CRONACHE DA BARI

Avvertenza preliminare

Quando ieri ho definito Passaparola, il secondo forum del libro e della promozione della Presidi1_1 lettura, una delle esperienze più interessanti degli ultimi tempi pensavo non tanto agli esiti finali (iniziative, eventi in cantiere e quant’altro possa derivare da occasioni di incontro di questa natura), bensì all’atmosfera e alle modalità in cui l’incontro stesso si è svolto.

Prima notazione. A differenza di quanto avviene in convegni, raduni, dibattiti, dove d’abitudine i singoli relatori giungono con il proprio intervento scritto o meditato, lo enunciano all’uditorio e vanno a prendersi un caffè, qui si è ascoltato. Ovvero: la stragrande maggioranza degli intervenuti riprendeva, citava, analizzava le osservazioni, i dati, le riflessioni dei partecipanti che lo avevano preceduto. Non è poco e non è frequente. Soprattutto se si considera che lo stesso Giuseppe Laterza, in apertura, aveva sottolineato che proprio nella mancanza di ascolto reciproco sta uno dei problemi cardine della comunità dei libri.

Seconda notazione. Pensando a come definire le due giornate, mi viene in mente l’aggettivo concrete. Non perché mancassero approfondimenti e teorizzazioni. Mancava, invece, l’ideologia della teorizzazione stessa. Nessuno ha pontificato sulla fine delle narrazioni, la morte del romanzo e la crisi della critica. Prevaleva il corrispettivo libresco di Medici senza frontiere: bibliotecari che si arrampicano sulle scale di casermoni periferici con un libro in mano e cominciano a leggere per chi capita, organizzatori di festival in Barbagia, giornalisti che aprono presidi libreschi a Scampia . Non che mancassero studiosi, scrittori e critici: mancava, per una volta,  l’autoreferenzialità. Perché? Non ho la risposta in tasca (oltre a quella che riguarda la cura con cui il forum è stato organizzato e la perizia con cui è stato condotto: Marino è stato sinceramente strepitoso). Mi viene però in mente che la struttura dei presidi, che ha influito non poco sulle modalità della discussione, è quanto abbia trovato di più somigliante ad un’idea di web. Rete è stata la parola più gettonata delle quarantotto ore, peraltro.

I dati

Conoscete già quelli esposti da Giuseppe Laterza. In sintesi estrema (ma rileggete la relazione): i paesi con più lettori sono quelli più capaci di innovazione (ma anche più efficienti nelle infrastrutture, più economicamente creativi, la cui corruzione è meno avvertita, più attenti alla parità uomo-donna).

Altri dati sono venuti da Gian Arturo Ferrari, direttore generale della divisione libri del gruppo Mondadori, e dalla ricerca Ipsos su quanto si è letto e comprato nel 2005. In sintesi estrema. Si legge di più.  Ma leggono di più i lettori che già leggono, il corpo medio dei lettori (attenzione, medio: i lettori fortissimi non sono affatto cresciuti).  Insomma, leggono  i già interessati. I lettori deboli arretrano. Il termine “reading divide” è già stato evocato.

Numeri. Più 7% in due anni, pari al  45 per cento degli italiani che legge almeno un libro ogni 12 mesi, contro il 39 del 2003. Particolari prevedibili: leggono di più le donne, si legge più al Nord, nella fascia socioeconomica alta. Particolare su cui riflettere: esiste una fascia di persone (3%, circa quattro milioni e mezzo di individui) che compra libri senza leggerli, per lo più genitori che impinguano gli scaffali dei figli.

Ancora. I libri in allegato ai quotidiani sono, immagino, uno dei traini dell’aumento: siamo passati dalle 39.731 copie del 2002 alle quasi 70.000 del 2004 (valore in milioni di euro: da 212 circa a 574 circa). Ma: in questo caso la capillarità della distribuzione porta ad appiattire l’area geografica. Il Sud vende quanto il  Centro e poco meno del Nord (le edicole sono ovunque, le librerie no).

