessi di “integrare”. Sarebbe meglio riuscire a riconoscersi diversi e a rispettarsi, senza paura. Ho l’impressione che sia la paura a spingerci ad “integrare” gli stranieri e che sia la paura a farci resistere al riconoscimento delle differenze, anche quelle di sesso.
    Loredana, io ci ho messo un po’ a capire che la pensiamo diversamente, mi devi scusare di questo (avevo capito quelcos’altro di cui magari possiamo parlare in un altro momento/luogo), tuttavia sono profondamente convinta che confrontare i punti di vista sia motivo di enorme ricchezza. Una conferma meravigliosa di questo l’ho avuta seguendo, anche se solo in parte , “Il ritorno delle bambole”. Lì ho visto tre punti di vista, uno più interessante dell’altro, rafforzarsi con la tua perfetta mediazione, il quarto punto di vista :-). Nessuna ha perso nulla dei suoi argomenti che, anzi, vedevo crescere mentre si manifestavano. Ecco, io spero questo.

  24. Lo “ismo” è qualcosa come il “pitto”?
    Da ragazzotto quando ascoltavo i Pink Floyd mi aveva colpito un brano tutto fatto di vocine e gniaulii strani su “Ummagumma”. Il titolo in italiano suona: “Diverse specie di animaletti pelosi chiusi in una caverna con un pitto”. Ci hò messo un po’ a capire che i Pink Floyd erano dei veri mattacchioni o fumavano roba forte, e che il “pitto” non esiste.

  25. Donatella, scusarti di cosa? La diversità di pensiero è indispensabile, sempre. Meno scusabile (perdonami Valter, ma a volte te le vai proprio a cercare) la battutina a tutti i cosi.

  26. Quella roba li della vulgata psicoanalitica – l’ho adorata ecco, per averla detta.
    Poi è interessante a proposito di vulgate psicoanalitiche, la passione che ha chi le cita per la dicotomia di scuola francese (non badinter ma appunto il filone Lacan Irigaray Kristeva) per il femminile come naturale e preverbale e il maschile come verbale e quindi normativo. Non che il femminile non esperisca la relazionalità naturale anteriore alla parola – per forza di cose il femminile è esposto. Ma presto la madre diviene norma anteriore della sfera giuridica fonte di discriminazione tra un bene e un male tutto politico e tutto razionale. Ed essa necessariamente deve contenere: ossia saper dire no alle bisogna, saper cazziare onde evitare di mettere al mondo un poveraccio non in grado di arginare se stesso, oltre che un incivile maleducato e aggressivo con i suoi pari. La genitorialità è una grande esperienza politica, io almeno la vivo così.
    Poi sulle questioni delle differenze di genere in relazione al potere, non so, ne sono affascinata. Sono affascinata da una interpretazione di quello che accade nella strutturazione biologica e psicologica. Tutte e due le storie hanno grandi variazioni a seconda dei soggetti, ma anche a seconda della contestualità in cui agiscono – e questo lo trovo magico.
    Infine sugli ismi: boh, non mi paiono questo grande problema di per loro, l’ismo è una buona etichetta con cui mettere insieme una costellazione di idee di valori, di atmosfere mentali: è il nome da dare a un oggetto. Ismo non è sinonimo di fondamentalismo. E’ quello l’unico ismo da detestare.

  27. Interessante intervista e scrittrice, in particolare quando analizza il rapporto tra autorità, movimento del ’68, femminismo e naturalismo di Rousseau.
    Da leggere…(perché ancora non l’ho fatto?!).
    Piccola curiosità: è la moglie di Robert Badinter, autorevole politico, giornalista e soprattutto difensore di diritti umani.
    Nel frattempo su internet ho trovato questa bellissima risposta tratta, a quanto pare, da un’intervista per Io Donna del 2004:
    D.:Qual è l’immagine della donna che vuole difendere?
    R: “Liberté, egalité, fraternité. C’è un femminismo repubblicano, laico. Libertà è il contrario della penalizzazione. Uguaglianza il contrario di parità. Fraternità il contrario di separatismo.
    Faccio parte di quelle femministe che credono ancora che uomini e donne possono andare avanti solo insieme e non separati, che l’uomo è il migliore amico della donna a condizione che entrambi si facciano rispettare. Quando un sesso soffre, soffre anche l’altro.
    Purtroppo sia le donne che gli uomini sono immensamente scontenti.
    Temo la guerra dei sessi”.

