CONFONDERSI, PERDERSI

Manuela Cartosio, su Il Manifesto.
La manifestazione del 29 gennaio a Milano e quelle che si terranno il 13 febbraio in varie città hanno suscitato critiche, riserve, prese di distanza da parte di diverse donne con alle spalle l’esperienza del femminismo negli anni Settanta. Donne ora in disaccordo quasi su tutto (compresa la collocazione politica) prendono le distanze, criticano fino a motivare, in alcuni casi con qualche iattanza, il loro «io non ci sarò». È qualcosa di più consistente e generalizzato della snobbatura riservata da alcune di loro alla manifestazione milanese del 14 gennaio 2006 per la difesa della legge 194 e la libertà femminile.
Senza quella manifestazione – lo ricordo per chi ha a cuore le carriere femminili – forse Susanna Camusso non sarebbe diventata segretaria generale della Cgil. Per questo merita discuterne.
La mobilitazione di piazza è uno strumento grossolano per dipanare un nodo complesso come quello indicato dalla triade sesso-denaro-potere. Arduo tradurre in slogan la povera sessualità seriale di Berlusconi, la sua paura della morte, la caduta del desiderio, l’imperativo al godimento. Ma non succede così anche per temi più semplici? Ad esempio: uno sciopero solo dei migranti suona quasi come una bestemmia alle mie orecchie; ciononostante lo scorso primo marzo ero in piazza con loro. Perché, semplicemente, bisognava esserci.
Altrettanto sento che domenica prossima bisognerà comunque esserci. Anche se l’appello che indice la manifestazione è mal scritto, in alcuni punti mal pensato, teso ad allargare il più possibile il fronte (vedi il riferimento alla religione!). Lo scivolone più grave, a mio parere, è l’eccessiva insistenza nell’elencare le nostre professioni all’onor del mondo, inciampando in una distinzione sotto traccia tra donne «per bene» e «per male». Poi ci sono i palloncini e le sciarpe bianche «in segno di lutto». Mi irritano, essendo il lutto davvero fuori luogo. Le considero sgrammaticature, spie di una diversa sensibilità, non sufficienti però per giustificare un’assenza. Invece, quelle che «io non ci sarò» le prendono in punta di forchetta. Anzi, per infilzare meglio la manifestazione attribuiscono all’appello e alle organizzatrici vizi e intenzioni che non hanno. Da nessuna parte sta scritto che Ruby&le altre sono delle «povere vittime». Semmai, il loro percorso di “emancipazione” sta tutto nella cultura dell’avere, del consumo immediato, del corpo merce (le donne non stanno sotto una campana di vetro, non sono immuni dall’italica catastrofe antropologica). Quel percorso può avere successo – dalla velina alla ministra – ma resta un’emancipazione malata. Le donne del sultano c’entrano poco o nulla con le sex workers “tradizionali”, che l’appello neppure nomina.
In perfetta malafede qualcuno è riuscito a trasformare quella del 13 in una manifestazione contro le prostitute. Comunque né le une, né le altre sono fatte oggetto di moralismo bigotto. Dunque suona bizzarro l’invito (di Ritanna Armeni su Gli altri) rivolto alle manifestanti ad «abbassare i forconi», l’equivalente delle manette giustizialiste. L’appello si conclude chiamando in causa gli uomini: a loro si chiede un atto di amicizia, di manifestare insieme. Certo, mai come questa volta toccherebbe agli uomini prendere la parola e l’iniziativa per primi, visto che B. offende anzitutto loro. Ma se non lo fanno, le donne devono restare in attesa?
L’accusa più pesante mossa alla manifestazione è di “strumentalizzare” le donne: sarebbe eterodiretta dai partiti (quindi da organizzazioni maschili) che «si ricordano delle donne solo quando servono». Non mi pare che a Milano stia succedendo così. Non ho informazioni dirette su Roma (a naso credo che a spingere per l’appuntamento del 13 febbraio siano state soprattutto le coppie Camusso-Bonino e RepubblicaUnità). Sia come sia, penso che una donna abbia molte valide ragioni, oltre ai festini di Arcore, per volersi sbarazzare del cadavere di Berlusconi. Non occorre che un partito le metta in bocca la parola d’ordine «Berlusconi dimettiti». Così, si obietta, si resta al mero antiberlusconismo, non si capisce che i guasti (relazioni tra i sessi comprese) resteranno tal quali anche dopo che il Cav avrà tolto il disturbo. Ma lo sanno anche i sassi. Pensare che le donne che manifesteranno domenica non ne siano consapevoli è considerarle marziane o dementi.
Le femministe dell’io non ci sarò sono molto intelligenti. Mi piacerebbe che avessero più generosità umana, più duttilità politica e meno paura di “confondersi”, per qualche ora, con le altre. Confondersi non significa perdersi.

49 pensieri su “CONFONDERSI, PERDERSI

  1. ” toccherebbe agli uomini prendere la parola e l’iniziativa per primi, visto che B. Offende anzitutto loro.”
    Condivido tutto, questa frase, in particolare, dovrebbe far pensare.
    tecla

  2. Sisisi sottoscrivo su tutta la linea
    Io per onestà devo dire anche una cosa però. Non ci ho il problema delle donne permale, ma non mi nascondo dietro a un dito, e all’idea che se mia figlia mi dice: “mamma so donna libera e da grande il mio maximo desiderio è fa la zoccola”, non sarei affatto contenta. In questa manifestazione torna l’incrocio spinoso della prostituzione. Non vuol dire avere dei forconi verso la prostituzione – ma neanche posso per paura dei ricattucci morali della Ritanna di turno tirarmi indietro rispetto alla consapevolezza che laddove la prostituzione c’è si reifica e si granitizza una piramide di potere, e dove essa è simbolo politico il messaggio politico è che quella piramide di potere dove le donne devono stare in basso e chiavare – quando prezzolatamente quando no, secondo l’uzzolo dei piani alti – deve rimanere ferma e immobile senza ascensori di sorta. Io trovo si, certe signore un tantino ipocrite.

  3. Certo Tecla (ciao Tecla!), non avrei difficoltà a sostenere che il berlusconismo è stato un’autentica degenerazione del costume oltre che della politica italiana, e nessuno può chiamarsi fuori nè i generi, nè le classi sociali, nè le intelligenze, perchè l’epoca è stata regressiva per tutti.
    Che siano le donne anzichè “il popolo viola” a invitare a scendere in piazza mi fa anche piacere, perchè ciò che viene dalle donne, come accadeva negli anni Settanta, esprime una richiesta più globale e più vitale e dinque più esistenzialmente autentica di miglioramento della qualità del sociale, meno ossessivamente legata alla lotta politico-partitica. Nemmeno mi stupisce la divisione, però. Che le donne del centro destra sentano odore di strumentalizzazione è comprensibile, ma anche che ci siano distinguo a sinistra, dove qualcuna teme come la peste l’accusa di moralismo. Come se si potesse progredire ed eliminare tossine dal corpo sociale senza avere in mente un concetto di salute sociale, una spinta umanistica, un ideale di promozione umana che esclude lo schiavismo domestico al femminile ma anche l’avanzamento a suon di marchetta. Non si tratt comunque di un problema del femminismo, ma di un problema cronico della sinistra da vent’anni in qua. Ci si pretende migliori ma non si vuol dire in nome di che cosa, perchè questo costringerebbe a pensare in termini normativi oltre che critici, e a sconfessare il soggettivismo assoluto a cui i cascami del ’68 hanno ridotto il pensiero che un tempo fu politico.
    Si è lasciata l’idea di salute sociale e di normalità ai conservatori, e l’immortalità del berlusconismo è la conseguenza.

