GOCCIA A GOCCIA

A proposito di immaginario.
Sette e trenta del mattino. Caffè. Quando entro nel bar sotto casa, trovo un uomo di mezza età, intento a discutere animatamente con la barista. Dalle ultime parole, deduco che si sta commentando lo stupro di una ragazza a Roma. Così.
“La colpa è delle donne. Anzi, prima dei genitori che le mandano in giro mezze nude, poi delle donne. Gli uomini, che possono fare? Reagiscono”.
Non mi trattengo, e gli dico di smetterla di dire fesserie di prima mattina.
La risposta?
“Signora mia, lei pensa proprio antico”.
Antico. Altro che pozzi. Qui bisogna trovare sorgenti nuove.

62 pensieri su “GOCCIA A GOCCIA

  1. Cara Loredana,
    è la prima volta che commento il suo blog; ho imposto la lettura di “Ancora dalla parte delle bambine” al mio fidanzato che, quando avevo ventun anni, come prima cosa mi aveva chiesto, alla notizia comunicatagli fra i singhiozzi che ero appena stata molestata da un 60enne su di un treno in pieno giorno, come fossi vestita. Temo, però, non sia stato per lui lluminante come per me. Credo che la vera responsabilità delle donne nasca nel momento in cui diventano madri e tramandano ai propri figli maschi una visione tanto inaccettabile della donna ed alle proprie figlie femmine un’ immagine di sè ed una scala di valori ed obiettivi che le porterà ad essere per sempre non solo depotenziate, ma anche prestazionali e frustrate: in una parola, più infelici. A proposito di questo, ieri sera assistevo per la prima volta, incredula, ad una puntata di Little Miss America su Real Time, un dietro le quinte dei concorsi di bellezza per bambine (anche nella categoria 0-12 mesi!) in America. Ovviamente la parola più usata era “perfezione”. Mi piacerebbe tantissimo leggere una sua riflessione a riguardo.
    RingraziandoLa,
    Valentina

  2. A una settimana esatta dal tredici febbraio, voglio tenermi rigorosamente alla superficie.
    Parto da quella frase del signore medio-pensante che dice: “Signora mia, lei pensa proprio antico” perché pensarla moderno significa per lui essere convinti che : “La colpa è delle donne. Anzi, prima dei genitori che le mandano in giro mezze nude, poi delle donne. Gli uomini, che possono fare? Reagiscono”.
    .
    Che pensavamo antico, prima della manifestazione del tredici, ce lo hanno detto in tutte le salse, molti uomini e alcune donne, bollando le motivazioni, articolate, complesse, molteplici, con una sola accusa infamante: ‘Moraliste’, ‘donne per bene contro donne per male’, robba de anticaja e petrella, appunto.
    .
    Hanno impavesato il teatro dal verme di mutande per affermare quanto liberi e disinibiti fossero coloro che facevano quadrato intorno al cavaliere e le ragazze che da lui ricevevano tanti regali, in soldi, case, cariche politiche, ruoli televisivi ecc. ecc. ecc., in cambio di un po’ di carne spogliata da mettergli in mostra e di coccole affettuose, papin papon.
    Tutto quell’impavesamento, sia (stato) chiaro in difesa del cavaliere sì, ma soprattutto della libertà delle donne!
    .
    A pochi giorni dal 13, il libero e disinibito cavaliere è stato accolto nei panni di peccatore in vaticano e le giovani imprenditrici di se stesse sono state bollate come mignotte rapaci e sanguisughe, pronte ad approfittare delle debolezze comprensibili e perdonabilissimi di un uomo fragile, come fragili ed esposti al peccato sono tutti gli uomini, soprattutto quando a tentarli sono le donne, da sempre, alleate del serpente.
    Ah, le donne che manifestavano in piazza? Un concentrato di abortiste e libertine (dall’articolo linkato da Donatella in un altro thread: http://www.pontifex.roma.it/index.php/interviste/religiosi/6769-la-manifestazione-delle-donne-un-concentrato-di-abortiste-e-libertine-che-contestava-contro-i-propri-principi-sarebbe-stato-meglio-portare-i-figli-in-campagna-meno-grave-peccare-secondo-natura-e-non-contro) e, per tutte le altre, sempre radicalmente ‘per male ab origine’, sarebbe da rimandarle tutte a scuola dalle suore, come dixit Messori da Lerner, per inquadrarle di nuovo nei sani e ottimi principi cattolici.
    .
    Naturalmente ho semplificato parecchio, ma lo schema che viene proposto oggi, nelle linee generali, mi pare sia questo. Sicuramente il mercato ci mette moltissimo del suo, come si legge nella’articolo, che per molti versi ho condiviso, linkato da valter, ma in tutta questa storia c’è qualcosa che va oltre e prima del mercato. Qualcosa di molto arcaico, vestito di nuovo.
    E, infatti, rispetto al “Signora mia, lei pensa proprio antico”, chissà perché, mi è venuto di prima acchitto alla mente l’archi pensiero di orwelliana memoria. Con qualche differenza peggiorativa e più subdola, ‘i principi della neolingua’ sembrano scritti oggi.

