L'ORRORE DEGLI OTTANTA: GENNA/BEHA

Post lungo. Sul sito di Wu Ming è on line il nuovo numero di Nandropausa. Da non perdere, garantisco: si parla di Roberto Saviano, di Calciopoli, di Stephen King e di molto altro. Riprendo integralmente qui l’analisi comparata di Wu Ming 1 fra Dies Irae di Giuseppe Genna e Indagine sul calcio di Oliviero Beha. Merita.

Cosa abbiamo qui?
Il primo capitolo di Dies irae
è un colpo basso sferrato dall’alto di una prosa che mi ha incantato, prima di lancinarmi e farmi piangere, perché adesso lo so, so cosa vuol dire avere un figlio (figlia, nel mio caso), io so quanto progetto e fatica, quanta – semplicemente – vita si dedica e si riversa e prende forma in un figlio, il pensiero il sesso la gravidanza il travaglio il parto, l’aria che brucia prima la pelle e poi i polmoni, il pianto, il neonato non sa dove si trova e perché, non sa nemmeno chi è, cos’è, non vede niente, tutto è sfocato, le prime ore accanto alla madre, la fatica della suzione e la mandibola che fa male, e un’ora dopo la prima di tante coliche, aria che preme la pancia da dentro, esperienza di un dolore terribile senza parole per confinarlo, il bimbo non sa cosa né perché, la fame è un demone che morde, l’urlo e il pianto, la testa è pesantissima e il collo non la sorregge, e la fatica del genitore, i risvegli notturni che spezzano il sonno e la schiena, il correre in aiuto al minimo segno, l’ansia, respira?, dorme?, ha mangiato?, e il primo sorriso a farti sapere che ti è grato, cerca di darti in cambio quel poco che può ed è tantissimo, è tutto quel che ti importa, è un mondo intero che ti riempie le arterie, il miracolo di una bocca che si inarca, e il bimbo assimila, impara a tenere alta la testa, intreccia le mani, esplora il proprio corpo, mette a fuoco la vista, si impegna a stare seduto, e l’impresa del gattonare, e l’incubo della dentizione, lame che tagliano le gengive da sotto, la testa segata in due da nuovo dolore, male dentro le orecchie e malanni, e impara ad aggrapparsi e alzarsi in piedi, muove i primi passi, e nel frattempo cresce, impara, supera le malattie, afferra le cose del mondo, estende i campi sinaptici, partecipa all’impresa, s’inventa nuovi modi di ringraziarti per quello che fai, e il primo farfugliare parole immaginarie, fonemi liberi a circondare i primi nuclei di senso, i "mammamma" e "baba", e sempre avanti, sempre meglio, le parole, la corsa, il gioco, l’asilo, gli altri bimbi, la materna, la sfilza dei "perché?", la scuola, la vacanza dalla scuola, il sole, il profumo dell’erba, la mezza sera…
Alfredino. Un pozzo stretto e fangoso, profondo.
Qui comincia Dies irae, libro che sfonda tutte le pareti, ordinatissimo e scomposto, pagine curate all’ossessione o vomitate in un amen, pagine memorabili e altre da buttar via senza remore (ma quali sono le prime? e quali le seconde?). Tripudio sommesso dell’horror.
Vermicino prima e il Mundial un anno dopo (quello del pareggio pagato al Camerun per passare di turno) trasbordano il Paese negli Ottanta. Pertini è l’improbabile trait d’union, da Vermicino al Santiago Bernabeu ("Quando si muove il presidente Pertini è segnale che i fatti sono in qualche modo decisivi, le cose sono importanti. Ciò che è importante è ambiguo", pag.159).