  4. In un articolo sul Corriere di oggi, anche Luisa Muraro mi sembra dire una parola di riconciliazione, e questo mi fa davvero molto piacere:
    http://www.corriere.it/cronache/11_febbraio_10/muraro-errore-scendere-in-piazza-per-conto-altri_3957321a-34e9-11e0-b824-00144f486ba6.shtml
    Lo segnalo qui perché mi sembra che questo post costituisca una continuazione “risolta” del precedente, anche se il mio commento costituisce idealmente una continuazione della conversazione con gli ultimi commenti di Paola e Barbara a quel post.
    A me sembra che nel suo intervento Muraro avanzi ancora qualche riserva di troppo, del genere attribuzione di minor capacità di pensare di quel che realmente è, soprattutto quando scrive questo:
    “A questo punto della faccenda si fa appello alle donne. Che senso ha? Come altre, io ci ho visto una strumentalizzazione dei loro sentimenti. Il sentire femminile, per me, è una cosa profonda e delicata che attiene alla vita del corpo sociale. Comunemente le donne, e io sono una di loro, detestano la prostituzione. Ed è su questo sentire che, dopo l’ultimo scandalo berlusconiano, si è fatto leva: gesto criticabile perché il nostro sentire immediato, in sé giusto, non può tradursi in atti politici senza le necessarie mediazioni. Queste sono mancate. Le critiche avanzate da alcune femministe in proposito sono state accolte, per fortuna. Andando avanti in questa direzione, deve diventare chiaro che lo scambio tra soldi e sesso, sesso e potere è una pratica diffusa tra gli uomini, compresi i politici sia di destra sia di sinistra. E che il capo del governo, da questo punto di vista, non è un’eccezione. Grazie a quella presa di coscienza accanto alle donne scenderanno in piazza anche uomini a manifestare la loro distanza da un sessismo che ancora imbeve di sé la cultura politica e non soltanto.
    Ma questa è anche la ragione per cui bisogna insistere con le critiche. Che una decida di partecipare oppure di stare altrove e altrimenti, in ogni caso la discussione in corso tra donne significa non consegnarci ciecamente a operazioni politiche nelle mani di uomini i cui orizzonti non oltrepassano la bottega del politico vecchia maniera.”
    Si dimentica, insomma, che alcune di quella critiche partivano da pregiudizi e fraintendimenti, attribuisce alle donne una risposta a una chiamata da parte di altri sulla quale non sono d’accordo, però va detto e riconosciuto che la cautela è necessaria.
    Un punto che a me risulta spinoso nel suo intervento però c’è, ed è questo:
    “Qui spunta un primo interrogativo sulla manifestazione del 13. Secondo me, c’è il pericolo che la manifestazione venga usata da quelli che a suo tempo non hanno fatto quello che avrebbero dovuto fare. Che cosa? Il lavoro proprio di una classe dirigente, che era d’intercettare e bloccare un uomo come Berlusconi che non era adatto agli uffici politici, neanche dal punto di vista strettamente legale. […] Se la piazza è diventata necessaria, vuol dire che qualcuno o molti non hanno fatto quello che dovevano fare quando sarebbe stato efficace, ed è esattamente così che è andata.”
    Ecco, su quel qualcuno che non ha fatto quel che doveva io starei attenta, perché il potere si prende quando qualcun altro/a lo concede, e su come siamo arrivati a questo punto sarà bene ragionare in modo più approfondito. Credo che pochi/e possano chiamarsi fuori.
    Ma ha ragione Barbara, ci accapiglieremo poi, e soprattutto sulla ricostruzione sono inclinata a pensare che il terreno comune sia più vasto di quel che le passate discussioni possano far credere. Intanto sono contenta di apprendere che, magari solo idealmente, ma anche Muraro è in piazza il 13:
    “Ascoltando e leggendo, mi sono resa conto che partecipare alla manifestazione significa, per molte, sentire di esserci e di essere attive. Agli occhi di queste, molte delle quali giovani, una come me che critica e non aderisce di slancio, appare fredda e distaccata. Una simile impressione mi dispiace e mi fa torto. Ma resisto alla voglia di spiegare quanto, come e dove intensamente io ci sono anche in questa congiuntura, preferisco affrontare questo nodo del protagonismo femminile che sembra dividerci tra donne.”
    Da queste parole io l’intensità del suo esserci la sento, finalmente, e mi piacerebbe che anziché resistere alla voglia di spiegare venisse a dialogare con noi.
    Vedo ora l’intervento di zauberei, mi sembra che le parole di Muraro sulla prostituzione costituiscano un importante chiarimento.

  5. In questi giorni ho letto molti comunicati femministi e/o femminili sul 13 febbraio, ciascuno con le proprie motivazioni. L’impressione che ne ho ricevuto è l’esatto contrario di questa solfa della “divisione” che viene sbandierata: che diverse realtà decidano di scendere in piazza trovando un punto d’accordo generale sul quale far convergere le proprie motivazioni è un segno di pluralità e di ricchezza. Che non scendano tutte (tutt@?) in piazza sull’onda di un unico appello è quanto di più simile ad un’autoconvocazione, come quella degli studenti il 14 dicembre scorso. Io, per parte mia, trovo molta empatia con quelle compagne che ricordano la precarietà della condizione femminile come chiave di lettura della realtà (come una delle manifestazioni della preacarizzazione dell’esistenza, direi con parole mie), e su questo centrano il loro essere manifestanti; e su quelle che, con altrettanta radicalità, ricordano che il fondo della prostituzione è la cessione di una parte di sé dietro retribuzione, condizione che accomuna le lavoratrici del sesso al lavoratore salariato. E ricordo, su questo punto, che già il vecchio Kant pre-industriale aveva stigmatizzato la cessione di una parte del proprio corpo come rottura della totalità del proprio essere, e dunque come discesa al di sotto della soglia di dignità (che io sappia, solo Michela Marzano gira a ricordare questa importante pagina delle “Lezioni di Etica”): e di nuovo, su questo fondano il loro scendere in piazza.
    Poi, ricordo le compagne che dicevano, ai bei tempi, “io sono mia”: e intendevano “io non sono del padre, del parroco, del padrone, del compagno, di nessuno”. Neanche di quel padre/padrone simbolico che è il dio-denaro, il dio-potere, del dio-televisione o altri dei minori che hanno ricolonizzato l’inconscio della modernità: e questo mi sembra accomuni tutte le discese in piazza del 13. Se qualcuno quest’ultimo punto non lo capisce, o non lo vuol capire, o non lo sa capire, peggio per lui/lei.

  6. Mi ritrovo nelle parole di Binaghi e anche di Girolamo.
    Ritengo importante andare in piazza. Anche sperando che la piazza torni un luogo di confronto per la comunità, per le donne e per chi vuole ri-cominciare a parlare di problemi concreti. I problemi delle donne sono i problemi della società intera, soluzioni a questi problemi sono già state ottenute in alcuni paesi, dove la condizione femminile è migliorata, è migliorato l’immaginario, e ci sono ormai (almeno) un paio di generazioni di uomini e donne che hanno affrontato la vita (anche quotidiana) in condizioni molto più favorevoli : temo l’incolmabilità di un gap, tipo il ‘digital divide’!