  28. Troppe cose da commentare ma, prima di tutto, grazie per il post ed un applausone a Elisabeth Banditer, per quello che dice in questa (questa) intervista, compreso il Rousseau e l’alibi per le donne del secolo successivo: s’intende per l’ideologia dominante del XIX sec. etc. etc. Ma non tutte Banditer le imbrocca, per es., il separatismo è stato, e può essere, un momento “di metodo”, che non esclude affatto la “fraternité”, e quand’ero piccola si chiamava doppia appartenenza, sul piano allora “politico”. Sul fatto della politica femminile o maschile ho le mie fissazioni, che in parte coincidono, per es., con quelle di Donatella: penso che se, fino a tanto poco tempo fa, alla politica hanno dato forma gli uomini, per forza le donne che quella forma, e quelle modalità culturalmente costruite si trovavano a disposizione, quella e quelle avranno adoperate. Esiste una possibilità di politica “femminile”? Non lo sappiamo, e non lo sapremo mai: avrebbe dovuto darsi la situazione storica contraria (le donne al potere pubblico, da sempre) perché potessimo saperlo. Ma poi, alla fine, ce ne deve importare qualcosa? Non ci sta bene l’esercizio del potere così come è stato esperito finora? E cambiamolo ‘st’esercizio, non avremo mica bisogno di depositare il brevetto di nuovo tipo di esercizio alla SIAE con la titolarità “Femminile”. La faccenda della parola e della legge maschili mi dà l’orticaria, e mi piace molto la posizione di Zaub, che da psichica è più titolata a parlare sul piano filosofico-psichico. Io i limito sempre a rammentare che la lingua è la lingua materna, non paterna, e che chi disponeva divieti nella mia infanzia (e so’ vecchia eh) era mia madre: avrà fatto il poliziotto cattivo? Mah. E poi, per dirla tutta, mi sto occupando di una dea che parlava, ricordava, ammoniva e misurava di tutto e di più a scopo pubblico e privato. Insomma una rompipalle pubblica. Vuol dire che questo ruolo nel cervello degli antichi poteva essere svolto pure da una donna, ancorché divina.

  29. Paola, ieri sera ero troppo stanca per scrivere, e per molti versi è come se lo avessi fatto tu per me. Aggiungo di mio che la lucidità di Badinter è un’ancora che intendo studiare e utilizzare. Il discorso sui limiti l’ho trovato di recente in una discussione autocritica sulla sinistra italiana sul Manifesto, e anche su questo intendo approfondire. Come sulla dimensione pubblica e politica di una certa autorità, a proposito della quale mi è piaciuto molto il riferimento di zaub all’aspetto politico dell’educazione. O su un altro “ismo” complesso, l’individualismo, sul quale sto terminando in questi giorni di leggere Nadia Urbinati.
    Due piccole cose. La prima è l’auspicio di muovere oltre gli stereotipi di un maschio economico razionale egoista, che nessuna – certamente qui – vuole rimpiazzare con una immagine speculare di femmina irrazionale amorevole, per progettare piuttosto insieme, uomini e donne, una prospettiva più ampia, quella che Folbre e Julie Nelson chiamano “economics for humans”. E anche le economiste femministe americane, per fortuna, sono molto chiare nella loro opposizione a qualunque naturalismo. Badinter la trovo qui di grandissimo aiuto nell’evitare il rischio, parlando e scrivendo, di naturalizzare come maschili certe forme di potere.
    La seconda è una rappresentazione del neonaturalismo americano che io trovo piuttosto esaustiva nel segnalare rischi, contraddizioni e paradossi, come i cartelli “Power to the women” e “Protect women @ work” della prima scena. E’ di Sam Mendes, strappa un sorriso, che ogni tanto ci vuole, ma ricorda anche, come il post che segue sul gender gap, che la situazione è grave e molto seria, e certe tendenze sono pericolosamente diffuse. http://www.youtube.com/watch?v=_a560pTHH2A&feature=related http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=MedUhu1r1XM