Inizia una decade piena di ulcere, non ancora narrabile, soltanto aggredibile all’arma bianca, con una poetica del santo rancore, un personaggio che si chiama "Giuseppe Genna" e uno sterminato meta-romanzo di fantascienza che pare esista davvero e di cui qui leggiamo lunghi, interminabili estratti. Inoltre, articoli d’epoca, documenti, sedimenti, riscoperte rag-ge-lan-ti (cfr. pagg.160-161, il comunicato del Fronte Turkesh sulle condizioni di prigionia di Emanuela Orlandi).
Gli Ottanta. "Anni di merda", come da titolo di un libro di Oliviero Beha (su di lui tra poco). Il craxismo, Sposerò Simon Le Bon, i ragazzi dello zoo di Berlino, le tivù private pre-Legge Mammì. 
Dies irae
è pieno di similitudini implicite: il periodo 1981-1989 (da Vermicino al crollo del Muro) è come i primi cinque centimetri morbidi di suolo marziano. Il fondo duro che segue, su cui appoggia lo stivale l’astronauta Paul Bradley (vero nome di Mal dei Primitives: "i nomi sono potenti, anche se non sono niente"), è l’era berlusconensis. Che comincia a indurirsi nell’86, con il calcio, un arrivo in elicottero sul prato del Meazza (Moretti coglie l’attimo ne Il Caimano), e col calcio magari finisse!, con una fuga in elicottero da Arcore come De La Rua dalla Casa Rosada (Buenos Aires 2001).
Dies irae è pieno di dichiarazioni di poetica: "Fate ciò che desiderate, ma non sottovalutatemi" (pag.108); "l’unico libro che avrò mai desiderato scrivere" (pag.146, notare il futuro anteriore); "La sostanza che ci unisce in un tutto organico interdipendente è merda" (pag.254); "la calma tra un crollo e l’altro non è che un crollo di calma" (pag.299); "In realtà io non esterno. Io comunico. Io non sono matto. Io faccio il matto. E’ diverso. Io sono il finto matto che dice le cose come stanno" (pag.336, parole di Francesco Cossiga, alias Giuseppe Genna, riportate anche da Beha in Indagine sul calcio); "Ho dovuto fingermi pazzo per farmi ascoltare in un Paese di pazzi, ho dovuto fare il buffone per farmi seguire in un Paese di buffoni" (sempre Cossiga/Genna, ma è pag.164 di un altro libro, Indagine sul calcio di Oliviero Beha).
Dies irae e Indagine sul calcio sono due opere convergenti, entrambe smodate, esagerate a partire dalla mole, scritte in una lingua gonfia di incisi, parentesi, digressioni. Raccontano l’orrore degli ultimi venticinque anni (dal Totonero ’80 al 2006, da Vermicino al 2006) e passano in rassegna i medesimi scandali. Genna parte dalla storia nascosta del Paese e spesso tocca il calcio. Beha dimostra che il calcio, in fin dei conti, è la storia nascosta del Paese, o quantomeno ne è elemento fondamentale.
"Se penso al 1982…", ripetono entrambi gli autori. "Il Mundial come amnistia generale". Ieri e oggi sono la stessa cosa, o si fa di tutto perché lo siano. Beha è convitato di pietra in un capitolo del libro di Genna (pagg.157-159). Gianni Brera compare in entrambi i libri. Genna intervista l’ex-calciatore Nordahl in qualità di ambasciatore del turismo lappone. Il calcio induce Genna bambino a comprare una copia del giornale milanese La Notte (e qui c’entra Roberto Bettega, Cabeza Blanca, non ancora elemento della triade juventina con Moggi e Giraudo). Genna ricorda quando fu costretto a improvvisare un panegirico di Totò Schillaci ("non festeggia, ghermisce il suo brandello di cielo…"). L’aneddoto su un attaccante argentino comprato dalla Grande Inter dà il senso di quanto pidocchiose siano le nostre epiche personali.