  3. Anch’io, come zauberei, penso che la questione del perchè si stupra sia molto complicata e credo che la risposta vada sempre cercata nella specificità dei contesti. Quello che mi sconvolge è, appunto, il linguaggio che qui oggi esiste attorno allo strupro, che riversa tutto il peso dell’evento sulla donna (sia vittimizzandola che colpevolizzandola), facendo scomparire lo stupratore.

  4. Concordo con Adrianaaaa, pare proprio che quando le tematiche vadano in direzione nella quale il maschile necessiti di una riflessione, per aiutare a risolvere, ad affrontare e a capire le cause della perdita del rispetto verso lìaltra come individuo, il nulla appare. Anzi, la divagazione!
    Servono progetti, interventi, lavori, presa di responsabilità come giustamente sollecita Donatella, o forse questo non è un argomento interesante dal punto di vista maschile? (e qui, scusate, le ragazze di Arcore non c’entrano nulla, ‘che lo stupro è un’arma vecchia di millenni)

  5. @Emanuelle. ‘Il maschile’ per fortuna si comincia a declinare in modi diversificati. Si è detto troppo poco, ma a piazza del popolo l’intervento di un uomo di ‘Maschile plurale’ è stato molto applaudito, da donne e uomini (molti).

  6. quando parlate del “maschile” (quello che deve chiederci scusa – cito marina k), vi riferite a mia madre, vero? Declina, declina… sì.

  7. No, diana, non ci riferiamo a tua madre, nè a tutte le donne e neppure a tutti gli uomini. Si dà il caso che in questo Paese le donne abbiano qualche problema di discriminazione in più degli uomini e che le violenze da parte degli uomini sulle donne siano molto frequenti, molto più di quelle da parte delle donne sugli uomini adulti.
    Molte donne si sono poste il problema, alcuni uomini se lo stanno ponendo. Gli uomini di ‘maschile plurale’ sono tra questi. Ancora troppo pochi, speriamo che aumentino.
    Tutto questo non cancella il fatto che esistono anche donne pessimissime. Cosa che, però, mi pare non diminuisca per niente il problema di cui stiamo parlando qui.

  8. Mi sembra importante specificare meglio che nel riferirmi, in un mio intervento precedente, a un discorso comune, a un contesto culturale che può incoraggiare lo stupro (cito qui zauberei), non volevo assolutamente mettere sullo stesso piano il sessismo nelle sue molteplici manifestazioni e, appunto, lo stupro. Nè indicare per lo stupro un’unica spiegazione, ci mancherebbe.
    Quello che volevo dire e che ho capito del testo di Bourke, è che si tratta sempre di un crimine, come mi pare dica anche zaub, contestualizzato culturalmente e storicamente. E che quel contesto, fatto di miti giustificatori e, circolarmente, promotori (in alcune persone), è qualcosa su cui possiamo cercare di incidere. Uno degli elementi su cui lavorare, anche se certamente non l’unico.
    Per questo, pur trovando anch’io pieno di buoni spunti l’articolo di Mancassola citato da Binaghi (soprattutto per la domanda sul limite al mercato), resto dubbiosa sul punto in cui la manifestazione del 13 viene ‘accusata’ di occuparsi solo di rappresentazione. In primo luogo, perché credo ci fosse una gamma molto più ampia di rivendicazioni, e in secondo luogo perché credo che la rappresentazione abbia molto a che fare con l’immaginario che è uno degli elementi che contribuiscono ad alimentare lo stupro – e altre forme di violenza e discriminazione.

