Sabato ero a Bologna, in un’affollatissima sala dell’Arci, a parlare di genere e di molto altro insieme a Giovanna Cosenza e Marina Mizzau. Alla fine, Stefania (che ringrazio) mi ha raccontato di questa ricerca, che risale all’anno scorso ma di cui nulla sapevo e che mi sembra molto importante. Altre iniziative interessanti da Torino, relative alle pubblicazioni per l’infanzia, qui e qui.
Non sono affatto progetti “a latere”. Il mio timore, più volte espresso, è che una volta chiusa la partita berlusconiana cali di colpo l’interesse generale su una questione tuttora apertissima: dal punto di vista sociale e culturale.
Nel frattempo, Adriano mi invia via mail questo articolo de El Pais sulla violenza contro le donne in America Latina. Pandemia, titola il quotidiano.
In Italia, i giornali riportano i commenti al nuovo stupro avvenuto nel centro di Roma. Si chiede Adriano: “il machismo è l’unico modello di virilità possibile per l’uomo nel 2011? Il modello patriarcale è evidentemente in crisi, e l’unico modo per affermarsi è essere “un vero uomo”, ovvero un macho, con tutto quello che consegue da questo “modello”, ovvero arroganza, egoismo, giustificazione alla violenza? La cosa grave di questo modello è che non è descrittivo e basta, è prescrittivo. E quello che prescrive…i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Siamo scesi in piazza il 13 febbraio (a Milano io c’ero), ma dobbiamo scendere in piazza ancora, e vedere il problema in maniera più ampia, credo”.
Grazie.
Altro che accendere il Colosseo, sono i cervelli che andrebbero accesi, ma questo implicherebbe avere cittadini e cittadine liberi/e. Non credo che sia una responsabilità di Alemanno, in questo ha ragione Cicchitto, è una responsabilità di tutta una politica che coinvolge anche Cicchitto. Il progetto esiste già, e non riguarda mettere delle ronde e più guardie in giro, anche perché tanti stupri non sono opera di sconosciuti. l progetto ha a che fare con la cultura, e lo sanno bene.
Lo stupro è un crimine che “atenta contra la mujer por el simple hecho de ser mujer”, questo è riconosciuto, con le stesse parole, dalla legge spagnola contro la violenza di genere. Che infatti prescrive interventi sulla cultura, di prevenzione, di educazione, oltre che di cura delle vittime. “Irresistibili” significa anche che uno è scusato se non si è saputo trattenere dallo stuprarle?
Mi è già capitato di scriverlo, ma forse non era qui. Nei famosi Obiettivi del Millennnio per far sparire la povertà, il terzo è proprio favorire l’uguaglianza tra uomini e donne. Come dire, è un obiettivo da terzo mondo, e guarda caso in Italia siamo fermi ai blocchi di partenza. Diamoci da fare…
A me piacerebbe una campagna contro lo stupro. Uomini “famosi” che ci mettono la faccia e gridano il proprio sdegno.
Certo, poi uno guarda una partita in tv e vede a bordo campo una pubblicità per le patatine fritte che dice “la patata tira” e tutto sembra inutile. Ma non ce l’hanno una moglie l’amministratore delegato ed il responsabile del marketing di quella azienda?
Indubbiamente certi uomini sono per certe donne come il Rhynchophorus ferrugineus per le palme. Un flagello.
P.S. Però vale la pena ricordare che l’olio di palma è responsabile dell’estinzione degli ultimi oranghi. Adesso, secondo la denuncia di Greenpeace, la Nestlé utilizza olio di palma proveniente dalla distruzione delle foreste torbiere indonesiane per prodotti come Kit Kat. «Ogni volta che dai un morso al tuo Kit Kat – avverte Chiara Campione, responsabile della campagna Foreste di Greenpeace Italia – potresti, senza saperlo, prendere a morsi un pezzo di foresta e contribuire all’estinzione degli ultimi oranghi.”
Comunque. Temo che le dinamiche che portano allo stupro siano leggermente più complesse di quanto ci piacerebbe pensare e di quanto si va qui enunciando e generalizzando un po’ troppo.