  7. Ogni volta che la Muraro parla a me viene l’orticaia – ma sarà un problema mio. Come Zauburei però devo essere onesta. Se avessi una figlia che mi dicesse “mamma, la massima aspirazione mia è fare la prostituta” avrei un problema. Anche se avessi un figlio maschio che volesse gestire un giro di escort, avrei un problema. Insomma senza dividere tra le donne per bene e quelle per male – che davvero non è il mio orizzonte – non posso celare il disagio che la prostituzione mi crea in tutti i suoi aspetti – dalla donna che si prostituisce al cosiddetto utilizzatore finale.

  8. Mentre ch’er ber paese se sprofonna
    tra frane, teremoti, innondazzioni
    mentre che so’ finiti li mijioni
    pe turà un deficì de la Madonna
    Mentre scole e musei cadeno a pezzi
    e l’atenei nun c’hanno più quadrini
    pe’ la ricerca, e i cervelli ppiù fini
    vanno in artre nazzioni a cercà i mezzi
    Mentre li fessi pagheno le tasse
    e se rubba e se imbrojia a tutto spiano
    e le pensioni so’ sempre ppiù basse
    Una luce s’è accesa nella notte.
    Dormi tranquillo popolo itajiano
    A noi ce sarveranno le mignotte
    Giuseppe Gioachino Belli (1791 -1863)

  9. E’ ovvio che la destra in generale, e le donne della destra in particolare, con la loro caratteristica di rivoltar frittate mirando ai punti scoperti, sfruttino il ’68 a loro distorto uso e consumo, tentando di far passare il concetto di un rigurgito di moralismo bigotto la’ dove c’e’ una indignazione piu’ profonda e motivata, dove lo scandalo e’ l’uomo di Stato, l’uso che fa del suo potere e la vergogna che riversa a piene mani sulla Nazione, piu’ della cosa in se’. E dove si vorrebbe appunto far finire lo scandalo pubblico, per tutto cio’ che concerne il pubblico, dal cattivo esempio alla corruzione della societa’ alla mancanza di sicurezza istituzionale, mentre il messaggio che loro vorrebbero far passare e’ che si censurano indebitamente comportamenti privati.
    Il punto, o meglio i punti, per me, sono altri, che mi fanno forse aggiungere al mucchio delle femministe dubbiose.
    “se non ora, quando?”
    Prima, molto molto prima, risponderei io. Perche’ non e’ da un giorno che i comportamenti e le parole di questa maggioranza stridono con qualsiasi idea moderna di pari dignita’ della donna. Non solo, con qualsiasi concetto di morale e di educazione civile.
    Da quando, per dire, il B. zitti’ la Montalcini in Parlamento irridendola come una povera vecchia, da quando battute oscene, insulti e offese presero tranquillamente il posto del contraddittorio in tutte le sedi istituzionali e non, e cosi’ via, sempre piu’ impunemente man mano che quel potere politico e mediatico che avrebbe dovuto essere contrastato da chi di dovere, non trovava risposte efficaci e ferme, anzi dilagava.
    Qualche comunicato sdegnato e fremente d’ordinanza non poteva certo fermare questa protervia, anzi, per alcuni la rafforzava. Solo una protesta piu’ incisiva, dai politici in giu’ , avrebbe avuto senso. Ma soprattutto una protesta salda nel tempo, non momentanea.
    E proprio perche’ l’indignazione e la rivolta popolare, delle donne ma non solo, non ci sono state nei modi, tempi e sedi opportune, e chi si doveva e poteva opporre si e’ logorato nell’inazione, in qualche caso spingendosi fino alla complicita’ passiva.
    Perdendo credibilita’. Non per nulla siamo l’unico Paese democratico dove a un crollo nei sondaggi del maggior partito di governo, si contrappone un crollo speculare del maggiore di opposizione.
    Il ritornello “l’antiberlusconismo non paga” va ancora per la maggiore.
    Renzi, reduce dal pellegrinaggio ad Arcore, lo propone tuttora.
    Ecco, per me e’ una questione di credibilita’ ed efficacia. Inoltre, in rete in questi giorni, percepisco soprattutto stanchezza.
    Un conto la manifestazione continuata, ferma, come in Egitto, dove le persone non abbandonano la piazza (attenzione, il paragone si riferisce alla fermezza, alla decisione, che non hanno a che fare con violenze e disordini, anzi, sono caratteristica del pacifismo autentico: chi piu’ fermo e incrollabile di un Gandhi o di un Mandela?)
    Un conto questa pletora, questo stillicidio, questa dispersione di manifestazioni che assume il carattere di un agitarsi molto confuso, inevitabile di fronte all’intollerabile, ma non sufficientemente incisivo per dare l’idea di un Paese intero o almeno una sua larga parte che non ne puo’ piu’.
    Per cui non e’ che condanni, non e’ che non partecipi idealmente, ma mi unisco anche al gruppo degli stanchi. Anche perche’ ho gia’ manifestato parecchio, in passato, anche col Popolo Viola, e non dico “tanto non serve a niente”, dico piuttosto “bisognerebbe trovare il modo di sprecare meno energie con maggiori risultati”
    E soprattutto, bisognerebbe o che tutto questo nascesse davvero dal basso, senza equivoci e ambiguita’, o che al limite a guidarlo fossero solo figure personalmente e simbolicamente credibili, non i tanti che sono comunque, chi piu’ chi meno, compromessi col sistema attuale.
    Che non e’, purtroppo, un uomo solo.

  10. Pur avendo espresso anch’io le mie riserve sulla manifestazione, concordo con questo articolo, Lippa. Anche per me, bisogna andare pur “con i se e con i ma”. E di fatto, credo che molte donne “con i se e con i ma” andranno.
    🙂
    Ciao!

  11. Sì, mi sento strumento e forse sono anche stanca.
    Sono una che ha consumato le scarpe in manifestazioni ma che non tollera il risultato delle “quote rosa” che mi pare tanto un contentino più che altro. Il problema è che viviamo in un mondo, e in una nazione in particolare, dove se vuoi avere un futuro è bene che ti “sistemi”, e mi sembra, quando parlo con le mie amiche, che dagli anni 50 non sia cambiato nulla.
    Al potere ci sono uomini che odiano le donne, soprattutto quelle con una buona percentuale di avvenenza e di cervello, quasi che fosse una colpa!
    Ci andrò alla manifestazione, ci andrò per non sentire mia madre che urla al telefono e perché è comunque giusto così ma so già che sarà un fuoco di paglia e che poi, dovrò tornare a preoccuparmi del mio futuro di precaria, augurandomi di potermi sedere ancora a lungo sulla mia fortuna per non finire in vecchiaia in un ospizio.

  12. Ci sono molte cose che vanno fatte in questo momento pur “con i se e con i ma”, a Milano soprattutto, spero, mi auguro. E non solo per questa manifestazione.
    un saluto,
    Elisabetta

  13. @Barbara
    si dice orticaria.
    A me viene quando parli tu, come la mettiamo?
    E comunque, a parte i problemi che ti verrebbero nei casi da te citati, qual è il tuo profondo pensiero, l’orizzonte, dici tu, nel quale limiti il disagio che ti fanno le prostitute? A me non creano alcun disagio, per esempio, sono ben altri i problemi ai quali ci richiama la loro condizione,come l’illusione di agire una libera scelta, aspetto che mi sembra ben più serio delle offese che in poche righe sei riuscita a portare a un bel po’ di persone: Luisa Muraro, le prostitute, le ragazze che oggi si trovano a contemplare la possibilità di prostituirsi perché non trovano lavoro e perché vengono educate dalla tv invece che dalla scuola.
    Non hai meglio da dire per commentare l’articolo di Muraro? Credo di no, ma allora perché non provi a tenere per te ciò che, credimi, è di ben poco interesse, come la tua “orticaia” o il tuo disagio?