Indagine sul calcio mette in fila tutto il marciume del calcio dal Totonero ’80 a oggi, passando per il primo scudetto del Milan berlusconiano (su cui grava la gigantesca ombra della camorra), il Totonero ’86, un misterioso Roma-Lecce 2-3 all’ultima di campionato con il Lecce già in B, il disastro dell’Heysel, svariati episodi di corruzione arbitrale (si parla della finale d’andata di Coppa UEFA tra Inter e Roma), gli scandali edilizi e gli "omicidi bianchi" di Italia ’90, il passaggio sperequativo di Lentini dal Toro al Milan, il doping, Moggi come il prezzemolo, la scomparsa del corpicino del figlio morto di Salvatore Bagni, la torta dei diritti televisivi, il padre dei conflitti d’interesse, fino all’anticamera dello scandalo di oggi: il nubifragio perugino, il puledro di Gaucci, i passaporti falsi etc.
Al termine della lettura (631 pagine), appare più che probabile che tutti i campionati di serie A degli ultimi 25 anni siano stati virtuali, combinati, comprati, svenduti, sabotati, avvelenati. Revocarne due – o addirittura uno solo, il penultimo – è una mezza pagliacciata.
Il sistema-calcio è il Paese, l’identità è totale. Per capire il capitalismo italiano bisogna capire il sistema-calcio. Per capire la politica italiana bis
ogna capire il sistema-calcio. Dal Ventennio in avanti, non si può raccontare la storia di questa palude senza parlare di calcio. Il calcio è il punto archimedico da cui sollevare e rovesciare il Paese, le sue statue, i suoi macigni. Come al solito, la sinistra (chiamiamola così per comodità) non lo comprende, nemmeno in questi giorni di scandalo e Coppa del Mondo. Beha, del resto, descrive i vani tentativi di "chiedere conto, culturale, politico ed economico, [alla sinistra] di questo Paese della [sua] ignoranza, insensibilità, sottovalutazione del fenomeno calcio e delle sue sfaccettature" (pag.143).
Quanto a Dies irae, nessuno dei recensori ha fatto notare quanto il calcio sia presente nel libro. Forse qualcuno un giorno scriverà una tesi o tesina: "Il calcio nel Dies irae di Giuseppe Genna". Anzi, guardate, ne traggo un’esortazione: studenti, prendete in mano questo libro, o meglio, entrambi i libri. Leggeteli con l’orecchio teso a quel che fa Borrelli.
Termino con le immortali parole di un altro personaggio del libro, Nicola Crocetti: "Le fighe con cui si sposano e girano i poeti! Rancide, brutte, esteticamente da censurare, la loro controparte esatta e perfetta, che gliela dà per pietà e ammirazione, ma solo queste inacidite donnette, queste massaie che si sentono sollevate dalla grigia normalità perché il marito stampa dei versi – solo questi corpi difettati, queste isterie su due brutte gambe possono aprirgliele, le gambe, a gente come i poeti italiani… Ma non li vedete? Hanno la forfora, i denti guasti, certi strabismi… Da cui si enfia un ego spropositato, inversamente proporzionale alle reali capacità di immaginare, di fondersi in una lingua, alle alte temperature! Ma quali alte temperature! Questi al massimo mettono i surgelati nel microonde!" [WM1]