Come non sono necessarie e sufficienti rilevanti le minigonne, così non credo siano necessari e sufficienti arrognza, egoismo e giustificazione della violenza. Anzi, consigliatemi letture in tema, please.
“Il modello patriarcale è evidentemente in crisi, e l’unico modo per affermarsi è essere “un vero uomo”, ovvero un macho”: tristemente vero. Nella mia vita di studentessa ho sperimentato una quantità di convivenze improbabili…e la dinamica machista viene fuori molto più spesso di quanto si possa immaginare. Non voglio tediarvi con gli esempi, ma secondo me questo è indicativo: ragazzo magrolino (e retrogrado in partenza, of course), si ritrova a vivere con quattro ragazze e un compagno di stanza figone, popular, che lo caga pochissimo. Inizia a frequentare quotidianamente una palestra e ad intervenire ossessivamente sul proprio corpo, ingurgita pillole di non so cosa, segue una dieta ferrea. Man mano che cresce muscolarmente, non so se a causa delle pillole o delle circostanze, diventa sempre più aggressivo. Diciamo solo che questa convivenza s’è conclusa con lui che quasi mi menava (il ragazzo che doveva subentrare al suo posto, per fortuna, in quel momento si trovava lì e l’ha fermato), perché, come si fa di solito, mi ero rifiutata di ridargli l’intera caparra prima dell’arrivo delle ultime bollette.
Laddove il dominio sul genere femminile non è già dato (com’è spesso – non sempre – nella nostra società) esso diventa qualcosa da conquistare, un percorso di crescita da intraprendere. Ci si educa al machismo, senza trovare, a quanto pare, alcun ostacolo culturale che metta in dubbio la bontà della scelta.
@Paolo S Di sicuro due testi che mi hanno aperto una riflessione sono stati: Genziana Brullo, “Studi sullo stupro”, Aracne, 2010; Stefano Ciccone, “Essere maschi”, Rosengerg & Sellier, 2009. Ti consiglio entrambi ma in particolar modo il secondo: lui è l’uomo che è intervenuto alla manifestazione del 13 a Roma. In gambissima, davvero.
Cara Lorella, a proposito di stereotipi di genere, ieri sera da Fazio passava una imbarazzante pubblicità della Barclays Bank sui mutui per giovani coppie, con lui (che già dall’espressione non prometteva nulla di buono) che alla fine esclamava verso la moglie: “così tu potrai stare dietro ai fornelli, e io guarderò la televisione seduto sul divano”… Insomma, come hai già detto tu, bisogna continuare a essere vigili e battere il ferro finché è caldo.
“il machismo è l’unico modello di virilità possibile per l’uomo nel 2011? Il modello patriarcale è evidentemente in crisi, e l’unico modo per affermarsi è essere “un vero uomo”, ovvero un macho, con tutto quello che consegue da questo “modello”, ovvero arroganza, egoismo, giustificazione alla violenza?”
Ovviamente no. Se uno non ha trovato ostacoli culturali, secondo me, è perchè non ha voluto o saputo trovarli
Essere bambine è difficile oggi, ma credo che anche essere maschio non sia così facile per i bambini d’oggi. Bullismo, competitività, aspettative. Ricordo padri che mettevano il Polase nella borraccia dei propri figli per farli “recuperare” meglio. Da bordo campo gli urlavano di fregarsene di fare quello che dice l’allenatore e di fare altro, forse bramando un figlio in serie A.
Padri che portano i figli ad Amsterdam per fargli fare certe esperienze nel red light district. Padri che impediscono ai figli maschi di giocare con le bambole o con la cucina giocattolo.
Forse sarebbe utile anche un “dalla parte dei bambini”.
Stefano, la tesi di Gianini Belotti non è: “le bambine crescono in un sistema teso a farle aderire ad uno stereotipo di genere, mentre i maschi no”. Tutti siamo sottoposti a delle pressioni, ma mentre quelle che subiscono i bambini sono (tendenzialmente) volte a creare individui dalla personalità forte, dominante, esplosiva, quelle che agiscono sulle bambine le spingono verso l’autocontrollo, il conformismo, la dipendenza dallo sguardo altrui.