  14. Laura, sono molto d’accordo sul discorso che fai, possiamo anche rigirarlo volendo. Propongo un esempio che forse spiega che tipo di limiti e di disagio dà l’idea di prostituirsi e mi rifaccio a una situazione nei Paesi Bassi, così non ci confondiamo. Come molti sanno per anni lo stato sociale funzionava che se perdi lavoro e non ne trovi un altro intanto prendi il sussidio di disoccupazione (c’e gente che con il sussidio ci è andata inpensione, ma erano altri tempi).
    A un certo giro di vite, che le finanziarie sono grandi rogne in tutti i paesi si discusse di inserire l’obbligo di accettare anche un lavoro diverso da quello perso e se non lo accettavi ti toglievano il sussidio. E fin qui uno dice: va bene, sono sociologo ma se per campare mi tocca andare a friggere patatine e trovo solo quello, meglio che non gli dica di no o perdo il sussidio.
    Qui si inserì il discorso prostituzione ovvero, pur legalmente accettata, regolata, partita IVA eccetera, fino a che punto nel sentire comune la prostituzione potesse essere accettata come professione ‘normale’ ed equiparabile a quella di friggitore di patatine.
    Cioè, se tu non trovi lavoro, hai pagato fior di tasse per prenderti il sussidio quando sei disoccupata, è giusto che se rifiuti di prostituirti perché guarda caso quella è l’unica cosa che l’ufficio di collocamento ha da proporti, ti mettono in mezzo a una strada?
    Ecco, prima di pensare a come reagiremo se nostra figlia ci comunicasse di voler fare la escort (ambiente internazionale, viaggi, conosci gente, vedi posti, parli le lingue, ma sì figlia mia, chi sono io per impedirti di vivere il tuo sogno di carriera?) ci dobbiamo interrogare non solo delle ragazzine che esempio TV o meno a ventanni non hanno la miima prospettiva, ma direi di ricordarci anche delle operaie licenziate che a 40 anni finiscono in strada per mantenere i figli e forse un mutuo.
    Parlare di prostituzione può essere un ottimo appiglio per parlare dei problemi seri del paese, ma se ne può parlare anche tout court. Poi già che ci siamo mettiamoci dentro le discriminazioni che una donna, a prescindere dalla prostituzione, dall’economia se non economica, finanziaria che abbiamo, dai servizi, dal mobbing, dal soffitto di cristallo.
    E in questo mi associo a quello che dice sempre Lorella Zanardi, possiamo parlarne fino a seccarci la lingua ma nel frattempo possiamo anche fare qualcosa. E chi non vuol vedere il senso di questo fare nella manifestazione di domenica a mio avviso è in malafede.
    Ma anche questa è in fondo una mia opinione privata.

  15. Cara Laura, non volevo offendere alcuno. Pensa te. Non ho un problema con le prostitute ma con la prostituzione. Di grazia, è possibile? O devo chiedere il permesso? E a chi? C’è un ente, un organismo, una commissione che decide su cosa si possa dissentire e cosa no? Qualcuno ha fatto le primarie del femminismo? Non condivido il percorso intellettuale della Muraro – capita.

  16. Scusate è partito l’invio. Il 13 ci sarò perché nonostante i se e i ma, concordo con Mammasterdam (anche con il resto del suo intervento) ci sono dei momenti in cui bisogna sporcarsi le mani e mettere da parte le divisioni.

  17. Andrò con i se e con i ma. Andrò ad una manifestazione gaia e spero per niente lamentosa, soprattutto non di sinistra, perchè la questione femminile non è una questione di fazione. Detesto il paternalismo di certi snob di sinistra (meglio, che credono di esserlo), ma ancora di più l’impostura di certi padroni che si fingono servi e protestano contro il presunto moralismo di chiede dignità, libertà e soprattutto, LO VORREI GRIDARE, complessità.
    A tal punto sottoscrivo tutto ciò che dice Girolamo, gli dico grazie infinite e chiedo a tutti di rflettere sulle sue parole.
    GRANDE GIROLAMO.

  18. Mi piacerebbe che qualcuna se mi capita di qua, argomentasse in maniera persuasiva e in buona fede questa faccenda della prostituzione come cosa assolutamente normale per le donne. C’era una persona che veniva in questo blog, Alessandra C. non mi persuadva ma mi faceva pensare. Perchè io sono proprio arrrogantemente, supponentemente ma con una serie di motivazioni che sento come piuttosto forti, che no alle donne fare la puttana non piace. Perchè oh, non è che l’argomento della commentatora laura sia stato proprio meglio a quello della commentatora Barbara – con cui per altro concordo.

  19. Zauberei, noi siamo da molto tempo d’accordo sul fatto che inerente alla prostituzione an sich c’è la disparità di potere. E allora una prostituzione emancipata o dotata di potere emancipatorio non può darsi. Pure io però se qualcuno arriva con argomenti convinventi, potrei ascoltarli perché sono curiosa.

  20. Può darsi che la prostituzione piaccia anche a chi la fa.
    E il grado zero dell’etica è considerare che una persona non può essere identificata totalmente con quello che fa: cioè non ci sono persone per male, ma magari azioni per male sì.
    E io sono libero di chiedere un paese dove il mercimonio di sesso, organi e anche sperma e ovuli sia vietato, perchè è lesivo della dignità umana.
    Di tutto questo, si faccia pure dono, ma non commercio.
    Se si capisse questo, saremmo molto avanti.

  21. zauberei, mi sembra un po’ fuori luogo che tu ti metta a fare la difensora e la giudicatora su quale intervento è meglio, sarà che pure a te la Muraro non piace? e che facciamo le fazioni? Entriamo nel merito, dunque, cosa non condividi del mio commento?

  22. Intanto mi dicono che c’è Ferrara sul tg1 che parla di “neo-puritanesimo”: era prevedibile finisse così. Ridicolo che dal pulpito della rete più cattolico-reazionaria si facciano appelli contro i “puritani”. E’ la psicosi paranoico-collettiva, un Ferrara che ruba le parole dal web e le piega al suo delirio reazionario compulsivo. Sentono l’acqua alla gola. Per quanto valga il mio appello, io vi dico che chi non cavalcherà l’unicorno della libertà sessuale totale verrà divorato da questi impostori che hanno capitalizzato il sessantotto, piegandolo alla loro idea di “libertà sessuale”, cioè compravendita di sesso sulla base di una merce corrispondente ad un modello stabilito al tavola della contrattazione tra chiesa cattolica e potere politico centrale. Io in piazza, specie a Milano, andrei a tette nude. Peccato non ce le abbia.

  23. Tolgo il disturbo e stia certa che non mi vedrà più ma mi sembrava che la gamba tesa fosse di qualcun’ altra. Punti di vista e di sensibilità, lei si tenga coloro che insultano Luisa Muraro e Lorella Zanardo.