Download ricerca_ipsos.ppt

Frasi sparse

Tullio De Mauro 1: “L’uso di Internet comporta l’abitudine alla lettura, comunque. Il punto è che ancora i due terzi degli italiani non è in grado di accedervi correttamente”.

Tullio De Mauro 2: “Gli scrittori italiani devono imparare a leggere ad alta voce” (su questo punto, quello della lettura ad alta voce, gli interventi sono stati molto numerosi).

Tullio De Mauro  durante pausa sigaretta, sul copyleft. “Quando l’Oxford si è messo su Internet a pagamento non ha aumentato le vendite di una sola copia. Quando il Webster si è messo gratuitamente on line, le vendite sono volate. Vorrà pur dire qualcosa”.

Carmine Donzelli: “Non esiste un sistema a somma zero per cui se va male da una parte va bene dall’altra!” (in riferimento a chi ancora vede un antagonismo fra media: chi guarda tv non legge libri etc.)

Maria Stella Rasetti (Biblioteca Comunale di Empoli): “Le biblioteche devono uscire. Devono essere nei saloni delle parrucchiere, nelle sale d’attesa, nei supermercati, nelle pinete, nelle discoteche”.

Conclusioni?

Non ci sono. Non perché non ci siano materialmente state, ovviamente. Ma perché in casi simili le conclusioni stanno all’operatività dei singoli.

Per esempio. Posso fornire una semplice informazione: la sottoscritta ha parlato di lit-blog e soprattutto di copyleft. Non sono state poche le persone che mi hanno avvicinato per discutere, poi, su questo ultimo punto: anche perché, come scriveva ieri Wu Ming, “che si parli di biblioteche di mattoni o biblioteche di elettroni, sempre biblioteche sono”. Per quel che riguarda Internet, i buoni e anche ottimi propositi mi sembrano in crescita: staremo a vedere

Post scriptum

Gianarturo Ferrari, al termine del suo intervento, ha detto queste tre cose:

– nella società letteraria italiana prevale l’ideologia dei pochi ma buoni (“meno siamo e meglio è”) e del piccolo mondo antico (“com’era bello quando c’erano X Y e Z”)

– si continua ad identificare la funzione della critica con quella di un clero laico che indichi al volgo i libri buoni, da leggere, e quelli da deprecare.

– non si può essere contro il best-seller e contemporaneamente per la diffusione della lettura

(testualmente, su Dan Brown: “non è un libro di qualità. Ma il segmento più forte dei 3.300.000 lettori italiani del Codice da Vinci sono i lettori forti, non i deboli”).

Da diverse strade e con diversissimi intenti, mi sento di dargli ragione.

37 pensieri su “CRONACHE DA BARI

  1. Paolo: infatti. Ci sono alcuni dei partecipanti al forum che mi hanno già inviato interventi esattamente su questo argomento e comincerò a pubblicarli da domani. Mi sembrava però non secondario partire da quello che suole chiamarsi contesto generale.

  2. .. Gian Arturo Ferrari… sì, va bene, però il segmento forte dei lettori di Dan Brown sono i lettori “forti” perché – come è stato detto – il segmento forte dei LETTORI tout court in Italia è quello dei lettori medio-forti. Quindi, non c’è nessuna verità sconvolgente nel dire che Dan Brown viene letto (in Italia) da chi legge anche libri di ben altro spessore. Chi legge, in Italia, è sempre quello!
    Il mercato sarà pure stratificato, ma che lo siano poi i lettori italiani… mah.. vorrei capirne di più.