Come sempre sono in sintonia con Stefano: ho un maschio e me lo chiedo di continuo se l’educazione che gli diamo e l’esempio che riceve in casa siano sufficienti a renderlo libero dagli stereotipi. Si vergognerà di mostrare che gioca anche con le bambole? O che lava i piatti con me?
Essere maschi è comunque difficile. Quoto Stefano.
Ho un figlio di quasi sei anni, nonostante tutti i miei sforzi, ha delle uscite tipo: “…la danza è da femmina…Il viola, dopo il rosa, è da femmina…” E pensare che solo due anni fa ballava senza remore!
Però riesco ancora a farlo “stirare”, riordinare la sua camera, gioca con le bambole e la cucinina… Però è uno dei pochi, ve lo assicuro.
Alterna giochi di guerra a momenti di pura tenerezza.
Mio marito non cucina quasi mai, non stira, non lava ecc… Quindi, mio figlio, quale film si sta costruendo in questi anni?
Della serie una contro tutti. Sono combattiva ma ammetto di essere quasi sempre in minoranza.
Allora leggo e leggiamo tanto, ma che difficoltà trovare libri con eroine femminili, ci sono certo, ma non in bella mostra come le orrende e insulse principesse disney. E via con ricerchine su internet.
Intendo dire che anche per un bambino è utile confrontarsi con figure femminili forti e intrapredenti, sapere che non è da femminucce piangere.
Come proseguire? La strada è troppo in salita. Che fare se la maggioranza dei genitori non vede e non sente e se vede non vuole sentire. Un maschietto troppo outsider, che non sta nei ranghi, di norma fa una brutta fine. Io ho 40 anni e mi ricordo bene come trattavamo a scuola i maschi un po’ meno maschi… Non è molto diverso da allora.
Sì una cosa è diversa, mi sono guardata le foto delle elementari e… non compariva quasi mai il colore rosa, solo il fiocco dell’odiato grembiule era rosa!
madre di due maschi che giocano con la cucinina e nella loro classe non sono neanche gli unici
marito che fa tutto quello che posso fare anche io soprattutto cucina per rilassarsi e non è l’unico
accompagniamo i figli alle gare di judo e ci incontriamo con altri genitori sereni cioè se vincono bene altrimenti è stata comunque una bella domenica
forse qualcosa di positivo c’è nel nostro futuro
spero
però a proposito di domenica proprio ieri alla gara appunto notavo la differenza tra gli incontri maschili e quelli femminili
le femmine si sono fatte molto più male si sono “odiate” tutto il tempo
mentre i maschietti prima dell’incontro si sono scambiati le figurine hanno parlato di bleyblade insomma la competizione c’è stata solo sul tatami….
Quando io propongo giochi anche femminili a mio figlio lo faccio pensando che da bambina, avendo un fratello maggiore e giocando sempre con lui e i vicini di casa (tutti maschi), adoravo giocare a pallone ed ero regolarmente presa in giro da tutti gli adulti (i coetanei no, in genere mi accettavano) perché dicevano che non era normale che una bambina preferisse quel gioco alle bambole… Che poi a me piacevano pure le bambole!
Insomma pluralità di modelli! Lasciamoli liberi, ma diamo loro delle alternative!
Al di la dello stupro, di cui appunto per motivi già detti preferisco non commentare – anche io come PaoloS ritengo sempre opportuno evitare di stringere lo sguardo alla sociologia del fenomeno – mi piacerebbe molto che si strutturassero dei progetti di riflessione sui generi e sulle declinazioni possibili, come sulla problematizzazione che questo implica, fuori dai contesti abituali nostri, fuori dai convegni fuori dalle riviste – nelle scuole ma anche in altri contesti. Mi sembra importante riflettere sulla questione maschile e creare delle aree di dibattito dove i giovani uomini possano interrogarsi sulle proprie rappresentazioni di se – anche permettendo che certi stereotipi siano ripercorsi e solo parzialmente smantellati. Sospetto che l’aggressione di petto all’immagine stereotipica, porti a reazioni difensive, tanto più granitiche quanto sono granitiche le convinzioni sessiste. So anche che, in psicologia più c’è flessibilità nell’interpretazione dei ruoli più c’è maturità psicologica, al contrario la rigidità combacia con tutta una serie di difficoltà che in quella rigidità trovano uno scudo. Da madre di bambino maschio – penso che sia saggio concedere una piattaforma stereotipica – il modo di vestire – alcuni giochi, che il bambino avverta come solida per le sue relazioni e sulla quale lavorare per una interpretazione del genere più flessibile e saggia. Avverto anche che in questi piccoli stereotipi mio marito – quando per esempio lo veste, e sceglie i vestiti – ha un modo di trasmettere al figlio la sua concezione identitaria.