    Scrive Mancassola: “un movimento delle donne che si limiti ad agitare questioni di rappresentazione – il problema di come le donne vengono rappresentate in televisione eccetera – rischia di mancare il colpo. La cultura del politically correct si è concentrata per decenni sul problema di come le cose venivano rappresentate, e ha perso di vista il problema di come le cose venivano vissute.”
    Ecco, per me quella della rappresentazione non è una questione di politically correct, è qualcosa che va precisamente a toccare il rapporto tra immaginario e vissuto.
    Non credo sia casuale la scelta, nel 2006, di accompagnare gli articoli del numero di Diario intitolato “Stupro” con una lunga serie di fotografie di Ico Gasparri: “Le sue fotografie formano un racconto che scorre attraverso (quasi) tutte le pagine del giornale, un caso che farà riflettere su quanto di violento ci sia nei “creativi” che devono trovare l’argomento giusto per ottenere buoni risultati sul mercato: donne come oggetti da usare, oggetti disponibili, soggetti consenzienti che poi, come accade per i soldati in guerra, si trasformano in simboli e poi scivolano per il nulla e infine nel vuoto davanti alo quale tutto è permesso. Accanto ci sono muri di case, automobili che passano, gente che torna a casa. Certe volte i maschi sono bombardati da grandi promesse, grandi come bottini di guerra.” (p.9)
    Magari quella che ho appena citato è una lettura riduttiva, ma ci sono altri articoli e altre prospettive. Maria Rosa Cutrufelli cita Brownmiller e la sua idea che lo stupro sia un reato “più diffuso di quanto si creda” e che non sia un atto “tanto deviante, quanto al contrario, conformista”. Per Brownmiller gli stupratori svolgerebbero la funzione, all’interno della società, di “trasformare le donne in vittime.” Servirebbero “a renderle fragili, a tenerle al loro posto”. “Non mi sembra una tesi stravagante, tutt’altro. Basta leggere la stupefacente ‘giustificazione’ che soli pochi mesi fa [nel 2006, ovviamente] i ragazzini-stupratori di Lanciano hanno offerto ai poliziotti al momento dell’arresto: ‘Tanto, in fondo, le donne ci stanno tutte’. Una frase che esemplifica alla perfezione lo stato di profonda inciviltà che ancora caratterizza il rapporto fra i sessi. Un rapporto basato sulla paura, sull’ignoranza, sul sospetto.” (p.15) E che i media italiani troppo spesso alimentano, aggiungo io, in un modo che è vicino a quello di altri paesi, ma con una intensità e frequenza che davvero hanno pochi eguali, e che non sono una semplice questione di “politically correct”. Ma se nella sinistra tanti continuano a vederla come solo questo, non credo che arriveremo presto a risolvere i nodi a cui nell’articolo, giustamente, si fa riferimento, almeno per come la vedo io.

    Ultima citazione, e mi scuso per la lunghezza del commento, ma c’è tanto, e questa mi sembra legarsi alle osservazioni che Valeria ha fatto altrove sull’intervento del vescovo di Grosseto. Da un articolo di Dianella Gagliani, nel quale si accenna a come la storica Michelle Perrot nel 2000 descrive le ambiguità di una protezione molto selettiva del corpo femminile:
    “In Occidente gli Stati sono giunti, già agli inizi del Novecento, a tutelare la madre ai fini di incentivare la natalità, ma hanno faticato a riconoscere le molestie sessuali e lo stupro come offese all’integrità del corpo femminile. … Solo nel 1980 la Francia riconobbe lo stupro come offesa alla persona; in Italia le donne hanno dovuto attendere fino al 1996. Ma le tensioni fra volontà di dominio, propensioni alla protezione, riconoscimento dell’integrità femminile e delle donne come parte del genere umano non sono ancora scomparse.” (p.21)
    No, purtroppo no. Peccato che in Italia, a me sembra, la propensione sia più a renderle ancora più fragili che a lavorare sulla cultura perché i diritti diventino parte della cultura. Forse qualcuno/a ha in mente la campagna della Lactacyd in cui venivano citati dati sul presunto desiderio delle donne di di essere protette dalle ronde e sulla loro paura. Era una collaborazione tra mercato e Governo per la sensibilizzazione sulla questione della violenza sulle donne, se non sbaglio. La cui funzione, per come la leggo io, era alla fine di renderle, appunto, meno libere, più fragili, più “al loro posto”. E la canzone di sottofondo, inquietante, diceva “the first cut is the deepest. baby, I’ll try to love again, but I know, the first cut is the deepest”, muovendosi, in questa ricontestualizzazione, tra accenni al primo amore (l’unico, idealmente, per una donna?) e al dolore permanente dopo uno stupro, la minaccia per tutte le donne “per male”, le donne libere.
    Ecco, io concordo con Loredana che c’è davvero bisogno di sorgenti nuove. C’è un sacco di lavoro da fare con i giovani.

  9. Mi sono ricordata di un “trattamento” mediatico dello stupro che mi aveva colpita per danno potenziale molto elevato. eccolo.
    http://www.youtube.com/watch?v=EbWOExh9n-o&feature=related
    L’avevo accostato mentalmente, per contrasto, ovviamente, a Processo per stupro. Oggi si fanno processi sulla piazza mediatica, infarciti degli stereotipi da cui parte il post, ma chi si deve difendere dalle accuse è tragicamente chiaro – la vittima – e non c’è in realtà alcuna vera difesa.

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