  24. Lorella Zanardo è un’amica e una sorella, per me. Legga, prima di insultare gratuitamente, almeno.
    Quanto a Luziferszorn, è obiettivamente una presenza sgradita. Mi auguro che, prima o poi, la smetta di cercare visibilità sui blog altrui (Zanardo, Lerner, eccetera) e provveda a interrogarsi su se stesso.

  25. Perdonatemi se sarò elementare, e rischierò di apparire indisponente: i miei commenti articolati li ho fatti, e ringrazio tutte quelle che li hanno citati o linkati, nonché la nostra gentile ospite, che ascoltiamo su Radio Tre, e che ci sopporta tutte, e tutti. Andrò per punti, ché non dormo da quarantott’ore, e forse si vedrà:
    1) mi sembra che a forza di dialettica, proprio nel senso della filosofia liceale del confronto delle contrastanti opinioni volto a raggiungere un punto del ragionamento più vicino al “vero”, ci siamo avvicinate nelle nostre rispettive posizioni, non ci scagliamo più anatemi e non siamo più troppo insofferenti l’una/o dell’altra/o, e forse un passo avanti, rispetto alle posizioni iniziali, l’abbiamo fatto. Questo non vuol dire ovviamente, che siamo d’accordo su tutto, vuol dire che possiamo parlarne.
    2) Parlarne, appunto, della “strumentalizzazione”, della prostituzione, tutti argomenti da discutere ma, come è stato detto più volte, perché proprio adesso? Chi ce lo fa fare? E a questa domanda sono state date diverse risposte. Bene, abbiamo deciso che la discussione è posticipata a dopo il 13 febbraio, intanto manifestiamo, insieme, distinte, insieme ma distinte, ma manifestiamo: passo avanti.
    3) Prima che le cose volgessero al meglio, in seguito a questa positiva evoluzione, almeno per molta parte di noi, mi sembrava che ci trovassimo, noi, donne, le une rispetto alle altre e tutte rispetto alla società che ci include, nella situazione che mia madre, donna peraltro molto sorvegliata nell’eloquio, descriveva con un’efficace metafora: “come quello che per fare dispetto alla moglie se lo taglia”. E perdonatemi la metafora maschiocentrica: è un’esproprio femminista! Bene, forse abbiamo capitoche non ci conviene l’autolesionismo del “con te non ci sto perché non sei abbastanza dura e pura, quindi, niente di niente neanche per me e per tutte”. Abbiamo imparato qualcosa, questa vollta? Speriamo di sì, io avrei tanto desideri che questo risveglio delle consapevolezze delle donne continuasse. Grazie a tutte e anche a tutti. ‘notte

  26. E’ nello spirito ben descritto da Paola che avevo postato l’intervento di Muraro. Spero sia emerso con sufficiente chiarezza che resto piuttosto critica soprattutto del passato silenzio, come dell’esitazione a uscirne ora, da parte di Muraro e della libreria. Non mi basta, purtroppo, nemmeno quel che scriveva ieri sul Manifesto Lia Cigarini, e cioè che in realtà zitte quelle della libreria non sono state. Ci sono testi recenti di Via Dogana in cui si dice che
    “se pure lentamente , leggiamo libri, articoli, vediamo documentari decisi a ristabilire la dignità femminile. Il dibattito su Internet, le magliette con stampata la folgorante frase di Rosy Bindi, sono azioni di protesta. Come tali volatili, racchiuse nella logica di un gesto. Convinte che le reazioni immediate da sole non mettono radici, ci sono femministe che hanno scelto la presa di coscienza, il definirsi in relazione.”
    Questa Letizia Paolozzi, poi c’è Muraro che scrive a proposito di machismo e sessismo:
    “Noi della libreria non ci siamo scelte e non siamo organizzate per una simile lotta. L’esperienza accumulata, l’ispirazione condivisa, i mezzi a nostra disposizione, tutto quello che sappiamo fare meglio mira a rendere le donne autonome e superiori alla volgarità maschile, che è un altro tipo di risposta”.
    Beh, a me queste frasi, nella situazione in cui ci troviamo oggi, sembrano gravi. Per questo mi ha fatto piacere intravedere un cambiamento, per quanto ancora pieno di esitazioni per non dire di pregiudizi personalmente irritanti, e per questo mi è sembrato giusto segnalarlo. Tra l’altro ho visto nella precisazione sul fatto che anche a Muraro non piace la prostituzione un chiarimento importante rispetto alla questione della separazione tra donne perbene e donne permale, attribuita un po’ troppo genericamente, quando non del tutto ingiustamente, e facendo un’unica massa amorfa di un movimento variegato e vitale come quello che si sta costituendo. E con critiche potenzialmente molto dannose.
    Insomma, vedo di positivo uno smettere di andare contro, che fin qui mi è sembrato a dir poco paradossale. Parlare di “dei documentari” mi sembra una omissione gravissima nei confronti del lavoro di Lorella Zanardo, per dirne una, e non parliamo del modo in cui viene liquidato tutto il lavoro della rete. Ecco, se tutto questo finisse, credo che possa venirne, finalmente, solo del bene.
    Sulla questione prostituzione, devo dire che le parole di Mammamsterdam le ho trovate lucide, chiarissime e molto condivisibili.
    Quanto al femminismo della differenza, ammetto di non conoscerlo bene, ma per quel po’ che sto conoscendo, mi è difficile non sospettare che abbia non poca responsabilità rispetto alla situazione in cui ci troviamo e cominciare a lavorarci non sarebbe una cattiva idea. Visto che ora vivo a Milano, alla libreria ci sono andata, e non solo non mi sono mai sentita né accolta né invitata a intervenire, ho anche sentito un clima abbastanza in tono con un atteggiamento che io percepisco come troppo teso a pontificare. Le voci che hanno posto la necessità di uscire e farsi sentire non sono state ascoltate, per quel che ho potuto osservare. L’idea che me ne sono fatta è di un sentirsi autorità, di dover essere £scelte” dagli uomini come autorità. Mi sembra evidente che questa attesa potrebbe protrarsi all’infinito.
    Saranno gli anni passati negli Stati Uniti, ma a me piacciono femministe come Judith Butler e sulle questioni di genere preferisco, mi riconosco di più nelle sue recenti riflessioni e prese di posizione, ad esempio in merito al razzismo interno anche ai movimenti lgtb. Lo trovo più complesso, ma questo non mi ha impedisce di dialogare, per fare un esempio, con DiNuovo, con le quali spero si chiarisca prima o poi una frase del loro manifesto in cui si attribuisce parte della responsabilità della situazione attuale a un eccessivo peso dato ai movimenti gay e alle idee di Butler (cito a memoria, e mi scuso in anticipo se ho frainteso).
    Discuteremo dopo. Per ora apprezzo un avvicinamento e, mi auguro, la fine delle reificazioni per cui si “è” qualcosa, di fronte alla possibilità di avere delle posizioni che, come tali, possono modificarsi (e penso chiaramente alla bella lettera di Anna Bravo del post che segue.). La responsabilità per me, adesso, è verso la costruzione, non una ricerca di colpe.