  3. Marco, è quello dei lettori medi, non dei forti o fortissimi. L’incremento, infatti,ha riguardato esattamente quella fascia. Per il dettaglio, rimando alla ricerca (non appena mi arriva…)

  4. Paris en colère. Lo sanno tutti che se a Parigi ci fosse il mare sarebbe una piccola Bari. Il mare unisce, mica divide. Per questo, forse, Parigi Brucia e Bari ancora no.
    Ma:
    “Attention, ça va toujours loin
    Quand Paris se met en colère
    Quand Paris sonne le tocsin
    Ça s’entend au bout de la terre
    Et le monde tremble
    Quand Paris est en danger
    Et le monde chante
    Quand Paris s’est libéré.”
    (Mireille Mathieu, “Paris en colère”,du film “Paris brûle-t-il ?”

  5. comunque, per dire solo le cose che non mi tornano: non credo che leggere abitualmente il monitor avvicini al leggere libri. e le cose che dice ferrari, boh, non mi risultano (e sì, un critico che mi spiega quali libri sin da leggere secondo lui, e quali no (e perché), mi pare faccia ottimamente il suo mestiere; cosa c’è che non va?).
    inoltre: chi è che è contro i best seller? ovvio che un lettore che deve scegliere nel mare dell’editoria userà i criteri che per la sua esperienza funzionano meglio; anche criteri bruti: insomma, si tratta solo di lettura per piacere, in fondo! già è arduo avere il tempo per farlo, mica si può anche setacciare minuziosamente tutto ciò che esce e tutto ciò che si dice in proposito!

  6. Paolo, nell’ordine:
    1)”non credo che leggere abitualmente il monitor avvicini al leggere libri”.
    Se il monitor è vuoto, ovviamente no. Se all’interno del medesimo si trovano idee, consigli, suggerimenti sui libri medesimi, perchè no?
    Se dall’altra parte del monitor ci sono persone interessate ai libri, assolutamente sì. Avvicina.
    2) “un critico che mi spiega quali libri sin da leggere secondo lui, e quali no (e perché), mi pare faccia ottimamente il suo mestiere”.
    Certo: purchè non anteponga la propria visione del mondo e della letteratura al contenuto e spesso financo alla lettura dei libri medesimi. Cosa non infrequente.
    3)”inoltre: chi è che è contro i best seller?”
    Controdomanda: forse ti sei perso qualcosa? Ma non di quanto avvenuto fra i lit-blog, ma di quanto avviene da qualche decade nel mondo letterario. Italiano soprattutto. Non è un male, peraltro, non essersene accorti 🙂

  7. Primo comandamento di Beneforti: se la realtà dei fatti ti smentisce, di’ che bisogna parlare di altri fatti. Se hai detto per settimane che Internet non sposta niente poi viene fuori che invece sposta, sii lesto a spostare l’attenzione: “E le banlieues? E la Palestina? E la maledizione di Oetzi?” 🙂

  8. Guardando la cosa da un’altra ottica, non è che ci sono più lettori di libri grazie ai giornali ma i giornali vengono ormai percepiti come inutili rispetto al gadget, anche se in questo caso gadget nobile come il libro? Sarebbe la brace dopo la padella.

  9. @ Marina e Watson
    non vorrei sbagliarmi (chi ha i dati precisi potrebbe postarli o linkarli, io vado a memoria), a me risulta che i giornali quotidiani non vendano di più con gli allegati. E’ però vero che se vendono lo stesso numero di copie, vendono poi anche i libri: cioè chi compra un giornale è disposto a spendere di più per acquistare anche un libro, il che pone problemi diversi (non meno importanti: diversi).
    @ Paolo Beneforti
    non è che metta mano alla pistola quando sento parlare di critica, però ricordo che i critici russi stroncavano Tolstoj, il quale andava avanti lo stesso perché era il pubblico a decretarne il successo. La funzione di indicare cosa leggere e cosa no è sempre sospetta, “disciplinare” direbbe Foucault, o “borghese” (Pasolini). Un critico farebbe meglio a dire, ad esempio, “perché” leggere tizio indipendentemente dal fatto che esiste anche caio, o ad esplicitare i contenuti intrinseci (il che serve a capire perché Omero lo leggiamo ancora e Guido da Verona devo andare a cercarmelo su Internet per sapere chi è). O magari a rendere più trasparente l’atmosfera, svelando alcuni trucchetti: ad esempio, spiegando perché l’operazione-Moccia è una bufala, il che non c’entra niente col valore dell’opera. Angelini che posta sul suo blog la lettera di rifiuto prestampata della Feltrinelli e di Baldini & co. fa critica letteraria più del talaltro critico della domenica che traccia una riga tra chi ha letto De Robertis (cito a caso) e chi no, e ne conclude che i secondi non dovrebbero né scrivere, né leggere.

