DEL RACCONTARE LO SPIRITO DEL TEMPO: JEEG ROBOT E HENRY MORGAN

La prendo da lontano. La premessa è che in modo alcuno sto per fare l’elogio della letteratura impegnata-impegnatissima-militante. Sempre più spesso, anzi, non riesco a nascondere non solo il fastidio, ma l’incazzatura profonda quando mi imbatto in chi cavalca, per dire, il femminicidio nel proprio libro per autoproclamarsi cantore o cantrice delle donne. Le donne non hanno bisogno di cantori ma di narratori, come tutti (e se state per dirmi che io stessa ho scritto tre libri e mezzo sull’argomento, la risposta è quella che ho già dato infinite volte: non ho mai, mai, mai avuto la pretesa di parlare a nome delle altre, ma solo di restituire quello che osservavo, e punto). Invece,  ultimamente vedo pagine di social che dicono proprio così: tiziatizietta “voce delle donne”. Ma voce di chi, e perché, e soprattutto te lo dici da sola per vendere una copia in più o partecipare a un convegno delle pari opportunità? Ma per favore.
Detto questo, non posso che amare altrettanto dal profondo chi riesce a cogliere la parte nera dello spirito del tempo, raccontarla e restituirla. Lo ha fatto, benissimo, Edoardo Albinati in La scuola cattolica (e non parlo solo dello spirito degli anni Settanta, ma dei nostri, eccome). Lo fa Stephen King nel Bazar dei brutti sogni, in tutti quei racconti su come la povertà post-crisi portano a scelte variamente fatali (Herman Wouk è ancora vivo, Morale, Premium Harmony). Lo fa un film, Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, dove il vero centro è, secondo me, non solo e non tanto nell’utilizzare un immaginario riconoscibile da una generazione e mezza almeno (i robottoni giapponesi), ma nel raccontare senza pietismi cosa significa vivere e sopravvivere in una città come Roma, nei luoghi narrati troppo spesso con superiorità intellettuale, o con la superficialità della cronaca.
Con qualcosa in più: chi capovolge il sentire dell’eroe riluttante (quanto varrebbe la pena rileggere L’eroe imperfetto di Wu Ming 4,in questo caso) è una donna, una ragazza che confonde realtà e sogno, la dama degli antichi viaggi del cavaliere. E’ già molto, moltissimo.
Anche se la curiosità è vedere, nel futuro, come i prossimi eroi si comporterebbero se si trovassero davanti una dama che parla come Ysobel della Santa Rossa di Steinbeck:
“Avete trascurato soltanto una cosa, signore” ella disse. “Nessun fuoco mi arde, e dubito che possa ardere mai più. Non portate una lampada per me… e speravo che la portaste. Sono venuta stamane ad assicurarmene. E ho sentito le vostre parole così spesso, ma così spesso, a Parigi e a Cordova. Sono stanca di queste parole che non cambiano mai. […] Pensavo cose straordinarie di voi un tempo; finiste col diventare una bronzea figura della notte. E ora… vi scopro ciarliero, un tornitore di dolci e ben costrutte parole, ma dette con una certa goffaggine. M’accorgo che non siete affatto un realista, ma solo uno strimpellatore di serenate. Volete sposarmi… proteggermi. Tutti gli uomini, meno uno, hanno voluto proteggermi. Comunque, sono più in grado di proteggermi da me di quanto lo siate voi. Dal mattino del mio primo ricordo sono stata saturata di frasi fino alla nausea. Sono stata ricoperta di dolci epiteti e di vezzeggiamenti. Gli altri uomini, come voi, sentivano il bisogno di giustificare la loro passione ai loro stessi occhi. Essi, come voi, dovevano convincersi, e insieme convincere anche me, di amarmi.”
Davvero vi eravate dimenticati di Henry Morgan?

Un pensiero su “DEL RACCONTARE LO SPIRITO DEL TEMPO: JEEG ROBOT E HENRY MORGAN

  1. Visto stasera il film di Mainetti. Pur tra le ingenuità, e certi sbandamenti (anche sul personaggio di Alessia, secondo me) è un film con una bella dose di coraggio.
    I richiami all’attualità, al mondo che circonda i protagonisti, sono uno dei punti migliori di quest’opera che la sdoganano dalla retorica superomistica hollywoodiana.
    Sono contento che il nostro cinema provi a raccontare, attraverso un immaginario forse non del tutto italiano, qualcosa di questo presente. Segnali positivi.

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