  27. Mi ritrovo completamente nelle parole del sig. Binaghi.
    Soprattutto, se ho capito bene, ch per reagire al sistema imperante un sia pur imperfetto, provvisorio quanto si voglia codice morale bisogna pure darselo. E senza paura di apparire puritani o che altro. Altrimennti con tutto questo relativismo imperante ci ritroviamo a trasformarci in cavalli e puledre del cav. senza nemmeno accorgercene ( da profano secondo me non c’è sistema sociale che prescinda dalla moralità con maggior disinvoltura del liberalismo radicale).
    Sono anche d’accordo che la sessualità coinvolge a tal punto le persone che anche solo la possibilità di trasformarla in prodotto commerciale mi sembra un abominio.
    Perchè? Perchè non va fatto. Punto.
    Per quanto ne abbia un’idea assai confusa (perchè le posizioni sono molto diversificate) ho l’impressione che la manifestazione che andrete a fare sia una cosa giusta.
    In bocca al cav…whooops al llupo.

  28. Ringrazio molto di aver promosso questa discussione che considero cruciale. Grazie ad Ilaria che ha postato l’articolo di Luisa Muraro e le sue riflessioni che mi offrono ancor di più lo spunto per dire la mia.
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    La prima cosa che chiedo, anche a me stessa, è di cercare di riflettere al netto di quei comportamenti, da parte delle donne che hanno fatto grande il pensiero filosofico-politico femminista, di lasciarli per il momento sullo sfondo senza, però, impedire che siano un elemento utile alla riflessione stessa poiché, per parte mia, li ritengo rivelatori di una complessità che va vista sotto diverse, interessanti prospettive, quand’anche possano apparire come un ostacolo al confronto. Mi riferisco ai modi scarsamente accoglienti che rileva Ilaria che si affiancano alla distanza posta verso la manifestazione di domenica.
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    C’ una parte dell’articolo di Muraro che trovo dirimente anche su questi aspetti, provo a spiegare però dicendo che non sono affatto sicura che la mia sia una vera spiegazione, piuttosto porto qui il modo in cui io vivo ciò che sta accadendo. E ciò che sta accadendo è, prima di tutto, che il silenzio delle donne, di tutte le donne, è stato finalmente completamente infranto: considero l’esporre la propria opinione sulla stampa, alla stessa stregua del manifestare in piazza, visti i contenuti in gioco.
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    Entro nel merito e lo faccio riportando il brano che mi interessa scusandomi per la ripetizione al momento per me necessaria. Colgo l’occasione per dire che del pensiero filosofico femminista è probabilmente necessaria una traduzione, non facile, che a mio avviso spetta a chi non ha prodotto direttamente quel pensiero ma ne ha fatto una pratica di vita e di politica, dunque me ne sento investita, nei limiti del mio ragionare e del mio esporre.
    “L’essere altrove e altrimenti, è una figura fondante del femminismo: marca la differenza femminile e opera una rottura nei confronti di cose già decise da altri. Ma non meno importante è anche il desiderio di esserci nel mondo e di contare con tutte le proprie qualità. Qui tocchiamo un altro punto delicato del dibattito presente, per me il più delicato. Ascoltando e leggendo, mi sono resa conto che partecipare alla manifestazione significa, per molte, sentire di esserci e di essere attive. Agli occhi di queste, molte delle quali giovani, una come me che critica e non aderisce di slancio, appare fredda e distaccata. Una simile impressione mi dispiace e mi fa torto. Ma resisto alla voglia di spiegare quanto, come e dove intensamente io ci sono anche in questa congiuntura, preferisco affrontare questo nodo del protagonismo femminile che sembra dividerci tra donne.”
    Muraro resiste alla sua voglia di spiegare, secondo me, non solo il suo “intensamente” esserci (con noi) ma anche le ragioni di quella figura che lei nomina e con la quale si pone con coerenza, fino al sacrificio del suo desiderio di essere in piazza. Lo enuncia ed io nuovamente me ne lascio interpellare sapendo che io, però, posso andare alla manifestazione grazie al fatto che qualcuna, lei, almeno, si assume l’onere di rappresentare un punto di perplessità che ci DEVE aiutare a mantenere la lucidità sui punti dei quali ci avverte all’inizio del suo articolo.
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    Cos’è “essere altrimenti e altrove”? La mia interpretazione parte con Muraro da lontano nel tempo, ovvero dal pensiero politico di Carla Lonzi che provo a riassumere ma che si trova egregiamente esplicitato anche di recente da Maria Luisa Boccia, da Ida Dominijanni, oltre che da Muraro stessa e da altre.
    Carla Lonzi in sostanza dice che fino a quando le donne non avranno costituito in completezza il loro punto di vista sul mondo, la relazione con il maschile e con il mondo presenterà precise problematiche, le stesse, ad esempio, che producono un gender gap spaventoso in Italia, per dire delle conseguenze dell’assenza femminile dai luoghi di governo. Ma non è tutto soltanto nelle conseguenze pratiche poiché l’obiettivo è che si arrivi ad avere due (e non uno) punti di vista, tanti quanti sono i sessi e che questi punti di vista convivano nella politica e, aggiungo, nel governare.
    “Essere altrimenti” indica precisamente la necessità di riconoscere la differenza sessuale come fondativa sia della relazione che del conflitto con il maschile. Naturalmente l’accezione di conflitto dev’essere intesa come una pratica tesa a rappresentare i due punti di vista, tesa a comprendersi, fino a immedesimarsi ma non ad identificarsi con l’altro della differenza. Lo scarto tra me e l’altro non può essere occultato, pena la cancellazione della differenza. Che, si badi bene, e lo dico per chi finge di non capire, non vuol dire assegnare a ciascun sesso, retoricamente, caratteristiche stereotipate che vogliono, per fare un esempio, l’uomo aggressivo e la donna perennemente accogliente. Sappiamo bene che l’aggressività può essere un difetto o una dote utilizzabile o meno a prescindere dal sesso. Per cui trovo strumentali tutte quelle osservazioni di cui sono pieni i blog delle donne (qui a prima vista non mi sembra) che pongono e ripropongono il falso problema della “cattiveria” femminile o maschile, questione, davvero, di lana caprina: il femminismo non ha come proprio obiettivo quello di dimostrare che le donne siano migliori degli uomini bensì quello di rimuovere le cause che ancora oggi ostacolano la libertà femminile. Di conseguenza, così si promuove più attivamente anche quella maschile la quale tende a porsi in eccesso anche sulla scorta dell’esempio di chi oggi ci governa e che fa passare un’idea distorta e pericolosissima di libertà tale da assumere i connotati dell’ingiunzione al godimento e al consumo anche dei corpi.
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    Essere “altrimenti”, dunque, nel suo indicare una posizione politica, si affianca facilmente a un luogo, quello dell’ ”altrove” dal quale si può osservare qualunque intento strumentalizzante, per stare a quanto di cui discutiamo, ma anche a sufficiente distanza dall’immediatezza dell’esperienza, ovvero nel luogo dell’esercizio della facoltà critica ed autocritica. E’ importante curare la distanza da quanto ci accade, non per il timore di confondersi immergendovisi, quanto per la necessità, tipica di ciascun umano, di assegnare significati all’esperienza. Ovvero di servirsi e di costituire l’ordine simbolico. Dobbiamo al simbolico la possibilità di catalogare e di comprendere a fondo ciò che viviamo e ciascun sesso ha bisogno del proprio, sia per evolvere che per relazionarsi correttamente all’altro.
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    Concludo questa lunga riflessione ribadendo il concetto che l’ha ispirata.
    Io sono grata a Luisa Muraro che partecipa a quanto stiamo facendo accadere anche, o soprattutto, da una postazione fondamentale che senza di lei non avrebbe avuto rappresentazione, ovvero quella della necessità di vigilare sulle possibili, contingenti, strumentalizzazioni ma anche su quella, ancor più importante, di curare che il punto di vista femminile non si esaurisca nel nostro “esserci” e perciò immediatamente sentirci attive. La strada è ancora lunga, ci avverte Muraro e ci avvertiva Carla Lonzi, l’importante è averla intrapresa e non mollarla.

