CHABON, WALLACE, GAIMAN:TRE LIBRI E UNA DEDICA

Intanto, sto leggendo Lupi mannari americani di Michael Chabon (piccola confidenza: mi capita, nei libri di racconti, di cominciare dalla fine come se fossero un manga. E in questo caso mi è andata benissimo: l’ultimo testo è una ghiottoneria per post-lovecraftiani).
Poi, dal momento che di pur sintetici manifesti poetico-letterari non si è –pare- mai sazi, ripesco dal
sito di 24sette una dichiarazione di Chabon medesimo sulla sua idea di letteratura:

Considero la letteratura come il mezzo migliore per trasportare la propria coscienza dalla prigione chiusa del sé al “fuori di sé”, per raggiungere il mondo degli altri, il mondo dei personaggi, un altro tempo. Vedo la letteratura fondamentalmente come uno strumento di fuga.

Ma non finisce qui. Dall’intervista di Antonio Monda a David Foster Wallace, su La Repubblica di oggi per l’uscita di Considera l’aragosta, riporto un paio di considerazioni.

Pochi scrittori come lei affondano le proprie radici espressive nella cultura americana, eppure il modello ideale, sia da un punto di vista culturale che etico è Dostoevskij.
«L´arte americana ha una relazione molto difficile con l’ideologia, la spiritualità e la politica. Negli ultimi anni ha subito anche una deriva cerebrale. Credo che Dostoevskij possa rappresentare un modello non solo da un punto di vista della grandezza letteraria, ma anche su un piano etico. Lo stesso si può dire ovviamente riguardo a Tolstoj, ed è una pecca del sistema educativo il fatto che i due autori non siano frequentati, ma confinati all´interno di un monumento solenne, intimorente e lontano. Quello che dovremmo imparare da Dostoevskj, e di cui avremmo un disperato bisogno in America, è il suo coraggio, la passione e la follia che viene trasformata in arte».
La definizione che ricorre abitualmente per descrivere il suo stile è post-moderno.
«E´ uno di quei termini che può significare tutto e niente. Francamente non lo capisco e non mi piace: l´ho sentito utilizzare a proposito di autori diversi come Cormac McCarthy e Don DeLillo. Per quanto mi riguarda mi definisco uno scrittore realista, e non conosco altro autore che nel proprio intimo non si consideri tale».

Infine, una notazione del tutto frivola.Apro I ragazzi di Anansi di Neil Gaiman (per il quale ho un debole, ammetto, dai tempi di Sandman: inoltre, se dovessi indicare il miglior lit-personal-blog in lingua inglese sceglierei indubbiamente il suo). Beh, questo si chiama saper fare le dediche:

“Lo sai come funziona. Apri un libro, leggi la dedica e scopri che ancora una volta l’autore l’ha dedicato a qualcun altro.

Questa volta è diverso.

Perché non ci siamo ancora incontrati oppure la nostra è soltanto una conoscenza superficiale, o siamo pazzi l’uno dell’altra, o non ci vediamo da troppo tempo ma tra noi c’è uno strano legame, oppure non ci incontreremo mai, ciononostante continueremo a pensarci con affetto…

Questo libro è per te.

Con quali sentimenti te lo dedico lo sai, e probabilmente sai anche da cosa nascono”.

8 pensieri su “CHABON, WALLACE, GAIMAN:TRE LIBRI E UNA DEDICA

  1. la definizione di Chabon mi piacicchia, a modo mio dico la stessa cosa citando Salgàri: scrivere è come viaggiare senza bagagli.
    (più facile da ricordare)

  2. Tutta sta teoria, per poi far pubblicare Giulia Blasi e The Petunias. Se la chiamo a ridipingermi il bagno, si porta il de prospectiva pingendi?

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