La prima cosa che mi ha colpita: le facce. In televisione, sui cartelloni, in strada. Facce di persone normali, uomini e donne. Spesso, queste ultime, senza trucco. Non sciatte, in nessun modo: normali.
Normali, non particolarmente belli o necessariamente giovani, gli uomini e le donne della pubblicità o che conducevano programmi televisivi. Normali e a proprio agio.
La seconda cosa che mi ha colpita è un pensiero. “Ma allora si può davvero vivere in un altro modo”. Un modo dove si è cortesi con gli altri e dove ci si sente – almeno questo appare al visitatore – comunità.
Comunità è una parola che sottintende cose banali (gli avvisatori acustici per i ciechi a tutti i semafori, una metropolitana comodissima e puntuale) e meno banali. Fra le meno banali: asili aperti tutti i giorni, anche ad agosto, e realizzati – non ridete – sul modello del nostro Reggio children. In mezzo alla neve (o, d’estate, ai parchi), bassi, accoglienti, a misura di.
Poi.
Congedo parentale di diciotto mesi da suddividere fra padre e madre all’80% di stipendio. Dentista gratuito fino a diciannove anni (e fino alla medesima età, si entra gratis nei musei, e si paga meno in metropolitana e tutti gli studi, università inclusa, sono gratuiti), ma a diciotto si va via di casa e si trova lavoro. Assistenza garantita quotidiana per gli anziani non autosufficienti. Quartieri per over 65 (quartieri, non case di riposo) perfettamente organizzati.
Quando, lunedì sera, ho tenuto la mia relazione all’Istituto di cultura italiano, molte donne presenti (e molti uomini) mi hanno detto che la questione di genere in Svezia non è affatto risolta, e che le posizioni apicali sono ancora appannaggio maschile, e che le disparità di retribuzione esistono ancora.
Ma.
Ma tutto questo è minimo rispetto alla nostra situazione: e il movimento delle donne svedese è fortissimo e presente. E compatto.
Ci sono domande a cui non ho saputo rispondere (una, classica: “come mai non succede niente, da voi?”). Ci sono affermazioni che mi hanno fatto male (“in Svezia gli immigrati sono trattati bene, non come da voi”). Ci sono, certissimamente, le problematiche: l’alcolismo, per esempio, che viene affrontato con molti divieti (niente alcol ai minori di diciannove anni, niente alcolici in vendita la domenica, controlli a tappeto) ma, da quanto capisco, tutt’altro che risolto.
Però.
Però Stoccolma mi ha conquistata: non solo per la bellezza della città, ma perchè, appunto, con tutte le riserve che si vogliono, un altro modo è davvero possibile.
Ben ritrovato, commentarium.
Mentre eri in Svezia, sono andato a curiosare al Vega di Marghera, Sala 1, Edificio Porta dell’Innovazione, dove alle 15 era previsto un evento a dir la verità non proprio eventosissimo: il solito Wu Ming 1 che rispondeva alle solite domande su Autorialità con la A maiuscola (notoriamente deprecata, yawn, dai Quattro di Bologna), e autorialità con la a minuscola (fortemente caldeggiata dagli stessi). Lo interrogava il filosofo Galzigna, che si era portato appresso la fida Ibridamenti (al secolo Maddalena Mapelli), nota per il suo vezzo di pronunciare la parola “avatar” con l’accento sulla seconda a (insomma dice “avàtar”). Dopo aver citato, come suo solito, gli adorati Foucault e Deleuze, che evidentemente considera Autori con la A maiuscola, Galzigna ha invitato Wu Ming 1 a spiegare ai diligenti studenti intervenuti in sala la differenza tra i Wu Ming, autore collettivo decisissimo, sì, a vendere libri, ma autoimponendosi le oulipiane “contraintes” di non andare mai in televisione e di non far mai circolare immagini dei propri volti, e Sveva Casati Modignani, autore collettivo (composto dai coniugi Bice Cairati e Nullo Cantaroni, n.d.r.) che è riuscito a vendere libri senza mai andare in televisione o far leva sull’appeal facciale (solo pochissimi conoscono i lineamenti di Bice, ormai rimasta orba di tanto Nullo marito). Wu Ming 1 ha risposto che sì, come dice Barthes, bla bla… e come conferma Zizek (che ha il merito aggiuntivo di rendere comprensibile Lacan), Sveva Casati Modignani ha venduto milioni di libri, mentre loro appena qualche migliaio, e bla bla… ma che tutto sommato anche Salinger è finito in una bella contraddizione, quella di diventare autore di culto in grazia della propria volontaria assenza, e bla bla… e che il collettivo di cui fa parte davvero non se la sentiva di vivere la banalità dell’autorialità, ovvero i fastidi del divismo (ancorché compensati dalle royalties) che le apparizioni in tivù inevitabilmente comportano. Ultimamente, anzi – ha precisato, – lui e i suoi amici hanno alzato il tiro, imponendosi una nuova audacissima contrainte: rifuggire non più solo la tivù, ma anche il Libro delle Facce. Ha poi chiarito che il profilo già esistente in Facebook non c’entra nulla con loro, essendo stato creato ad arte da non si sa bene chi, forse un’amica di Genna. A quella notizia Maddalena Mapelli è scoppiata in lacrime, poi, con una faccia da maddalena pentita, l’ha supplicato di ripensarci. Allora Wu Ming 1, che forse nel fondo del fondo del fondo è un magnanimo, per consolarla le ha assicurato che continueranno comunque a frequentare Anobii (farcendolo di recensioni entusiastiche di loro stessa confezione sartoriale) e anche il social network “Twitter”. Insomma da oggi in poi la nuova sfida (e consegna) sarà:
Twitter = buono, Facebook = no ‘bbuono.