  29. Ringrazio Donatella per la cura con cui ha esposto uno temi sul tappeto. Resta il dato che molte di noi si trovano più a loro agio con pensatrici come Judith Butler o con percorsi che non marchino in modo così ossessivo la differenza pur tenendo conto delle differenze di genere. Sono posizioni intellettualmente legittime entrambe ed il dibattito esiste per questo.
    Detto questo non sono per niente grata a Luisa Muraro perché nel suo timore di essere strumentalizzata tende a trattare le altre e gli altri come soggetti da tutelare. Questione di pareri.

  30. Infatti, Barbara, credo che vi sia un valore immenso anche in ciò che pone al confronto i cosiddetti pensieri femministi poststrutturalisti e quello dell’Esperienza. In particolare quest’ultimo, di diretta derivazione di quello della Differenza ma più connotatamente italiano, tende a mostrarsi più statico di quello di Judith Butler e, secondo me erroneamente presentato come incapace di comprendere la dimensione dinamica cui anche l’osservazione ciritica dell’esperienza ci conduce. C’è un valore dialettico infinito in queste posizioni che non possiamo non fare nostro cercando di assumerlo come dato di ragionamento che, però, non può farci vedere oltre le intenzioni, effettive, di coloro che ce lo presentano. Ma trovo interessante che tu intraveda in Muraro un intento che, invece, l’ho sentita sempre criticare, ovvero quello superare ciò che ci impedisce di riconoscere la grandezza femminile ovunque si manifesti. Se mi posso permettere, qualora vi fossero gli indizi di cui tu parli, potrei pensare ad una sua eventuale preoccupazione circa la dispersione, in parte avvenuta, del pensiero politico delle donne in questo Paese, col rischio che, lontano dalla sicurezza di un punto di vista elaborato e maturo, le strumentalizzazioni siano maggiormente in agguato. Ne parla bene anche Lea Melandri, di questa eventualità.
    Come dicevo prima, forse spetta proprio a noi di lavorare, corpo a corpo, con le giovani generazioni per limitare i danni di un mancato accesso ai fondamenti del pensiero che si occupa e preoccupa della libertà femminile.

  31. Sarò un po’ brusca ma senza malevolenza.
    Io so femminista di sinistra. Mi stanno sulle palle berlusconi e il maschilismo, e senza troppe seghe ci ho la possibilità di fa du piccioni con una fava. Non ho sti grandi problemi di uuuuh la strumentalizzazione della questione femminile! aaaah la strumentalizzazione della questione politica. E mi sento perplessa davanti a quelle che dicono e perchè ora? E perchè con lui?
    Ma perchè quando ci sono state gli scioperi di mirafiori l’anno prima l’operai prendevano il triplo dello stipendio? Ci si arrabbia in un certo momento storico e non vuol dire avvallare i precedenti – vuol dire solo che ora ci si arrabbia e punto. Anche per motivi contingenti e poco nobili. Congiunture generali e particolari.

    Stimo certamente per il suo ruolo storico, ma non amo e non voglio mio l’asse Irigaray – Muraro. (Lonzi poi – mi da veramente la maxi orticaria) Non condivido l’essere altrimenti ipostatizzato. Non lo condivido anche con una cognizione di causa scientifica. Mi sento giudicata e lesa nella mia libertà individuale quando si decide che l’uso di certi linguaggi che io percepisco come profondamente miei e personali, sono invece spurii e indotti perchè presuntamente maschili, io invece ci avevo da esse altrimenti. Trovo che questo atteggiamento mentale sia furbo per un verso – perchè indossa il maschile e se ne spoglia quando fa comodo e allo stesso tempo facile a mistificazioni che cacciano il sessismo dalla porta e lo tirano dentro dalla finestra. Facendo anche dire ogni tanto delle tangibili e pericolose cazzate in ambito psicologico e neurocognitivo. Non condivido una teoretica e un’etica che si muovono su questi binari. Men che mai sono interessata a una politica che mi vincoli alla differenza, o una cultura che lo faccia altrettanto. Infine – non sono mica un cane io, che devo andare d’accordo con altri cani perchè apparteniamo alla stessa specie. Le donne sono soggetti raffinati, per il momento ancora democratizzati, soggetti distinti l’una dall’altra – abbasta abbasta abbasta co sta retorica della sorellanza coatta. No io sono affine e combatto con persone uomini donne e trans etero e omosessuali ma anche asessuati che condividono con me un orizzonte di principi e di idee.

  32. @Donatella
    Riconoscere la grandezza di un altro non significa concordare sempre. Riconosco il contributo di Luisa Muraro e di altre filosofe ma questo non mi impedisce di vederne – dal mio limitato punto di vista – i limiti. Abbiamo storicizzato Kant, credo si possa fare lo stesso con la Muraro senza incorrere nel rischio di “lesa maestà”. Per quanto riguarda la sicurezza di un pensiero strutturato e maturo – credo che ciascuna di noi ne sia portatrice nel campo di cui si occupa.

  33. Certo Barbara, ma io parlavo di quello che ispira la politica delle donne, pur nelle sue ricchissime distinzioni, che, ripeto, sono un valore e come tale andrebbero trattate ma anche scambiate e confrontate. Muraro, però, concedimelo, ha fatto proprio questo, ha detto: io temo che il nostro sesso venga strumentalizzato in questa circostanza, e lo dico pubblicamente, così come dico, a modo mio, quello che ritengo essere giusto per me nella voglia di essere presente in ciò che sta accadendo. Ho letto male, Barbara?

  34. Donatella, concordo in toto con la posizione di Zauburei – che ha spiegato le questioni meglio di quanto possa fare io. La posizione teorica della Muraro mi schiaccia in un cortile in cui non voglio stare, il mio genere non mi costringe a una sorellanza coatta con qualunque esponente del mio stesso sesso. Per di più, il loro pensiero mi appare devastante e di destra. E’ stato importante, ora è un intralcio. Sempre opinioni personali, eh.

  35. Nel rispetto totale delle tue idee, posizioni e opinioni che differiscono totalmente dalle mie, Zauberei, mi permetto di dirti che mai mi sognerei di costringere un cane ad andare forzatamente d’accordo con un suo simile 🙂

  36. Però, Zauberei, ora seriamente. Abbiamo assistito al naufragare della romantica sorellanza perché ci siamo accorte di molte cose durante il cammino. Ci siamo accorte che siamo tutte diverse e che al massimo possiamo convergere su un pensiero, una posizione politica, ma forse dobbiamo ancora capire come praticare, senza dilaniarci, una cultura dell’amicizia politica tra le diverse posizioni. Il che non vuol dire tacere le proprie critiche ma nemmeno vuol dire guardarsi con ostilità, come racconta Ilaria. Credo che essere unite significhi rappresentarci reciprocamente e con stile le nostre posizioni, anche quando l’altra non lo fa, perché solo una rappresentazione assertiva e ragionata ci può consentire di uscire dalla nostra terribile debolezza politica rappresentata dalle nostre divisioni. Perché ci sono obiettivi non minimi, ma massimi che dobbiamo ancora raggiungere, ovvero quello della libertà soggettiva e collettiva del nostro sesso, costantemente minacciata e sulla cui mancanza fanno leva alcuni uomini per rigettarci laddove non significhiamo più niente e non possiamo niente, complessivamente, insisto, ma anche individualmente.

