Tag: Stephen King

Fra i suoi colleghi, che piaccia o meno, Stephen King è fra i pochissimi che abbia cercato di cambiare prospettiva. Lo ha fatto nel suo romanzo d’esordio, Carrie, affrontando un tema delicato come quello del bullismo femminile. Lo fa in Rose Madder, che Stephen King scrive nel 1995: uno dei romanzi dove parla esplicitamente di violenza contro le donne. Di donne, in realtà, King ha sempre scritto, arrivando a scegliere come esergo per Sleeping Beauties, scritto con il figlio Owen, i versi di Born A Woman di Sandy Posey: “E se sei nata donna/Sei nata per essere ferita”. Quando Spleeping Beauties uscì, nel 2017, parecchi Fedeli Lettori Kinghiani (maschi) storsero il naso: quell’idea di un mondo privo di donne e di una Gilania idilliaca tutta femminile sembrò ad alcuni una resa al politicamente corretto, e qualcuno arrivò ad accusarlo di essere diventato “una suffragetta invasata”. 

Per la raccolta “Willie lo strambo” ho scritto “Il modo in cui ti chiama”, un racconto decisamente non realistico tranne che in un punto: la rabbia. Il mondo intorno alla protagonista è rabbioso, spintona, strilla, scatta. Ci sono tre figure femminili, molto somiglianti fra loro, che provocano quella rabbia fino a farla esplodere. Con un piccolo particolare: chi cede, morirà nel modo che teme di più, legato a un trauma, a un’ossessione, un timore ben seppellito nella propria anima.
Ieri mi ha scritto un lettore, un po’ stizzito per il fatto che ci fosse poco sangue in questa storia, e che ci fosse una possibilità di sfuggire a questo destino. Non “buonista”, ma meno disumana dell’epidemia di livore e rancore che in effetti ci circonda: diciamo che ho voluto omaggiare il King politico, quello che si guarda intorno e restituisce quel che vede.
Una riflessione sulla paura e sulla letteratura nera, tutta da proseguire.

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