42 pensieri su “L'ORRORE DEGLI OTTANTA: GENNA/BEHA

  1. Non mi sembra una sviolinata. A dire il vero, non mi sembra nemmeno dica che Dies irae è un libro riuscito (dice anzi che ci sono parti da buttar via). Diciamo che “mette al lavoro” il libro accostandolo a un altro, per far emergere parti che nessuno aveva notato.

  2. sviolinata a metà?!
    si leccano fra loro
    genna lecca ming
    ming lecca genna
    e così via
    rimangono fra loro
    mica se li fila qualcun altro
    patetici

  3. ma è possibile che in questo e in altri siti letterari si parli sempre e solo dei wu ming e di genna che nella letteratura contemporanea contano come il 2 di coppe quando regna bastoni?

  4. WM1 non dice che si tratta di un libro riuscito. La sua recensione mira, per metà, a dimostrare l’esistenza di un luogo di deposito di libri magari anche non riusciti, come ASCE DI GUERRA di cui egli dice, che sono oggetti narrativi per cui mancano classificazioni. Si tratta però di oggetti letterari, oltre che pericolosi, anche potenti. Per l’altra metà, la recensione di WM1 incrocia non a caso Genna con Beha: è in gioco una valutazione della storia d’Italia.
    Infine, mi domando se Fortini che si occupava di Pasolini, Calvino di Fenoglio, Vittorini di Pavese ispiravano schifo. Che si incrocino scrittori che parlano di colleghi segnala l’aggregazione di una società letteraria di tipo nuovo e antico, e secondo me è un fatto positivo. Comunque questa critica si sta trasformando nell’ANNOSA QUESTIONE – IL RITORNO.

  5. Bue stanco, cui disse la vacca, perché ci vieni, qui, allora? Io ti suggerisco un luogo ecumenico, dove si parla di moltissimi autori, che è vibrisse. Così la vacca non ha nulla da ridirti su certi miasmi.

  6. L’orco-bue è disattento: una rapida occhiata agli archivi dimostra che qui non si parla affatto esclusivamente di Genna e Wu Ming. Nè la sottoscritta intende rinunciare a segnalare quanto di sano e interessante viene prodotto in rete solo perchè, prevedibilmente, qualche grazioso commentatore verrà a lamentare di cricche e slinguazzate e sviolinate.
    State bene.

  7. Bue stanco, è questo il punto: tu frequenti sempre le stesse due o tre vacche da pascolo universitario, che proprio non sanno giocare a briscola, e credi che regni bastoni, quindi sbagli le giocate (e i commenti). Ti informo che regna coppe.

  8. Punto primo:-come dice “boh” i wu ming se li filano davvero in molti, e aggiungo che anche giuseppe genna se lo filano sempre più persone (per fortuna). E poi ha ragione loredana quando dice che i continui scambi fra scrittori (ad es. quello fra wu ming e g.g.) costituiscono un dibattito utile.
    -punto secondo: faccio parte dei recensori di dies irae (leggi qui), ossia di coloro che WM “accusa” di non aver citato il calcio parlando del libro di Genna. Ebbene, ritengo che non andasse fatto perchè ogni elemento di Dies Irae si discioglie in un’aspirazione alla ‘totalità’, nella quale viene inglobato anche l’autore stesso, nelle vesti del personaggio dello “scrittore giuseppe genna”. Dunque romanzo totale, sia formalmente che come compendio politico-morale dell’ultimo ventennio, nel quale , come ci fa capire giuseppe, viene inglobato, tutto, anche il calcio che ha dignità solo in quanto epifenomeno.
    -terzo punto: a questo proposito, ri-rimando al mio breve post su scandali calcio e veline: qui
    grazie
    stefano castelli

  9. ci tengo particolarmente, per cui emendo la rece di wm1 da un marchiano errore: il “misterioso Roma-Lecce 2-3 all’ultima di campionato con il Lecce già in B” fu invece la penultima del campionato ’85/’86, che andava a incrociarsi con juve-milan 1-0 (goal di michelino laudrup). l’ultima giornata di quel campionato vide la roma perdere 1-0 col como.
    ricordo che stavo al comunale di torino, mentre la roma perdeva miseramente, e l’unico mistero di cui non riuscii a capacitarmi fu il giro di campo trionfale che dino viola fece prima della partitona col lecce…

  10. Vero, era la penultima di campionato. 20 aprile. L’anno è lo stesso che ho riportato (1986, anno di calcioscommesse, eppure nessuna indagine su quella partita), ma ho sbagliato la posizione nel calendario.
    Correggo immantinente, grazie della segnalazione.
    E’ comunque vero che il Lecce era matematicamente in B, e da diverse settimane, che la Roma veniva da una rimonta di 8 punti sulla Juve raggiungendola in vetta alla classifica, che la Roma era imbattuta in casa (in quel campionato aveva giocato 15 partite all’Olimpico: 14 vittorie e tre pareggi). Le chances di riportare lo scudetto a Roma c’erano tutte.
    Il giro di campo prima della partita non è affatto un “mistero”: se – come molti ripetono da anni – il pareggio fu davvero concordato tra i due spogliatoi, non è certo implausibile che il presidente Viola ne fosse all’oscuro. Altrimenti perché comportarsi come se lo scudetto fosse già vinto? Per rimediare una colossale figuraccia?
    A tutt’oggi quell’improvviso “calo di forma” della Roma nelle ultime due giornate di campionato rimane enigmatico. Occorrerebbe risalire la corrente del “cui prodest”. Ho un improvviso vuoto di memoria: chi vinse il campionato quell’anno? :-)))

