BIBLIOGRAFIA DISARMATA: LA RIVOLTA DI PRATOBELLO

Rivolta di Pratobello (giugno 1969). Quando, ventenne, mi aggiravo nei corridoi del Partito radicale, mi fermavo spesso a guardare i manifesti, che erano tanti, colorati e bellissimi. Su uno di questi era scritto “A fora sas bases militares”. Che succedeva in Sardegna?, chiedevo. La risposta fu: “Pratobello”. Ovvero quella che ai tempi veniva raccontata come una delle iniziative più importanti di resistenza nonviolenta. Se non la ricordate, la storia, molto in breve, è questa.
Come scrive Sardiniapost, “La notizia sulla realizzazione di un poligono fisso per esercitazioni militari nei dintorni del villaggio abbandonato di Pratobello, circola ad Orgosolo già dall’aprile del 1969. La certezza arriva circa due mesi dopo, il 27 maggio, quando sui muri del paese barbaricino compaiono i manifesti con cui la Brigata Trieste ordina ai pastori di abbandonare la zona interessata dalle esercitazioni di tiro. Posti di fronte alla domanda “Come agire?”, i pastori rispondono: “Difendere il pascolo – considerata l’unica possibilità di sopravvivenza – e il bestiame”. In tutto “40mila capi per i quali lo Stato aveva previsto lo sgombero con un risarcimento di 30 lire giornaliere a pecora, mentre il mangime costa 75 lire al Kg”, si legge in un comunicato ciclostilato del Circolo giovanile di Orgosolo”.

Il 9 giugno 3.500 cittadini di Orgosolo iniziarono la mobilitazione; il 18 dello stesso mese, la popolazione del paese si riunì in piazza Patteri: dall’assemblea scaturì la decisione di attuare una forma di protesta nonviolenta e quindi di occupare pacificamente la località di Pratobello  “per dare un primo avvertimento alle autorità militari e politiche che hanno deciso arbitrariamente di invadere i nostri territori con grave danno per tutti i lavoratori”.

Per giorni, i pastori e non solo i pastori presidiano i pascoli. Si arriva al 19 giugno, primo giorno di esercitazioni. I manifestanti bloccano l’autocolonna militare diretta nell’area destinata alle esercitazioni. Ancora da Sardiniapost:

“Arriva la polizia, cui si oppone un fronte compatto di uomini e donne. I poliziotti indietreggiano dopo essere stati circondati, subito dopo l’autocolonna fa retromarcia. Un bracciante commenta così: “Questa passerà alla storia come la più grande sconfitta dell’esercito italiano”, riportano le cronache di quei giorni.  Alle 11 gli orgolesi arrivano a Pratobello e si dispongono sulla linea di confine del territorio comunale. Si mantiene il presidio per tutto il giorno e i soldati non effettuano le esercitazioni”.

Il blocco si ripete il 20 giugno. Donne e uomini sollevano le camionette militari, i bambini tagliano i fili del telefono. Il 22, ” a gruppi di venti o trenta, come deciso nel corso dell’assemblea della notte precedente, gli orgolesi forzano le linee di demarcazione del poligono e si vanno a nascondere al suo interno per effettuare azioni di disturbo. Alcuni manifestanti riescono a dare fuoco ai bersagli che dovrebbero servire per le esercitazioni di tiro. Altri – circa 600 – vengono invece catturati e condotti al centro di raccolta allestito all’interno del poligono e poi rilasciati alla fine della giornata. Circa ottanta manifestanti vengono poi trasportati alla questura di Nuoro, in due saranno processati per direttissima”.

Il 24 giugno arriva il telegramma di Emilio Lussu: ““Quanto avviene a Pratobello contro pastorizia e agricoltura è provocazione colonialista, perciò mi sento solidale con pastori e contadini. Rimborso danni e premio in denaro è un offensivo palliativo che non annulla, ma aggrava l’ingiustizia. Se fossi in condizioni di salute differenti sarei con loro”.

Il 26 giugno, il poligono è pieno di persone e la polizia e l’esercito può fare pochissimo: ” I manifestanti, non appena avvistati, scompaiono tra gli alberi o, meglio, sopra gli alberi, nel folto dei lecci, visto che i baschi blu non controllano sopra la loro testa”.

Alla fine, l’esercito rinuncia alla decisione di un poligono fisso. Nessuna violenza, una vittoria. Poi, certo, altro sarebbe avvenuto: ma se qui non si ricorda, i murales di Orgosolo mantengono, per fortuna, memoria.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto