DI POETI E DI RETE

AmeliarosselliNel frattempo, un post di segnalazioni. Su Radio Tre, fino a sabato 11 febbraio alle ore 20, speciale di Radio 3 Suite su Amelia Rosselli, di Andrea Cortellessa.Alla penna del medesimo appartiene un lungo articolo in uscita sul prossimo Alias. Due stralci:

Dieci anni fa, l’11 febbraio 1996, Amelia Rosselli si gettava da una finestra del suo appartamento romano. Esattamente trentatré anni dopo il suicidio di un’autrice da lei tradotta e studiata, Sylvia Plath. Da quindici anni non scriveva un verso. A Sandra Petrignani, nel ’78, aveva detto: «Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo: quando sai come è fatto forse non hai più bisogno di scrivere. Per questo tanti poeti muoiono giovani o suicidi». E aveva aggiunto: «Non mi riconosco più scrittrice da cinque anni. Non sento di avere talento, ora. È come non riuscire a parlare una lingua. È terribile». (…)

Come ha dichiarato spesso, Amelia Rosselli riluttava all’autobiografia. Rare le eccezioni, da lei vissute con sintomatico senso di colpa. C’è un famoso componimento di Variazioni belliche (quello che inizia «Contiamo infiniti morti! la danza è quasi finita!») che in cinque versi racconta, per lampi, la sua storia di esiliata, orfana, profuga, emarginata (dopo che i fascisti ebbero ammazzato in Francia, nel ’37, suo padre Carlo e suo zio Nello): «Nata a Parigi travagliata nell’epopea della nostra generazione / fallace. Giaciuta in America fra i ricchi campi dei possidenti / e dello Stato statale. Vissuta in Italia, paese barbaro. / Scappata dall’Inghilterra paese di sofisticati. Speranzosa / nell’Ovest ove niente per ora cresce». Si sente ansimare la preda inseguita da quello che Osip Mandel’štam chiamava «il secolo cane lupo». È una «fuga di morte», quella di Amelia, come quella di Paul Celan: ogni parola strappata al silenzio rinvia un appuntamento, quello con l’«ora che non ha più sorelle», che si sa tuttavia ineludibile. 

Indi. Per chi volesse verificare a che punto sono le adesioni all’appello contro la legge Fini sulle droghe lanciato da Lello Voce e Stefania Scateni, questo è il posto giusto. Anche per coloro che, auspicabilmente, intendessero aderire.

Ma anche. Nasce il blog dei Presidi del Libro della Campania.

Infine: non so se ve ne siete accorti, ma Giuseppe Genna è tornato. E fra le altre cose sostiene che  qualcosa è in mutazione:” le riviste letterarie in Rete o in carta perdono prensione se i testi autoriali iniziano a dialogare tra loro, ed è quanto a mio parere sta per accadere.” Lo sostiene qui e sul blog multiautore dedicato a Best off aperto da Giulio Mozzi.

4 pensieri su “DI POETI E DI RETE

  1. E’ vero.
    Genna è tornato. E noto con piacere che la parvenza grafica del suo sito Web è ancora la riprova definitiva che Fini ha ragione e che le droghe (soprattutto gli acidi, quelli psichedelici) fanno male 😉
    [Ste]

  2. Sì ma Moresco? Nessuno dice niente sul post perchè scrivi? gli scrittori e altre categorie hanno molti motivi nobili per fare quello che fanno, ma se uno chiedesse a un cantante rock perchè suona ecco cosa risponderebbe secondo Moresco
    “Oppure ancora -se lo chiedete, per esempio, a un cantante rock- per farmi conoscere, per fare un sacco di quattrini, diventare famoso, perché mi piace, per finire sui rotocalchi, per andare a San Remo, per scoparmi le ragazzine che vengono a trovarmi semisvenute nel camerino dopo i concerti”.
    grazie a nome di milioni di imbecilli che ascoltano rock.

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