  10. @lipperini
    leggere sul monitor abitua a leggere cose brevi, veloci, per lo più semplici. indi non è vero che “L’uso di Internet comporta l’abitudine alla lettura, comunque”, se si intende la lettura dei libri. (certo, non vale per chi legge sul monitor racconti interi o magari romanzi: minoranze, tuttavia). se poi dici che sul web si trovano spunti di lettura, beh, quelli funzionano solo per chi legge già di suo.
    critici: e siamo d’accordo; anche perché i critici uno li giudica. quindi che c’è di male in ciò che Ferrari depreca, se il critico argomenta? (ovvero se il critico dice il *perché*, il che risponde anche a girolamo)
    sui bestseller: mi son perso sicuramente tante cose, negli ultimi diciamo 25 anni, ma il rifiuto del bestseller non mi pare di averlo sentito. a meno che non si intenda la tendenza a pensare bestseller= letteratura di scarsa qualità; ma questo, se lo pensa un lettore in base alla sua esperienza, ne ha tutto il diritto; quanto ai critici, si guardano bene dal dirlo. se poi anche lo dicessero, ci azzeccherebbero con una percentuale prossima la 100%. è vero però che auspicare più lettori e criticare i lettori di best seller è una contraddizione.

  11. Quando si parla di lettura, non è raro notare un certo sbilanciamento del discorso sul lato quantitativo del problema – numeri, percentuali, incidenze, trend, ecc. – a discapito degli aspetti qualitativi – cosa si legge, come si legge, ecc.
    L’ultima affermazione di Gianarturo Ferrari è emblematica: “non si può essere contro il best-seller e contemporaneamente per la diffusione della lettura”.
    La frase sta in piedi solo se la “diffusione della lettura” viene intesa in senso meramente quantitativo, a meno che Gianarturo Ferrari non creda che leggere Dan Brown favorisca la diffusione della lettura di poesia, letteratura o studi di storia antica e medievale.
    Io credo che il best-seller, ovvero il libro pensato a tavolino per massimizzare le vendite, favorisca la diffusione di altri best-seller, ovvero di altri libri confezionati per vendere.
    Vendere, però, non è sinonimo di leggere (non ancora, almeno) e allora mi piacerebbe sapere in che modo i best-seller possono favorire la diffusione della lettura.

  12. Non voglio sottrarmi, ma sono in corsa: segnalo soltanto di aver inserito la ricerca Ipsos nel post, per chi volesse approfondire.
    Al volo: Luca, come fai ad essere graniticamente certo che il lettore di best seller sia votato alla lettura di best seller a vita? Ribadisco quanto citato da Ferrari: i lettori forti sono il segmento, scusa la ripetizione, forte dei lettori di Dan Brown, tanto per dirne una.
    Personalmente resto convinta che la lettura avvenga per contagio, e che da Dan Brown si possa passare anche alla poesia e alla storia medievale.

  13. I best seller sono un falso problema, mi pare che il dato interessante sia quello sul pareggio geografico quando la distribuzione funziona.

  14. Tassinari è il plurale dell’idiomatico romanesco per gli appartenenti all’associazione di trasportatori a mezzo di auto pubbliche.