  11. Errata corrige, ho scritto “pareggio” perché vengo da una discussione sul famoso Lecce-Parma arbitrato da De Santis 😛
    Volevo scrivere: “se il risultato fu davvero concordato”.

  12. facile sparare sulla crocebianconera: quattro scudetti sui dieci targati anni ottanta andarono alla goeba, un po’ sotto la media a dire il vero, per cui è verosimile che nella stagione 1985-1986 gaudio e tripudio fossero appannaggio dei servi degli agnelli.
    ricordo che boniek giocò il miglior campionato della sua vita, in una posizione arretrata rispetto al suo solito, e che un po’ tutti erano convinti che i romanisti si sarebbero pappati lo stracotto torinese in un solo boccone. pensare oggi che oltretutto magari vendettero la partita e la stagione, beh, è splendidamente inverosimile e mi fa godere di brutto. Forza Lupi!

  13. Beh, non è l’unica stagione di cui si sospetta, e non è l’unica squadra.
    C’è tutto il nerissimo capitolo sul Napoli, l’anno dopo il primo scudetto, campionato vinto dal Milan neo-berlusconiano.
    In quel caso gli elementi di dubbio e sospetto sono anche più forti e circostanziati.
    Successero cose davvero strane, quell’anno, di settimana in settimana. Minacce di morte (a Maradona), accenni di scioperi dei giocatori, capri espiatori (Bianchi e Giordano), voci insistentissime su scommesse controllate dalla camorra, e qualche anno dopo ci fu il caso del cadavere del figlioletto di Bagni…

  14. osti, quella del baby-bagni me l’ero dimenticata…
    comunque ferlaino, don luciano e camorristi vari si rifecero nel 1989-1990, coll’episodio di alemao a bergamo e la pagina della gazza comprata dal silvio, in cui raccontava di aver fatto la prova lui per primo, a dimostrazione inoppugnabile che una moneta scagliata dalle tribune non ammazza il terrone manco se è brasileiro. la domenica del verona-beat e dei milanisti tarantolati stavo a rotterdam a ballare per la strada e non son sicuro di essere stato più fuori di loro. Forza Milan (e forza lupi)!

  15. Sì e no: in effetti corrispondo in tutto e per tutto alla descrizione fisica e morale del poeta (e non a caso, una volta ho persino pubblicato per Crocetti), però non sono sposato… 🙂
    In realtà, è solo che mi aveva fatto sorridere la visione della donna come (al massimo) moglie/amante di qualcuno. Mentre per (mia) fortuna, tutte le poetesse che conosco sono bellissime e bravissime. Delle gran fighe, direbbe il Crocetti-personaggio con lo stuzzicadenti in bocca e ravanandosi le mutande mentre guarda la partita.
    Torna al tuo aperitivo, io vado a farmi il mio. Ciao bel ninìn!