  30. @Ilaria, per il tuo link, concordo: la situazione è grave e, al di là delle apparenze pure seria, se stanno messi/e così, e mi piacerebbe sentire zaub sul tema. Per il gender gap: stamparsi le tabelle e affiggerle in cucina così le vediamo subito quando ci alziamo la mattina e ci diamo una regolata.

  31. Mi scuserete, non ho il tempo di leggere tutti i commenti.
    Volevo solo esprimere il mio entusiasmo perche’ FINALMENTE anche nelle interviste è uscito il riferimento a JJ Rousseau, che ho sempre trovato molto pregnante.
    Non ho ancora letto “Le conflit” (concordo con chi giudica traditrice la traduzione italiana del titolo) ma è nella lista 🙂

  32. paola, lo spezzone è carinissimo – ma in tema ho detto tutto quello che ci avevo da dire sul post sull’allattamento basso contatto alto contatto e seghe varie, ora a rifarlo mi ripeterei in gran parte. Il problema certamente c’è, ma c’è anche io credo una certa resistenza della materia.

  33. @Paola E’ un film nel quale ce n’è per molti tipi di genitorialità, ma non sarà un caso se mi è rimasta impressa la figura della femminista neonaturalista… Che poi anche sul presunto naturalismo c’è una bella battuta che ho trovato solo in inglese, dove proprio Simone De Beauvoir viene stravolta, per dire che si diventa donna consapevole attraverso l’esperienza del dolore del parto- ovviamente con una forte ironia, a dimostrare la scarsa naturalezza dell’intera operazione. E c’è anche l’esclusione del maschio dalla “vera” esperienza femminile. http://www.youtube.com/watch?v=MdDerBz-TZ8

  34. Leggo solo ora zaub. Anche a me sembra che nella discussione a cui si riferisce siano state dette molte cose importanti. Se vuoi ridere, Paola, il film a me è piaciuto, e oltretutto non fa solo ridere. Se l’ho citato è anche perché continuo a leggere incredulità sulla situazione e a volte vedere rappresentazioni anche un po’ sopra le righe può aiutare a capire di cosa si parla. Negli Stati Uniti sono nati due dei mei figli, e anche se a New York 15 anni fa la situazione era un po’ diversa, ricordo bene che alcune di quelle scelte erano molto incoraggiate. E se mi interesso tanto di quel che succede è a partire dalla difficoltà che ho provato personalmente, dal rendermi conto che diventa progressivamente più difficile, e dal desiderio di fare qualcosa per chi rischia di non avere a disposizione le stesse risorse mentali e culturali che mi hanno permesso di trovare un equilibrio, al quale continuo a lavorare tutti i giorni.

  35. Mai stato sessista, ho sempre avuto in grande considerazione l’intelligenza “mobile” della donna contto quella un po’ rigida e ingessata dell’uomo.
    Lavoro in un ospedale e vi assicuro che quando la donna conquista il potere, una posizione gerarchica rilevante, e ha sotto di se altre persone, talvolta si trasforma in un autentico drago che travolge tutto e tutti.
    Diventa bravissima a individuare i punti deboli dell’uomo (spesso un guappo di cartone) e affonda il coltello nella piaga senza nessuna riserva o senso di pietas umana.
    Altro che materna chioccia…

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