che dirti loredana, l’inghilterra non e’ la svezia sotto vari aspetti, e i suoi bei casini da alcohol in giu’ ci stanno eccome, ma molte delle cose che menzioni su (le “facce normali” innanzitutto) sono, come dire, common place, in molti posti. Certo se le uniche notizie che riporta l’immarcescibile “inviato da londra” sono quelle del weirdo che si spoglia davanti alle guardie della regina (o dalla scandinavia di quelli che fanno il bagno nel ghiaccio a capodanno) non e’ che si aiuti molto la diffusione del messaggio che, si, si puo’ vivere in un mondo diverso, che infatti si vive e basta in un modo diverso, non e’ che lo si faccia con uno sforzo cognitivo particolare.
Forse un modo per salvare questo paese sarebbe obbligare tutti i cittadini (non solo gli studenti) a un anno di “Erasmus” all’estero. Immagina quante cose cambierebbero!
Speriamo ti rifiutino l’asilo, altrimenti c’è il rischio che tu esporti la censura pure là.
bella la proposta di Erasmo. Ma…chi me lo paga l’Erasmus? provvedi tu?
Lo trovo un commento molto equilibrato, in cui dici anche che i locali ti avvertono che non tutto è completamente superato. Però riconosco moltissimo di quello che dici nei motivi che mi ibncoraggiano a restare nei paesi Bassi e che mi scoraggiano dal fare un tentativo serio di portare la mia famiglia in Italia e fare un tentativo io per rientrarci.
Anch’io sono uscita con un Erasmus, e dico ad Alice che si, la borsa esisteva non per coprirti tutte le spese (parlo del 1991) ma solo quelle extra derivanti dal trasferimento temporaneo. In fondo l’università in italia tocca sempre pagarla, no? specie se sei fuori-sede.
Il punto è che uscire dall’Italia oggi per studio, un master, uno stage è molto più facile di quando sono uscita io, anche solo perché nel frattempo c’è Internet che solo per raccogliere informazioni ed organizzarsi è una risorsa di portata incommensurabile, paragonata a quello che (non) c’era prima, quando andavamo a manovella.
Le scelte nella vita si pagano in prima persona senza sconti, soprattutto quelle di comodo. e uscendo ti rendi conto anche che esistono mondi possibili e magari ti viene voglia di crearli a casa tua questi mondi possibili (non è uno spot dell’Ufficio emigrazione il mio,sia chiaro:-0)
In realtà io trovo che da noi stiano succedendo tante cose, che nemmeno i paesi nordici ci sono arrivati senza sforzo, ma anzi, con un grosso lavoro di cambiamento, ma forse occorre delle volte guardarsi attorno e guardarsi con occhi diversi.
Anni fa ho dovuto parlare degli stessi argomenti a un pubblico europeo (forse più giovane) e altrettanto sbigottito durante uno scambio finanziato dalla UE. Né esistevano ‘ancora dalla parte delle bambine’ né ‘il corpo delle donne’, perché mi sarebbero stati utili. Le domande erano le stesse, -perché non fate niente- e vaglielo a spiegare il perché.