  37. Barbara, uno degli sforzi più significativi del movimento delle donne è stato quello di non collocarsi mai all’interno degli schieramenti politici. Avrei piacere di sapere cosa intendi tu per collocare a destra il pensiero della differenza.

  38. Non vorrei monopolizzare il dibattito. Non credo che sia possibile escludere il movimento delle donne dagli schieramenti politici. Partitici sì, politici no. Il che non significa dire che a sinistra non esiste sessismo. Un femminismo che non guardi all’orizzonte della sinistra – non dei partiti di sinistra – a me non interessa, mi è estraneo e, probabilmente, ha rivendicazioni che non mi appartengono.

  39. Donatella ci sono dei casi in cui la mia stima intellettuale arriva a una convergenza di discorsi sul genere – ma quando capita è perchè sotto sotto ci è una convergenza su alcune questioni politiche. Per fare un esempio – stimo molto Sofia Ventura la quale come rappresentante di destra è piuttosto difforme rispetto agli altri. Come la destra finiana in realtà ha la peculiarità di piacere un po’ troppo alla sinistra. Di solito però queste convergenze mi sono rare se non eccezionali – un po’ per quello che dice Barbara per cui la rappresentazione del genere non prescinde dal contesto storico e politico in cui una donna si situa, ma un po’ perchè e vabbè che il femminismo è importante ma ci sono altre cose, e anche queste altre cose per me sono di una rilevanza etica. Questa difficoltà di accordo io la vivo non solo con la destra – ma per dire, anche con la sinistra più a sinistra di me. E a queste difficoltà aggiungo altre perplessità per cui dai contesti delle femministe tendo spesso a scappare a gambe levate. Non amo quel clima – spesso anche nei commentari in rete. L’unico in cui ho retto – è questo, particolarmente nelle mie corde. Ma questo forse è molto ot.

  40. Ma non lo so se è ot, Zauberei, in fondo stiamo parlando di ciò che ha portato alla manifestazione di domenica e delle nostre rispettive difficoltà a comunicare su temi che, comunque, investono parti importanti della nostra vita, della vita politica italiana. Non dobbiamo dimenticare che al centro di questa politica ci sono e non ci sono come sarebbe giusto, le donne, il femminismo per ciò ha significato come ponte per la presa di coscienza della considerazione che questa società (non) ha di noi. C’è un problema grande costituito da ciò che in poco tempo abbiamo perso e che non è stato abbastanza trasmesso alle nuove generazioni. Non ti parlo solo del femminismo, penso alle persone, donne e uomini che sono in condizioni precarie di lavoro e di vita e sono una parte grandissima della società italiana. Ci sono responsabilità precise che secondo me ancora dobbiamo ripartire con esattezza (per capire come uscirne) tra chi ha il potere di determinare la vita degli altri e chi non ha impedito, con proprie lotte, che si arrivasse a questa devastazione. A volte mi chiedo quanto pesino le nostre responsabilità di fronte al potere che non abbiamo saputo fermare mentre logorava tutto. Ci diciamo che le opposizioni non hanno funzionato ed è verissimo ma non posso fare a meno di chiedermi quali siano anche le nostre di responsabilità. Ai miei tempi abbiamo lottato e ottenuto il riconoscimento di diritti fondamentali, anche per noi donne e lo facevamo con forza e con paura ma dentro un orizzonte ideale che sapevamo abbastanza condiviso dalla sinistra che era, anche allora, all’opposizione o giù di lì. Oggi io non mi sento di affidare molto alla classe politica italiana, perché è una classe che vive di privilegi e che non ha contatto con la realtà di tutti gli altri. C’è qualche eccezione ma non basta. Di fatto le persone socialmente più deboli lo sono anche perché non hanno la forza di unirsi. Appunto dico che ci sono responsabilità distinte: i lavoratori e le lavoratrici sono stati messi in competizione, corpo a corpo, da una contrattualistica tesa a sbrciolare quella che chiamavamo la coscienza di classe. Ma dov’è la resistenza a questa imposizione? E cosa non abbiamo fatto noi, più adulti, per trasmettere almeno l’idea di quella forza che collettivamente si può avere?
    Intanto poco fa Mubarak si è dimesso.
    Per quanto mi riguarda sono uscita dal movimento femminista, anch’io a gambe levate agli inzi degli anni ottanta per poi tornarci, quasi per caso e per scoprire che nel frattempo quel contesto che mi aveva tanto infastidito, aveva sviluppato un mondo di conoscenze che poi capii essere fondamentali per come io volevo vivere. A te Carla Lonzi dà l’orticaria, ebbene io mi persi tutto di lei per ritrovarla poi nei testi che ancora oggi studio e approfondisco. Una cosa mi fece fermare definitivamente l’attenzione su di lei ed è che fu lei a dire che io non dovevo essere definita rispetto all’uomo e viceversa ma che con il maschile andava stabilita una relazione che rispettasse ciò che ci faceva differenti. Da lì inquadrai alla perfezione le stesse cose che per te sono importanti, il tuo sentirti affine a tutti nelle loro identità e mutevolezze. Ti dico che non fu un punto di partenza ma un ritrovarmi a casa mia, nell’agio di guardare tutto con gli occhi della massima apertura possibile. Parlava di risonanza Carla Lonzi, di ricerca della verità mediante ciò che sentiamo risuonare in noi come vero e non la verità monolitica di un sistema di dominio. Mi sentii rinascere: ciò che io pensavo e credevo di pensare da sola, era stato scritto, discusso, confrontato, digerito, messo a disposizione. Mi sembrò un tesoro, il tesoro. Vivendo in provincia non ho avuto l’opportunità ma nemmeno feci la fatica di continuare a seguire ciò che non mi convinceva. Il mio gruppo di autocoscienza si rivelò un luogo di tortura per cui scappai, ma quando seppi che l’autocoscienza di altre aveva prodotto quel che io sentivo ma non riuscivo a nominare, beh, te l’ho detto, mi sentii rinascere. Concludo perchè condivido la preoccupazione di Barbara sul rischio di monopolizzare questo spazio ma lo faccio dicendoti che forse fare la fatica di capirci vale la pena, come sta accadendo a noi adesso.
    Si è dimesso, dunque Mubarak, che possiamo anche noi ritrovare ciò che ci può aiutare a stare tutti meglio.

  41. l’unico rammarico resta il fatto che il 13 febbraio non abbia avuto seguito.
    mi spiego: la piazza contro berlusconi e il suo giro di donnette (o donnacce, scegliete voi) mi è parsa piuttosto scarna. ma lo pensavo un inizio.
    speravo -forse ingenuamente- che ne sarebbe seguita il giorno dopo una piazza sulla legge per il 30% obbligatorio nei CDA, una per le quote rosa, una per la ripenalizzazione piena della pedofilia, una contro la legge sulla fecondazione assistita, una con la famiglia, ecc. ecc. ecc.
    le donne hanno così tanto da discutere, riprogettare e difendere…
    invece, tra chi dice che abbiamo solo bruciato reggiseni più griffati di un tempo e chi ci accusa di altro, anche noi abbiamo perso la focalizzazione dell’essenziale: pronte al confronto e propositive!

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