  16. Anch’io ricordo il finale di campionato dell’86. Roma e Juve erano ambedue stracotte, con una differenza: Trapattoni lo aveva capito, e fece giocare le ultime partite al risparmio, perdendo punti ma mantenndo un minimo di energie (in compenso Laudrup era rientrato da poco da un infortnio, e quindi era più fresco di altri, come pure Briaschi che gli fece l’assist), Erickson aveva perso mezzo campionato a sbagliare modulo (convinto di poter giocare con Pruzzo lanciato lungo in velocità da Conti invece che cercato per traversoni orizzontali), e non si era reso conto nella partita precedente (Pisa-Roma 2-4, ma con la Roma che aveva rischiato di brutto) di aver speso le ultimissime energie ed era rimasto senza Cerezo, il vero perno della squadra.
    Ah, il Como: era la squadra più in forma nel girone di ritorno, avrebbe battuto anche la Juve a maggio, se l’avesse inontrata. E Marchesi aveva già firmato per la Juve (dove andò a fare danni).
    🙂

  17. La voce che girava all’epoca è che i giocatori della Roma avessero scommesso sul 2 col Lecce alla fine del primo tempo, ma – proprio perché stracotti – non riuscirono a rimontare nella ripresa.
    Se così fosse, sarebbe perfetta commedia all’italiana.
    Si disse anche che la rimonta di otto punti sulla Juve fosse stata in qualche modo “concessa” (leggi: orchestrata) per movimentare il campionato.
    Si dissero tante cose, ma alla fine una sola è certa e documentata: quello fu un campionato condizionato dal totonero, tanto in A quanto in B, ma all’epoca non esisteva il reato di “frode sportiva” quindi non c’erano le condizioni (la giustizia penale che sprona quella sportiva, altrimenti lasca se non corrotta) che hanno fatto detonare lo scandalo di oggi.
    Alla fine dei processi sportivi, pagarono l’Udinese (con nove punti di penalizzazione), il Vicenza (appena promosso dalla B, dovette tornarci senza passare dal via), la Lazio (nove punti di penalizzazione in B), il Cagliari e il Palermo (5 punti di penalizzazione in B) e svariate altre. Tra gli allenatori coinvolti e condannati, Renzo Ulivieri (che ancora oggi si proclama innocente).
    Insomma, non mi sembra per niente peregrino sospettare che, in un clima del genere, il totonero abbia influenzato anche il duello Roma-Juve per lo scudetto. E infatti lo si sospetta da vent’anni 🙂

  18. Non ne possiamo più di scrittori da supermarket e zona d’attesa in aereoporto come Genna e Wu Ming. Il fatto che qualcuno – condizionato dalla martellante autopromozione sulle Rete che entrambi fanno – non vuol dire che si abbia bisogno dei loro fluviali romanzi postmoderni privi di radici.

  19. Ecco, lo vedi, Muedestenochse? Ti fidi delle solite due tre vacche, e scrivi vaccate. UNA cosa non si può dire di quei romanzi. UNA. Tutte le altre sì, ma quella no. E tu l’hai detta. “Privi di radici” :-)))
    Frequenta altre vacche, è un consiglio da amico.

  20. Confermo, del tutto privi di radici. A meno che non si debbano considerare come tali le traduzioni dei romanzoni di pynchon e de lillo e forster wallace!

  21. Ecco! A pensarci, questa è l’altra cosa che proprio non si poteva dire. E l’hai detta! Lo capisco, è difficile staccarsi dal proprio primo amore (senza riferimenti all’omonimo sito!), ma devi proprio cambiare vacca: quella che hai ti irretisce e ti spinge a muggire su cose che non hai letto. Ti manda al macello, insomma. Prima si legge, poi si stronca. Invece tu hai una tipa che ti stronca (la carriera di commentatore).

  22. Scusa Bue Stanco, a me interessa il tuo punto di vista su radici e romanzi di Genna e WuMing1, te la senti di sviluppare la cosa e mandarmela: vorrei vederla in forma di topic da qualche parte (se è bella e interessante) per avere un vero dibattito (né qualcosa di autoreferenziale tra Genna e Wu, né qualcosa di gratuitamente offensivo). Grazie
    la mia mail è titonco@hotmail.com

