DUE NARRAZIONI CHE DOVREBBERO ESSERE UNA SOLA

Qualche giorno fa Vitaliano Trevisan, uno degli scrittori più degni di stima, e peraltro estremamente schivo (dunque stimabile anche per questo), scrive un post che ha suscitato parecchie paturnie in rete. Eppure, è un post condivisibile:
“Nell’intellettuale italiano l’espressione di “umili” (o ultimi) indica un rapporto di protezione paterna e padreternale, il sentimento “sufficiente” di una propria indiscussa superiorità, il rapporto come tra due razze, una ritenuta superiore e l’altra inferiore, il rapporto come tra adulto e bambino nella vecchia pedagogia o peggio ancora un rapporto da “società protettrice degli animali”, o da esercito della salute anglosassone verso i cannibali della Papuasia.
A. Gramsci, Quaderno 21, Gli umili

ps: attualmente, nell’immaginario degli intellettuali italiani, o presunti tali, per “umili”, o ultimi, si intendono quasi esclusivamente gli immigrati, specie se africani (quelli dell’est, si sa, sono tutti “fascisti” fino a prova contraria ); il soggetto è cambiato, ma il rapporto è più o meno lo stesso; quanto agli “umili” autoctoni (popolo), essendo diventati “penultimi”, li si può tranquillamente e “correttamente” disprezzare”.
Per come la vedo io, che sono ovviamente fallace, Trevisan sta dicendo una cosa molto semplice, e che peraltro su questo blog si ripete da mesi. Ovvero: non bisogna lasciare la narrazione dei penultimi alle destre, così come abbiamo fatto. E non per questioni di opportunismo politico, ma perché ultimi e penultimi vanno raccontati, il più possibile, e aiutati nei limiti di chi ha a disposizione solo le parole.
In altri termini: sono fiera di un’iniziativa come Mediterranea, la via di terra, che sta mobilitando scrittori e scrittrici, artisti, intellettuali a sostegno della rete civica che, attraverso crowdfunding, sta garantendo la presenza di una nave di monitoraggio e soccorso, la Mare Jonio. E chi sta partecipando alle tante tappe di Mediterranea dimostra che non è vero che gli intellettuali tacciono, o che concepiscono la propria esistenza in vita come la ricerca disperata di una recensione e in generale di apprezzamento per il proprio libro, perché altro non conta.
Ma.
Sono altrettanto fiera del lavoro di Terre in Moto Marche, che dal 26 al 30 ottobre ha organizzato Due- non arrendersi agli anni e ai governi che passano, perché il racconto dei penultimi del terremoto non si fermi. Leggete, se non credete, la sintesi dello studio di Nico Bazzoli sullo spopolamento:
“Con i danni strutturali legati agli eventi sismici, le modalità inefficienti di gestione dell’emergenza e l’impantanamento della macchina della ricostruzione i trend negativi sono peggiorati. Tra il 2016 e il 2018 il calo medio della popolazione nel cratere è arrivato all’1,4% annuo, cioè ca. 3.200 abitanti in meno ogni quattro stagioni. Se prima del sisma spariva la popolazione di un piccolo borgo nel post-sisma scompare ogni anno la popolazione di un Comune grande come Sarnano. Si tratta di un salto notevole, che tuttavia non si rapporta esclusivamente con le dinamiche del terremoto ma è riflesso di andamenti più generali, in cui anche i Comuni fuori dal cratere nelle Province di AP, FM e MC perdono nel loro complesso abitanti, seppur a ritmi meno sostenuti (ca. lo 0,5% annuo). Siamo comunque su ordini di grandezze differenti in termini assoluti: tra 2016 e 2018 il calo nel cratere è stato di 6.500 unità, fuori di 1.100 (dove la popolazione complessiva è nell’ordine dei 389mila residenti)”.
Intendo dire che le due narrazioni devono procedere parallelamente e l’una non deve nascondere l’altra, mai. Poi, certo, i social sono quelli che sono, ed è più facile sparare sulla voce critica che fermarsi, come si dovrebbe, a pensare.
Comunicazione di servizio, al solito: domani e dopodomani Fahrenheit sarà in diretta dalla Festa del cinema e per motivi di tempo e di logistica il blog non sarà aggiornato.

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