Importante poi mi sembra – anche quando una non lavora – ISTIGARE il compagno alla collaborazione, al farsi vedere nella flessibilità di genere. E farsi vedere che ci sta comodo. Non sempre è facile ma, da le sue soddisfazioni.
credo che uscire dagli stereotipi nell’educazione dei bambini sia difficile…
i maschi non “devono” giocare con la cucina o le bambole ma anche, se figli di genitori progressisti, non giocare alla guerra.
Bisognerebbe provare a lasciarli in pace, a fargli vivere la loro vita in libertà senza condizionarli, almemo noi genitori, nelle loro scelte.
Giocare alla guerra o con le pistole per i bambini è fondamentale, mentre si pensa che li possa rendere da grandi dei futuri cecchini o serial killer
E anche giocare con le bambole o con qualsiasi altra cosa ha la sua importanza per i bambini. Importantissimo nella crescita dei bambini è l’atteggiamento che noi abbiamo nella nostra vita non tanto quello che gli diciamo, predichiamo o imponiamo. Se noi padri non saremo machisti, nazisti o misogini, nei fatti non a parole, i ns figli saranno così. E lo stesso vale per le mamme. I modelli esterni possono essere devastanti sia chiaro, ma il modello più importante siamo sempre noi genitori. Il lavoro più grande va fatto su noi stessi prima che sugli altri.
Zauberei.
Sì è proprio così, istigo spesso e volentieri. Che faticaaaa, lo so mi ripeto.
Concordo sulla piattaforma stereotipica, [ che termine, sembra un ufo;-)]
E quindi vai con overdose di pirati, ladri , poliziotti, forze di mare e di terra…
io mi sono sposato uno che era già stato istigato dalla madre
quindi ringrazio mia suocera per tutta la fatica che mi ha evitato!
La famiglia da sola non può neutralizzare gli stereotipi, secondo me, anche perchè la realtà italiana è molto differenziata. Ma se i ‘luoghi’ dove essa si muove sono sensibili al problema e hanno già accolto un codice diverso e, insomma, la lotta contro le disparità la fanno, allora è possibile riuscire in qualcosa. Sto riferendomi alla scuola e a tutti gli ambienti in cui vivono i bambini. Quanti sono i figli che crescendo in famiglie dove nessuno aveva potuto studiare a lungo, hanno corretto – chessò, la grammatica e la sintassi di genitori e nonni? ‘Senza offesa’ direi, allegramente, perchè era ovvio per loro che quella era la maniera giusta di scrivere o parlare (preziosità dei dialetti a parte) … Per dire che, oltre a ‘costringere’ (sì, per favore) gli uomini alla condivisione in casa (reale, pratica!), occorre pretendere e stimolare azioni che facciano ‘naturalizzare’ altri modelli all’esterno – ovunque. Proprio Stefano dalla Svezia tempo fa mi sembra parlò di cataloghi di giochi per bambini ben consapevoli della parità nei testi e nelle immagini. Semplici e banali cataloghi commerciali immagino.
Scusate se mi autoquoto
http://congedoparentale.blogspot.com/2010/10/pari-opportunita.html
Questa è una “check-list” per un asilo che voglia essere attento a pari opportunità, diritti e responsabilità (secondo il ministero svedese per le pari opportunità). In effetti sono tutte cose molto semplici.
1) Tutti i bambini e gli adulti vengono trattati ogni giorno in maniera positiva e come individui? Quali routine ci sono per verificarlo?
