DATEMI UN MARTEL, E UN ALGORITMO

Su Cronache Letterarie trovate la mia conversazione di sabato scorso a LibriCome con Frédéric Martel. In particolare, vi sottopongo questi punti.
Lipperini
Nel suo libro sostiene che l’élite costituita dai mediatori culturali ha fatto il suo tempo e che per la diffusione dei libri e la diffusione dei saperi, sarà la collettività a decidere, ma potrebbero anche essere i famigerati algoritmi, quegli stessi che ora, quando facciamo la scelta di un libro su Amazon, ce ne suggeriscono un altro. Ma chi forma la competenza di quella collettività che andrà a sostituire i mediatori culturali?
Martel
In tutto il mondo la critica tradizionale, la critica letteraria, quella cinematografica, quella musicale, sta scomparendo. Intanto perché c’è una tale massa di contenuti che non è in grado di vedere tutto. Se ci sono una decina di film che escono in una settimana, si più riuscire a vederli tutti, ma se ci sono centinaia di migliaia di film a disposizione su Netflix, o centinaia di migliaia di video uploadati su Youtube ogni ora, nessun essere umano è in grado di vedere tutti questi contenuti e criticarli. Centinaia di nuove serie televisive che escono ogni anno e ogni serie sono decine di episodi: è impossibile vederli tutti.
Alcuni pensano che, non essendo possibile avere una critica umana, sono le macchine che dovranno farla. E’ quello che succede con l’algoritmo di Spotify, di Netflix, o di Amazon Prime. Ma è evidente che questi algoritmi hanno dei problemi. Sono stato uno dei primi a mostrare che quando ci fanno delle proposte di libri su Amazon, ce li propongono in base a quello che abbiamo già comprato, in base a quello che la maggioranza della gente compra e anche a quello che gli editori pagano per pubblicizzare il loro libri. Ma nessuno lo sa. Noi crediamo che l’algoritmo ci consigli gentilmente quello che è fatto per noi, in realtà tutto dipende dalla pubblicità e dal denaro pagato dagli editori. Stessa cosa vale per Facebook. Quando mettiamo “mi piace” su una pagina Facebook, pensiamo che riceveremo delle informazioni su quella pagina, che si tratti di un autore, o di un artista, un uomo politico, una marca, o un giornale. In realtà l’algoritmo diffonde quei contenuti solo al 7 per cento di quelli che hanno messo “mi piace” sulla pagina. Affinché tutti i fan della pagina ricevano il messaggio bisogna che la pagina abbia ricevuto molti “like”, che sia stata molto commentata e condivisa, oppure che compri pubblicità su Facebook. Questo significa che l’algoritmo è falsato.
Poi ci sono anche problemi con gli algoritmi che non funzionano bene. Per esempio un algoritmo che funziona molto bene oggi è per dire qual è il biglietto aereo meno caro sul mercato, o per scegliere un hotel dall’altra parte del mondo. Ma contrariamente a quello che spesso si pensa, gli algoritmi hanno molta difficoltà a predire. Un algoritmo ci può dire qual è la musica che ci piacerebbe ascoltare perché milioni di persone l’ascoltano in quel momento, ma non riesce a sapere se ci piacerebbe la mattina appena svegli, o la sera prima di andare a dormire. Non riescono a stabilire quale sarà il nostro stato d’animo. Secondo me la critica tradizionale è morta e gli algoritmi non sono ancora abbastanza efficaci, perciò bisognerà inventare nuovi strumenti che si collochino tra i due. È quello che io ho chiamato: la smart curation, un misto tra macchina e essere umano. Ci sono già alcuni strumenti di smart curation, sono i nuovi influencer. Ad esempio i booktubers, di solito ragazzine che parlano di libri da adolescenti, e persone che hanno amato un libro e che ne parlano su Youtube. Ci sono anche i poeti su Instagram, gli Instapoet. E poi c’è Discover Weekly il nuovo algoritmo di Spotify. Questo tiene in considerazione i nostri gusti, quelli della massa, ma anche i gusti di centinaia di influenzatori: critici musicali, musicisti, blogger, giornalisti musicali, manager di marchi, produttori musicali. Quindi l’algoritmo ha un triplice filtro, personale, collettivo e influenzatori.
Lipperini
Questi influencer sono straordinariamente corteggiati dai produttori e dunque come il critico tradizionale neanche i booktubers sono esenti da influenze.
