No, non mi piace. Parlo del decreto legge sul femminicidio così come è stato raccontato. Premetto che non ho avuto modo di studiarlo nei dettagli, e che la sensazione che ho è che la ex ministra Idem avesse un’idea molto diversa (altrimenti, perché convocare le associazioni che si battono contro la violenza, giusto qualche settimana prima di essere messa alla gogna e costretta a farsi da parte?).
Non mi piace perché è un decreto repressivo. E molte di noi hanno detto e ripetuto che nessuna repressione e nessun giro di vite porterà a risultati se non si insiste sulla prevenzione. Scuola. Formazione degli educatori. Libri di testo delle elementari. Educazione al genere, all’affettività, alla sessualità. Da subito. Di questo non si parla.
Non mi piace perché non si parla di centri antiviolenza, e tantomeno della loro moltiplicazione e finanziamento, da quanto è dato almeno capire. Non si parla di centri di ascolto per uomini abusanti. Non si cerca di capire, formare e prevenire, ma si pigia sul pedale della guerra fra i sessi, fornendo a chi ancora sputa la parola femminicidio come una caramella mal masticata ottimi argomenti per parlare di espediente securitario.
Non mi piace perché glissa sugli strumenti fondamentali: un osservatorio che monitori i femminicidi, dicendoci quanti sono e come avvengono. Fin qui, le indagini statistiche, come detto centinaia di volte, sono incomplete e generiche.
Non mi piace perché, come ha dichiarato Michela Murgia, la non revocabilità della querela “è una grande responsabilità che lo Stato si assume perché chi impedisce alla vittima di revocare la denuncia deve poter garantire che l’inasprimento degli abusi non ci sarà. O che se ci sarà, la donna verrà protetta. Lo dico perché nella stragrande maggioranza dei casi dal momento della querela le cose per chi ha subito violenze cominciano a peggiorare”. Non solo, aggiunge Michela, “io ho sempre creduto che una donna debba avere la libertà di decidere se vuole o meno denunciare. Per questo non sono molto d’accordo con la procedibilità d’ufficio che prevede anche che possa essere il pronto soccorso a inviare una segnalazione a polizia e carabinieri. Questo vale ancora di più oggi: se una donna, a un certo punto, non se la sente di continuare l’iter processuale, deve poter fare un passo indietro. Non è giusto trasferire questo diritto alle forze dell’ordine. È un’ulteriore sottrazione che si fa a chi di violenze già ne ha subite parecchie”.
Non mi piace perché, come ha scritto Concita De Gregorio, “dire che la pena sarà di un terzo più severa nel caso in cui le vittime siano incinte o mogli o compagne o fidanzate del carnefice è comprensibile, dal punto di vista del legislatore, perché sì che battere una donna che aspetta un bambino o che ha un vincolo di fiducia con chi la aggredisce è più grave. Ma stabilisce anche una discriminazione culturalmente delicatissima verso le donne che non fanno figli e non hanno legami con un uomo. In che senso uccidere una donna non sposata e non madre è meno grave? Vale forse di meno per la società?”.
Non mi piace, perché come ha scritto Enza Panebianco, inserisce misure repressive nei confronti della lotta NoTav, di punto in bianco: ” il Decreto passa da un argomento all’altro e, coerentemente con l’idea che è sulle forze dell’ordine che decidono di investire invece che su altro, da quel che leggiamo si occupa anche di rafforzare le misure repressive contro chi si oppone in Val Susa alla realizzazione della Tav. Si parla di messa in sicurezza dei cantieri che si traduce in una maggiore militarizzazione ed espropriazione di quel territorio. In più sono previste punizioni più severe per chi osa varcare i confini dell’area in cui è realizzato il cantiere. Il governo ottiene così consenso su una misura repressiva con l’alibi di norme in difesa delle donne. La lotta contro la violenza sulle donne può essere realizzata legittimando autoritarismo e repressione? E’ possibile allearsi con chi autorizza le forze dell’ordine a manganellare ed arrestare gli/le attivist* #NoTav in nome della lotta contro la violenza sulle donne?”
Non mi piace perché, a quanto si legge, ha utilizzato la lotta di chi si oppone ai femminicidi e alla violenza sulle donne in chiave rassicurante, consolatoria, paternalista. Perché ha usato quella lotta come un fiore all’occhiello per legittimare l’operato di un governo che definire criticabile è poco.