  23. oooh, evvai!
    con la scusa della politica finalmente si può fare un po’ di bar dello sport senza sentirsi in colpa.
    😉
    (curiosità a biografo: ma lo facciamo anche un po’ di sport attivo, o solo frittatona e rutto libero?)
    poi volevo chiedere a wm1:
    colpo basso sferrato dall’alto
    lancinarmi
    farmi piangere
    l’aria che brucia
    il pianto
    fatica
    dolore terribile
    un demone che morde, l’urlo e il pianto
    lame che tagliano le gengive
    testa segata
    libro che sfonda tutte le pareti
    pagine curate all’ossessione o vomitate in un amen
    Tripudio sommesso dell’horror
    una decade piena di ulcere
    aggredibile all’arma bianca
    una poetica del santo rancore
    riscoperte rag-ge-lan-ti
    merda ci unisce in un tutto organico
    smodate, esagerate
    lingua gonfia di incisi
    l’orrore degli ultimi venticinque anni
    disastro
    corruzione
    marciume
    scandali edilizi e “omicidi bianchi”
    corpicino
    fondersi in una lingua, alle alte temperature
    ecco, sono un po’ stupito che manchi “calor bianco”. Io ce l’avrei messo, fa sempre la sua porca figura. Che ne pensi?
    (se fa per scherzà, eh)
    🙂

  24. L’errore madornale è scrivere “i libri di Genna e Wu Ming”. I libri di Genna sono diversissimi da quelli di Wu Ming, come potrà testimoniare chiunque li abbia letti. I libri di Wu Ming hanno trame controllatissime, ad esempio. Non sono – uso la parola di WM – “smodati”. “Senza radici” è un’idiozia, dato che sono romanzi storici che in qualche modo celebrano la tradizione rivoluzionaria europea (e non soltanto), la storia dell’antifascismo etc. Può piacere o no, alcuni libri sono meglio o peggio di altri, ma non si può dire che siano senza radici. Non capisco tutto questo impegno ad attaccare degli scrittori, a meno che questi attacchi non provengano da altri scrittori meno fortunati, non so… Che gli scrittori recensiscano altri scrittori non mi sembra una novità, è piuttosto consueto. Tanto più che questa è una recensione “problematica”. O si contesta l’esistenza stessa di Nandropausa come e-rivista, e si dice che gli scrittori non dovrebbero MAI recensire altri scrittori (un’assurdità, dovrebbero tacere tutti quanti, anche Mozzi, Moresco, Scarpa etc.), o si dice chiaro e tondo qual è il problema vero.

  25. @ bg, eppure pensa che quanto ha scritto WM1 è quanto di più condivisibile e vero sul rapporto di un genitore con un figlio neonato abbia letto ultimamente (e a me, genitrice, fa venire in mente che l’esperienza della fisicità e della carnalità non è soltanto prerogativa materna: per fortuna di uomini, donne e bambini).
    @Angelini: a cuccia.

  26. bg: da tempo parlo solo di calcio. E’ l’unica cosa che mi rilassa dalle fatiche del libro e della family life. E’ il mio spiraglio di zazen. Sono tornato al fanatismo calcistico dell’adolescenza, ma ho spostato l’accento sugli scandali. Da dicembre ho abbandonato la blogosfera letteraria, ma se mi si chiede qualcosa sul calcio, io ci sono. Non qui, però. Ho messo su una pagina apposita, temporanea:
    http://www.squidoo.com/italiansoccer/

  27. – lalip, massì, lo so.
    o almeno, lo saprò ancora meglio tra un paio di mesi 😉
    il mio era solo un accento noioso sul rapporto realismo-manierismo, ingiustamenti considerati opposti
    (del resto qualche tempo fa ho postato una cosa non so quanto condivisibile o vera sul rapporto tra un genitore e un futuro neonato, con tanto di ecografia – forse l’hai vista – quindi chi è senza peccato…)
    – wm1, io confesso un rapporto morboso con qsvs, trasmissione cult del trash calciofilo lombardo. in effetti mi sembra rilassante. la deriva scandalistica invece mi perplime, tende a farmi pensare, non so quanto sensatamente 😉
    (e ho anche smesso di giocare a 7 il martedì, qui va tutto in vacca…)