  15. La Lipperini, poi, dopo, quando sei meno di fretta, magari mi spieghi dov’è che hai visto il granito nel mio commento.
    Nel merito: l’affermazione “i lettori forti sono il segmento forte dei lettori di Dan Brown” non è un argomento a favore dell’ipotesi che il best seller aiuterebbe la diffusione della lettura. Anzi, sarebbe un ottimo argomento a favore dell’ipotesi che il best-seller non crea nuovi lettori, dato che a leggerlo sono soprattutto quelli che già leggono molto.
    L’ipotesi che la lettura avvenga per contagio potrebbe essere interessante, ma andrebbe supportata da un numero di osservazioni empiriche statisticamente significativo, altrimenti è destinata a restare un luogo comune. Personalmente non conosco nessuno che, dopo aver letto Melissa P. e Dan Brown (e non avendo mai letto altro), sia stato colto dall’irresistibile desiderio di leggere Meneghello. Tu ne conosci qualcuno?

  16. La critica, di per se, farebbe bene ai libri sia che venga dalla carta che dalla rete, il problema semmai è che la Critica (come la conoscevamo) non esiste proprio più e dovrà ricostruirsi piano piano ab ovo. Questo non è catastrofismo, ma una semplice constatazione.
    Quelli che voi oggi chiamate critici, per lo più sono solo scadenti operatori librari (alcuni proprio solo operatori editoriali) ognuno di loro, talvolta, consiglia o sconsiglia un libro in base a simpatie o antipatie personali, o a motivi SOLO di mercato, il più delle volte fa parte di piccole cordate, di passa parola, ecc. il cui inizio è sempre un editore piccolo o grande. Ora nulla di male in tutto ciò, ma non ha nulla a che vedere né con la grande critica né con il nuovo volontariato critico. Questo tipo di kritika che ha sostituito i grand critici del passato, a parte casi eclatanti, oggi non smuove più nulla anzi alle volte è addirittura controproducente ;-), smuove solo se, puta caso, il critico è anche un professore universitario che farà seminari forse solo al fine di vendere dati libri.
    La rete invece è un mezzo nuovo, che ha permesso di far venire in luce un mondo letterario nuovo.
    Il libro (causa costo del magazzino) ormai non rimane in libreria (o nelle vicinanze) che pochissimo tempo, quindi la ricerca del libro buono come avveniva un tempo oggi non esiste più. Avviene invece in rete e, se dio vuole, centuplicata come offerta. Questo è il vero grande miracolo operato dalla rete
    La rete da se, forse smuove poco, ma quando ha un interscambio con la carta stampata, la radio (poco la televisione) e anche i librai e i piccoli editori allora sì che produce il vero miracolo a cui assistiamo ora.
    La novità è stata la nascita di nuovi segnalatori (i lit tblog), che non possono essere definiti nè recensori né critici, ma semmai dislocatori di informazioni veri e propri infaticabili ambasciatori della cultura sono proprio loro che a volte, conquistandosi sull’e-campo una vera fiducia da parte dei “lettori”, sono stati i veri artefici del miracolo.
    Miracolo che, purtroppo, sta incuriosendo anche la grande editoria, purtroppo perchè quando interviene la grande editoria di solito è la fine: la pietra tombale del fenomeno primavera del libro, perché distrugge, automaticamente il patrimonio di fiducia conquistato dal volontariato recensorio.