E’ un passo, mi dicono amiche e compagne di strada. Per me, è un passo falso, compiuto di fretta e compiuto male. In una parola, servirà a poco. La battaglia è culturale, inclusa quella al cyberstalking.
Mi auguro che esista la possibilità di discuterne ancora, nonostante tutto.
Ps. Il blog chiude per due settimane, per necessità di una pausa della titolare. Ci ritroviamo a fine mese.
ho finalmente letto il decreto. e ci sono un paio di cose che salverei.
il diritto della persona offesa ad essere informata sul procedimento (in alcune fasi che sono fondamentali, ma non mi dilungo in tecnicismi) anzitutto. perchè la persona offesa possa esercitare i propri diritti, perchè non sempre chi svolge le indagini è attento e interessato, e anche perchè possa concretamente tutelarsi e autonomamente decidere. è importante.
l’introduzione dell’aggravante per la cd. violenza assistita, ossia il fatto che un minore assista alle violenza. si tratta di violenza a tutti gli effetti con gravi conseguenze e che è spesso ignorata da chi effettua le indagini e da chi deve decidere. è una violenza che non ha praticamente sanzione penale. è importante che una volta tanto sia menzionata.
il patrocinio a spese dello stato per le donne vittime di violenza anche potrebbe essere un tema importante, se non fosse che può essere un’arma a doppio taglio (anche qui dettagli magari li evito, ma sono disponibile a spiegare meglio).
poi tante, tante perplessità e temi su cui servirebbe un dibattito, non un decreto legge!
concordo su tutto quel che è stato detto sul fatto che si è nominato decreto legge per contrastare il femminicidio un provvedimento che di fatto è pacchetto sicurezza.
concordo sull’inutilità della repressione. e sul fatto che temi così diversi vengano accorpati. sull’inutilità degli aggravamenti di pena o sull’arresto in flagranza. mi apre invece forse utile l’allontanamento immediato con convalida del P, ma voglio rifletterci un po’.
di tutto questo pasticcio però qualcosa va salvato. se non altro bisogna discutere, formare opinioni diffuse, non solo tra gli operatori e gli addetti. la possibilità di affrontare certi temi e argomenti spinosi. in particolare i seguenti: la non rimettibilità della querela. è un tema difficile che anche tra le avvocate che difendono le donne trova posizioni molto diverse, ma bisogna pur parlarne, no? o è solo un problema tecnico? riguarda l’autodeterminazione della donna oltre che le politiche giudiziarie e il diritto procedurale.
e poi la questione del permesso di soggiorno per motivi umanitari per le donne vittime di violenza. è un argomento molto molto difficile e delicato. ma deve essere affrontato. quanto può essere strumentalizzato in un verso o nell’altro? ogni donna straniera che denuncerà una violenza sarà tacciata di aver un interesse nel denunciare (per ottenere un permesso di soggiorno) e ancora una volta l’indagine si sposterà sull’attendibilità della persona offesa anzichè sui fatti denunciati.
e infine: la parte di pura declamazione (senza previsione di spesa, quindi di nessuna importanza attuativa). Da un lato la menzione del tutto accessoria dei centri antiviolenza e quel “promuovere l’educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere nell’ambito dei programmi scolastici delle scuole” a costo zero, appunto! e se le parole hanno un senso: educare alla relazione, cosa significa? la sessualità rientra nella relazione? si usa scientemente quel termine per evitare altro? per farci entrare ancora una volta tutto, per essere sicuri che non si parli di relazioni affettive, di famiglie? di sessualità? sarò esagerata, ma temo che questa sia il senso.
mi scuso se mi sono dilungata, ma ho letto il decreto e soffro all’idea che alcune cose buone andranno perdute in mezzo a certi altri scempi.
un contributo tecnico, documentato e(mi pare) misurato, che analizza i dati.
Fonte: il Post, luglio 2013
http://www.ilpost.it/davidedeluca/2013/07/11/nuovi-numeri-sul-femminicidio/
La discussione sul punto, Diana, è nel post “Il fact screwing dei negazionisti”.
