COMMENTANDO ALCUNE NOTIZIE DI CRONACA RECENTE

Copia e incolla. Guy Debord, La società dello spettacolo, 1967. Ogni riferimento è voluto.
La lotta della tradizione e dell’innovazione, che è il principio di sviluppo interno della cultura delle società storiche, non può essere perseguita che attraverso la vittoria permanente dell’innovazione. L’innovazione nella cultura tuttavia non è portata da nient’altro che dal movimento storico totale che, prendendo coscienza della propria totalità, tende al superamento dei propri presupposti culturali, e va verso la soppressione di ogni separazione.
La fine della storia della cultura si manifesta da due opposte parti: il progetto del suo superamento nella storia totale e l’organizzazione del suo mantenimento in quanto oggetto morto nella contemplazione spettacolare. Uno di questi movimenti ha legato la propria sorte alla critica sociale e l’altro alla difesa del potere di classe.
Il consumo spettacolare che conserva la vecchia cultura congelata, compresa la ripetizione recuperata delle sue manifestazioni negative, diviene apertamente nel suo settore culturale ciò che è implicitamente nella sua totalità: la comunicazione dell’incomunicabile. La distruzione estrema del linguaggio vi si può trovare piattamente riconosciuta come un valore positivo ufficiale, perché si tratta di esibire una riconciliazione con lo stato dominante delle cose, nel quale ogni comunicazione è proclamata allegramente assente. La verità critica di questa distrazione, in quanto vita reale della poesia e dell’arte moderne, è evidentemente nascosta, perché lo spettacolo, che ha la funzione di far dimenticare la storia nella cultura, applica nella pseudonovità dei suoi mezzi modernisti la strategia stessa che lo costituisce in profondità. Può così accadere che venga a spacciarsi per nuova una scuola di neoletteratura che ammette semplicemente di contemplare lo scritto per se stesso.
«Nei quadri clinici della schizofrenia», afferma Gabel, «decadenza della dialettica della totalità (la cui forma estrema è la dissociazione) e decadenza della dialettica del divenire (la cui forma estrema è la catatonia) sembrano ben connessi». La coscienza spettatrice, prigioniera di un universo appiattito, limitato dallo schermo dello spettacolo, dietro il quale la sua vita è stata deportata, non conosce più se non gli interlocutori fittizi che la intrattengono unilateralmente con la loro merce e con la politica della loro merce. Lo spettacolo, in tutta la sua estensione, è il suo «segno dello specchio». Qui si mette in scena la falsa via d’uscita di un autismo generalizzato.
Lo spettacolo, che cancella i limiti dell’io e del mondo con l’annientamento dell’io, assediato dalla presenza-assenza del mondo, cancella ugualmente i limiti del vero e del falso con la rimozione di ogni verità vissuta sotto la presenza reale della falsità assicurata dall’organizzazione dell’apparenza. Chi subisce passivamente la propria sorte quotidianamente estranea è dunque spinto verso una follia che reagisce illusoriamente a questa sorte con il ricorso a tecniche magiche. Il riconoscimento e il consumo delle merci sono al centro di questa pseudorisposta ad una comunicazione senza risposta. Il bisogno di imitazione che prova il consumatore è precisamente il bisogno infantile, condizionato da tutti gli aspetti del suo spossessamento fondamentale. Secondo i termini che Gabel applica ad un livello patologico diverso, «il bisogno anormale di rappresentazione compensa qui un sentimento torturante di essere ai margini dell’esistenza».

3 pensieri su “COMMENTANDO ALCUNE NOTIZIE DI CRONACA RECENTE

  1. Continuo a riaprilo e a rileggerlo, ogni tanto, e non c’è una volta che un paragrafo non dica qualcosa di attuale e terribilmente profondo sulle ‘condizioni’ di questa attualità. O ha scritto cose così vaghe che c’azzeccano sempre, come Nostradamus 🙂 , oppure qualche ragione ce la deve avere.
    (Alle 14 neanche un commento. Molto indicativo. Sarà l’estate.)

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