  17. OT se una cosa del genere può essere OT
    Falluja fu bombardata con il fosforo.
    La Strage Nascosta verrà trasmessa da Rai News domani 8 novembre alle ore 07.35 (sul satellite Hot Bird, sul canale 506 di Sky e su Rai Tre), in replica sul satellite Hot Bird e sul canale 506 di Sky alle 17 e nei due giorni successivi
    Se volete leggere: nel mio blog

  18. @ Loredana che rispconde a Paolo
    2) “un critico che mi spiega quali libri sin da leggere secondo lui, e quali no (e perché), mi pare faccia ottimamente il suo mestiere”.
    Certo: purchè non anteponga la propria visione del mondo e della letteratura al contenuto e spesso financo alla lettura dei libri medesimi. Cosa non infrequente.
    Io credo che un critico difficilmente non possa non avere una visione del mondo e della letteratura: la utilizzerà come lente di ingrandimento, se va bene, la utilizzerà per distorcere, se va male, o addirittura come tara ermeneutica. Io credo che un critico che spieghi quali sono i libri da leggere (se lo faccia davvero, con tale presunzione), sia un ciarlatano o un piazzista. Già sarebbe diverso se spiegasse quali fossero i libri da scrivere, ma non glielo si può certo chiedere. In questo assurdo si dimena, onestamente con poca eleganza, la fetta peggiore della critica italiana: vendere se stessi a costo della vita, e far vendere i proprio puledri, ché di stalla si tratta, puzzo compreso.
    Il punto è che vorrei poter fare a meno di tutti quei critici che utilizzano ogni genere di occasione per “convalidare” la propria visione della letteratura e ogni genere di ribalta, microscopica o enorme (per numero di lettori/spettatori) per non dire niente, esattamente niente, un niente volgare e incantato. “Noi non abbiamo voglia di parlare senza dire niente”: quei tempi sono passati? Non direi, non sarei così pessimista, ma giacché gli stupidi non avvizziscono da soli, bisogna come minimo intendersi su concetti come “onestà e disonestà intellettuale”, altrimenti non si capirà mai cosa c’entri Antonio Moresco con la guerra del Vietnam: vi assicuro che prima o poi “qualcuno” scoverà il legame misterioso, o per meglio dire lo inventerà. La metamorfosi da critico letterario in giullare di corte è quasi un automatismo quando si facciano sconti sull’onestà intellettuale: il critico deve parlare di “altri”, non di se stesso, impresa tutt’altro che facile

  19. >Il punto è che vorrei poter fare a meno di tutti quei critici che utilizzano ogni genere di occasione per “convalidare” la propria visione della letteratura
    anch’io. però credo che con codesto criterio non se ne salvi UNO che sia uno.

  20. lasciate perdere i critici per un attimo e guardate
    qui l’allucinante video delll’inchiesta di Rainews24 con l’intervista al marines.
    Scegliete il player e poi cliccate su “mostra video”.

  21. mmm, non so, certe questioni mi trovano incerto. Libri come Il Codice, che vendono milioni di copie ma qualitativamente sono davvero mediori ( se non peggio) sono un bene o un male?
    Il primo assunto credo sia che se tra i lettori che NON leggono nemmeno un libro all’anno, qualcuno scopre questo libro e lo legge, magari impara che leggere non è poi tanto male e lentamente potrebbe anche trasformarsi in un lettori attento, e chissà che non si metta a leggere un giorno Carabba o De Lillo (butto lì due autori abbastanza a caso, non fate i puntigliosi :-).
    Dall’altra però sentirmi criticare perchè dico che il libro di Brown è pessimo, un po’ mi da fastidio…
    Altra questione: la palate di soldi che arrivano all’editoria, dove vanno investiti? In altri potenziali Dan Brown, o magari anche per pubblicare quell’emergente che sembra davvero promettente?
    Anche questa è un questione importante ( vorrei diventare io uno di quei potenziali autori promettenti…).
    Al solito sensazioni confuse…

