CERCANDO UN NOI

Finirò per essere seccante, anzi già lo sono. Dico solo che in questo periodo, specie in questo periodo, i social andrebbero letti, archiviati e studiati da uno psicologo delle masse, o da un antropologo. Anche dagli scrittori e le scrittrici, volendo.
E’ adesso che si tocca con mano quanto siamo cambiati in oltre un decennio. Davanti a una pandemia, o a una guerra che ora dopo ora si annuncia come devastante, e già lo è, si riduce ogni cosa all’io. Non sempre, non tutti. Ma è il nostro malessere a essere posto avanti a ogni cosa. Il mondo brucia, davvero, e noi abbiamo mal di testa. I bambini muoiono, e noi siamo inquieti.
Non che possiamo fare di più, lo so ancora una volta. Ogni volta che qualcuno mi chiede: e allora, che fai tu?, rispondo che non lo so. Se non, appunto, il poco. Che è davvero poco.
Intanto leggo questo interessante articolo di Tanner Green dove si dice che anche i decisori non hanno le idee chiarissime su cosa fare:

“Nei giorni a venire coloro che sono in posizioni elevate saranno costretti a fare affidamento su giudizi sbrigativi e risposte emotive che guideranno le loro decisioni. ”

Cosa possiamo fare? Non lo so. Provare a essere diversi, tutti, da come siamo stati fin qui.

Mi piacerebbe parlarne domani a Recanati, alle 17, al Vecchio Granaio di Villa Colloredo Mels. Sì, è la presentazione di un libro. Ma forse questo possiamo fare: trasformare le occasioni, aprirci al dialogo. Ascoltare. Stringerci.

 

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