2) Ci si riferisce ai bambini come individui tramite nome proprio? (non con le parole bambino/bambina o maschio/femmina)
3) Chi sono i protagonisti delle storie e delle canzoni? Si leggono tante storie con protagoniste femmine quante con protagonisti maschi?
4) C’è un metodo per far si che tutti parlino e possano far sentire la propria opinione cosicché tutti si abituino sia a parlare che ad ascoltare?
5) Il “no” di ogni bambino vale uguale? Sia fra gli insegnanti che fra i bambini?
6) Viene fatto ruotare fra tutti i bambini il ruolo di protagonista e di comprimario? Come si esercitano a questo i bambini?
7) Tutti hanno la possibilità di esprimere i sentimenti felice, triste, arrabbiato ed impaurito?
8) La varietà di situazioni familiari che c’è nella società viene rispecchiata nel materiale didattico?
9) Vengono avvisati sia i papà che le mamme se c’è bisogno di venire a prendere il bambino in orario di lavoro?
Sì, ecco, grazie, mi ricordavo che Stefano ne aveva parlato. Non so cosa succeda qui, nella scuola elementare ad esempio. Non se se ne parli o meno, della parità, ma cosa si fa in concreto.
Ah la numero 9! Nel 90% dei casi la scuola italiana chi avvisa per primo, anche se entrambi lavorano? La madre, of course.
Adrianaaaa, per quanto io tenti di fare seriamente autocritica sui temi di parità e promozione delle differenze, fossi stato il vostro coinquilino maschio magretto probabilmente avrei distillato cicuta per tutti anziché rintanarmi in palestra…
La situazione che descrivi è degna di Carrie!
Paolo S: in che senso? Ti assicuro che nessuno in casa mia se la prendeva con questo tizio.
Mi scuso se prima è sembrato che stessi minimizzando la questione del come si sviluppa l’identità maschile, in realtà volevo solo fare una precisazione ed evitare quello che mi pareva essere un possibile calderone indistinto.
Siccome oggi è la giornata degli esempi, ne riporto un altro: cuginetto di due anni e cuginetto di tre, dopo un pomeriggio di giochi, si salutano baciandosi. Lo zio (che da quando è in pensione passa le sue giornata ad allenare i bambini delle scuole di calcio) dice ” I maschi non si salutano con i baci, i maschi si danno il cinque!”, dopodichè prende le manine dei due bimbi, interdetti, e le fa virilmente picchiare l’una contro l’altra.
Forse sono solo io che ho sovrainterpretato, Adrianaaaa. Mi piaceva il Carrie in versione nerd retrogrado, e l’ho fatto virare sul Manuale del giovane avvelenatore….
Dunque, avvelenatori veri e propri non ne ho mai trovati per fortuna, ma sabotatori sì…ricordo un tizio che accendeva i fornelli sotto la caffettiera che io o la mia coinquilina avevamo già spento, così che il caffè uscisse sporcando la cucina e lui avesse una scusa per prendersela con noi. Giuro. Lo stesso tizio aveva abitudini simpatiche tipo accatastare la spazzatura davanti alla camera di noi ragazze quando andavamo via per qualche giorno, ti lascio immaginare con quale risultato. Ho rischiato di prendere le botte anche da lui.
A proposito di machismo appunto e di identità maschile, è significativo che a dare così tanto di matto siano giovani uomini appena usciti da casa. E vi assicuro che psicopatici simili non sono capitati solo a me (sennò poi sembro io quella che li provoca ^^’)
giovedì 24 a Roma incontro-dibattito a Palazzo Valentini, http://maschileplurale.it/cms/, meglio del nulla come inizio, intervenite numerosi
Adrianaaaa, hai materiale antropologico per un ciclo intero di romanzi!
Stefano, grazie per i suggerimenti di lettura e per la checklist.
Miriam, sono sicuro che la narrazione identitaria che costruirai con tuo marito e tuo figlio consentirà a quest’ultimo di avere una marcia in più rispetto ai coetanei che non hanno una mamma attenta come te. Nonostante l’ostilità del mondo là fuori – dove comunque prima o poi troverete alleati.