  22. Secondo me ti sbagli, se ne salvano. Faccio pure i nomi, se mi è concesso, in pubblico o in privato, puoi scegliere.
    Mi piacerebbe non annoiare nessuno, ma il pezzo di Carla sull’Espresso, in stile Moresco in tutte le salse, soprattutto nelle “salse alienate”, è il segno di una farneticazione che ha toccato un culmine difficilmente eguagliabile. E’ andata e non torna più, altro che metanoia.
    Ora, Loredana non direbbe di sé d’essere un critico, per quello che ne so. “Critico” è una brutta parola, ma non è solo questo. Provo con qualcun altro.
    Hai letto Andrea Cortellessa? Che visione della letteratura cercherebbe di spacciare, surrettiziamente, tra un pezzo e l’altro? Vi sono ancora un certo numero di paladini di nessuno (in una produzione vastissima, tra parentesi)
    Esempio numero uno, per citare qualcuno che di sicuro hai letto.
    Sergio Garufi?
    L’elenco è molto lungo, non disperiamo, Paolo

  23. Gentile Loredana, io ero ai presidi. Sono uno studente di Lettere di Bari e l’evento mi aveva incuriosito. Se devo essere sincero non mi ero mai imbattuto prima sul suo blog e non sapevo molto di lei. Le scriverò presto per comunicarle le mia vive impressioni da non addetto ai lavori di quella giornata (sono stato presente sabato per tutto il tempo). Magari sarà interessante mettere a confronto le sue ottime riflessioni sull’iniziativa con quelle di un umile e normale visitatore, a dir la verità un po’ spaesato e perplesso. Non per farle captatio benevolentiae, ma credo che il tuo intervento sia stato uno dei pochi degni di nota, nonchè di maggior presa su presenze esterne che si sentivano un po’escluse dalla reunion. Le farò avere presto mie notizie. Con osservanza. Luke

  24. Gentile Loredana, io ero ai presidi. Sono uno studente di Lettere di Bari e l’evento mi aveva incuriosito. Se devo essere sincero non mi ero mai imbattuto prima sul suo blog e non sapevo molto di lei. Le scriverò presto per comunicarle le mia vive impressioni da non addetto ai lavori di quella giornata (sono stato presente sabato per tutto il tempo). Magari sarà interessante mettere a confronto le sue ottime riflessioni sull’iniziativa con quelle di un umile e normale visitatore, a dir la verità un po’ spaesato e perplesso. Non per farle captatio benevolentiae, ma credo che il tuo intervento sia stato uno dei pochi degni di nota, nonchè di maggior presa su presenze esterne che si sentivano un po’escluse dalla reunion. Le farò avere presto mie notizie. Con osservanza. Luke

  25. .. io credo che prima o poi bisognerà avere il coraggio di analizzare seriamente la questione se il best seller riproduce soltanto se stesso oppure invita in qualche modo ad una lettura casuale, e, in questa casualità, fertile, progressiva. Io, personalmente, non ci credo. Mi pare che esistano tutti i presupposti per ammettere che la linea ‘Codice Da Vinci – saggio di storia medievale – poesia’ sia al momento una favola. E per momento intendo da quando esiste una editoria moderna, cioè dal dopoguerra. Periodo, gli ultimi sessant’anni, nel quale gli italiani non hanno praticamente aumentato la loro vocazione alla lettura. Checché se ne dica. Giusto? Col 7% di laureati, in un Paese che non produce oggetti (c’è la Cina) né idee (c’è l’India e gli Usa) la possibilità che stiamo vivendo una lenta rinascita culturale è pari a ZERO.

  26. Salve Loredana,
    ho partecipato a maggio ad una “conferenza” dei presidi al salone del libro di torino e non ne ho tratto impressioni particolarmente positive, allora. quindi sono molto contenta che i risultati siano migliori. Faccio la bibliotecaria nella periferia bolognese, forse nulla a che vedere con le banlieu parigine ma provate voi a convincere un assessore di sinistra e teoricamente sensibile come guglielimi angelo a investire di più sulle biblioteche di quartiere e di meno sulla famosa meravigliosa sala borsa….
    da quando ci lavoro ho un’impressione netta e chiara e cioè che nemmeno la sinistra abbia uno straccio di politica culturale….

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