Tralaltro i nordici (non specialisti della materia, ma ragazzi dai 20-25 anni) erano ben consci che il problema di genere è concatenato con quello delle minoranze molto più dei cugini latini. ad esempio la Danimarca ha (aveva?) una delle occupazioni femminili tra le più alte d’Europa e anche il minor numero di stupri. Sono corollari sul ruolo sociale che a molti sfuggono.
E molti detrattori potrebbero dirti che il modello nordico funziona solo da quelle parti perché sono pochi (il che può essere vero) e che allora è facile parlare di asili e di tutto il resto. Ma allora chiediamoci come mai in Germania le cose funzionino tutto sommato bene.
Loredana, ma ‘ancora dalla parte delle bambine’ in altre lingue?
Le facce e i corpi normali, è vero, mentre qui anche negli articoli che ti parlano del cancro al seno si vedono foto semiartistiche di modelle…
Il movimento delle donne è forte lassù ma la cosa bella è che ho sentito spesso uomini svedesi farsi gran vanto dell’emancipazione delle loro conterranee. Soprattutto – e ne ho conosciuti tanti – non tirano mai fuori argomenti del tipo “però hanno perso la loro femminilità, sono meno attraenti, vogliono fare gli uomini ecc.”, e nemmeno ho mai sentito il viceversa riguardo a quelli che qui vengono chiamati “mammi”. A livello sociale non è assolutamente accettabile essere maschilisti, razzisti e compagnia bella, cose che qui invece si usano per fare campagna elettorale.
La questione dell’alcolismo purtroppo è grave e la Svezia fa fatica a tenerla sotto controllo, ci sono delle politiche statali un po’ goffe, a cui si uniscono le prediche bacchettone del movimento dei ‘nykterister’, gli astemi per scelta (che ad esempio a Natale invitano a non regalare la classica bottiglia come omaggio aziendale). In generale è una brutta faccenda.
Mi pare purtroppo che anche in Italia il consumo di alcol tra i giovani stia aumentando molto…possibile, con tutte le cose buone della Svezia, che dobbiamo assomigliarle proprio in questo %-[
Ah bentornata! io ho la riprova inversa quando vengono i nordeuropei o i nordamericani da me a lezione di italiano – perchè stanno per un periodo di lavoro qui. il gap salta agli occhi, e le donne che sono qui per lavoro, sono spesso molto infastidite. C’è anche questa cosa per cui il sessismo e il razzismo non è che necessariamente li scandalizzi e li indigni, alle volte lo trovano ridicolo per loro il commento volgare alla bionda è un po’ come la cucina coi fornelli anzichè con le piastre, una curiosità entomologica. e dicono – confrontando con l’immagine mediatica che arriva loro L’Italia? Un bluff.
Anche mia figlia Giulia ha avuto occasione di andare a Stoccolma nell’aprile dello scorso anno dove l’avevano invitata a presentare il suo libro, è rimasta conquistata non solo dalla bellezza della capitale ma proprio dai suoi abitanti, dal modo di vivere che probabilmente è caratteristico dei paesi nordici e fare il paragone con l’Italia è un colpo al cuore!
Molto interessante, questo post. Interessante perché che la Svezia sia avanti è fatto noto e risaputo. Però, come sempre io pongo dei però. Un tempo c’era la questione dell’elevato tasso di suicidi, vedo che ora son passati all’alcool. Non mi interessa il mezzo, però il perché sì.
Che noi al confronto degli svedesi siamo dei trogloditi maschilisti non v’è dubbio alcuno, così come non v’è dubbio (secondo me ovviamente), che il femminismo italiano non ha raggiunto e non potrà raggiungere alcun risultato utile così com’è. Gli svedesi però nonostante tutta la loro figaggine hanno dei problemi e pure seri.
Domanda: non so se l’avete letta la trilogia Millenium, scritta da un giornalista svedese. io mi sono chiesto più volte se quel modo di concepire le donne sopratutto nel secondo e terzo libro quando si parla di traffico di donne dalle repubbliche baltiche sia frutto di pura immaginazione oppure se ci sia qualcosa di vero lì dietro.
Per il resto (specie su lato organizzativo) niente da dire noi capre loro marziani.
Però sul cibo noi marziani e loro capre eh!
Ho sentito anch’io parlare (molto) bene della Svezia e del suo stile di vita, soprattutto per l’applicazione delle nuove tecnologie.
da noi ti rispondono come il secondino ignorante ad alberto sordi in detenuto in attesa di giudizio “le svedesi son tutte bottane!!!!”