CARTA CARBONE: ORGOGLIO, PREGIUDIZIO, DEBITI

Ben ritrovate e ritrovati.
Bisognerebbe dunque parlare di come il “pacchetto sicurezza” abbia ridato fiato a chi cavilla sul femminicidio, cominciando dal termine (che è diventato rapidamente neologismo inventato dai giornalisti) per finire a “le femministe  vogliono leggi repressive“. Ma dopo aver scritto decine di post sul punto, tornarci è al momento superfluo (almeno fino a quando i post medesimi non vengono letti, invece di usarne tre righe per farli aderire come la vecchia carta carbone al proprio pregiudizio).
Bisognerebbe, invece, cominciare a parlare di femminicidio come ha fatto Christian Raimo in questo post. Partendo da se stessi, dal linguaggio, dai saperi. Il fatto che nel suo commentarium non siano apparsi azzannatori e azzannatrici, ma persone disposte al dialogo, può significare molte cose: nella metà vuota del bicchiere, che con un uomo è più difficile far valere la carta carbone di cui sopra. Nella metà piena, che c’è voglia di approfondire al di là delle troppe, sfinenti, semplificazioni mediatiche.
E qui vengo alla seconda parte del post, che di media parla. Qualche giorno fa è morto Nello Ajello. Non eravamo amici nel senso che si attribuisce a questa parola, e magari non gli ero neppure particolarmente simpatica, vai a capire. Eppure ho nei suoi confronti un debito enorme.
Passo indietro, siamo nel 1995. Da cinque anni collaboro prima con Mercurio e poi con le pagine culturali di Repubblica. L’Espresso mi chiede un articolo, piuttosto lungo. Lo scrivo, con la vaga consapevolezza che il contenuto del medesimo mi procurerà non pochi guai (e così è stato, inclusa una quasi aggressione fisica e una messa al bando perpetua da un determinanto ambiente culturale). Nello Ajello mi telefona. Al momento, penso che sia per parlarmi dei contenuti, già ampiamente rivisti, verificati e concordati con l’allora caposervizio, che era Roberto Cotroneo. Invece no: voleva fare l’editing di quell’articolo. Di più: spiegarmi quali erano le consuetudini del settimanale (ogni quante righe andare a capo) e darmi consigli: perché hai usato il punto e virgola alla fine di questa frase? Perché non impari a spezzare il discorso? Perché la parentesi? Perché il doppio aggettivo? Perchè tanti avverbi? Fu una telefonata di un’ora e mezza. Alla fine avevo un orecchio bollente e quattro pagine di appunti. Ho riscritto l’articolo seguendo i suoi consigli e da allora cerco di non dimenticare quello che ho imparato.
Ho pensato molto, in questi giorni,  a Nello, che ringraziavo spesso per quella telefonata ricevendo in cambio un “ma dai, dovere”. E penso che mi sembra di incontrare sempre meno  persone che si prendono la briga di passare un’ora e mezza al telefono per spiegare i fondamentali a una collega più giovane e più sventata. E ne incontro poche soprattutto fra la mia generazione. Allora, prima di sdegnarsi per l’arroganza e la superficialità del nuovo che avanza, magari un paio di domande sull’egoismo della ex meglio gioventù bisognerebbe porsele.
Buon reinizio.

2 pensieri su “CARTA CARBONE: ORGOGLIO, PREGIUDIZIO, DEBITI

  1. M,a di contro, quanti giovani e sventati colleghi se ricevessero una telefonata come quella che ti ha fatto Ajello lo starebbero a sentire senza pensare “che vo’ sto vecchio rincitrullito”? 😀

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