Nelson Mandela (1918-2013). Ieri su Facebook si è discusso, anche, di parole. Quando ci si inoltra in una discussione linguistica, è facile che si badi al singolo termine e alla sua provenienza anziché al contesto in cui è inserito. L’ho sempre trovato un pericolo, culturale e politico. Dunque, oggi lascio da parte le mie parole per dare spazio a quelle di Nelson Mandela e al suo discorso del 1993 in occasione del conferimento del Nobel per la pace.
“C’è ancora qualcuno nel nostro paese che erroneamente crede di dare un contributo alla causa della giustizia e della pace rimanendo fedeli a quelle caratteristiche distintive dei gruppi, a quelle divisioni che hanno dimostrato di non portare a niente se non a un disastro.
Rimane la nostra speranza che anche questi siano benedetti da una sufficiente intelligenza per capire che la storia non sarà mai cancellata e che la nuova società non può essere creata riproducendo il ripugnante passato.
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Questo deve essere un mondo di democrazia e rispetto per i diritti umani, un mondo libero dagli orrori della povertà, della fame, della privazione e dell’ignoranza, sollevato dalla minaccia e dal flagello delle guerre civili e delle aggressioni esterne e liberato dalla grande tragedia di milioni di persone obbligate a diventare rifugiati.
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Noi non crediamo che questo nobel sia inteso come un riconoscimento per un qualcosa che è già accaduto e passato.
Sentiamo le voci che dicono che c’è un appello da parte dei tanti, sparsi nell’universo, che vogliono la fine del sistema dell’apartheid.
Noi comprendiamo la loro richiesta, noi dedichiamo ciò che resta delle nostre vite per usare l’esperienza unica e dolorosa del nostro paese come prova che la normale condizione per un uomo è la democrazia, la giustizia, la pace, l’assenza di razzismo, l’assenza di sessismo, la prosperità per tutti, un ambiente salutare e l’uguaglianza e la solidarietà tra le persone.
Mossi dall’appello e ispirati dalla “gloria” di cui ci avete insigniti, noi ci impegniamo a far ciò che possiamo per contribuire al rinnovamento del nostro mondo così che nessuno possa, in futuro, esser considerato come un “miserabile della terra”.
Non lasciate mai che sia detto dalle future generazioni che l’indifferenza, il cinismo o l’egoismo non ci hanno fatto raggiungere quegli ideali dell’umanesimo che il premio nobel porta con sé.
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Fate sì che gli impegni di tutti noi dimostrino che non eravamo dei semplici sognatori quando parlavamo della bellezza della genuina fratellanza e quando dicevamo che la pace era più preziosa dei diamanti, dell’oro o dell’argento.
Fate risorgere il nostro secolo”