BIBLIOGRAFIA DISARMATA: JEAN-MARIE MULLER

Jean-Marie Muller (1939-2021). Facciamo due conti. Anzi, li fa, come ricorda qui Pasquale Pugliese, l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma con il Rapporto SIPRI 2o22. 
In poche parole, il rapporto

“dimostra con dati inoppugnabili come i governi nel loro complesso – anche nel secondo anno di pandemia – abbiano continuato inesorabilmente ad aumentare le spese militari dei bilanci pubblici, superando, per la prima volta nella storia, la soglia dei 2000 miliardi, giungendo fino a 2113 miliardi di dollari. Si tratta di una crescita dello 0,7% rispetto al 2020 e di un aumento del 12% in dieci anni, oltre che della conferma del raddoppio netto delle spese militari – sottratte agli investimenti civili – negli ultimi venti anni, ossia dall’avvio dell’aggressione militare guidata dagli USA in Afghanistan nel 2001, conclusasi lo scorso agosto. Non a caso gli Stati Uniti da soli rappresentano il 38% della spesa militare mondiale, mentre la spesa complessiva dei 30 Paesi della NATO equivale al 55% del totale globale e quella della Russia al 3,1%. In questo quadro L’Italia si conferma all’undicesimo posto al mondo per spesa in armamenti, con una crescita del 4,6% rispetto al 2020 (maggiore della media dell’Europa occidentale che si assesta su un +3,1%)”.

Ci sembra che gli avvenimenti arrivino a ciel sereno perché abbiamo pensato ad altro, per forza di cose (c’era pur sempre una pandemia, che ora sembra sparita dai radar). E, al solito, non ci accorgiamo dei fatti se non quando diventano catastrofe.
Jean-Marie Muller lo sapeva. Fu fondatore del MAN (Mouvement pour une Alternative Non violente) e direttore dell’Istituto di Ricerca sulla Risoluzione Nonviolenta dei Conflitti (IRNC) di Parigi.  Come ricorda Mao Valpiana qui, “nel 1967, quando era ufficiale di riserva dell’esercito, chiede di ottenere il riconoscimento come obiettore di coscienza e restituisce il suo libretto militare al Ministero della Difesa. Verrà processato, condannato, multato e privato dei diritti civili. Nel 1970 attua uno sciopero della fame contro la vendita di aerei militari francesi Mirage al governo dei militari brasiliani. Nel 1973 partecipa al “battaglione della pace”, una missione pacifista contro gli esperimenti nucleari francesi nel Pacifico, entrando nella zona proibita della marina militare, e per questo sarà arrestato. Nel 1978 partecipa, con Lanza del Vasto e Jan Goss ad uno sciopero della fame contro il poligono militare del Larzac. Il suo attivismo lo porta ad impegnarsi personalmente anche negli ultimi anni, ormai anziano. Nel 2016 è a Roma, in Vaticano, e contribuisce alla preparazione del testo “La nonviolenza: stile di una politica per la pace” che verrà pronunciato da Papa Francesco come messaggio del 1 gennaio 2017”.

Ha scritto molto ma temo che si trovi soltanto “Il principio nonviolenza”. Fra le cose che ha scritto, questa considerazione, da tenere stretta:

“Una delle manifestazioni più significative della nostra cultura della violenza è l’importanza considerevole degli investimenti intellettuali consentiti nell’attività delle nostre società per la fabbricazione delle armi in vista di organizzare l’omicidio di massa dei nostri simili, e noi siamo a tal punto “coltivati” che questa produzione di armi non soltanto non ci scandalizza, ma nemmeno ci stupisce. Noi abbiamo d’altra parte a nostra disposizione una quantità di argomenti per giustificare questo fatto.
La cultura della violenza ha bisogno di riferirsi a una costruzione razionale che permetta agli individui di giustificare la violenza. E’ qui che interviene l’”ideologia della violenza”. La sua funzione è quella di costruire una rappresentazione della violenza che evita di vedere ciò che essa è effettivamente: inumana e scandalosa. L’ideologia della violenza mira a occultare ciò che la violenza ha di irrazionale ed inaccettabile e a farne prevalere una rappresentazione razionale accettabile. Si tratta di dissimulare la realtà scandalosa della violenza attraverso una rappresentazione che la valorizzi positivamente. Lo scopo ricercato – e spesso raggiunto – è la banalizzazione della violenza. Invece di essere bandita – dichiarata fuori legge – la violenza è banalizzata – dichiarata conforme alla legge. Da questo momento, più nessun freno intellettuale si opporrà all’uso della violenza”.

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