  28. Sul calcio: ma non è che allora ha quasi ragione il protagonista di Sbadatamente ho fatto l’amore di Camilla Baresani (Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, 2003), quando, rispondendo alla domanda di tale Andrea [coincidenza: originario come me di Ascoli] su quale sia «la disciplina artistica più importante, più essenziale per la vita delle persone», conclude dicendo: «Però, però… ragazzi, sapete che tutto sommato, quando invecchi capita che non te ne freghi più molto della lettura, della musica… in fin dei conti la vera superiorità è quella del calcio. Questo si capisce solo dopo: io passerei ore a vedere partite di football. Persino la trasmissione sui migliori goal data dalla più squallida delle tivù locali è meglio di tutto il resto. Dici “che palle!” e però la guardi fino in fondo, fino ai titoli di coda. Invece quando leggi non ti ricordi un tubo, la musica ti precipita nel passato e fa venire il magone, alle feste bevi sempre troppo con conseguenze devastanti sulle tue varie patologie… bene, questo non c’entra con l’arte, ma comunque fa parte del discorso». Per quel che mi riguarda, devo confessare che, dopo vent’anni di sostanziale disinteresse, nella scorsa stagione mi sono fatto riprendere anch’io dall’insana passione infantil-adolescenziale, tornando allo stadio con tanto di abbonamento in curva e (almeno fino a che non venissero fuori gli ultimi scandali) anche con vero gusto.

  29. imo, invece, le partite sono nel 90% dei casi la parte più noiosa. Ciò che le salva è il tifo: senza di esso nessuno sano di mente guarderebbe spettacoli in cui per ore non succede nulla di rilevante (salvo i rari casi dei fenomeni). Molto meglio giocarlo.
    Quello che è davvero divertente è il bar sport, cioè il prolungamento del tifo con altri mezzi, e la chiacchiera sbracata e pontificante, e l’attenzione morbosa del bambino un po’ nevrotico in fissa per la sua passione preferita…
    (che poi in italia il calcio sia anche una metafora della politica – e biscardi l’ater-ego di vespa – è un’altra storia, o magari no)

  30. C’è in verità chi considera il calcio addirittura “la metafora totale”, e non è un italiano ma il messicano Ugo Pipitone, che in un articolo di quattro anni fa scriveva: «Una persona guarda la partita ed è come se si vedesse passare davanti agli occhi frammenti della storia nazionale, simboli di forza e di debolezza, drammi umani, vigliaccherie, errori, gesti di coraggio, tecnica, strategie fallimentari e di successo, sconfitte che bruciano come poche altre, esaltazioni tribali, atti di altruismo, protagonismi suicidi e vergogne celate per un rigore mancato o un gol nemico, reso più facile a causa di una disattenzione o dell’arroganza. Il calcio è la madre di tutte le metafore. Almeno lo è nella parte di mondo che va dalla Russia all’Europa occidentale, passando per il Medio Oriente e l’Africa, fino ad arrivare al sud del continente americano, una zona che adesso dà segno di volersi espandere fino ad attraversare lo stretto di Bering. Secondo la mia (modesta?) opinione il baseball, la pallacanestro e l’hockey sono sport poveri in confronto al senso drammatico e alla densità simbolica di una partita di calcio, soprattutto quando si tratta di una partita dei Mondiali. […]». Secondo Ian Buruma, invece, in un articolo sempre di quattro anni fa, «il calcio è l’unico modo innocuo che abbiamo per provare il brivido della guerra», ovvero per «ritualizzare l’aggressività», come aveva già sostenuto Konrad Lorentz a proposito degli sport in genere. I quali (sempre a detta di Buruma): «Tutti hanno a che a fare con istinti potenzialmente pericolosi, che non possiamo controllare, ma che non dovremmo mai negare. Perché possono spingersi a esprimere il nostro peggio, ma anche il nostro meglio».
    PS Mi scuso per la mia mania citazionista.

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