Martel
Sì e no. La differenza è che non stiamo parlando del critico di Repubblica o delCorriere della Sera, non parliamo di una manciata di persone: gli influenzatori sono decine di migliaia.
Lipperini
Però se lei va a dare un’occhiata ai booktuber di lingua italiana, vedrà che quando parlano di un libro usano quasi sempre le stesse parole del comunicato stampa della casa editrice. Ora vorrei farle un’ultima domanda sullo scrittore. Lei ha prospettato un futuro sempre più difficile per gli scrittori. Per difendersi e poter continuare a svolgere la propria attività, lei prefigura che devono diventare anche performer. Devono portare in giro la propria parola, supportati da festival e librerie che dovrebbero pagare questo intervento. Ma così le librerie, che in Italia già vivono una seria difficoltà, sarebbero costrette a far pagare l’ingresso per poter finanziare gli scrittori. E poi degli scrittori timidi, che magari sono bravissimi a scrivere ma pessimi parlatori, che ne facciamo?
Martel
E’ un dibattito complesso e ampio. Ho consegnato al Ministro della cultura francese una relazione su questo argomento e c’è stata subito una decisione nazionale. Da oggi in Francia non si può più accogliere scrittori se non sono pagati, altrimenti non ci saranno più sovvenzioni pubbliche; questo per quanto riguarda i festival, gli incontri, i seminari e presto anche le librerie. I festival in Francia ricevono molte sovvenzioni pubbliche e anche le librerie, quindi da ora in poi lo scrittore se ci va deve essere pagato. In Francia se si va in un festival ci sono traduttori, hostess, taxi, cameramen che filmano i dibattiti, ci sono ambienti che vengono affittati: tutti sono pagati, tranne lo scrittore. Come ha detto Jonathan Littell:
“In Francia tutto il sistema editoriale vive grazie ai libri, tranne gli scrittori”. Questo non è più possibile. Altrimenti non ci saranno più scrittori. Nell’era digitale gli scrittori sono in miseria, quindi bisogna inventare nuovi modelli. Se si possono pagare dei cameramen, si possono pagare anche gli autori.
Non sto parlando per me che sono un autore tradotto in molti paesi, ma conosco parecchi scrittori giovani, trentenni che hanno un grandissimo successo, oltre che talento, e che non guadagnano neanche un salario minimo. Se prendiamo l’esempio della musica c’è un paradosso. Negli ultimi dieci, quindici anni, si è detto che la musica era morta a causa del digitale, ma uno studio recente mostra che tra il 2002 e il 2012, quindi gli anni dell’avvento del digitale, negli Stati Uniti ci sono stati il 40 per cento di musicisti in più che hanno guadagnato il 60 per cento più di prima. Certamente il digitale ha ucciso alcuni marchi, ma oggi la musica negli Stati Uniti va meglio. Come spiegare questo paradosso? Oggi i musicisti si autoproducono, fanno dei concerti live, oggi c’è l’uso della musica nei video giochi e su internet. I musicisti sono meglio remunerati per tutte queste attività. Lo stesso va fatto per gli scrittori. Per lo scrittore il concerto live è la conferenza e deve essere pagato. Non sono d’accordo con lei sulle librerie. Le librerie e le biblioteche sono morte. Fra dieci anni non esisteranno più, a meno che non diventino dei luoghi sociali, dei luoghi di dibattito, dei posti dove succeda qualcosa, sennò si compreranno i libri su Amazon. Se vogliamo che la libreria sia un luogo vivo bisogna che gli scrittori ci vadano, quindi sopravvivranno proprio perché chiameranno gli autori, li pagheranno e questi incontri avranno successo. E’ un processo vantaggioso per tutti, una situazione win-win, in cui tutti hanno da guadagnare. E’ vantaggiosa per le librerie e per gli autori. Per quanto riguarda gli autori timidi, come Patrick Modiano ad esempio, o un po’ folli come Michel Houellebecq, ci sono altri modi per farli intervenire. Michel Houellebecq a volte canta, o fa delle letture. Ci sono altre soluzioni. Se vuole posso concludere cantando.
(non ha cantato, ma il problema resta. Buona Pasqua, commentarium, ci si ritrova martedì).

2 pensieri su “DATEMI UN MARTEL, E UN ALGORITMO

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