@ Diana Corsini
ti scrivo perché leggo nel tuo commento una divisione a monte che ho notato in varie discussioni e in vari commenti, anche da altre parti. Divisione fra donne e uomini, fra femministe e non, e in ultimo a proposito di violenza di genere. Leggo insomma un fraintendimento di fondo, non so se dovuto anche al fatto che pare impossibile discutere di qualsiasi tema solo del tema in questione. La violenza non ha genere dici, come se nell’ottica di genere ci fosse un’accusa implicita al genere maschile. Ma non è di questo che si tratta quando si parla di violenza di genere, è solo per spiegare una dinamica che si è formata nella storia, tra l’altro non solo umana. Isolarla come un fatto di abuso tra il debole e il forte ne depotenzia tutto il senso e i possibili interventi. Questo non porta mica a considerare la violenza come dominio del maschio in quanto maschio, o a pensare che dobbiamo educare o rieducare i maschi perché sono cattivi. Inoltre l’educazione arriva dai genitori, dalla coppia, e di questo sempre si parla quando si fanno questi discorsi. E di dinamiche di coppia si parla, di relazioni appunto, di critica ai modelli esistenti; non è un cercare colpe tra maschi e femmine, tra i figli o le madri e così via. E spiace un po’ che parli di femministe che dovrebbero fare un passo indietro. Perché mi pare un modo di reiterare un conflitto che non ha senso tra fazioni che credo che neppure esistano. Ti riferirai a qualche femminista in particolare, non so, ma che senso ha? Questo non è un riferimento solo a te, ma a una maniera generale di parlare di persone immaginarie, con il problema che poi le critiche finiscono a persone reali e si perde un sacco di tempo a creare già solo le basi per capirsi.
** (Enza?)
si vede che ho travisato tutto quello che ho letto, visto e sentito da quando si parla di femminicidio, allora.
E’ possibile.
@ Diana Corsini
No, non sono Enza 🙂 Sono un giovane (28) qualsiasi (però ad esempio per me è un fatto scontato essere femminista)
Non so se hai travisato tutto, magari potresti scrivere cosa intendi in maniera più esaustiva e ti direi che ne penso. In generale è ovvio che quando un tema diventa di pubblico dominio se ne parla in maniera inappropriata ( può essere sfruttato in vari modi ). Non so se per un mero fatto probabilistico. E ben vengano le critiche. Io per esempio ho letto il libro di Iacona nonostante non mi piacesse l’impostazione retorica, il titolo e il sottotitolo. Ma anche le critiche stesse sono sottoposte a controllo, e nei post dei cosiddetti negazionisti ci sono molti errori, compreso confondere la critica alla diffusione mediatica e alla perizia dei dati con il tema di cui si parla. Però se uno arriva da queste parti e critica il fatto che “allora le vittime donne sono più importanti”, cascano le braccia. Perché oltretutto il femminicidio o femmicidio che dir si voglia, riguarda la dinamica, non il sesso/genere delle parti in causa. Nasce con questo riferimento per un ovvio motivo storico. Poi ecco, se ti va, puoi scrivere ancora cosa pensi così capisco meglio. Puoi anche scrivermi privatamente torta1942sacher@libero.it
ti scriverò senz’altro, anche se passare da ** a tortasacher non sembra un gran salto di paradigma nel ramo trasparenza. Ma anch’io sono inseguita dai creditori, e ti capisco.
hahahah, io uso un sacco di nick, su questo blog ne ho cambiati diversi, un po’ per gioco, un po’ per scelta, e al fondo è una fuga che nasce da difficoltà personali, intime.
Non c’entra nulla la negazione. Il gioco è a somma zero: reprimere un comportamento non circoscritto comprime i diritti in modo non circoscritto.
E non serve protestarsi contrari. Servirebbe piuttosto accettare la carenza e impegnarsi per colmarla.
uccidere una donna non è un “femminicidio” ma un delitto contro l’umanità.
Ricordiamoci che la donna è la femmina dell’uomo. C’è sempre qualche furbetto che trova interessi a fare distinzioni. Vi dice niente questa proporzione?: Richieste di separazione (di cui oltre il 75% avanzate da donne) 88191 l’anno (dati I.S.T.A.T. 2010) = a 241 al giorno e 3,5 omicidi di donne al giorno? Meditate, gente, meditate!